15 maggio “Godzilla” – Tutte le curiosità

15 maggio “Godzilla” 3D di Gareth Edwards con Ken Watanabe, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen, Bryan Cranston, Juliette Binoche 

 

 

LA PRODUZIONE

 

L’EREDITÀ DI GODZILLA

 

“L’arroganza dell’uomo è pensare di avere la natura sotto il proprio controllo e non l’esatto contrario”.

Dott. Serizawa

 

Nel 1954, la giapponese Toho Co., Ltd., realizzò l’innovativo film sui mostri di Ishiro Honda, “Godzilla”, in un paese che si stava ancora riprendendo dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale. Il film ebbe un incredibile successo in Giappone e, 60 anni dopo, continua a risonare nel mondo grazie alla paura ed all’orrore dell’era atomica instillate da questa agghiacciante forza della natura…Godzilla.
“‘Godzilla è il caposaldo dei film sui mostri”, dice Gareth Edwards, il regista britannico alla guida della nuova epica edizione della creazione iconica della Toho. Edwards è cresciuto guardando film giapponesi sui mostri, prima di scoprire su DVD il capolavoro del 1954 di Honda ed è rimasto affascinato dal suo crudo sotto testo allegorico e dalla sua modernità. “Se si andasse a domandare in giro per il mondo del profilo di un dinosauro gigantesco che incombe su una città, tutti saprebbero di chi si tratta—non importa se abbiano visto il film di Godzilla o meno.  Ma quello di cui molta gente non si rende conto sul film originale giapponese di ‘Godzilla’, è che si tratta di un film molto serio. Credo che questo sia il motivo per cui si sia così affermato nella cultura giapponese—perché non è soltanto un grande film di mostri, ma anche molto catartico per lo spettatore vedere quelle immagini portate in vita sul grande schermo in modo così viscerale e reale”.
Rigirato parzialmente, ammorbidito sul piano metaforico e doppiato in numerose lingue, il film fu distribuito all’estero solo due anni più tardi e così nacque la leggenda. Negli ultimi sessant’anni, l’imponente “Re dei Mostri” ha fatto scuola nella cultura popolare, generando numerosi sequel, un esercito di giocattoli ed ha preso vita in ogni campo, dai fumetti ai videogiochi. Emerse così un nuovo genere di film—kaiju eiga—e Godzilla divenne uno dei più amati e conosciuti eroi della storia del cinema.
 
Bryan Cranston, una delle star del nuovo film, ha ricordi vividi di quando rimaneva incantato a guardare il mostro scatenarsi in TV durante la sua infanzia. “Godzilla con il suo alito di fuoco…distruggeva tutto nella sua scia”, ricorda Cranston. “In realtà era un uomo che indossava un costume e calpestava una Tokyo in miniatura, ma era meraviglioso per noi ragazzini. C’è una parte di me che è ancora lì, ma la sensibilità di come fare un film del genere è maturata; il pubblico si è evoluto. Non si tratta solo di Godzilla che distrugge ogni cosa. La gente nutre ancora delle curiosità per lui, ma vuole anche capire cosa sta succedendo e capire i personaggi che vivono la storia in quel contesto”.

Come Cranston, Thomas Tull della Legendary Pictures è cresciuto divorando film con i mostri, ma nella sua testa il gioiello di punta della Toho la ha sempre fatta da padrone.  “A partire dal suo distintivo ruggito al profilo delle pinne dorsali, fino al fuoco radioattivo che gli esce dalle fauci, Godzilla è un’assoluta icona globale”, dice. “Nel corso degli anni, la Toho ha esaminato il personaggio in diversi modi e lo ha contrapposto ad un’intera gamma di creature giganti, ma il mio favorito rimarrà sempre l’originale giapponese, che parlava certamente di un mostro terrificante ma era anche un profondo racconto ammonitorio”.

Tull, produttore del film con Jon Jashni, Presidente della Legendary Pictures e Mary Parent, produttrice di lungo corso e Brian Rogers, cineasta britannico, nutriva da tempo la passione di portare il titanico leviatano sul grande schermo.  “Abbiamo sempre avuto l’intenzione di fare giustizia di quegli elementi essenziali che hanno permesso a questo personaggio di rimanere rilevante per tutto questo tempo”, spiega Tull.  “Il nostro piano era quello di produrre il Godzilla che noi, in quanto appassionati, volevamo vedere—un film che non sembrasse una mera avventura mozzafiato, ma che tornasse anche alle sue radici nel creare una storia umana nel contesto del mondo attuale. Aspetto questo film da una vita”.

Fondamentale per questa sfida di reinventare un tale iconico personaggio, è stata la scelta di mettere un regista che fosse in grado di offrire una nuova prospettiva ed un’estetica cinematografica appassionante, rimanendo però fedele all’integrità ed all’eredità di Godzilla. Tutte queste qualità sono state trovate in Gareth Edwards, un regista emergente che ha sorpreso il mondo del cinema indipendente con il suo premiato “Monsters”. Edwards non ha solo sceneggiato e diretto il film, ma ha anche progettato, girato e creato da solo tutti gli effetti visivi con il solo ausilio del suo computer portatile.
“Già dalla nostra prima conversazione con Gareth, abbiamo avuto l’impressione che fosse un appassionato fan di Godzilla”, fa notare Tull. “E dopo aver visto ‘Monsters’, realizzato con un budget veramente modesto, ci siamo convinti che se avesse disposto di risorse maggiori ed un soggetto adeguato, avrebbe potuto fare cose straordinarie”.
Jon Jashni aggiunge che il giovane regista ha trovato il perfetto equilibrio tra invenzione e realtà umana. “Solo perché hai a disposizione enormi risorse digitali, non vuol dire che sei costretto a farlo, poiché ciò non aiuta lo spettatore ad entrare a far parte del mondo che stai cercando di creare”, dice il produttore. “In ‘Monsters’, Gareth doveva lasciare all’immaginazione dello spettatore molto più di quanto non fosse stato in grado di realizzare. Arrivava da una prospettiva basata sul personaggio, inserito nel mondo reale ed accompagnati da elementi ultraterreni nello stesso ambiente.  ‘Monsters’ era il microcosmo di quello che speravamo di realizzare con il nostro film di Godzilla: qualcosa di reale e vero”.
Anche la produttrice Mary Parent è rimasta colpita dal film indipendente di Edwards, avendo notato che sia la sua sensibilità di narratore che l’esperienza di regista ispiravano fiducia in tutti e che Godzilla sarebbe stato in buone mani. “Sapevamo che Gareth avrebbe incanalato la sua visione di artista e narratore, insieme con la sua padronanza nel campo degli effetti visivi, per realizzare un film che fosse degno del personaggio in questione ed in modo mai visto prima”, dice la Parent. “Ma sapevamo anche che lui era in grado di creare personaggi con cui relazionarci e provare affetto, oltre che far vivere al pubblico l’esperienza di ‘Godzilla’ attraverso gli occhi delle persone coinvolte nell’avventura”

Consapevole di avere ottenuto le redini di una leggenda, Edwards si è ispirato—così come fece Ishiro Honda prima di lui—al mondo che lo circonda. “So che sembra impossibile, ma immaginate per un momento l’arrivo di una enorme creatura con la quale l’umanità non riesce neanche a comunicare, tantomeno controllare…come pensate che sarebbe?”. “Come reagirebbe il mondo? Siamo stati tutti testimoni di disastri incomprensibili, naturali e non, che ricordano scenari di un film ma che sono realmente accaduti. Quindi la difficoltà nel realizzare l’ultimo film di Godzilla, era quella di rispecchiare la realtà, che ci porta al cuore di ciò che Godzilla è realmente”.

Tull dice, “Una delle cose che volevamo fare nel film, condivisa anche dai nostri partners della Toho, era di ambientare parte della storia in Giappone e mantenere la relazione di Godzilla con l’energia nucleare, ma farlo con rispetto e sensibilità alla luce dei fatti recenti”.

Il produttore Brian Rogers aggiunge, “I paralleli proposti nel film del 1954, l’equilibrio tra uomo e natura e tutti i potenziali modi di spingere quest’argomento all’estremo, sono ancora attuali come lo erano già a quei tempi—forse al giorno d’oggi anche di più”

Lavorando nei dintorni di Londra, Edwards si è imbarcato in maratone di sessioni di Skype con lo sceneggiatore che si trovava a Los Angeles, Max Borenstein, per dare corpo alla storia che desse delle indicazioni sull’origine di Godzilla e dipanare i misteriosi eventi che preannunciano la sua comparsa nel contesto del mondo attuale.

Sebbene l’attore Ken Watanabe sia cresciuto in Giappone, non aveva mai visto il film del 1954 fino a poco tempo fa, è stato colpito dalla cura meticolosa di Edwards nel rendergli onore. “Il ‘Godzilla’ originale vaglia la domanda provocatoria con cui la società giapponese dell’epoca era alle prese—nove anni dopo i bombardamenti—quando le cicatrici emotive e fisiche erano ancora ben presenti”, riflette l’attore. “Gareth ha una profonda consapevolezza di quel film ed io ho risposto al suo coraggio ravvivando di nuovo quelle idee”.

Borenstein ha scritto la sceneggiatura, da un soggetto di David Callaham, dopo essersi gettato a capofitto nelle ricerche, compresa la visione di tutti e 28 i film di “Godzilla” prodotti dalla Toho Co., Ltd., e le serie della Showa, Heisei e Millennium. “Avevamo l’ambizione di trattare questa storia come se fosse un terribile e reale incidente accaduto ai giorni nostri, con tutta la gravità del disastro reale, pur realizzando un grande e spettacolare film di mostri divertente da vedere”, racconta in dettaglio Borenstein. “Il film originale è uno straordinario racconto di insignificanza umana al cospetto della natura, ma con la forza umana e la capacità di risorgere e sopravvivere a disastri di simile gravità”.

Prima che fosse stato girato anche un solo fotogramma di “Godzilla”, il regista ed i produttori hanno creato un teaser di 90 secondi per esprimere l’umore che volevano dare al film e che ha debuttato all’annuale Comic-Con International davanti a circa 7.000 fan in delirio. La scena sgranata rivelava una città ridotta in macerie, con la gigantesca creatura che si materializzava tra il fumo e la polvere emettendo il suo assordante ruggito. Su quelle immagini, Edwards ha aggiunto il sonoro con le parole inquietanti di Robert Oppenheimer, “padre” delle bombe atomiche che ridussero le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki a ceneri radioattive, citando le scritture Hindu per descrivere l’incomprensibile Vaso di Pandora che avrebbe aperto: “Ora io sono diventato la morte, distruttore dei mondi”.

Godzilla ha sempre avuto in sé mistero e dualità—un essere composto da puro istinto che non si muove in sintonia con l’umanità, ma che la sovrasta ergendosi implacabile dalle acque del mare. “I mostri hanno sempre rappresentato delle metafore per qualcos’altro”, nota Edwards. “Rappresentano la parte oscura della nostra natura e le paure di ciò che non siamo in grado di controllare. In un certo senso, Godzilla impersona una specie di ‘furia divina’—non nel senso religioso, quanto piuttosto la punizione della natura per quanto abbiamo fatto al mondo. Nel nostro film, abbiamo insistito su quest’idea”.

LA STORIA ED I PERSONAGGI

 

“Godzilla” si svolge in continenti diversi e si dipana nel corso di decenni, seguendo l’impatto di una serie di misteriosi e catastrofici avvenimenti, attraverso l’occhio di un gruppo di persone intrappolati nell’epicentro. “Il nostro film non racconta la storia da una prospettiva di onnipotenza”, spiega Tull. “Nel mezzo di questa crisi troviamo alcune persone le cui vite ne vengono irrimediabilmente sconvolte. Questi non sono supereroi, ma persone normali coinvolte in circostanze eccezionali, il che ha reso il casting una componente vitale del nostro film”.

Con questo spirito, Edwards ha deciso di popolare il film con attori che dessero un livello interpretativo in grado di dare un senso di verità alla straordiinaria avventura dei personaggi. “In un film come questo, puoi giocarti un solo jolly, che è il fatto che nel mondo esistono mostri giganti”, dice. “Il resto deve essere il più credibile possibile, che è una delle ragioni che mi fa sentire incredibilmente fortunato di avere un cast del genere. Sono stati capaci di intendere il copione, portarlo in vita e creare una realtà emotiva che aiuta a farci credere in tutto il resto”.

Per il cast, la combinazione tra un’icona del cinema e la visione di Edwards per quest’epica rinascita, ha reso “Godzilla” un progetto irresistibile. “La prima volta che io e Gareth abbiamo parlato del film, mi ha detto di dimenticare che questo sarebbe stato un grande film di mostri”, ricorda Aaron Taylor-Johnson. “Ho adorato quello che significava Godzilla per lui, che voleva portarlo sullo schermo sullo sfondo di uno spettacolo disastroso ma anche raccontare la storia con un alto livello artistico ed emotivo. Questo è ciò che mi ha spinto ad accettare questo progetto e Gareth ha reso questa mia esperienza incredibilmente speciale”.
L’attore ha il ruolo centrale di Ford Brody, un ufficiale della Marina specializzato nel disarmare bombe, che appena riunito con la moglie ed il figlioletto a San Francisco viene chiamato ad aiutare suo padre in difficoltà in Giappone.
“Ford è l’eroe del film ed è coinvolto in diverse azioni”, commenta Edwards. “e dato che molto del racconto viene fornito visivamente, era fondamentale che capissimo cosa pensasse e provasse, quindi avevamo bisogno di un attore capace di comunicare molto con un singolo sguardo. Avevo visto ‘Nowhere Boy’ nel quale Aaron interpretava John Lennon e mi è sembrata una performance piena di sentimento. Nei suoi occhi c’era così tanta emozione ed intensità. Da quel momento ho capito che quello sarebbe stato il nostro uomo”.

L’esperienza di Ford nel disinnescare le bombe, lo conduce sul fronte di battaglia dell’umanità impegnata nella difesa contro la più grande minaccia mai affrontata prima, ma è combattuto tra il dovere ed il bisogno di trovare e proteggere la sua giovane famiglia. “Lui è il tipo di specialista di cui i militari hanno bisogno ed è solo sul campo”, spiega Taylor-Johnson. “Allo stesso tempo, la sua missione è di tornare dalla sua famiglia ed il suo incarico militaree diventa l’unico modo per potersi avvicinare a San Francisco. Ma è straziante perché sa che potrebbe anche non farcela mai”.

Intrappolata in città quando Godzilla distrugge San Francisco è la moglie di Ford, Elle Brody, interpretata da Elizabeth Olsen. Infermiera in un ospedale in stato di emergenza, Elle è costretta fare delle scelte dure tra il fare fronte alle perdite subite in termini di vite umane e proteggere il figlio di quattro anni, Sam, interpretato dall’esordiente Carson Bolde. “La storia di Elle è eroica per il lavoro che fa, ma è anche preoccupata di proteggere suo figlio”, aggiunge in dettaglio la Olsen. “La loro storia, l’avventura di Ford, e il tentativo di tornare da loro, è parte di quello che adoro del film—come il valore della famiglia sia il suo nucleo e come i momenti di crisi riescano a tirare fuori il coraggio e l’eroismo nascosti in ognuno di noi”.
Per Edwards, la sua predispozione alle scene sentimentali, la rende avvincente da guardare in quel ruolo. “Elizabeth da quello stile documentaristico alla sua recitazione—Sembra quasi che non stia neanche recitando. Con lei, è stato quasi come fare un dramma serio me che aveva per caso dei mostri giganti al suo interno”.

La Olsen ha avuto un primo assaggio del livello di realismo che Edwards voleva dare al film, quando ha visto per la prima volta l’evocativo teaser che aveva realizzato. “L’approccio di Gareth mi ha conquistata, come è riuscito a riprodurre alcune delle scene disastrose che abbiamo visto in giro per il mondo”, nota.  “Quello con cui Elle si confronta in questo film, si va ad intrecciare con le storie di gente coinvolta in questo tipo di vicende, e di cosa sarebbero disposte a rischiare per salvare le vite delle persone che amano”.

Questo è lo stesso impulso che guida Ford attraverso il suo viaggio e Taylor-Johnson ammette che, anche nel mezzo della pazzesca azione del film, le esigenze fisiche del ruolo hanno prevalso sulle difficoltà emotive che il suo personaggio si trova ad affrontare. “Ford viene duramente messo alla prova nel corso del film, sia internamente che esternamente”, dice. “Quando lo incontriamo per la prima volta, scopriamo che è un marito, un padre ed un figlio che tenta di essere tutte queste cose in maniera corretta, sotto il peso di un bagaglio emotivo veramente pesante. Ha delle questioni irrisolte con suo padre ed i suoi sforzi di ricucire la loro relazione, lo costringono lontano da casa nel momento in cui la sua famiglia ne ha più bisogno”.

