17 Ottobre “Una Piccola Impresa Meridionale” – INTERVISTA PAPALEO

17 Ottobre “Una Piccola Impresa Meridionale” di Rocco Papaleo con Riccardo Scamarcio, Barbara Bobulova, Rocco Papaleo, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza, Giuliana Lojodice, Giovanni Esposito

 

LE INTERVISTE

 

 

Rocco Papaleo  

“Come è nata l’idea di “Una piccola impresa meridionale”?

“Dopo la mia fortunata opera prima “Basilicata coast to coast” io e il mio sceneggiatore Walter Lupo abbiamo pensato a lungo ad una nuova storia completamente diversa che si staccasse da quel film, arrivando a dar vita ad una sceneggiatura che pur essendo lontana dalla precedente in qualche modo ne ripercorresse certi climi ed atmosfere, la leggerezza, la musica, la natura, la bellezza del territorio e una certa sensualità che rincorro sempre. E poi, ovviamente, il divertimento, senza esasperare la farsa e i toni, e, nello stesso tempo, anche una certa spinta poetico/sentimentale, cercando di essere sempre verosimili: la cifra a cui ambisco è il “verosimilismo”.

“Che cosa si racconta in scena?”

“Il film parla di un gruppo di persone che per ragioni diverse si trovano a vivere in un faro spento e in cattive condizioni di un imprecisato piccolo paese del Sud (ma le riprese sono state effettuate sulla costa nei pressi di Oristano, in Sardegna): ci piove addirittura dentro e piove dentro anche nella vita di queste persone. Decidono tutti di ripararlo e in questa operazione che prende loro la mano cercano addirittura di abbellirlo e ristrutturarlo, ri-abbellendo e  ristrutturando anche le loro vite “disastrate” ”.

“Qual è il ruolo interpretato da lei e chi sono gli altri personaggi in scena?”

“Io sono l’io narrante della vicenda, un ex prete, don Costantino, che tornato nel piccolo paese dove è nato e cresciuto si ritrova a trascorrere un certo periodo in un vecchio faro in disuso di proprietà della sua famiglia, perché lì – per evitare che il suo “spretamento” faccia scandalo – lo ha relegato sua madre Stella (Giuliana Lojodice) già ferita nell’onore perché sua figlia Rosa Maria (Claudia Potenza) ha lasciato il marito, Arturo (Scamarcio) ed è scappata con un misterioso amante. Anziché garantire protezione e isolamento il faro dismesso attira come un magnete una serie di personaggi bizzarri, a partire da Magnolia (Barbora Bobulova), un’ex prostituta dell’Est solare e vitale che a 40 anni ha deciso di smettere con la sua professione, è arrivata in paese per visitare la badante-domestica di Stella, la sua affascinante e scontrosa sorella minore Valbona, (Sarah Felberbaum), che stranamente però rifiuta di ospitarla. Poco dopo è il turno di Arturo, il marito tradito, una sorta di Glenn Gould di provincia, un pianista mite e gentile che ha abbandonato contro il volere di suo padre (Giorgio Colangeli) la più redditizia musica da matrimoni inseguendo ambizioni più alte e si è “intrippato” nel sogno della musica “storta”, più personale e sentita: dopo aver litigato con suo padre e dopo aver subito lo scherno di alcuni ragazzini che lungo la strada gli chiedono di poter vedere le sue corna. decide di trasferirsi a sua volta al faro con il suo pianoforte. Ritrovatisi alle prese con il tetto da riparare i tre personaggi che lo occupano decidono di chiamare una stravagante ditta di ristrutturazioni la “Meridonale SRLS” e cioè Società a Responsabilità. Limitatissima”, formata dall’intraprendente Raffaele Bellini (Giovanni Esposito) che si intende un po’ di tutto e ha un problema di affidamento con sua figlia Mela (che lo accompagna al lavoro ma deve poter studiare adeguatamente) e da un estroso operaio che lo affianca (Giampiero Schiano) che proviene dal una famiglia di circensi, sogna di fare lo stuntman e si è auto soprannominato Jennifer, (“è un nome più internazionale”, sostiene convinto). Nel frattempo muore  il padre di Arturo e (don) Costantino è costretto a confessare ai parenti ed amici riuniti in chiesa che non può celebrare il funerale perché ha lasciato i voti e ritorna al faro, seguito a breve distanza di tempo da sua madre, sempre più ostile e polemica. Dopo varie vicissitudini (e dopo la risoluzione del mistero legato alla fuga d’amore di Rosa Maria) i nove scalcinati neo-inquilini si ritrovano a dar vita ad una piccola comunità che sfidando l’opinione pubblica decide di intraprendere un percorso comune ristrutturando il faro e trasformandolo in un albergo luminoso. La loro ricerca consiste nel lavorare e “abbellire” il proprio metro quadrato, di fatto e simbolicamente, un processo che li porta a restaurare anche le loro esistenze che sono tutte a un punto che necessita una svolta, una ricostruzione: la piccola impresa meridionale è nel miracolo che si compie, mi piaceva l’idea di mettere insieme due parole che sono un po’ un ossimoro, visto che il meridione non è spesso considerato capace di imprenditorialità.”. 

 “In fase di scrittura avete pensato direttamente agli attori che avrebbero interpretato i vari personaggi?”