Ford porta dentro di sé il peso di un incidente occorsogli da giovane, che ha diviso la sua famiglia 15 anni prima, quando viveva ancora con i suoi genitori in Giappone. Ma gli eventi che conducono a quel giorno fatale del 1999, ebbero origine più a sud, nelle Filippine, dove il film ha inizio.
Una remota miniera nella jungla delle Filippine è collassata, svelando al suo interno i resti fossilizzati altamente radioattivi di qualcosa molto grande e molto antica. Una coppia di scienziati agli ordini di una segreta organizzazione governativa, il Dott. Ishiro Serizawa e la D.ssa Vivienne Graham, arrivano sul luogo per esaminare la bizzarra reliquia.

Ken Watanabe interpreta Serizawa, uno scienziato giapponese che dedicato la sua vita alla ricerca di Godzilla e spera di trovare nella caverna le prove dell’esistenza della mitica creatura. “La sua missione va al di là della curiosità scientifica”, descrive Watanabe. “È preoccupato circa le varie forme di terrore che esistono al mondo, ed ha delle teorie su quello che definisce il ‘Predatore Alfa’ e del ruolo che gioca nel pianeta”.

Nel film, le origini di Godzilla sono collegate ad un ipotesi alternativa della storia recente, una eredità oscura che tormenta Serizawa, che ha preso il nome ed è stato ispirato dal personaggio principale del film originale giapponese. “Il Dott. Serizawa è lo scienziato che conosce meglio la creatura e Ken ha dato al personaggio complessità e profondità di sentimenti”, dice Edwards. “Durante le riprese ci piaceva scherzare sul fatto che nessuno ha più sguardi diversi di Ken. È un attore affascinante da guardare perché riesce a far vedere tutti i suoi pensieri con le espressioni del volto.  Mentre giravamo, faceva sempre uno sguardo diverso oppure un sospiro o lasciava la stanza e noi dicevamo, ‘Oh no, non fermarti, non fermarti.’ Le riprese andavano avanti all’infinito perché non volevamo mai che finissero”.

Watanabe ha risposto al desiderio di Edwards di attingere ai temi trattati nell’originale nel contesto del mondo contemporaneo. “Credo che il Giappone, ma in realtà il mondo intero, stia oggi affrontando difficoltà simili a quelle dell’epoca in cui fu fatto il primo film”, riflette Watanabe. “Godzilla non può essere separato dal discorso del nucleare e funge da richiamo urgente affinché noi si guardi al futuro e si decida in quale mondo vogliamo vivere. Così, quando ho letto il copione, sono rimasto colpito che il film di  Gareth mantiene le connessioni di Godzilla alle conseguenze del tentativo di unire forze che a malapena comprendiamo”.

Sally Hawkins, che interpreta la collega di Serizawa, la D.ssa Graham, aggiunge che la passione di Edwards per il progetto, ha illuminato ogni decisione creativa sul set. “Doveva seguire parecchie cose, ma ha riservato molte attenzioni agli attori ed alla storia, sempre enfatizzando il bisogno di mantenerne l’animo e la verità”.
In tutte le scene girate in partecipazione con Watanabe, i due hanno mostrato di avere trovato una connessione immediata. “Graham e Serizawa vivono quest’avventura insieme perché per entrambi il loro lavoro è la ragione di vita”, condivide la Hawkins.  “Quando facciamo la loro conoscenza, scopriamo che comunicano quasi telepaticamente.  E poi credo che Ken sia eccezionale. Ha una tale presenza e lavorare con lui nel trasmettere la loro relazione, è stato veramente piacevole”.
Quando Graham e Serizawa scendono nel fondo della montagna, scoprono che l’intero sistema della caverna conteneva la carcassa di una gigantesca creatura, ma che conteneva anche qualcos’altro. Ed al suo fondo, scoprono con sorpresa che la montagna era esplosa dall’interno, dando il via ad una trincea polverosa che attraversava tutta la foresta e che finiva dritta in mare.

A Nord del Mar della Cina, una serie di tremori scuote l’impianto nucleare di Janjira, dalle parti del distretto di Tokyo dove Ford, interpretato nella sua età giovanile da CJ Adams, vive con i genitori Sandra e Joe Brody, interpretati da Juliette Binoche e Bryan Cranston. Nel 1999, entrambi lavorano come scienziati all’impianto e la mattina dopo aver sentito i tremori della terra, suo padre è la prima persona a lanciare l’allarme.  Cranston spiega in dettaglio, “Joe è un ingegnere nucleare molto bravo nel suo lavoro.  Ha riscontrato anomali schemi sonori in questi tremori che altre persone provano a catalogare come normali terremoti, ma i dati in suo possesso non sembrano supportare questa tesi. Sa che c’è sotto qualcosa di più e vuole far chiudere l’impianto nucleare, però nessuno gli da ascolto. Alla fine lo accontentano, ma è già troppo tardi. È un contestatore nel senso buono del termine e questa fama lo accompagna nel presente”.

Sebbene Cranston sia più conosciuto per aver portato sul piccolo schermo la tragica ed emozionante parabola umana di Walter White in “Breaking Bad”, Edwards lo ricorda nel ruolo di padre nella serie, “Malcolm in the Middle” convincendolo sin dall’inizio che il ruolo di Joe sarebbe stato suo. “Sono stato un grande fan di quella serie. Ritengo che spesso sia più difficile essere un buon attore brillante, di quanto non lo sia essere un attore drammatico e Bryan riesce ad essere sempre divertente, ma allo stesso tempo comunica emozioni in tutto quello che fa. Perciò durante tutta la fase di stesura di questa parte, nella mia testa Bryan è sempre stato Joe e fortunatamente ha accettato”.

Per il suo ruolo, Cranston, nonostante la sua dichiarata affezione ai film di Godzilla, non avrebbe mai immaginato di doverne far parte. “Ma, come mi ha detto Gareth, questo film è diverso”, ci relaziona l’attore. “Al suo interno ci sono molti personaggi, che contribuisce a rendere gli elementi fantastici della storia più esaustivi perché, mentre seguiamo le avventure di queste persone, vediamo anche che vengono prese decisioni giuste e sbagliate e relazioni che vengono interrotte e poi riprese. Ci sono tutti gli elementi per un buon dramma, che fanno da corollario ad un grande film di mostri”.

Juliette Binoche concorda, notando che, “I mostri hanno un enorme potere catartico.  Queste storie ci aiutano a comprendere qualcosa di noi stessi e vedere le nostre emozioni su larga scala e Gareth, nel ruolo di narratore di storie lo comprende istintivamente. È un vero e proprio talento ed ho apprezzato molto lavorare con lui in questo film”.

Il personaggio della Binoche, Sandra Brody è, come suo marito Joe, anche una scienziata specializzata, ma la mattina in cui si verifica l’incidente il suo istinto di madre ha la meglio su tutte le altre considerazioni. “Quando la situazione alla centrale atomica si trasforma in uno stato di emergenza, deve fare una scelta”, racconta la Binoche.  “Situazioni del genere si possono trasformare in momenti di totale verità e in quel momento, le sue azioni sono guidate dall’amore per suo figlio e per suo marito”.

Quindici anni più tardi, quando Ford arriva in Giappone per un difficile chiarimento con suo padre, trova Joe ancora provato dall’incidente che ha distrutto la centrale e rovinato la sua famiglia. Cranston commenta, “Joe ha passato una vita provando a svelare il mistero di quanto successe quel giorno, ma la vittima più grande di questa sua ossessione è la relazione con il figlio”.
Quando suo figlio arriva per riportarlo a casa, Joe è arrivato quasi al punto di riuscire a provare che le potenti forze, che hanno distrutto la centrale di Janjira nel 1999, si stanno ripresentando e le dichiarazioni di perdita di radiazioni sono solo menzogne messe in atto dal governo, architettate per nascondere la verità. Con un’ultima supplica, convince Ford ad accompagnarlo alla sua vecchia casa, per rintracciare le prove che il disastro fu tutt’altro che naturale. Ma dopo aver subito un’imboscata da parte delle forze dell’ordine, ciò che trovano nella zona di quarantena è ancora peggiore di quanto credessero.
Nel luogo ormai vuoto in cui fu trovata la reliquia a Janjira, scoprono l’enormità del segreto governativo: qualcosa ha trovato nutrimento dai reattori nucleari della centrale e dopo 15 anni, si è finalmente svegliato. Mary Parent rimarca, “Nel nostro film, scopriamo una forza distruttiva che è, per certi versi, la conseguenza dell’arroganza umana nei confronti della natura.
Nei terribili eventi che seguono, Ford e Joe vengono trascinati assieme al Dott. Serizawa ed alla D.ssa Graham sulla nave della Marina che fungerà da centro di comando, per affrontare la crisi che si sta rapidamente evolvendo. A capo delle operazioni tattiche delle forze per difendere il pianeta da un nuovo terribile nemico, troviamo l’Ammiraglio Stenz, che insegue Godzilla nell’Oceano Pacifico, diretto verso le coste degli U.S.A.
Il celebre attore David Strathairn, che interpreta l’Ammiraglio William Stenz, ci racconta, “Nessuno al mondo ha mai incontrato prima qualcosa di così grande, perciò Stenz ha difficoltà ad ipotizzare soluzioni possibili. Non si può abbattere un mostro con delle normali munizioni e allora, a cosa si può ricorrere? Un ordigno nucleare? Quella è l’estrema risorsa militare, ma alzerebbe la posta in gioco in maniera radicale e, come ufficiale al comando della task force, Stenz è strategicamente in contrasto con Serizawa”.
Strathairn si è gustato questa conflitto filosofico con Watanabe. “Serizawa è uno scienziato specializzato e molto convinto del suo lavoro; è anche profondamente triste ed impaurito riguardo l’arroganza della nostra specie verso la natura”, osserva Strathairn. “Stenz è chiamato a fare delle scelte cruciali, che cozzano con le idee di Serizawa per risolvere la situazione e Ken ha messo una tale grazia a questi momenti veramente intensi tra di loro. Serizawa è il vero fulcro della di questa storia”.
Come i suoi compagni di cast, anche Strathairn è rimasto colpito dall’acume con cui Edwards ha catturato le dimensioni umane della storia di Godzilla. “Ritengo che questo film parli principalmente di come noi, fragili creature troppo spesso irresponsabili verso l’ambiente, reagiamo al  simbolo di Godzilla, una figura metaforica per così tante cose di cui stiamo ancora cercando di migliorare. Gareth ha avuto un impegno mostruoso con questo film, tanto per rimanere nel tema, ed io sono veramente impressionato dal modo con cui ha trattato questo prodotto di franchise, questo dinosauro, pur rispettando ed onorando l’aspetto umano”.

Dopo aver assistito all’entrata dirompente di Godzilla nell’aeroporto di Honolulu, Ford si unisce ad una squadra militare in viaggio verso la terraferma, in seguito ad una colossale scia di distruzione attraverso città e paesi che sono stati rasi al suolo da forze di inimmaginabile potere. Approfittando dell’unica possibilità di mettere in salvo la sua famiglia, Ford si candida volontariamente per quella che potrebbe rivelarsi una missione suicida e entrare nel cuore di una San Francisco sotto assedio, in un disperato tentativo di salvare la città da un imminente attacco nucleare.

Con i suoi grattacieli abbattuti come giocattoli e i suoi rifugi sotterranei sovraffollati da terrorizzati rifugiati, la fragile città umana diventa un campo di battaglia a misura di mostro, dove il Predatore Alfa mette all’angolo le sue prede malvagie, scatenando tutta la sua furia in una battaglia epica per il sopravvento, con il futuro dell’umanità appeso ad un filo.

“Abbiamo dovuto scegliere come rivelare Godzilla al mondo in questo film”, dice Edwards. “È stato difficile ma avevea a che fare con la domanda se Godzilla fosse buono o cattivo. Io penso che rappresenti qualcosa di completamente diverso. È come chiedersi se un uragano sia buono o cattivo. Godzilla è una forza della natura, ma è più violento ed imprevedibile. Quello che combatte nel nostro film rappresenta veramente l’abuso della natura da parte nostra, così che quando Godzilla si scatena, lo fa per sistemare le cose”.

 

PORTARE A NUOVA VITA UNA LEGGENDA DI 60 ANNI

Per la produzione che ha supervisionato una complessa operazione come questa, non c’è stato niente di più difficile o esilarante che la creazione del suo elemento principale. “La Toho ci aveva dato la sua approvazione nel rivisitare il personaggio, ma per noi era importante allo stesso modo che Godzilla sembrasse Godzilla”, dice Tull. “Volevamo inserirlo in un contesto contemporaneo senza però allontanarci dal classico profilo con cui molti di noi sono cresciuti e Gareth ed il suo team hanno seguito questa linea con passione ed ispirazione”.
Lo sforzo di realizzare un Godzilla vivente sullo schermo con così tanti dettagli e realismo, ha richiesto un’ampia collaborazione di menti creative, incorporando il talento di specialisti come il disegnatore Matt Allsopp ed i disegnatori di creature della Weta Workshop, Ltd., Andrew Baker, Christian Pearce e Greg Broadmore, oltre agli illustratori, gli artisti dell’animazione keyframe e struttura della Motion Picture Company (MPC),  gli specialisti del sonoro, movimenti e riferimenti visivi, tutti supervisionati dallo sguardo esperto di Edwards.
“Tutti sulla stessa barca”, ricorda il regista. “Quello che cercavamo di ottenere era di far sembrare che Godzilla si muovesse nel mondo reale. Una delle domande più frequenti era, ‘Se fosse una persona, chi potrebbe essere?’  E dopo averci pensato un po’ su, ci è sembrato che potesse essere l’ultimo Samurai—un solitario ed antico guerriero che se avesse potuto, avrebbe preferito non fare parte del mondo in cui vive, ma che è costretto dagli eventi a riemergere in superficie. Abbiamo buttato giù parecchi bozzetti e disegni e ci è voluto oltre un anno per arrivare a renderlo perfetto”.

Alto oltre 100 metri—il più grande mostro del cinema—all’inizio Godzilla era stato concepito interamente come frutto di lavorazioni digitali, che mantenesse la classica forma ed identità del personaggio originale. Bipede, anfibio, un leviatano con pinne dorsali letali, che si allungano minacciose fino alla lunga coda che usa per spazzare via il nemico, Godzilla apparteine alla specie immaginaria dei Godzillasaurus, che i paleontologi hanno scherzosamente associato alla famiglia dei Tyrannosaurus Rex o Ceratosaurus, ma un po’ più grande.

L’impegno della produzione nel catturare l’essenza di Godzilla, li ha infine ricondotti al 1954—all’iconico costume in latex progettato da Teizo Toshimitsu della Toho, da lui realizzato assieme a Eizo Kaimai, Kanju Yagi e Yasue Yagi. Indossato con grande efficacia dall’attore Haruo Nakajima, il fortunato costume fu trasformato per mezzo dell’obiettivo di Ishiro Honda in un disastro nucleare in carne ed ossa, che sputava un fuoco di origine nucleare su una Tokyo decimata. Sebbene quegli effetti fossero innovativi per l’epoca, la produzione era convinta del fatto che 60 anni dopo e con gli strumenti in loro possesso, Godzilla sarebbe sembrato vivo e reale.
“È stato incredibilmente emozionante prendere ispirazione da quei vecchi film, ma la regola di Gareth sin dall’inizio, stabiliva che ogni cosa che avremmo creato doveva sembrare assolutamente reale”, ci conferma il supervisore degli effetti visivi Jim Rygiel.  “La gente deve credere che ci sia una bestia alta oltre 100 metri che sta distruggendo le strade di San Francisco.”
All’inizio della produzione, Rygiel ha mostrato allo staff il primo test completo della creatura in movimento. “Si è sentito un sussulto in tutta la stanza”, ricorda Tull.  “Gareth ed il team degli effetti visivi hanno fatto un lavoro incredibile, dando al personaggio un livello di dettaglio e movimenti naturali che non sarebbe stato possibile soltanto cinque anni fa. Ci sembrò quasi di vedere Godzilla in carne ed ossa per la prima volta”.
Ma al di sotto della sua pelle, quello che ha sempre contraddistinto Godzilla è il suo carattere unico e la sua presenza. “Ha un effetto incredibile sul pubblico, che rimane sia terrorizzato quanto attratto da lui, il che è in parte il motivo per cui il personaggio ha resistito così a lungo nel tempo”, dice Mary Parent. “Godzilla è sicuramente un tipo tosto, ma in lui c’è anche innocenza ed integrità morale. Ad un livello primario, non si sa mai quale sarà la sua prossima mossa. Allo stesso tempo è anche eroico e questa dicotomia è ciò che lo rende così interessante ed avvincente”.
Come per i suoi compagni di recitazione, l’animo di Godzilla è dipinto sul suo volto.  Mentre la sua nuova rappresentazione si avvicina alle dimensioni del suo corto e ripido cranio, al muso largo ed alla bocca da carnivoro, per donargli una ricca gamma di espressioni nelle scene di lotta, la produzione ha studiato le facce di orsi e cani incorporando anche lo sguardo nobile dell’aquila.
Per dirigere il personaggio nei dettagli della performance, Edwards si è avvalso della preziosa collaborazione dell’assistente di Rygiel in “Il signore degli anelli”, il pioniere della cattura dei movimenti Andy Serkis, che ha messo a disposizione la sua arte unica nella creazione di personaggi digitali Gollum, Caesar e King Kong, aiutando a dare forma all’arco emotivo del personaggio del titolo.
“All’inizio delle lavorazioni, sentivo che dovevamo decidere e controllare chi fosse Godzilla”, riflette Edwards, “ma, man mano che andavamo avanti, abbiamo iniziato ad accorgerci che era Godzilla stesso a dirci chi fosse, proprio come fanno gli attori che personalizzano i loro personaggi. Non siamo stati assolutamente capaci di dettare chi fosse; si è trattato solo di provare nuove idee e poi modificarle. E, a poco a poco, ci si è rivelato”.
L’elemento finale dell’alchimia di Godzilla non è il suo aspetto ma il suo sonoro. Akira Ifukube, che compose l’ossessionante colonna sonora che accompagnò l’introduzione sugli schermi nel film del 1954, ebbe l’idea di creare il famoso ruggito usando un guanto ricoperto di resina facendolo scorrere sulle corde di un contrabbasso, ottenendo l’effetto di produrre un suono per il progettista del suono Ichiro Minawa, che lo ha utilizzato in seguito ad una diversa velocità per personalizzare ogni espressione.
“Il ruggito di Godzilla non si può adulterare o imitare”, dice Tull. “C’è solo un suono ed è quasi impossibile da ricreare, per quanto ci si sforzi”.
Molto tempo prima che la produzione prendesse il via, i produttori ingaggiarono i progettisti suono premio Oscar®, Erik Aadahl e Ethan Van der Ryn (“Transformers”) per sperimentare tecniche differenti con lo scopo finale di ricreare l’agghiacciante ruggito, oltre che una serie di altri suoni che avrebbero dato all’azione una sensazione di viscerale terrore. “Se vi siete immaginati che Godzilla fosse vero, allora quello che abbiamo sentito nel film del 1954 è proprio come sentire un nastro nei registratori degli anni ‘50” descrive Edwards. “Volevamo registrare quel sonoro dal vivo, in tutta la sua potenza con la fedeltà di cui siamo provvisti oggigiorno”.

I progettisti del suono hanno usato una certa varietà di tecniche differenti, hanno perfino provato con un guanto ricoperto di resina di pino su un contrabbasso per avvicinarsi all’originale. “Quel ruggito è probabilmente il più famoso effetto sonoro nella storia del cinema e volevamo rendergli omaggio, pur creando qualcosa di nuovo”, dice Aadahl. “Abbiamo finito per registrare centinaia di suoni diversi che avevano la stessa qualità di timbro dell’originale e, finalmente, abbiamo scoperto la combinazione che ci ha fatto venire la pelle d’oca. Per finire, volevamo conferire tutta la potenza e la ferocia di Godzilla in quanto forza della natura, così che il pubblico chiudesse gli occhi, lo ascoltasse e immediatamente dicesse, ‘Questo è Godzilla!’”

Scomposto il suono originale in tre parti—uno strillo metallico seguito da un lamento sconvolgente ed un muggito finale—i progettisti hanno condotto numerosi esperimenti con un ampia gamma di suoni, fino a raggiungere una combinazione con tutte le strutture ed il dramma sconvolgente del ruggito originale di Godzilla. Tull offre, “Quello che hanno ottenuto vi gelerà il sangue nelle vene. È il grandioso e minaccioso ruggito che Godzilla ha sempre meritato di avere”.

La moltitudine di effetti sonori inumani del film, è stata registrata ad alta risoluzione, con frequenza di campionamento a 192-kilohertz—oltre la soglia di udibilità umana—che è stata poi rallentata per renderla udibile all’orecchio umano. Le ambientazioni sonore alla”Godzilla” racchiudono anche gli ambienti realistici nel quale  si svolge la storia, realizzate grazie ai viaggi di Aadahl e Van der Ryn sui luoghi interessati, per registrare all’interno di tunnel e portaerei. “Gareth è un regista visionario e perfezionista, che ci ha sempre spronato a spingerci in avanti con gli esperimenti”, rimarca Van der Ryn. “Lavorare in ‘Godzilla’ è stata un’avventura veramente speciale che abbiamo vissuto insieme ed una delle migliori esperienze della nostra carriera”.

Uno dei loro obiettivi era di portare il ruggito di Godzilla nel mondo reale, così i progettisti hanno costruito un sistema sonoro alto 4 metri e lungo quanto un viale degli studios della Warner Bros. di Burbank. Il riverbero creato dal ruggito che usciva dai 100.000 watt degli altoparlanti allineati, è stato registrato da angolazioni diverse, come ad esempio dentro alcune automobili o dietro le vetrine dei negozi o nei vicoli. Oltre a far vibrare le tubature e i tetti, si poteva sentire anche a 5 chilometri di distanza.

Nel regno animale, un ruggito può esprimere un diverso spettro di emozioni, ma è senz’altro più efficace come asserzione di dominio quando il Predatore Alfa viene minacciato, “cosa che succede per davvero nel film”, suggerisce Edwards. “Nella nostra storia, Godzilla non è l’unico che prova a distruggere il mondo. È completamente ignaro della nostra presenza; per lui siamo come formiche. Però condividiamo la stessa casa e le nostre azioni giocano un ruolo chiave manifestando questa enorme minaccia al pianeta ed a Godzilla stesso. Volevamo realizzare l’estrema nemesi per Godzilla, e speriamo di aver creato qualcosa di veramente nuovo per il pubblico”
RIPRENDERE UN MONDO CAMBIATO
 

Con alle spalle una significativa esperienza nel campo della cinematografia digitale, Gareth Edwards si è gettato a capofitto in questa mastodontica produzione con lo stesso livello di ispirazione e risorse che ha messo in campo per il suo film indipendente, “Monsters”. Dopo aver raggruppato artisti che ammirava da lungo tempo, il regista si è ritrovato con un tema di collaboratori affiatati che hanno condiviso e anche migliorato la sua visione.

“Quando devi fare un film del genere, hai la facoltà di compilare la lista dei desideri delle persone più brave al mondo con cui ti piacerebbe lavorare ed io sono stato veramente fortunato ad essere riuscito ad aggiudicarmi tutti quelli in cima a quella lista”, dice.  Tutti i nostri capi reparto hanno contribuito a cambiare il cinema a modo loro e si sono tutti impegnati a vivere quest’esperienza profondamente emotiva ed epica, nella tradizione dei film con cui siamo cresciuti. Quei film sono il motivo per cui abbiamo iniziato a fare questo mestiere. Tutti si sono dimostrati brillanti ed incredibilmente di grande aiuto. Questo è il mio primo vero grande film e continuavo a chiedere, ‘Questo è normale?’  È stato semplicemente fantastico”.

Elizabeth Olsen nota che, nonostante fosse incaricato di supervisionare un cast enorme, sette troupe di ripresa e 500 varie altre persone, Edwards non ha mai perso la calma.  “Era capace di parlare agli attori della storia e poi, grazie alla sua esperienza, dirigere gli aspetti tecnici della produzione con la troupe. Penso che questa sia una caratteristica unica in un regista che, al suo primo grande film, è stato capace di gestire il tutto senza mai esserne sopraffatto. La sua ferma leadership ed il suo senso di tranquillità abbia contribuito a far sì che tutti dessero il meglio nel loro lavoro”.

A guidare il regista, è stato il desiderio di trattare “Godzilla” in primo luogo come una storia. “Per tutti noi era importante che il pubblico si interessasse a quello che stava succedendo e il perché, quindi non volevo che fosse solo una scena dietro l’altra”, spiega. “Al contrario, l’idea era di usare alcune limitazioni per far crescere l’attenzione e la suspense, fino ad arrivare finalmente al momento in cui Godzilla si rileva in tutta la sua grandezza per la prima volta”.
Questo approccio è stato reso valido sotto ogni aspetto creativo ed ha aiutato a ritagliare un linguaggio visivo che ha portato verisimilitudine anche nelle scene più sbalorditive apparse sullo schermo. “Non mi piace mettere una macchina da presa dove è impossibile piazzarne una, pertanto non c’è stato nessun movimento di macchina che non sarebbe stato possibile anche nella vita”, dice Edwards. “Abbiamo girato alcune delle scene con il mostro con il tipo di panoramica ed effetti, che di solito vediamo durante gli eventi sportivi. I cameramen non sono extraterrestri, quindi le scene non sono mai perfette. Installano le macchine da presa dove pensano che possano catturare le migliori immagini e iniziano a girare, e quello è stato proprio l’effetto che avevamo in mente”.
Il direttore della fotografia Seamus McGarvey aveva già visto il primo film di Edwards all’ Edinburgh Film Festival, rimanendo colpito dal suo occhio per l’interazione umana anche in circostanze estreme. “Con ‘Godzilla’, ci troviamo di fronte ad un mostro mitologico e ciò che è visivamente interessante, è l’accostamento dei piccoli momenti che vivono le persone, ritornando poi alla testimonianza delle dimensioni del gigantesco mostro alle loro spalle”, ci relaziona McGarvey. “Quando vedi una persona al fianco di questa creatura alta oltre 100 metri, lo scontro del micro e del mega, ti manca il respiro”.
Per orchestrare l’enorme integrazione tra live action e Computergrafica, l’intero film è stato mappato usando la previsualizzazione (previs), che è stata di grande aiuto al montatore Bob Ducsay per mettere insieme le sequenze, che spesso richiedeva l’accostamento della previs con le scene complete. “Il film è molto complicato, ma è stato bello vederlo nascere di volta in volta”, rimarca Ducsay. “Gareth girava una grande quantità di scene, che ci dava un’ampia possibilità di scelta per le sequenze più complesse”.
La previs in continua evoluzione, è stata anche uno strumento fondamentale per comunicare la visone di Edwards all’intero staff del film. “Anche guardare la sola previs è stato emozionante e questo non succede spesso quando guardi blocchi di animazione grezza”, rivela Tull. “C’era un senso di presagio e mistero che ci spingeva a voler vedere il prodotto finito”.
Edwards lo ha anche mostrato agli attori prima delle sequenze più importanti, per guidare la loro immaginazione ed aiutarli nelle scelte quando avrebbero dovuto reagire al loro gigantesco compagno di recitazione che in effetti era assente. E quando le macchine da presa giravano, Edwards usava un altoparlante per narrare l’azione, come un annunciatore ad un evento sportivo, spesso accompagnato da un’esplosione provocata dal coordinatore degli effetti speciali Joel Whist, o dal ruggito che era stato creato per l’effetto vero e proprio.

“Mettevo il microfono vicino all’altoparlante dell’iPod, così che quei ruggiti si sentissero nel momento giusto, ed è stata una mossa produttiva. “Si nota veramente la differenza, credo, tra le scene girate sul set senza l’ausilio del sonoro e quelle dove era presente il ruggito di Godzilla, perché c’è qualcosa di veramente primitivo e credo che non si possa fare nient’altro che reagire a questo”.

Popolato da moltissime controfigure nel mezzo del caos—orchestrate dai coordinatori delle controfigure John Stoneham, Jr. e Jake Mervine e dal coordinatore delle controfigure della 2^ troupe, Layton Morrison—girare le scene è stato esilarante per gli attori.  Aaron Taylor-Johnson osserva, “Trovarcisi nel bel mezzo, con tutto il caos intorno a te e la macchina da presa è lì che riprende l’azione, hai la sensazione di essere l’attore ed al tempo stesso lo spettatore”, descrive. “Gareth ha girato questo film come se noi fossimo veramente all’interno di un’automobile, o sul tetto di un edificio ed è straordinario esserne testimoni, anche senza effetti speciali”.
Per rendere al meglio l’emozione alternata di azione ossessiva, usando sia le sorgenti di luce disponibili che le atmosfere dark della luce naturale, McGarvey ha creato un ulteriore livello di contrasto visivo montando una lente anamorfica Serie C del 1970, su una innovativa macchina da presa digitale Arri Alexa®. “Con questo film abbiamo raggiunto l’avanguardia degli effetti visivi e della cinematografia digitale, anche se l’idea era quella di rendere questa tecnica invisibile, da non doverci andare con la mano pesante ma che avesse una qualità vivida in modo che lo spettatore avesse la sensazione che quanto accade sullo schermo, stia succedendo per davvero”, condivide con noi McGarvey.  “Abbiamo usato vecchi obiettivi su macchine da presa moderne, per riprodurre i chiarori e le caratteristiche dei film dell’epoca, che io e Gareth amiamo molto. Abbiamo usato coscienziosamente molte camere a spalla in modo viscerale quasi come se il cameraman fosse il testimone dal vivo di questi avvenimenti. Allo stesso tempo abbiamo girato in anamorfico i molti momenti in cui compare il mostro gigante, così da ottenere la sensazione di grande CinemaScope che ognuna si aspetta di vedere in un film di questa portata”.

“Godzilla” si svolge durante due principali archi temporali: nel 1999 a Tokyo e nelle Filippine e al giorno d’oggi. Lo scenografo Owen Paterson, si è divertito a cogliere i motivi delle diverse location ed epoche che correvano tra la vita normale e la devastazione totale. “Abbiamo realizzato un gran numero di illustrazioni per raffigurare gli ambienti ed alla fine abbiamo costruito quasi 100 set—che sono parecchi per un singolo film—alcuni dei quali molto costosi. L’idea era di rendere il film sia interessante visivamente quanto credibile in termini di tempo e luoghi”.

Lallo stesso modo, la costumista Sharen Davis si è ispirata alle varie epoche per creare i costumi che non attirassero l’attenzione, ma che emergessero naturalmente dai personaggi e dalle loro vite all’interno della storia. “In questo film c’è una forte componente militare, che ha richiesto di trovare o creare tutto il vestiario degli ufficiali, dal 1950 fino alle divise del personale di sicurezza giapponese della fine degli anni ’90, per arrivare all’Esercito ed alla Marina dei giorni nostri, e soprattutto andava fatto nel modo corretto”, conferma la Davis. “Ma ciò che ho trovato affascinante in uguale misura, è stato tracciare l’evoluzione di questi personaggi. Per esempio, Joe Brody subisce un cambio radicale nel corso di 15 anni. Ogni look nel film è stato disegnato non per essere fine a sé stesso ma per essere parte del tessuto della vita di ogni giorno, il tipo di vestiti che a volte vediamo nei telegiornali, di gente comune che all’improvviso si ritrova nel mezzo di eventi straordinari”.

Mantenendo l’illusione dell’inimmaginabile che si presenta nella vita di tutti i giorni, Paterson ha progettato e costruito i diversi ambienti del film con un occhio a ciò che è più naturale e vero. “Gareth ha introdotto un nuovo ed interessante modo di raccontare una storia come questa”, attesta. “Penso che volesse farci sentire come dei documentaristi che stanno sdraiati nell’erba alta in Africa, mentre guardano dei rinoceronti che mangiano, quando all’improvviso ti si scagliano addosso…la differenza è che qui c’è un mostro enorme. È un grande narratore di storie e perciò è stato bello provare a creare ambienti che lui sentisse veri e che allo stesso tempo incorporassero l’esistenza di questi personaggi digitali piuttosto esotici. Voleva riprendere con la macchina da presa quanto più materiale possibile, soprattutto primi piani che potessero in seguito essere estesi o fusi per mezzo degli effetti visivi, per aggiungere dimensioni e rilevanza”.

Il regista, che aveva affinato le sue abilità nel campo degli effetti visivi durante i suoi anni alla televisione britannica, ha apprezzato la collaborazione del pioniere degli effetti visivi Jim Rygiel, che ha portato in vita la Terra di Mezzo nei film di “Il signore degli anelli”. Ha anche avuto l’opportunità di lavorare, per alcuni effeti visivi aggiunti, con John Dykstra, leggenda dell’industria cinematografica già dai tempi di “Star Wars”.
“Gareth sa come creare mostri in 3D sul suo computer portatile, il che ha reso il mio lavoro più facile e molto più divertente”, dice Rygiel. “Per altri progetti avrei usato  green screen come se piovesse, ma Gareth voleva girare contro il nero per relazionarsi in maniera migliore con la cinematografia d’atmosfera di Seamus. Gli addetti agli effetti visivi odiano lavorare con il fumo e la polvere, perché poi bisogna ripulire tutto e reinserirlo di nuovo, ma quando guardi la scena finita si sente la profondità ed i vari livelli, piuttosto che vedere tutto chiaro in una scena illuminata a giorno”.
Le necessità degli effetti visivi del film sono state divise tra due studi di effetti, la Double Negative di Londra si è occupata degli ambienti, mentre la canadese Motion Picture Company si è occupata delle creature. La difficoltà maggiore era rappresentata dal fatto che non dovevano esserci differenze visibili tra gli elementi digitali ed il mondo reale. Rygiel dichiara, “Nel nostro film, ci sono battaglie del grande mostro, città distrutte, uno tsunami, grandi operazioni militari e molti altri elementi insoliti ed ogni componente doveva essere assolutamente basato sulla realtà”.

L’elemento finale del film è rappresentato dalla colonna sonora, che Edwards ha iniziato a concettualizzare prima di ingaggiare Alexandre Desplat per la sua composizione.  “Quando lavori ad un film del genere, una delle cose più importanti a cui pensare è la musica”, dice Edwards. “La prima cosa che faccio è creare una playlist sul telefono con tutte le colonne sonore che mi piacciono e che credo abbiano il giusto tono per questo film, l’ossessiva emozione del film, oltre all’orrore sinistro ed oscuro che dovevamo mettere in scena e Alexandre ha realizzato sicuramente una bella musica”.

Avendo già visto “Monsters”, Desplat ha apprezzato la messa a fuoco di Edwards sul sostegno emotivo dei personaggi nel mezzo di scene d’azione, una sensibilità che lo ha aiutato molto nella composizione della colonna sonora di “Godzilla”.  “Nonostante il pericolo sia sempre presente, lo riesci a condividere solo se ci si immedesima con i personaggi”, dichiara il compositore. “Con ‘Godzilla’, per me è stato importante immedesimarsi con il grande senso di sconfitta che circonda Ford e Joe sin dall’inizio del film, e che riusciamo ancora a sentire il loro tremolio di quel momento, mentre seguiamo le vicende di queste due anime perse, fino al presente”.

Insieme alla grande forza di Godzilla che scatena l’azione, Desplat ha anche avuto l’opportunità di realizzare un grande impatto sonoro con la musica, visto che ha registrato la colonna sonora con la Hollywood Studio Orchestra. “Non ho mai lavorato ad un film di mostri fino ad ora, perciò lavorare con oltre un centinaio di musicisti—ottoni e corni doppi—mi ha permesso di aprire le porte della mia immaginazione verso nuovi territori, ed è stato tutto molto emozionante”, descrive Desplat. “Gareth è molto sensibile verso la musica e questo per me è fantastico. Quando gli ho fatto ascoltare la musica in studio, lo ho visto guardare le immagini ed ascoltare allo stesso tempo. Ho provato sempre a tenere alta la tensione, ma il trucco era di sapere quando liberare la pressione. Ad esempio, una scena di gente per la strada può risultare banale. Non succede nulla, ma invece di lasciare scivolare via la tensione, insisti. Quella struttura l’abbiamo decisa insieme a Gareth mentre il film e la colonna sonora prendevano corpo, quindi c’è un grande senso di continuità tra quello che si vede e quello che si sente”

Il regista si meraviglia, “Alexandre è in un certo senso un mio idolo musicale e la colonna sonora creata per questo film è semplicemente stupefacente. Sono molto contento. Ancora non riesco a credere che Alexandre, non solo ha composto la colonna sonora di ‘Godzilla’, ma che ha composto la mia colonna sonora. Credo che sia il regalo più sorprendente che abbia mai ricevuto”.

GODZILLA ARRIVA SULLA TERRA
 
Come il personaggio del titolo, la storia raccontata nel film inizia in Giappone. “Quello è il luogo di nascita di Godzilla, così abbiamo pensato che sarebbe stato giusto iniziare la storia da lì, che ci porta già dall’altra parte del mondo, per raggiungere in ultimo San Francisco, luogo dove si svolge la grande battaglia”, dice Tull.
Il film è stato girato in esterni sull’isola Hawaiana di island Oahu; a Las Vegas, Nevada ed a Vancouver, B.C., in Canada, con riprese aggiunte a San Diego, California, e Tokyo, Giappone. Paterson ed il suo art department—guidato dal supervisore Grant Van Der Slagt, insieme a Dan Hermansen, Ross Dempster e Kristen Franson ed all’architetto Elizabeth Wilcox—hanno progettato e creato interni ed esterni dettagliati e complessi, nei teatri di posa e negli spazi esterni del Canadian Motion Picture Park (CMPP), nei dintorni di Vancouver, a Burnaby.
Una delle prime scene girate, è stata realizzata al Vancouver Convention Center, dove le cavernose strutture sono diventate gli aeroporti internazionali sia di Honolulu che di Tokyo.
Un certo numero di costruzioni canadesi è stato abbattuto, per alcune delle più drammatiche scene di devastazione. “Sicuramente non vedremo mai una creatura gigantesca che viene ad abbattere le nostre città, ma probabilmente ogni essere umano del pianeta ha vissuto eventi che hanno causato danni simili, oppure ne hanno visto gli effetti in televisione”, nota Edwards.
Le strade del centro di Vancouver sono state trasformate nel distretto finanziario sotto assedio di San Francisco, per girare alcune scene evocative. Elizabeth Olsen era presente in una di queste scene, che la ha vista nel mezzo di un fiume di rifugiati che scappava in preda al terrore, dal caos provocato dal mostro, in cerca di riparo. “Una delle esperienze più eccezionali per me, è stato far parte di queste scene di gente in cerca di riparo”, ricorda la Olsen. “Ero nel mezzo di questo enorme gruppo di persone che andava nella stessa direzione. Non ho mai dovuto girare una scena con così tanti figuranti prima d’ora, ma fare parte di un gruppo di persone è qualcosa che ti colpisce  a livello primordiale. Sembrava reale nel contesto di quello che stava succedendo sulla scena”.
Anche San Francisco è stata ricostruita negli esterni del CMPP. In uno di questi set, Paterson ha ridisegnato un esistente paesaggio urbano che raffigurava una piccola strada di Chinatown, oltre ad aver costruito l’entrata di una gigantesca voragine sempre a Chinatown, che è l’obiettivo di Ford quando si lancia con il team di paracadutisti HALO nella città.
Il caotico set della voragine, che Edwards ha definito come “La Tana del Drago”, è stato costruito in un teatro di posa e poi riempito con automobili distrutte, pezzi di palazzi  ed altri rottami. Dopo aver girato questa scena, il set è stato utilizzato nuovamente, con le dovute modifiche, per ritrarre l’enorme caverna nella collassata miniera delle Filippine dove gli scienziati Graham e Serizawa si rendono conto che qualcosa di grande e sconosciuto vaga libero per il mondo. “Scopriamo che questa caverna non è di origine—è una gigantesca cassa toracica, con ossa che si allungano per oltre otto metri in aria”, così la descrive Paterson. “In un certo senso è un ottimo posto per dare inizio alla storia.  Il genio ha lasciato la lampada”
“Quel set era veramente incredibile, straordinario”, racconta un’estasiata Sally Hawkins.  “Anche se spesso lavoravamo con i green screen, molte volte non dovevamo imaginare nulla. Era lì. Eravamo all’interno di questa gigantesca struttura e i dettagli erano fenomenali. Per il cast è stato molto facile entrare a far parte di quel mondo incredibile”.
Edwards osserva che girare entrambe le scene all’interno dello stesso teatro di posa, riflette alcune della simmetrie intrecciate nel DNA del film. “Quello che Graham e Serizawa osservano all’interno della gigantesca cassa toracica all’inizio del film e che Ford vede nella Tana del Drago alla fine, sono collegate nella storia”, dice. “Quindi in un certo senso, sembrava di aver chiuso il cerchio”.
Un altro set in esterni costruito da Paterson al CMPP, era una miniatura di oltre 100 metri del Golden Gate Bridge, lungo in realtà quasi tre chilometri, dove Edwards, supportato dal regista della seconda troupe, il veterano E.J. Foerster, ha messo in scena alcuni dei momenti più drammatici del film, con alle sue spalle il famoso skyline della città.
Per ottenere questo effetto, Rygiel ha sparpagliato squadre di uomini su alcuni tetti dei grattacieli di San Francisco, per girare alcune panoramiche da varie angolazioni, fino ad ottenere una panoramica a 360° dell’intera città, che con l’uso della fotogrammetria è poi diventata una città in 3D. “Questa tecnica permette di realizzare una città così accuratamente perfetta fino all’ultimo pezzo di malta di un palazzo in mattoni”, dice.  “Perciò siamo riusciti a combinare le scene live action con quelle del mostro animato che distrugge palazzi digitali, senza che la differenza si notasse”.
Un altro sito chiave per la produzione è stato il Finn Slough, un centenario insediamento di pescatori finlandesi lungo il fiume Fraser a Richmond, B.C.  Ora quasi completamente abbandonato, i pochi residenti del Finn Slough abitano in fatiscenti baracche di legno, sia galleggianti che su palafitte, lungo le paludose rive del fiume. Edwards ha usato questo sito unico nel suo genere, oltre ad alcuni angoli del New Westminster, arredati per apparire come se fossero luoghi reclamati dalla natura, per riprodurre la zona di quarantena di Tokyo in cui Ford si avventura assieme a suo padre per localizzare la loro vecchia casa.
Per riprodurre la centrale nucleare di Janjira, sono state utilizzate altre due location importanti di Vancouver: la vecchia cartiera abbandonata di Catalyst per gli esterni e lo stabilimento per il trattamento delle acque reflue di Annacis Island, a sud di Vancouver per i suoi interni, oltre ad un teatro di posa in cui sono state ricostruite le camere nucleari.
Sempre  Vancouver è stata teatro di altre scene, come quella girata sulle sponde del Lago Alouette nel Golden Ears Provincial Park, dove vediamo il salvataggio compiuto da un elicottero nel panorama della distruzione ed il molo di Steveston, diventato il famosissimo Fisherman’s Wharf di San Francisco.
Una volta conclusa la parte di riprese canadesi, la compagnia si è trasferita sulle isole Hawaiane più popolose, Oahu, per girare in diverse location che vanno dalle spiagge di Waikiki ad una cava di roccia che è diventata l’ingresso alla miniera collassata.
Per girare le scene della sequenza dei titoli di testa, la produzione si è spostata ad est di Oahu per ricreare l’atollo dove vennero condotti i test sulla bomba a idrogeno agli inizi degli anni ’50, che hanno causato la tragica perdita di vite nello stesso anno in cui fu distribuito il “Godzilla” originale.
La compagnia si è quindi trasferita in un luogo storico esistente della 2^ Guerra Mondiale, a Pearl Harbor che funziona sia come base navale che come triste memoriale delle perdite dell’evento che ha fatto precipitare l’America in guerra. In questo luogo, Edwards ha realizzato tre scene sulla USS Missouri, dove lo storico “memoriale galleggiante” ha fatto la parte della gigantesca battaglia della USS Saratoga all’inseguimento di Godzilla in tutto il Pacifico. Poi spostatisi nell’adiacente Base Aerea di Hickam, Edwards ha girato la scena con Aaron Taylor-Johnson all’interno di un vero aereo C-17 per ritrarre il momento precedente il suo lancio con l’ HALO su San Francisco.

James D. Dever, consulente tecnico militare del film, che aveva già eseguito dei lanci con HALO, ha lavorato con il coordinatore delle controfigure JT Holmes per dare il più alto grado di autenticità alla drammatica caduta libera. “Gli stuntmen sono stati addestrati ai lanci con HALO ed hanno fatto un lavoro eccellente”, dice Dever. “In questo film, vedrete la Forza Aerea che muove missili ICBM, la Marina impegnata con una portaerei e molte parti in movimento prese da elicotteri Huey, cacciatorpediniere e  F-35 in volo. Il mio lavoro è stato di fare in modo che tutto venisse rappresentato accuratamente”.

Oltre ad essere consulente dei termini militari, come la catena di comando, terminologie, attrezzature, armi ed ambienti, Dever è stato anche il collegamento con il Dipartimento della Difesa che ha assicurato lo schieramento dei mezzi militari nel film, oltre ad aver fornito il materiale umano di Canada e Stati Uniti per rappresentare la maggioranza delle forze viste nel film. “Abbiamo anche scoperto che tanta gente all’interno del Dipartimento della Difesa è fan di Godzilla”, sorride Edwards, “e credo che si siano divertiti come pazzi a far parte del film”.

Sergente Maggiore in congedo della Marina U.S.A., Dever ha collaborato anche con Aaron Taylor-Johnson per fare in modo che il suo comportamento militare fosse adatto alla parte. “Abbiamo lavorato tre giorni in un campo addestramento, gli ho insegnato come usare le armi, come indossare l’attrezzatura, come muoversi e come si presenta un ufficiale della Marina U.S.A.”, dice Dever. “Aaron assorbiva informazioni come una spugna perché voleva farlo in modo giusto, e così è stato. Lavorare con lui è stato un vero piacere”.

La produzione ha anche girato per un paio di giorni alcune sequenze sulla popolare spiaggia di Waikiki, che sarebbero servite per la scena dello tsunami che distrugge uno dei simboli più riconoscibili della spiaggia, l’Hilton Rainbow Tower. La produzione è riuscita nell’impresa quasi impossibile di far chiudere per quindici ore la via commerciale più popolare di Waikiki, Lewers Street, per girare la scena di centinaia di figuranti che fuggono dalla gigantesca onda.
“Era nostra intenzione, con quest’ambientazione e con le scene di devastazione del film, di dare riprodurre una realtà assoluta”, dice Paterson. “Gareth voleva che il set sembrasse talmente vero che quando gli spettatori sarebbero usciti dal cinema, si sarebbero meravigliati di vedere che i palazzi erano ancora in piedi”.

“È un esperienza emozionante, intensa e, penso, soddisfacente se ci credi”, aggiunge la Parent. “Godzilla merita di avere la sua storia raccontata in un film degno e Gareth è riuscito a mettere insieme un gruppo di persone al top della loro capacità, in un modo mai visto prima. È una bella gara e vi da la possibilità di vivere questa avventura epica in prima fila, con l’iconico Godzilla al centro di tutto”.

Rogers dice, “Sono così orgoglioso di aver fatto parte di un team di talento, responsabile di aver riportato in vita Godzilla in tempo per festeggiare il suo 60o compleanno, ripresentandolo a tutti i suoi fedeli fan, oltre che ad un pubblico nuovo che non ha ancora avuto la fortuna di conoscere il ‘Re dei Mostri’”.

“Osservare le scene girate sul set o guardare i giornalieri, non è la stesa cosa che vedere le scene scelte che verificano assolutamente come il tuo regista abbia raggiunto un certo tono, dimensione e qualità”, osserva Jashni. “Ricordo quando ero seduto nella stanza di montaggio, guardavo Gareth che ci mostrava un esempio di quattro o cinque scene montate, consapevole di avercela fatta—aveva in qualche modo fatto il ‘suo’ film. Ero emozionato per lui e per noi, mentre lui era sulla strada giusta per ottenere quello a cui tutti aspiravamo”.

“Tutti quelli che come noi sono cresciuti guardando Godzilla, eravamo così affezionati e nostalgici per questo personaggio, che non vedevamo l’ora di rivederlo distruggere ogni cosa su un grande schermo”, dice Tull. “Il primo film uscì 60 anni fa. Un periodo troppo lungo per un gruppo di fan che continua a crescere ed ora c’è una nuova generazione che ancora non ha avuto il suo Godzilla. Pertanto, la nostra speranza è di dare ai fan che ci sono già ed alla nuova generazione, il film che stavano aspettando”.
Al culmine della sua epica avventura per rispettare questa promessa, Edwards paragona l’esperienza al momento in cui il personaggio centrale del film, Ford, riesce finalmente a vedere il leggendario dinosauro. “Prima di iniziare, c’era questa minacciosa ed incombente minaccia sulla mia testa”, riflette. “Ma poi, verso la fine del progetto, ho iniziato ad accorgermi che Godzilla era diventato il mio salvatore. Ho beneficiato di tantissima gente di talento che ha lavorato ad ogni ora per riuscire nell’intento e farlo sembrare privo di difetti, e ci sono riusciti. Sono orgoglioso di aver diretto questo film.  Se dovessi essere riconosciuto come regista di genere, rimarrei felicemente intrappolato nel mondo dei mostri e al mondo non esiste un mostro migliore di Godzilla”.

# # #

Warner Bros. Pictures e Legendary Pictures presentano l’epica rinascita del mostro più famoso al mondo ‘Godzilla’. Dal visionario nuovo regista Gareth Edwards (“Monsters”) arriva una potente storia di coraggio e riconciliazione con le forze titaniche della natura.  Una nuova spettacolare avventura per ristabilire l’equilibrio perduto dall’uomo.

Gareth Edwards è il regista di “Godzilla”, che vede protagonisti Aaron Taylor-Johnson (“Kick-Ass”), il candidato all’Oscar® Ken Watanabe (“L’ultimo samurai”, “Inception”), Elizabeth Olsen (“Martha Marcy May Marlene”), il premio Oscar® Juliette Binoche (“Il paziente inglese”, “Cosmopolis”) e la candidata all’Oscar® Sally Hawkins (“Blue Jasmine”), assieme al candidato all’Oscar® David Strathairn (“Good Night, and Good Luck.”, “The Bourne Legacy”) e il vincitore degli  Emmy® and Golden Globe Award, Bryan Cranston (“Argo”, “Breaking Bad” per la TV).

            Edwards dirige da una sceneggiatura di Max Borenstein e soggetto di David Callaham, ispirato al personaggio “Godzilla” (TOHO CO., LTD).  Thomas Tull e Jon Jashni sono i produttori con Mary Parent e Brian Rogers. Patricia Whitcher e Alex Garcia sono produttori esecutivi con Yoshimitsu Banno e Kenji Okuhira.

            Il team creativo dietro la macchina da presa include il direttore della fotografia candidato all’Oscar® Seamus McGarvey (“Anna Karenina”, “Atonement”); lo scenografo Owen Paterson (la trilogia di “The Matrix”); il montatore Bob Ducsay (“Looper”); la costumista candidata all’Oscar® Sharen Davis (“Dreamgirls”, “Ray”, “Django Unchained”) ed il supervisore agli effetti visivi premio Oscar® Jim Rygiel (“Lord of the Rings”).  La colonna sonora è stata composta dal candidato all’Oscar® Alexandre Desplat (“Argo”, “Il discorso del re”).

 

IL CAST
 
AARON TAYLOR-JOHNSON (Ford Brody) è attualmente impegnato con il film di avventura di Joss Whedon, “Avengers:Age of Ultron”. È salito alla ribalta con il ruolo di protagonista nel film di Sam Taylor-Wood, “Nowhere Boy” impersonando il futuro Beatle John Lennon durante la sua turbolenta giovinezza di musicista. Questa sua straordinaria performance gli è valsa le candidature ai premi London Critics’ Circle Film come Migliore Giovane Attore dell’Anno, British Independent Film (BIFA) come Migliore Attore ed Empire Award come Migliore Esordiente. Screen International ha nominato il giovane attore come una delle “Stars of tomorrow” (Stelle del domani, n.d.t.).

         Taylor-Johnson ha fatto seguito a questo trionfo con il ruolo di protagonista nel fortunato film di Matthew Vaughn, “Kick-Ass” tratto dal fumetto di Mark Millar, con interpreti  Nicolas Cage, Chloë Grace Moretz e Christopher Mintz-Plasse e per il quale ha ottenuto una nomina agli Empire Award come Migliore Attore. Ha fatto ritorno con il cast ed il regista nel sequel del film, “Kick-Ass 2” uscito al cinema nell’estate del 2013.

Nativo della Gran Bretagna, che ha iniziato a recitare professionalmente all’età di sei anni, è stato visto di recente nella parte di uno dei due giovani malviventi coinvolti in una delle tante guerre di droga che si svolgono in Messico, nel film di Oliver Stone, “Le belve” con Taylor Kitsch, Blake Lively, Benicio Del Toro e Salma Hayek.  Si è poi cimentato nel ruolo di Vronsky nel film di Joe Wright, adattamento del romanzo di Tolstoj e candidato all’Oscar®, “Anna Karenina” con protagonisti Keira Knightley, Jude Law, Matthew Macfayden, Olivia Williams ed Emily Watson.

Nel suo curriculum troviamo anche il ruolo del mago Edward Norton da giovane nel film di Neil Burger, “The Illusionist”; ha recitato al fianco di Glenn Close e Mia Wasikowska nel film nominato all’Oscar® di Rodrigo Garcia, “Albert Nobbs”; interprete con Carey Mulligan in “The Greatest” di Shana Feste; ha interpretato il giovane Charlie Chaplin nel film di David Dobkin, “Shanghai Knights” con Jackie Chan ed Owen Wilson; ed altri ruoli di rilievo come ad esempio nel film di Gurinder Chadha, “Angus, Thongs and Perfect Snogging”, “The Thief Lord” di Richard Claus con Caroline Goodall e Jasper Harris, e nel film di Matthew Thompson, “Dummy”.  Dopo aver terminato le riprese di “Godzilla”, Taylor-Johnson ha interpretato il ruolo del supereroe Quicksilver nell’attesissimo sequel di Joss Whedon, “The Avengers: Age of Ultron”.

Taylor-Johnson è anche apparso in diverse serie televisive Inglesi, tra cui “Feather Boy”, “Family Business”, “Nearly Famous” e “Talk to Me”.  Cresciuto ad High Wycombe, ha frequentato la prestigiosa Jackie Palmer Stage School.  Ha avuto anche alcune esperienze in teatro come ad esempio Macduff, nella produzione del “Macbeth” di Shakespeare diretto da Rufus Sewell nel 1999 al London’s West End, e la messa in scena al National Theatre di, “All My Sons” di Arthur Miller nel 2000.

 

         KEN WATANABE (Dott. Ishiro Serizawa) ha ottenuto le candidature ai premi Oscar®, Golden Globe e Screen Actors Guild® come attore non protagonista al fianco di Tom Cruise nell’avventura epica di Ed Zwick, “L’ultimo Samurai”.

Nonostante Watanabe abbia interpretato diversi tipi di personaggi nella sua lunga e variegata carriera, è stata la sua abilità nel maneggiare la spada, e le sue apparizioni in molti film incentrati sui samurai, ad aver cementato il suo status di star in Giappone. Il suo lavoro lo ha anche imposto all’attenzione del regista Zwick, che lo ha scritturato per la parte del samurai Katsumoto, introducendo così il veterano dello schermo al pubblico occidentale.

Watanabe, colonna portante del cinema giapponese, ha iniziato ad apparire al cinema già dagli inizi degli anni ’80 (gli appassionati di film stranieri lo ricorderanno con il ruolo di non protagonista nel western d’autore del 1985, “Tampopo”, in una delle sue prime vere apparizioni sul grande schermo).

Nell’ultimo decennio, Watanabe ha collaborato con celebrati registi del calibro di Christopher Nolan in “Batman Begins” ed “Inception”; Rob Marshall  in “Memoirs of A Geisha” e Clint Eastwood nel suo film del 2005 candidato all’Oscar®, “Lettere da Iwo Jima”.  Per coincidenza, è recentemente stato protagonista dell’adattamento giapponese del film premio Oscar® del 1992 di Eastwood, “Gli Spietati” (intitolato Yurusarezaru mono) del regista Sang-il Lee.

Watanabe è nato a Niigata da genitori insegnanti – suop padre insegnava calligrafia mentre sua madre era insegnante elementare. Ha suonato la tromba nella banda della scuola, che lo ha in seguito condotto agli studi di recitazione. All’ inizio venne incoraggiato alla carriera di attore dal regista dell’England’s National Theater Company, iniziando poi a recitare quando Yukio Ninagawa, famoso regista giapponese, lo scelse per il ruolo di protagonista  in una delle sue commedie, sebbene Watanabe a quell’epoca fosse ancora solo uno studente.

Ha debuttato in TV nel 1982 nella serie “Mibu no koiuta”, ma il ruolo che lo impose all’attenzione del grande pubblico fu quando venne scelto nella serie drammatica giapponese del 1987, “Dokugan ryu Masamune”, nella quale interpretava la parte di un eroico samurai, un ruolo che lo fece diventare un volto noto per tutte le famiglie giapponesi.

Pur mantenendo una carriera impegnata nel natio Giappone sia davanti che dietro la macchina da presa per cinema e televisione, oltre che come narratore nella serie docudrama del 2009 Saka no ue no kumo, (“Clouds Over the Hill”), ha anche avuto modo di partecipare a film quali, “Shanghai” con John Cusack” e “Cirque de Freaks” con John C. Reilly.

 

ELIZABETH OLSEN (Elle Brody) ha di recente completato la produzione di un quartetto di progetti diversi: il mistery diretto da Spike Lee, “OldBoy” con Samuel L. Jackson e Josh Brolin; “In Secret”, un thriller soprannaturale con Jessica Lange e Oscar Issacs; “Kill Your Darlings”, un dramma biografico ambientato nei primi anni delle leggende della Beat Generation, Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe), Jack Kerouac (Jack Huston) e William Burroughs (Ben Foster), tutti collegati ad un omicidio e “Very Good Girls”, nel quale la Olsen recita accanto a Dakota Fanning nel film diretto da Naomi Foner, che narra le vicende di due adolescenti di New York che fanno un patto di perdere la verginità durante le prime vacanze scolastiche estive. Il film è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival del 2013.

E, immediatamente dopo la fine delle riprese di “Godzilla”, la Olsen ha vinto il provino per interpretare il ruolo di Scarlet Witch nell’attesissimo film di Joss Whedon, sequel della Marvel, “The Avengers: Age of Ultron”.

Oltre a ciò, la Olsen ha partecipato ad altri due film che hanno debuttato al Sundance Film Festival del 2012: “Liberal Arts” con Josh Radnor, John Magaro, Zac Efron e Richard Jenkins e “Red Lights”, con Robert DeNiro, Cillian Murphy e Sigourney Weaver. Lo scorso anno, ha recitato anche nel film indipendente “Silent House”, una rivisitazione del popolare horror psicologico Uruguagio di, “La Casa Muda”.

Il film che ha portato l’attenzione della Olsen al grande pubblico, è stato il successo indipendente del 2011, “Martha Marcy May Marlene” per il quale ha ottenuto le candidature ai premi Gotham Award e Broadcast Film Critics e la nomina agli Independent Spirit come Attrice Protagonista, per la sua performance di una giovane donna che va a vivere con la sorella maggiore dopo essere riuscita a fuggire da una setta. Con questo ruolo, si è aggiudicata numerose candidature a diversi premi regionali di associazioni di critica, come ad esempio St. Louis, Detroit, Las Vegas, Houston, San Diego ed IPA, oltre ad essersi aggiudicata il premio come Migliore Attrice dalla Indiana Critics Association. “Martha Marcy May Marlene”, di cui erano protagonisti anche Sarah Paulson, John Hawkes e Hugh Dancy, ha partecipato alla selezione Un Certain Regard del Festival del Cinema di Cannes del 2011.

La Olsen, si è laureata di recente alla NYU’s Tisch School of the Arts, è anche molto apprezzata a teatro, dove ha recitato sia Off-Broadway nella commedia “Dust” che a Broadway, nella commedia “Impressionism”, mentre stava ancora frequentando la New York University. Tra gli altri suoi lavori troviamo, “Bottom of the World” di Lucy Thurber (Atlantic Theatre Company) e “The Living Newspaper” (DRD Theatricals).  La Olsen si è formata alla Atlantic Acting School ed alla Moscow Art Theatre School. Il prossimo autunno, la Olsen darà il via alla stagione 2013-2014 della Classic Stage Company, nel ruolo da protagonista della commedia Off Broadway, “Romeo and Juliet”.

 

         JULIETTE BINOCHE (Sandra Brody) attrice/ballerina/scrittrice Parigina, ha la caratteristica di essere l’unica donna ad aver vinto nella categoria Migliore Attrice nei tre principali festival del cinema europei: Palma d’Oro a Cannes per “Certified Copy” (2010), sia la Coppa Volpi che il Premio Pasinetti a Venezia per “Tre Colori: Blu” (1993) e Orso d’Argento a Berlino per “Il paziente inglese” (1996).

Per quest’ultimo titolo, la sua notevole interpretazione le è valsa anche un Oscar®, un BAFTA, lo European Film Award ed un premio dalla National Board of Review come Migliore Attrice non Protagonista per il film premio Oscar® di Anthony Minghella. Inoltre, ha fatto incetta di candidature dalla Chicago Film Critics Association, lo Screen Actors Guild (Migliore Attrice non Protagonista e parte del Cast) e dal Golden Globe dello HFPA.

La Binoche ha collaborato con alcuni dei più grandi registi, in una carriera in cui ha dimostrato versatilità ed audacia sorprendenti nella scelta dei personaggi interpretati, sia per prodotti commerciali su larga scala di Hollywood quanto per film d’autore.

Questa lista include un secondo progetto con Minghella (“Breaking and Entering”), Lasse Hallström (“Chocolat” per il quale ha ottenuto le nomine a Oscar®, BAFTA, SAG e Golden Globe come Migliore Attrice), David Cronenberg (“Cosmopolis”), Louis Malle (“Damage”), André Téchiné (“Alice and Martin”, “Rendez-vous”), Diane Kurys (“The Children of the Century”), John Boorman (“In My Country”), Michael Haneke (“Code Unknown” e “Caché”, con quest’ultimo ha collezionato le nomine agli European Film e London Film Critics Circle), Krzysztof Kieslowski (la trilogia dei “Tre Colori” — “Blu”, “Rosso”, “Bianco”), Olivier Assayas (“Summer Hours”, “Paris, je t’aime”), Abel Ferrara (“Mary”), Mike Figgis (il cortometraggio per la HBO, “Mara”), Jean-Luc Godard (“Hail Mary”, il suo primo ruolo in un film maggiore in una moderna e controversa interpretazione della Vergine Maria) e Philip Kaufman (“The Unbearable Lightness of Being”).  Con quest’ultimo film, al fianco di Daniel Day-Lewis e Lena Olin in cui ha debuttato in lingua Inglese, è salita all’attenzione del cinema U.S.A. alla giovane età di appena ventitré anni.

Nel corso degli anni, è diventata un’habitué ai Cesar Awards (equivalente francese degli Oscar®), vincendo il premio come Migliore Attrice per “Tre Colori: Blu” (Trois couleurs: Bleu) nel 1993 e ottenendo altre sette nomine negli anni successivi – per Rendez-vous di Téchiné (1985), Mauvais sang di Leos Carax (“Bad Blood”, 1986) e  Les Amants du Pont-Neuf  (“The Lovers on the Bridge”, 1991), “Damage” di Malle (1992), Le hussard sur le toit (“The Horseman on the Roof”, 1995), La veuve de Saint-Pierre di Patrice Leconte (“The Widow of Saint-Pierre”, 2000) e Décalage horaire (“Jet Lag”, 2002).

La Binoche ha anche recitato nei film, “Bee Season” con Richard Gere, “Wuthering Heights” con Ralph Fiennes, “The Son of No One” con Al Pacino e Channing Tatum, “Dan in Real Life” con Steve Carell e “A Couch in New York” con William Hurt.  Tra i suoi prossimi film troviamo, “Words and Pictures” di Fred Schepisi con Clive Owen, una produzione norvegese di Erik Poppe, “A Thousand Times Good Night” ed il biopic in lingua francese, “Camille Claudel, 1915”.  Tra gli altri recenti progetti in lingua francese troviamo, A coeur ouvert (“An Open Heart”), La vie d’une autre (“Another Woman’s Life”) e “Elles”.

La Binoche è nata in una famiglia di addetti ai lavori a Parigi. Sua madre era insegnante di recitazione e suo padre direttore di un teatro.  Ha iniziato la carriera di attrice dopo aver studiato brevemente presso il Conservatoire National Superieur d’Art Dramatique di Parigi. Oltre ai lavori per il cinema, ha fatto di frequente ritorno a teatro, con commedie come la produzione del 1988 del ”Gabbiano” di Chekov, per la regia di Andrei Konchalovsky al Théâtre de l’Odéon di Parigi; “Naked” all’Almeida Theatre di Londra; la versione modernizzata del classico di August Strindberg’, “Miss Julie” nel 2012 al  Barbican di Londra; il dramma coreografato del ballerino Akram Khan, “in-i” al Royal National Theatre di Londra nel 2008 ed il suo debutto a Broadway in, “Betrayal” di Harold Pinter con Liev Schreiber e John Slattery, per il quale ha ottenuto una nomina ai Tony del 2001 come Migliore Attrice.

 

SALLY HAWKINS (Vivienne Graham) elogiata dalla critica e candidata ai premi Oscar® e Golden Globe come Migliore Attrice non Protagonista per il ruolo nel film di Woody Allen, “Blue Jasmine” al fianco di Cate Blanchett.  Aveva già lavorato con Allen in “Cassandra’s Dream”.

Questa versatile attrice ha vinto i premi Golden Globe, Orso d’Argento a Berlino, Evening Standard Award, Hollywood Film Festival Breakthrough Award e New York, Los Angeles, Mill Valley, San Francisco e Santa Barbara Film Critics’ Awards, oltre ad una vasta serie di candidature a diversi premi, per la sua interpretazione di Poppy nel film di Mike Leigh, “Happy-Go-Lucky”. L’attrice, formatasi alla RADA, ha debuttato al cinema nel ruolo di Samantha nel film di Leigh, “All or Nothing” tornando poi a lavorare con il celebre regista nel dramma candidato all’Oscar®, “Vera Drake”.

Tra i film recenti a cui ha partecipato ricordiamo quelli di Richard Ayoade, “The Double” e “Submarine”; “All is Bright” di Phil Morrison con Paul Rudd e Paul Giamatti; “Great Expectations” di Mike Newell; “Never Let Me Go” di Mark Romanek; “An Education” di Lone Scherfig; “Jane Eyre” di Cary Fukunaga ed il film da protagonista di Nigel Cole’, “Made in Dagenham”, per il quale ha ricevuto numerose critiche positive ed onorificenze.

La Hawkins ha inoltre partecipato al film di Matthew Vaughan, “Layer Cake”;“Love Birds” per la regia di Paul Murphy; “Waz” di Tom Shankland; “Desert Flower” di Sherry Hormann; “Happy Ever Afters” di Stephen Burke e “It’s A Wonderful Afterlife” di Gurinder Chadha.

Per la TV, il suo ruolo di Anne Elliott nella produzione della ITV di “Persuasion” di Jane Austen, le ha portato un premio Golden Nymph Award come Migliore Attrice al Monte Carlo Television Festival del 2007 ed un premio Royal Television Society Best Actress Award. Nel suo curriculum televisivo troviamo anche ruoli di rilievo nell’adattamento di Simon Curtis, “20,000 Streets Under the Sky” di Patrick Hamilton; “Tipping the Velvet”; “Byron” nel quale ha avuto il ruolo di Mary Shelley; “The Young Visiters” per la regia di David Yates, nel quale ha recitato al fianco di Jim Broadbent; “Fingersmith”; due stagioni di “Little Britain” nel ruolo del personaggio ricorrente diCathy ed il ruolo di protagonista in “Shiny, Shiny Bright New Hole In My Heart” della BBC e per la regia di Marc Munden.

La Lewiston, nativa di South London, ha di recente ultimato due stagioni di tutto esaurito al Royal Court del West End di Londra, della commedia a due personaggi di Nick Payne, “Constellations” assieme a Rafe Spall. Nel suo considerevole curriculum teatrale troviamo anche il ruolo di Adelea nella recente produzione di Howard Davis di,  ”House of Bernarda Alba” al The National Theatre assieme a Penelope Wilton, grazie al quale ha ottenuto critiche entusiastiche.

Ha recitato al The Royal Court Theatre in “The Winterling”, per la regia di Ian Rickson ed in “Country Music” per la regia di Gordon Anderson.  Altri suoi lavori includono, “The Way Of The World” (Wilton Music  Hall), “Misconceptions” (Octagon), “A Midsummer Night’s Dream” e “Much Ado About Nothing” (entrambi al  Regents Park Theatre), “Perpalas” (National Theatre Studio), “The Cherry Orchard” e “Romeo & Juliet” (entrambi al Theatre Royal York), “The Dybbuk” e “Accidental Death Of An Anarchist” (entrambi per la BAC), “Svejk” (The Gate Theatre), “The Whore Of Babylon” (Globe Ed. Centre) e “As You Like It” per il The Buckingham Palace Gala.

        

         DAVID STRATHAIRN (Ammiraglio William Stenz) ha ricevuto enormi elogi, oltre ad aver vinto la Coppa Volpi al Festival di Venezia e candidature all’Oscar®, Golden Globe, Screen Actors Guild® Award (sia come migliore Attore Drammatico che come parte del cast), British Academy (BAFTA) Award e Independent Spirit Award, per il suo entusiasmante ritratto del leggendario giornalista della CBS, Edward R. Murrow nel dramma candidato all’Oscar® del 2005 di George Clooney, “Good Night, and Good Luck”.

La candidatura agli Independent Spirit, è stata la sua quarta in una carriera costellata di successi, iniziata con il debutto nel 1980, nel primo film di John Sayles, “The Return of the Secaucus Seven”. Ha collaborato con Sayles in sette dei suoi film, vincendo un premio IFP come Attore non Protagonista in “City of Hope”, collezionando altre due nomine per “Passion Fish” (Attore non Protagonista) e per “Limbo (Migliore Attore Protagonista).

Originario di San Francisco, Strathairn ha iniziato la carriera artistica durante gli anni da studente al Williams College nel Massachusetts (dove fa la conoscenza del suo compagno di studi ed amico Sayles). I suoi primi impegni cinematografici (in oltre ottanta titoli) includono il ruolo di non protagonista nel film di Mike Nichols, “Silkwood” (1983), “Iceman” di Fred Schepisi, “At Close Range” (1986) di James Foley, “Dominick and Eugene” di Robert M. Young ed il celebre dramma di Sayles, “Matewan” (1987), “Eight Men Out” (1988) ed il film satirico del 1984, “The Brother from Another Planet”.

Nel decennio successivo, Strathairn ha proseguito con una carriera ricca di impegni per il grande schermo, in numerosi film celebrati dalla critica, tra i quali il debutto alla regia di Tim Robbins, “Bob Roberts” (1992), l’accattivante biopic sportiva di Penny Marshall, “A League of Their Own” (1992), il dramma legale, “Losing Isaiah” (1995), il legal thriller di Sydney Pollack, “The Firm” (1993), il thriller di Phil Alden Robinson, “Sneakers” (1992), l’adattamento del romanzo di Stephen King “Dolores Claiborne” di Taylor Hackford, “Dolores Claiborne” (1995), “Home for the Holidays” (1995) di Jody Foster e due progetti del regista Curtis Hanson – il thriller/avventura del 1994, “The River Wild” (con Meryl Streep) ed il titolo del 1997 premio Oscar®, “L.A. Confidential”, nel quale ha il ruolo del sospettato Pierce Patchett, parte di un cast stellare (Russell Crowe, Danny DeVito, James Cromwell, Kevin Spacey, Kim Basinger) che ha ricevuto la candidatura agli Screen Actors Guild. Recentemente ha ricevuto la sua quarta nomina ai premi SAG come parte del cast del biopic candidato all’Oscar® di Steven Spielberg, “Lincoln”.

Nel curriculum di Strathairn troviamo anche, “The Uninvited”, “The Tempest” di Julie Taymore, “The Whistleblower” con Rachel Weisz“,  il dramma verità a sfondo sportivo, “We Are Marshall”,  “Memphis Belle”, “A Map of the World”, “Simon Birch”, “Lost in Yonkers”, “Missing in America”, l’adattamento di Michael Hoffman di “A Midsummer Night’s Dream” di Shakespeare, “Twisted” di Phil Kaufman, “The Notorious Bettie Page”, il thriller legale di Gregory Hoblit, “Fracture”, “The Spiderwick Chronicles” di Mark Waters, “The Bourne Ultimatum” di Paul Greengrass, “The Bourne Legacy” di Tony Gilroy ed i drammi indipendenti, “The Sensation of Sight”, “Matters of Life and Death”, “Steel Toes”, “My Blueberry Nights” e “No God, No Master”.

L’attore fu introdotto al pubblico televisivo con il ruolo del proprietario di una libreria, Moss Goodman, nella popolare serie drammatica, “The Days and Nights of Molly Dodd”.

Ha anche recitato in miniserie come, “O Pioneers!” e “In the Gloaming” nella parte del padre del malato di AIDS, Robert Sean Leonard ottenendo una nomina ai premi CableACE, con il film della HBO diretto da Christopher Reeve.

Di recente ha fatto ritorno al piccolo schermo in due progetti premiati – il dramma del 2011 della HBO, “Temple Grandin” (vincendo il suo primo Emmy e collezionando la seconda nomina ai Golden Globe) ed il biopic drammatico del 2012 della TNT, “Hemingway & Gellhorn” con il quale Strathairn conquista una seconda nomina consecutiva agli Emmy. Tronando a lavorare con il regista Philip Kaufman.

Strathairn ha inoltre mantenuto un alto profilo nel mondo teatrale, interpretando ruoli i teatri famosi come il Manhattan Theatre Club, il New York Shakespeare Festival, SoHo Rep, lo Hartford Stage Company, Ensemble Studio Theatre e Seattle Repertory.  Di recente ha fatto ritorno a Broadway (il suo primo da un decennio), recitando al fianco di Jessica Chastain in, “The Heiress”.

 

BRYAN CRANSTON (Joe Brody) ha vinto per tre volte di fila il premio Emmy come Migliore Attore Protagonista in una Serie Drammatica, per il suo ritratto di Walter White in, “Breaking Bad” della ABC, vincendo un ulteriore Emmy come Migliore Serie Drammatica nella stagione finale del 2013. Cranston ha l’onore di essere il primo attore di una serie trasmessa via cavo ed il secondo attore nella storia degli Emmy Awards a conquistare tre vittorie consecutive. La sua performance gli è valsa inoltre la quinta nomina agli Emmy, un Golden Globe Award, un Television Critics Association Award, e due Screen Actors Guild® (SAG) Awards.

Per il grande schermo, Cranston ha anche conquistato un premio SAG® per il suo ruolo di coprotagonista nel film premio Oscar® del 2012, “Argo” interpretando il ruolo dell’agente della CIA, Jack O’Donnell accanto al regista/attore Ben Affleck.

Nel 2012, ha prestato la sua voce a ‘Vitality’ in “Madagascar 3: Europe’s Most Wanted”, film che ha incassato oltre 730 milioni di dollari nel mondo.  Ha inoltre lavorato nel remake di Len Wiseman di, “Total Recall”, “Rock of Ages” di Adam Shankman ed il thriller apprezzato dalla critica di Nicolas Winding Refn, “Drive” con Ryan Gosling e Carey Mulligan.

Nel suo curriculum troviamo anche film come “Contagion”, “John Carter”, “Larry Crowne”, “The Lincoln Lawyer”, “Little Miss Sunshine”, “Seeing Other People”, “Saving Private Ryan” e “That Thing You Do!”

Nato in una famiglia di artisti e cresciuto nella California del Sud, Cranston ha debuttato all’età di otto anni in una pubblicità della United Way. Ma fu solo dopo aver terminato gli studi che la carriera di attore professionista venne presa seriamente in considerazione.  Mentre stava attraversando il paese in motocicletta assieme a suo fratello, fece la conoscenza della comunità teatrale ed iniziò a sperimentare ogni aspetto della vita da palcoscenico.  Poco dopo venne scritturato da una compagnia teatrale estiva.

Cranston fece ritorno a Los Angeles e subito dopo gli venne affidato un ruolo nel film per la TV, “Love Without End” grazie al quale ottenne subito dopo un ruolo fisso nella serie della ABC, “Loving”. Successivamente è apparso in numerosi ruoli per la TV, incluso quello di Hal, andato in onda per sette stagioni, nella serie della FOX, “Malcolm in the Middle” per il quale fu nominato ad un Golden Globe e tre Emmy®; il ruolo ricorrente del dentista Tim Whatley in “Seinfeld”; la famosa miniserie della HBO, “From the Earth to the Moon” in cui interpretava Buzz Aldrin ed il film per la televisione, “I Know My First Name is Steven” tra gli altri. Ha anche partecipato come ospite in numerosi programmi TV.

Cranston mantiene inalterato il suo amore per il teatro e vi fa ritorno non appena possibile. Nel suo curriculum troviamo, “The God of Hell”, “Chapter Two”, “The Taming of the Shrew”, “A Doll’s House”, “Eastern Standard”, “Wrestlers”, “Barefoot in the Park” e “The Steven Weed Show” con il quale ha vinto il premio Drama-Logue.

Cranston è anche un apprezzato sceneggiatore e regista. Ha scritto il dramma romantico originale, “Last Chance” come regalo di compleanno per sua moglie, Robin Dearden, oltre ad aver diretto ed interpretato il film. Cranston ha anche diretto diversi episodi di, “Malcolm in the Middle”, l’episodio pilota della Comedy Central, “Special Unit”, “Breaking Bad” ed un recente episodio di “Modern Family”.

All’inizio del 2011, Cranston ha lavorato come produttore esecutivo ed interpretato una serie esclusiva online di, “The Handlers” per Atom.com. La serie comica di cortometraggi, vedeva le vicende del suo personaggio, Jack Powers e la sua candidatura al Senato.

 

LA PRODUZIONE

 

GARETH EDWARDS (Regista) questo è il suo secondo film, che segue quello indipendente del 2010 osannato dalla critica, “Monsters”.

Edwards è nato a Nuneaton, una cittadina nel mezzo dell’Inghilterra, dove all’età di sei anni decise che da grande sarebbe diventato regista. Per la tesi di laurea, fu uno dei primi studenti a presentare un progetto che combinava il live action con gli effetti digitali. Comprendendo l’influenza della computergrafica sul processo creativo della produzione di film, Edwards ha dato inizio ad una carriera decennale come tecnico degli effetti visivi, lavorando dalla sua camera da letto a documentari per la BBC come, “Hiroshima” per il quale si è aggiudicato un premio BAFTA.

La sua abilità negli effetti visivi, lo ha condotto alla regia del dramma epico, “Heroes and Villains: Attila the Hun” per la BBC, creando personalmente tutti i 250 effetti visivi del progetto. Subito dopo, prese parte alla Sci-Fi London’s 48-hour film contest, accettando la sfida di girare un cortometraggio senza troupe, con un solo attore ed in solo due giorni. Il risultato fu che, “Factory Farmed” si aggiudicò il primo premio.

Ispirato da questo approccio amatoriale alla regia, Edwards arrivò a creare “Monsters”, thriller di fantascienza con un attacco alieno alla Terra ed i suoi effetti su un cinico giornalista americano, interpretato da Scoot McNairy.  Con una troupe ridotta al minimo, ha lavorato come sceneggiatore, regista, direttore della fotografia ed ha progettato tutte le creature e gli effetti visivi del film.

Con “Monsters”, Edwards ha ottenuto una nomina ai BAFTA come Migliore Debutto per un Regista o Produttore Britannico; ha conquistato tre premi British Independent Film, incluso quello per Migliore Regia e Migliore Risultato Tecnico, per gli effetti del film; un premio Evening Standard Film per il Migliore Risultato Tecnico/Artistico, per la Fotografia, Scenografie ed Effetti Visivi; un premio London Film Critics Circle honor come Regista Britannico più Innovativo ed un premio Austin Film Critics come Migliore Opera Prima. Il film stesso ha vinto il premio della National Board of Review come Migliore Film Indipendente ed un Saturn Award come Migliore Film Internazionale dalla Academy of Science Fiction, Fantasy e Horror.

Il successo di “Monsters” ha attirato l’attenzione di Hollywood, concedendogli l’opportunità di dirigere l’epica rinascita di “Godzilla”.

THOMAS TULL (Producer) è Chairman e CEO di Legendary Pictures ed ha conseguito enormi successi nella coproduzione e finanziamento di film evento. Già dalla sua fondazione nel 2004, Legendary Pictures, una divisione della compagnia leader nel mondo dell’intrattenimento, la Legendary Entertainment con divisioni nel cinema, televisione, digitale e pubblicazioni, ha collaborato con la Warner Bros. Pictures in un’ampia gamma di produzioni per il cinema.

Tra i molti successi prodotti da questo connubio, troviamo il recente successo planetario di Zack Snyder, “Man of Steel” e la trilogia campione d’incassi di “Dark Knight” di Christopher Nolan, iniziata con “Batman Begins” seguito dai fortunati, “The Dark Knight” e “The Dark Knight Rises”, che hanno incassato oltre un miliardo di dollari al box office mondiale.

Questa partnership di successo ha anche prodotto film come “300” e “Waatchmen” di Zack Snyder e “300: Rise of an Empire” prodotto da Snyder; “The Town” di Ben Affleck; il premiato dramma d’azione di Nolan, “Inception”; il successo mondiale di “Clash of the Titans” ed il suo sequel, “Wrath of the Titans”; “Una notte da leoni” e “Una notte da leoni 2” di Todd Phillips, che sono state le commedie vietate ai minori che hanno realizzato il maggior incasso di sempre, ed il recente “Una notte da leoni 3”.

La Legendary ha recentemente prodotto il film drammatico del regista Brian Helgeland, “42” storia della leggenda del baseball, Jackie Robinson e “Warner Bros. Pictures and Legendary Pictures Pacific Rim” del regista Guillermo del Toro.  La Legendary ha inoltre prodotto “Godzilla” previsto in uscita il 24 Maggio 2014 e “Warcraft”, tratto dal premiato universo Warcraft della Blizzard Entertainment.

Tull è membro della Board of Directors dell’ Hamilton College, sua alma mater, e della Carnegie Mellon University.  Fa anche parte della National Baseball Hall of Fame and Museum e dello zoo di San Diego, oltre ad essere parte del gruppo proprietario e sedere nel consiglio di amministrazione dei sei volte campioni del Super Bowl, i Pittsburgh Steelers.  Tull investe nei business di digitale, media e stile di vita con la sua Tull Media Ventures, la sua compagnia fondiaria privata.

 

JON JASHNI (Produttore) supervisiona lo sviluppo e la produzione di tutti i progetti della Legendary Pictures ed è Presidente e Chief Creative Officer della Legendary Entertainment, una compagnia leader nel mondo dell’intrattenimento con divisioni nel cinema, digitale e pubblicazioni. Attualmente è in produzione con “Warcraft”, tratto dal premiato universo di Warcraft della Blizzard Entertainment. Inoltre è anche occupato come produttore esecutivo sul set del prossimo “Seventh Son”.

In precedenza Jashni è stato produttore di “Warner Bros. Pictures and Legendary Pictures Pacific Rim” ed è stato produttore esecutivo di film della Legendary come, “300: Rise of an Empire”; il biopic di Jackie Robinson, “42”; il successo mondiale di “Clash of the Titans” e “The Town” diretto ed interpretato da Ben Affleck.

Prima della Legendary, Jashni è stato Presidente della Hyde Park Entertainment, compagnia di produzione e finanziamento che si è occupata prevalentemente di lavori con 20th Century Fox, Disney e MGM. Durante la sua carica, ha supervisionato lo sviluppo e la produzione di film come, “Shopgirl”, “Dreamer: Inspired by a True Story”, “Walking Tall” e “Premonition”.

Prima di lavorare per la Hyde Park, Jashni è stato produttore della commedia romantica del regista Andy Tennant, “Sweet Home Alabama”. La sua collaborazione con Tennant iniziò con la favola di “Ever After”, in veste di senior production executive per la 20th Century Fox.

Jashni ha inoltre coprodotto due film candidati agli Oscar®: il dramma osannato dalla critica, “The Hurricane” per il quale Denzel Washington ha conquistato il premio di Migliore Attore e la reinterpretazione non musicale di “Anna and the King”, con Jodie Foster e candidato a due premi Oscar®.

Jashni è membro della American Film Institute e di Producers Guild of America.  Ha una laurea della University of Southern California ed un master della UCLA’s Anderson School of Management.

 

         MARY PARENT (Produttrice) si riunisce con i produttori della Legendary Pictures Thomas Tull e Jon Jashni dopo aver lavorato insieme al film di fantascienza di Guillermo del Toro, “Pacific Rim”.  Ha ultimato recentemente la produzione dell’epopea biblica di Darren Aronofsky, “Noah” per la sua propria compagnia di produzione, la Disruption Productions, con la quale ha in cantiere numerosi progetti di diverso genere.

La Parent ha fondato la sua prima compagnia di produzione, la Stuber/Parent, con l’amico e collega regista Scott Stuber, nel 2006, lavorando in esclusiva per la Universal Pictures, dove la coppia è stata vice presidente della produzione mondiale a partire dal Maggio del 2003.

Durante i loro otto anni alla Universal, cinque dei quali passati in produzione prima di essere nominati vice presidenti, la coppia è stata responsabile di molti film di successo, dal punto di vista della critica e del pubblico.

Tra questi progetti troviamo, “King Kong” di Peter Jackson, “Jarhead” di Sam Mendes, il film premio Oscar® del 2001 di Ron Howard, “A Beautiful Mind”, il film candidato all’Oscar® di Gary Ross, “Seabiscuit”, il biopic di Howard, “Cinderella Man”, il film candidato all’Oscar® di Steven Spielberg, “Munich”, i campioni d’incassi, “Ti presento i miei” e “Mi presenti i tuoi” ,“The Bourne Identity”, “The Bourne Supremacy”, la commedia di Judd Apatow, “40 anni vergine”, la serie de “La Mummia”, la serie di “American Pie”, il film celebrato dalla critica di Peter Berg, “Friday Night Lights” e molti altri. In meno di un decennio, Stuber e la Parent hanno supervisionato oltre 90 film, più di una ventina dei quali ha incassato oltre 100 milioni di dollari in patria.

Lavorando con Stuber per la loro compagnia di produzione, la Parent ha prodotto la commedia “You, Me and Dupree” con Owen Wilson, Matt Dillon e Kate Hudson; il thriller mediorientale diretto da Berg, “The Kingdom” con Jamie Foxx, Jennifer Garner, Chris Cooper e Jason Bateman; un’altra commedia, “Role Models” con Paul Rudd e Sean William Scott e la commedia romantica, “Welcome Home, Roscoe Jenkins” con Martin Lawrence e James Earl Jones.

La Parent è quindi approdata alla MGM in qualità di Direttore Progetti Cinematografici e co-CEO, periodo in cui ha supervisionato titoli come la commedia di successo di Kevin James, “Zookeeper” reboot del film d’azione del 1984 di John Milius, “Red Dawn”, la commedia “Hot Tub Time Machine”, il thriller scritto da Joss Whedon,  “The Cabin in the Woods” e “The Hobbit” di Peter Jackson, in collaborazione con la New Line Cinema.

Prima del suo impegno con la Universal, la Parent aveva lavorato per la New Line Cinema come Vice Presidente di produzione, responsabile di film come “Pleasantville” di Gary Ross, “Set It Off” e “Trial and Error”, film dei quali è stata produttore esecutivo. Nata a Santa Barbara, la Parent si è laureata in economia alla USC prima di iniziare la carriera come agente apprendista alla ICM.

 

         BRIAN ROGERS (Produttore) ha un ventennio di esperienza come produttore e produttore di effetti visivi, oltre a possedere una vasta esperienza nel campo 3-D, compreso il live action capture e la computergrafica, in ogni formato — 65mm, 35mm, e HD digital. Ha partecipato a numerosi progetti per il cinema con contenuti in 3-D ed IMAX.

Il suo curriculum include lavori diversi per la HBO, Universal Pictures, Paramount, MGM, Imax, NBC e Nickelodeon, con partecipazioni rimarchevoli in film come, “License to Thrill” della serie di James Bond,  ”Men In Black” , ”Pirates 3D” e la prima vera produzione digitale in 3-D, “Race For Atlantis”.  Per quanto riguarda l’ IMAX, il suo curriculum include “Dr. Bigscreen” per la Sony Pictures e “Mystic India”, girato in India e Himalaya del Nepal utilizzando un totale di 50,000 controfigure in costume dell’epoca. Ha lavorato come produttore consulente nella versione per il cinema in 3-D di, “Cirque Du Soleil 3-D”, “Mummies” e per la Granada Television USA.

Rogers ha un’esperienza immensa nel campo degli effetti visivi ed ha lavorato per i maggiori studi mondiali quali, Digital Domain, IE Effects, R Greenberg/Imaginary Forces e Rhythm & Hues, occupandosi della produzione di vari effetti in film come, “Harry Potter e i Doni della Morte: Parte 2”, “Green Lantern” e “The Hole”.

Ha anche lavorato come produttore ed organizzatore generale in, “Terminator 2 3-D” che fu la prima avventura del regista James Cameron nel regno del 3-D. Tra i film live action in 3-D di Rogers troviamo le riprese dell’ evento sportivo, “The X Games” ed il concerto per il cinema, “Luna Sea” per la Sony PLC in Japan.

Lo abbiamo visto anche tenere un discorso nell’ambito della 3-D Next Conference e nel 3-D Entertainment Summit che si sono svolti a Los Angeles. Inoltre, è anche membro della British Academy Of Film & Television Artists.

 

MAX BORENSTEIN (Sceneggiatore) attualmente sta adattando il romanzo cyberpunk svedese, Mona per la New Regency e sta scrivendo “Art of the Steal” per la New Line Cinema, con Seth Gordon deputato alla regia. Oltre a ciò, lo sceneggiatore sta sviluppando due nuovi progetti per i suoi partners in “Godzilla” della Legendary Pictures.

Borenstein ha scritto, montato e diretto il suo primo lungometraggio, “Swordswallowers and Thin Men” mentre era agli ultimi anni della Yale University. Il dramma comico, con Zoe Kazan, ha vinto i premi come Migliore Film e Migliore Sceneggiatura del New York Independent Film Festival ed è stato nominato Migliore Opera Prima del 2003 dal Los Angeles Times.

Le sue sceneggiature di “What is Life Worth?” tratto dalle memorie omonime di Kenneth Feinberg e “Jimi”, ispirato alla vita del chitarrista Jimi Hendrix, hanno conquistato entrambe il premio The Black List.

 
DAVID CALLAHAM (Soggetto) cresciuto ad Orinda, California, è laureato in Inglese alla University of Michigan. Ha venduto la sua prima sceneggiatura, “Horsemen”, nel 2003 e da quel momento ha lavorato in “Doom” del 2005 (soggetto e sceneggiatura), “Tell-Tale” del 2009 (sceneggiatura e produttore esecutivo) e in “The Expendables” del 2010 (soggetto e sceneggiatura).
Callaham ha anche scritto progetti per la Warner Bros. Pictures, Paramount, Fox, Screen Gems, Focus Features e, attualmente, per Marvel Studios. Ha una vera passione per Bigfoot e Loch Ness, oltre che per “Star Wars,” LEGO® e Star Wars LEGO®.  Vive a Los Angeles con la moglie e i loro due cani.
 
PATRICIA WHITCHER (Produttore esecutivo) ha lavorato recentemente in “The Avengers”.  Diretto da Joss Whedon e con una carrellata di supereroi della Marvel, il film ha abbattuto tutti i record d’incassi del weekend di apertura, dal giorno della sua uscita al cinema nel Maggio del 2012. La Whitcher è entrata a far parte del mondo Marvel come produttore esecutivo del film epico di Kenneth Branagh, “Thor” anch’esso un blockbuster, apprezzato sia dagli spettatori che dalla critica. Ha proseguito la sua associazione con la Marvel riunendo il cast stellare di Supereroi nel sequel campione d’incassi, “The Avengers: Age of Ultron”.
Come produttore esecutivo di, “The Soloist” del regista Joe Wright, la Whitcher ha guidato il suo cast e la troupe dai bassifondi di L.A. ai teatri della Walt Disney Concert Hall. Tratto da una storia vera, “The Soloist” vedeva interprete Robert Downey, Jr. nella parte del redattore del Los Angeles Times, Steve Lopez e Jaime Foxx in quella del prodigioso violoncellista senza fissa dimora, Nathaniel Ayers.
La Whitcher ha anche lavorato nel centro di L.A., fra le altre location, come produttore esecutivo di “Dreamgirls” , film di Bill Condon da un adattamento del musical di successo di Broadway, che ha fatto incetta di riconoscimenti, incluso due premi Oscars®.
La Whitcher è stata anche produttore esecutivo di “Memoirs of a Geisha”, sontuoso adattamento del romanzo best seller di rthur Golden, per la regia di Rob Marshall.  “Geisha” ha ottenuto sei candidature agli Oscar® vincendone tre per, Migliore Art Direction, Fotografia e Costumi.
Nel suo curriculum troviamo, “The Terminal” del regista Steven Spielberg ed il successo di P.J. Hogan, “My Best Friend’s Wedding”. Ha anche prodotto il cult, “Unconditional Love” sempre di Hogan. Tra i suoi lavori come produttrice troviamo, “Moonlight Mile”, “Where the Heart Is”, “How to Make an American Quilt”, “High School High” e “A Dangerous Woman”.  Agli inizi della carriera, ha lavorato come ispettore di produzione in, “True Lies”, “The Meteor Man”, “The Lawnmower Man”, “Iron Maze” e “Darkman”.
         La Whitcher vive da sempre a Los Angeles, laureate alla Loyola Marymount University e madre di due bambini.
 

ALEX GARCIA (Produttore esecutivo) è Vice Presidente della Legendary Entertainment, dove è attualmente impegnato a supervisionare alcuni dei loro progetti. Oltre ad aver lavorato in “Godzilla” sin dal suo inizio, è produttore esecutivo nel prossimo thriller di Michael Mann con Chris Hemsworth, Wang Leehom e Viola Davis. Sta anche lavorandoallo sviluppo di “Mass Effect”, adattamento della popolare serie di giochi e “Hot Wheels”, che porterà sul grande schermo il classico dell’universo Mattel.

Sin da quando è stato assunto dalla Legendary nel 2009, Garcia ha coprodotto il blockbuster mondiale della compagnia, “300: Rise of an Empire” ed è stato produttore esecutivo in, “Jack the Giant Slayer” del regista Bryan Singer.

Prima di unirsi alla Legendary, Garcia era a capo della Bad Hat Harry Productions di Singer, dove ha lavorato a stretto contatto con il regista per vari film, incluso il celebre thriller sulla 2^ Guerra Mondiale, “Valkyrie” con Tom Cruise. Inoltre è stato direttore di produzione nelle prime tre stagioni della serie TV “House, M.D.” della Fox e NBC Universal e come coproduttore esecutivo della miniserie di successo del 2005  per la Syfy Channel di, “The Triangle” occupandosi della produzione in esterni in Sudafrica.  Sempre per la Bad Hat Harry, Garcia è stato produttore esecutivo nell’horror cult di Michael Dougherty del 2007, “Trick ‘R Treat”.

Garcia è laureato alla University of Southern California’s school of Cinematic Arts.

 

YOSHIMITSU BANNO (Produttore Esecutivo) è un veterano cineasta giapponese, noto al pubblico per il cult classico, “Godzilla vs. Hedorah” (1971, a.k.a. “Godzilla vs. The Smog Monster”), che ha diretto e sceneggiato l’11° film della serie di lunga vita della Toho Company, iniziata nel 1954 con l’omonimo originale diretto da Ishiro Honda.

Banno si è unito alla Toho Company subito dopo essersi laureato alla Tokyo University nel 1955, continuando a studiare alla Toho con registi del calibro di Hiromichi Horikawa, Mikio Naruse, Kengo Furusawa e Seiji Maruyama. Ha iniziato al carriera come aiuto regista, lavorando con il leggendario Akira Kurosawa in quattro pellicole consecutive—“Throne of Blood” e “The Lower Depths” (1957), “The Hidden Fortress” (1958) e “The Bad Sleep Well” (1960).
Ha proseguito come aiuto regista in ulteriori dieci film (molti dei quali con il regista Furusawa) prima di debuttare alla regia con il film del 1970, “Japanese Nature and Dream”, presentato all’Expo di Osaka del 70 al Mitsubishi Future Pavilion. Con questo film Banno ha creato una nuova esperienza audiovisiva, usando specchi per simulare gli effetti di un terremoto ed eruzioni vulcaniche, attraendo folle da record.
Il grande successo e la visione unica dell’opera prima di Banno, lo condusse all’attenzione del produttore della serie di “Godzilla”, Tomoyuki Tanaka che lo scritturò per aiutarlo a rivitalizzare la serie. Il risultato fu che “Godzilla vs. Hedorah” diventò un film di avanguardia appassionante, scaturito dall’idea di Banno di fare visita a numerose spiagge inquinate nei pressi dell’area industriale di Yokkaichi. Banno chiamò il suo nuovo mostro Hedorah, dalla parola giapponese Hedoro, che significa “fango”. I critici dell’epoca lo definirono come il più originale ed unico della serie, contenendo un mix di satira sociale , lotta ai mostrim animazione, immagini psichedeliche, schermi divisi e scene musicali con morte e violenza.
Dopo “Godzilla vs. Hedorah”, Banno realizzò il documentario, “Starving Sahara” (1972), collaborando alla sceneggiatura del film che ritraeva la gravità della siccità in Africa. In seguito fece ritorno alla funzione di aiuto regista con, “Prophecies of Nostradamus” (Nosutodoramusu no Daiyogen, 1974), adattato dal romanzo di Tsutomu Goto.
Nei quattro anni che seguirono, Banno realizzò una serie di documentari per il programma televisivo “Wonderful World”. Nei primi anni ‘80, produsse il telefilm della Toho, “Tokyo Earthquake M8” prima di scrivere e produrre numerosi cartoni animati come, “The Story of Shigeo Nagashima”, “The Wizard of Oz” e “Techno Police” (Tekuno porisu 21C).
Banno ha anche preso parte allo sviluppo della Japax, girato in 70mm con un sistema di proiezione simile all’attuale IMAX. Produsse il primo film della Japax film, “Breathe” per il Tsukuba Expo del 1985. Futuri sviluppi lo condusero all’Opax (un teatro dove si proiettavano film in 70mm), al Cubic (3-D in 70mm) e Twin Cubic, che prevedeva l’uso di due proiettori Japax.
Diversi suoi film in vari formati vennero presentati a festival ed esibizioni in tutto il paese. Questi progetti da lui prodotti includevano, “Magma Adventure” (1988), “Hurry Up Children of Earth” (1988) e “Eagle Fly” (1989). Ha anche progettato il parco giochi Space World, situato nella città di Kitakyushu.
Nel 1989, Banno divenne direttore esecutivo della TOHO E・B Co. Ltd. e fondò la Advanced Audiovisual Productions Inc., divenendone Presidente nel 2001.
 
KENJI OKUHIRA (Produttore Esecutivo) è produttore e fotogiornalista il cui lavoro, in due diversi campi, include il thriller del 1999, presentato in vari festival, di Ash Baron-Cohen “Pups”, del quale è stato produttore associato, ed ha realizzato le fotografie del libro del 2012, Floating Stone: 21 Thoughts of Kenji Miyazawa.
Quest’ultimo lavoro è una collezione di scritti tratti dalla grande produzione del poeta Miyazawa Kenji. Miyazawa viene considerato uno dei maggiori poeti ed autori moderni del Giappone, il cui lavoro è stato d’ispirazione per Ishiro Honda, regista dell’originale “Godzilla” del 1954 e molti altri artisti. Una selezione di suoi poemi venne letta dall’attore Ken Watanabe, che interpreta il Dott. Serizawa in “Godzilla”, in uno speciale programma televisivo della NHK e ad un’asta benefica da Christie a New York, come mezzo di attività di raccolta fondi dopo il disastroso terremoto di Tohoku. Floating Stone: 21 Thoughts of Kenji Miyazawa contiene brevi brani selezionati dai lavori più famosi di Miyazawa, contrapposti alle fotografie di Okuhira.

SEAMUS McGARVEY (Direttore della fotografia) ha ottenuto due candidature agli Oscar® per il suo lavoro nel dramma del 2007 di Joe Wright, “Atonement” ed il suo adattamento del classico di Tolstoj del 2012, “Anna Karenina”.

Oltra alle candidature agli Oscar®, McGarvey ha conquistato il premio della British Society of Cinematographers (B.S.C.) per “Anna Karenina” oltre ad una nomina per “Atonement” ed i premi BAFTA e A.S.C. per entrambi i film. “Atonement” ha anche ottenuto le nomine ai premi British Independent Film Award, Chicago Film Critics Association e Online Film Critics Society, conquistando il premio Phoenix Film Critics Society.

McGarvey ha anche conquistato tre premi Evening Standard British Film Awards con “Atonement”, “Anna Karenina” ed il film di Stephen Daldry, “The Hours”; ed un quartetto dal Irish Film & Television Awards per “Atonement”, “Anna Karenina”, “Sahara” e “We Need to Talk About Kevin”. Nel 2004, è stato insignito dalla Royal Photographic Society con la prestigiosa medaglia Lumiere, in compagnia di pionieri come Jack Cardiff, Freddie Francis, Roger Deakins e Sir Ridley Scott, fper il suo contributo all’arte della cinematografia.

McGarvey è originario di Armagh, Iralnda del Nord, iniziando la carriera come fotografo di scena prima di iniziare a frequentare la scuola di cinema alla University of Westminster di Londra. Dopo la laurea nel 1988, ha iniziato a girare cortometraggi e documentari, tra cui “Skin”, che fu nominato al premio Royal Television Society Cinematography Award e “Atlantic” diretto da Sam Taylor-Wood. Quest’ultimo progetto, un film sperimentale proiettato su tre schermi creato nel 1997, consentì a Taylor-Wood  di ottenere una nomina ai premi Turner Prize del 1988 e diede il via ad una lunga collaborazione tra McGarvey ed il regista.

Nel suo lungo curriculum di direttore della fotografia, troviamo film come “The Avengers”, epopea dei Supereroi del regista Joss Whedon”, detentore del record di maggior incasso nella settimana di apertura dell’industria del cinema, dlla sua uscita nel Maggio del 2012; il film di Lynne Ramsay, “We Need to Talk About Kevin”;il film di Oliver Stone, “World Trade Center” cpon cui ha ottenuto una nomina agli IFTA; “Charlotte’s Web” di Gary Winick; “Along Came Polly” di John Hamburg; “High Fidelity” di Stephen Frears; “Wit” di Mike Nichols; “Enigma” di Michael Apted; il film di Michael Winterbottom, “Butterfly Kiss”, il primo film di McGarvey; e due opere prime: “The War Zone” di Tim Roth e “The Winter Guest”, di Alan Rickman. Ha anche lavorato alla fotografia del numero pilota della serie della BBC/HBO TV, “The No. 1 Ladies Detective Agency” diretto da Anthony Minghella.

Ha collaborato nuovamente con il regista Wright nel suo dramma del 2009, “The Soloist” e con la regista Sam Taylor-Wood (oggi Sam Taylor-Johnson) nel suo celebre dramma del 2008, “Nowhere Boy”, nel suo cortometraggio del 2011, “James Bond Supports International Women’s Day” ed il brano “Death Valley” nel dramma erotico del 2006, “Destricted”. Dopo il suo lavoro in “Godzilla”, sta per debuttare alla regia con l’adattamento per il grande schermo della Taylor-Johnson del romanzo fenomeno mediatico, “50 sfumature di grigio”.

I suoi lavori documentaristici includono, “Lost Angels: Skid Row Is My Home” che aveva fatto seguito al suo lavoro con la Wright in, “The Soloist” girato nelle stesse location; “Harry Dean Stanton: Partly Fiction”; “Rolling Stones: Tip of the Tongue”; e “The Name of This Film Is Dogme95.”

A fare da corollario ai suoi lavori per film e telefilm, McGarvey ha anche dato le luci e diretto oltre 100 video musicali per artisti come, Coldplay, Paul McCartney, Dusty Springfield, The Rolling Stones, U2 e Robbie Williams.

 
OWEN PATERSON (Scenografo) candidato due volte ai BAFTA per il suo lavoro nel thriller di fantascienza del 1999, “The Matrix” ed i suoi progetti per il la stravagante commedia di Stephan Elliott, “The Adventures of Priscilla, Queen of the Desert”. Con quest’ultimo film ha conquistato il premio dell’Australian Film Institute (AFI) Award, la terza delle tre candidature di questo premio. Per il suo lavoro in “The Matrix”, ha anche collezionato una nomina agli AFI and Art Directors Guild. Paterson ha preso parte all’intera trilogia di “Matrix”.
Nativo dell’Australia dell’ovest, ha studiato al Perth Institute of Film and Television ed ha diretto un cortometraggio nel 1978 intitolato, “Silvana” prima di imbarcarsi nella carriera di scenografo. Si è di nuovo messo al lavoro con il regista Elliott con il progetto seguente, la commedia del 1995, “Welcome to Woop Woop” ed oltre a questo ha continuato a lavorare in film come “The Green Hornet”, di Michael Gondry, il thriller di fantascienza “Red Planet”, così come il film dei fratelli Wachowskis, “Speed Racer” e la loro produzione del thriller distopico, “V for Vendetta” per quale ha vinto il premio come Migliore Scenografia ai San Diego Film Critics Society.
Paterson ha anche disegnato numerose produzioni aborigene di produzione australiana come, “Race the Sun”, “Travelling North” e “The Place at the Coast”, per quale è stato nominato ai premi AFI. Oltre a ciò, è stato art director nei film australiani, “The Return of Captain Invincible” e “Bliss”, conquistando con quest’ultimo la sua prima candidatura ai premi AFI.
Per la televisione ha lavorato con Roger Spottiswoode in, “Noriega: God’s Favorite”, il thriller della NBC, “The Beast” (basato sul romanzo di Peter Benchley), “Shout! The Story of Johnny O’Keefe” ed il film di Chris Noonan, “The Riddle of the Stinson”.
 
BOB DUCSAY (Montatore/Coproduttore) torna a lavorare con la Legendary Pictures dopo il suo lavoro nel film fantastico di Bryan Singer, “Jack the Giant Slayer”.
Ducsay collabora da lungo tempo con il regista Stephen Sommers. Ducsay è stato il suo montatore e produttore in, “The Mummy Returns”, “Van Helsing” e “G.I. Joe: The Rise of Cobra”, oltre ad aver prodotto, “The Mummy: Tomb of the Dragon Emperor.”
Altri suoi lavori includono, “The Adventures of Huck Finn”, “The Jungle Book”, “Deep Rising” e “The Mummy”. Di recente ha montato il celebre thriller di Rian Johnson, “Looper”.  Ducsay è stato anche produttore esecutivo del cortometraggio premio Oscar® del 2004, “Two Soldiers”.
Nato a Miami, si è laureato alla University of Pennsylvania con un master alla University of Southern California’s School of Cinematic Arts.
 
SHAREN DAVIS (Costumi) due volte candidata all’Oscar®, di recente ha disegnato il guardaroba di un terzetto di progetti diversi, ambientati in epoche diverse: l’omaggio agli spaghetti western di Quentin Tarantino, il film premio Oscar®, “Django Unchained”; il thriller futuristico di Rian Johnson, “Looper” ed il film di Tate Taylor candidato agli Oscar® del 2011 come Migliore Film, “The Help” che esplora la vita nel sud degli U.S.A. degli anni ’60.  A seguito del suo lavoro in “Godzilla”, è tornata a lavorare con  Taylor nel suo biopic su James Brown, “Get On Up”.
La Davis ha avuto una candidatura agli Oscar® per il lavoro nel premiato biopic di Taylor Hackford, “Ray” ed il musical per il grande schermo del 2008 di Bill Condon, “Dreamgirls”. Ha anche ricevuto una nomina ai Costume Designers Guild Award per, “The Help”, “Ray” e “Dreamgirls” ed una vittoria ai Broadcast Film Critics Association con “The Help.”
Nella sua carriera trentennale, la Davis ha collaborato cinque volte con l’attore Denzel Washington ( “Devil in A Blue Dress” e “Out of Time” di Carl Franklin; “The Book of Eli” dei Fratelli Hughes ed il film debutto alla regia di Washington, “Antwone Fisher” e “The Great Debaters”); due volte con Will Smith (“Seven Pounds” e “The Pursuit of Happyness”) ed in due progetti di Eddie Murphy (“Doctor Doolittle” e “Nutty Professor II: The Klumps”).
Nel suo curriculum troviamo anche l’acclamato dramma, “Akeelah and the Bee”; “Beauty Shop”; “High Crimes” di Franklin;i film di Brett Ratner, “Rush Hour” e “Money Talks”; “Middle Men” e “The Take” di George Gallo ed il thriller del 1992 di Alan Rudolph, “Equinox”, che l’ha vista esordire come costumista.
Oltre al suo lavoro per cinema e televisione, la Davis ha anche disegnato il guardaroba del leggendario gruppo musicale The Traveling Wilburys, grazie alla conoscenza del cantante/autore George Harrison, avvenuta nel 1989 sul set di, “Checking Out” del quale è stata supervore ai costumi con la sua compagnia di produzione, la Dark Horse.
 
JIM RYGIEL (Supervisore VFX) tre volte premio Oscar® per i suoi innovativi effetti visivi nella famosa trilogia di Peter Jackson, “The Lord of the Rings”. Per il suo lavoro in “The Fellowship of the Ring”, “The Two Towers” e “The Return of the King” Rygiel ha anche condiviso tre premi BAFTA Awards e due Visual Effects Society (VES) per il secondo ed il terzo film, con una terza nomina per “The Return of the King”. Nel  2002, dopo l’uscita di “The Fellowship of the Ring”, Rygiel ha ricevuto per la prima volta un premio dalla American Film Institute – come Artista degli Effetti Digitali dellìAnno.
Considerato uno dei pionieri dell’industria cinematografica nel campo dell’animazione al computer, Rygiel ha iniziato la sua carriera agli albori degli effetti visivi digitali. Dopo la laurea alla University of Wisconsin-Milwaukee, il nativo di Kenosha si trasferisce a Los Angeles dove riveve il suo master ed un dottorato onorario dall’Otis College of Art and Design, di cui a tutt’oggi è membro del consiglio direttivo. Inoltre, fa parte del consiglio d’amministrazione della Academy of Art University di San Francisico, dove anche lì gli è stato conferito un dottorato onorario.
Ha iniziato a lavorare alla Pacific Electric Pictures (una delle prime compagnie ad impiegare l’animazione al computer per campagne pubblicitarie e film) per poi proseguire alla Digital Productions, dove il suo lavoro gli è valso un premio CLIO Award per la campagna pubblicitaria del SONY Walkman e dove ha lavorato anche in due film di fantascienza del 1984—il sequel di “2010” di Peter Hyams basato sul libro di Arthur Clarke e “The Last Starfighter” di Nick Castle, uno dei primi progetti ad usare l’animazione digitale al posto dei modellini. In seguito si è aggiudicato un secondo CLIO per la sua pubblicità dell’automobile Geo Prism.
Alla Boss Film Studios, per la quale ha iniziato a lavorare nel 1989 assieme al leggendario Richard Edlund, Rygiel ha diretto il reparto animazione al computer che è cresciuto fino a contare oltre 75 animatori e 100 unità di supporto in neanche 14 mesi, producendo effetti per progetti come il film di Paul Verhoeven, “Starship Troopers”, per il quale è stato candidato agli Oscar® per gli effettti speciali visivi; “Species” di Roger Donaldson; “Outbreak” e “Air Force One” di Wolfganf Petersen; “The Last Action Hero” di John McTiernan; “Cliffhanger” di Renny Harlin; “Batman Returns” di Tim Burton con relativa candidatura all’Oscar “Alien3” di David Fincher e ancora una candidatura all’Oscar® ed il film di Jerry Zucker, “Ghost”.
Recentemente è stato supervisore VFX in “The Amazing Spider-Man” e nel suo curriculum troviamo altri film come “Eagle Eye”, reboot del 2008 di “The Day the Earth Stood Still”, “Night at the Museum”, “102 Dalmatians”, “The Parent Trap”, “Anna and the King” e “Star Trek: Insurrection”.
 

ALEXANDRE DESPLAT (Compositore) candidato sei volte all’Oscar®, ha creato musica per un vasta gamma di film. Ha conquistato la sua più recente candidatura all’Oscar® quest’anno, per la colonna sonora del film osannato dalla critica di Stephen Frears, “Philomena” vincitore del premio Oscar® come Migliore Film.

In precedenza Desplat era stato nominato per aver composto le musiche del film premio Oscar® di Ben Affleck, “Argo” per il quale ha anche collezionato le nomine ai premi e BAFTA e Golden Globe. Ha creato le musiche anche di un altro film premio Oscar® ,“The King’s Speech” conquistando le stesse nomine ai premi BAFTA aned Golden Globe.

Inoltre, è stato candidato all’Oscar® ed al BAFTA per la colonna sonora del cartone animato “Fantastic Mr. Fox”; nomine a eOscar®, Golden Globe and BAFTA Award per il film di David Fincher, “The Curious Case of Benjamin Button” e nomine a Oscar® e BAFTA per il film di Stephen Frears, “The Queen”.

Desplat ha anche vinto un Golden Globe Award per il film di John Curran, “The Painted Veil” e ricevuto una nomina ai Golden Globe per le colonne sonore del film di Stephen Gaghan, “Syriana” e quello di Peter Webber, “Girl with a Pearl Earring”.

Francese di nascita, Desplat ha conquistato il César Award per le colonne sonore di, “The Beat That My Heart Skipped”, “The Ghost Writer” di Roman Polanski e, più recentemente, per “Rust and Bone”. Desplat ha ottenuto altre cinque candidature ai César Award, inclusa una per il film francese candidato all’ Oscar® del 2009, “A Prophet” e quest’anno per il film di Roman Polanski, “Venus in Fur”.

Desplat ha creato anche le musiche dei film candidati all’Oscar® come Migliore Film, “Zero Dark Thirty”, “Extremely Loud & Incredibly Close” e “The Tree of Life”.
Tra i suoi lavori recenti troviamo, “The Grand Budapest Hotel”, “Reality”; il cartone animato “Rise of the Guardians” ed il film di George Clooney “Monument’s Men”.
Altri suoi lavori sono, “The Ides of March” di George Clooney; “Carnage” di Polanski; i due film finali della serie di Harry Potter, “Harry Potter and the Deathly Hallows – Parts 1 and 2”; “Moonrise Kingdom” di Wes Anderson; “A Better Life” di Chris Weitz; “The Twilight Saga New Moon”; “The Golden Compass”; “Tamara Drewe”; “Julie & Julia” di Nora Ephron e “Lust, Caution” di Ang Lee
Il musicista nato a Parigi inizia a suonare il pianoforte all’età di cinque anni. Più tardi inizia a suonare anche il flauto e la tromba, studiando musica sia in Francia che negli Stati Uniti, con maestri del calibro di Claude Ballif, Iannis Xenakis e Jack Hayes. La sua musica è influenzata anche da quella del brasiliano Carlinhos Brown e del musicista congolese, Ray Lema.

 

I commenti sono chiusi.