“Quando scrivo parto sempre dalla musica, in questo caso da una mia canzone intitolata “La tua parte imperfetta”, da cui abbiamo preso spunto per trovare un divertimento, attingendo anche alla mia biografia o a quella di persone a me vicine. A cantarla in modo struggente verso la fine della nostra storia è Riccardo Scamarcio che interpreta Arturo, un pianista velleitario che aveva suonato da dilettante con suo padre e le sue sorelle in orchestrine e feste di piazza e che invece di seguire la tradizione “orecchiabile” a un certo punto si è “fissato” con la musica colta, anche fine a se stessa. Questo personaggio lo avevo “tarato” tenendo presente una persona che esiste davvero, Arturo, il pianista della band che mi accompagna nei miei spettacoli di teatro-canzone, che appartiene alla categoria dei caratteri e che nella vita è l’esatto opposto di Riccardo. Conoscevo poco Scamarcio prima di offrirgli questo ruolo anche se avevo simpatia istintiva per lui, mi è sempre piaciuto molto: per la parte di Arturo era imperfetto e poco prevedibile e, confidando nel suo grande talento, l’ho cercato proprio perché la sua sarebbe stata una scelta spiazzante. Mi è sembrato interessante chiedere proprio a lui di interpretarlo, lavorando molto su un netto contrasto rispetto alla sua estetica di primo attore e di personalità forte, perché poteva fare un bel lavoro sulla musicalità che ha assorbito: il mio pianista Arturo è stato il suo “coach”, gli ha insegnato a suonare il piano e ad acquistare interiorità e fragilità.”.

“E per quanto riguarda gli altri interpreti?”

“Ho pensato subito a quelli che volevo, ho quasi scritto in funzione loro e ho avuto la fortuna che dicessero tutti sì, trovando una forte corrispondenza: sono stupito io per primo di come abbiano aderito e sviluppato i personaggi rendendoli vivi. Mi è sempre piaciuto lavorare sui contrasti, a Barbora Bobulova ho cercato ad esempio di tirar fuori una sorta di. superficialità profonda. E’ sempre un’attrice molto intensa e si è rivelata tale anche alla prese con la commedia, le ho offerto un ruolo molto solare nonostante che al cinema sia apparsa spesso in personaggi piuttosto “dark” oppure, quando ha recitato in qualche commedia, abbia incarnato in genere un tipo di donna discreta e tranquilla, non abituata a lasciarsi andare mai in modo “pirotecnico”. La Magnolia che interpreta nel nostro film è invece luminosa, una specie di Marilyn non stupida, che alla fine si rivela oltremodo saggia: conosce il mondo, ci si sa muovere con quella disinvoltura e mancanza di inibizioni e di pudore tipiche di una persona libera che ne ha viste tante. Lo stesso discorso vale per Sarah Felberbaum, una “principessa nata” che qui fa la serva e la badante, l’abbiamo vestita con certi vestiti larghi per renderla brutta ma. è stato tutto inutile, per farla meno bella ci vorrebbe la chirurgia estetica. La Valbona che interpreta ha dei primi piani meravigliosi, ma l’abbiamo mortificata un po’ e lei ha lavorato molto anche sull’accento straniero per giustificare l‘origine est europea del personaggio, cimentandosi generosamente in un ruolo di carattere, di “musona” dalla personalità comunque molto forte. Claudia Potenza, poi, è la mia attrice-feticcio, l’unica interprete reduce da “Basilicata coast to coast.”: questa volta interpreta mia sorella e in un certo senso lo è anche nella vita, siamo molto legati, sentivo che poteva essere perfetta per dar vita a questa donna “peperino” e controcorrente, ha fatto davvero un bel lavoro. Di Giuliana Loiodice, grande signora del nostro palcoscenico, mi interessava molto il carattere speciale, l’avevo vista ultimamente in teatro in “Così è se vi pare” ed ero stato folgorato dal suo carisma:  l’ho scelta subito, le ho fatto leggere la storia che le è piaciuta molto e prima di girare ho lavorato a lungo con lei sull’accento giusto, sfruttando le sue origini pugliesi, affidandole una lingua genericamente “meridionalese” come la località in cui l’azione si svolge, presumibilmente collocabile tra Puglia e Basilicata. Giovanni Esposito, valoroso attore napoletano con cui avevo recitato a lungo in teatro, dà vita questa volta ad un personaggio più trattenuto e meno da commedia del solito, e per l’occasione l’ho fatto rapare a zero. Accanto a lui e a Giampiero Schiano recita la sua vera figlia Mela, di 11 anni, che conoscevo bene perché era stata a lungo vicino a suo padre nelle nostre tournè e così ho cercato di riproporre il loro vero rapporto padre- figlia, anche se piuttosto romanzato”.

“Che cosa le sta a cuore far notare dal punto di vista produttivo?”

“Il film è distribuito da Warner Bros. Italia ed è prodotto come il mio precedente da Isabella Cocuzza e Arturo Paglia: questa volta ci hanno concesso una settimana in più di riprese, che abbiamo credo ampiamente meritato sul campo perché “Basilicata coast to coast” si è rivelato un bel successo. A proposito del lavoro impeccabile dei vari reparti vorrei sottolineare oltre all’apporto del direttore della fotografia Fabio Zamarion quello della scenografa Sonia Peng, impegnata a creare dal nulla il faro prima abbandonato e in seguito a immaginare un arredamento formato da una serie di oggetti riciclati che diventano dei mobili: questa ristrutturazione rappresenta un’altra chiave importante per il sentimento del film. “Una piccola impresa meridionale” è dedicato a Francesco Nardi, il valoroso truccatore scomparso poco dopo le riprese, un caro amico con cui avevo lavorato spesso in passato nei film di Leonardo Pieraccioni che a sua volta gli era molto legato e che per omaggiarlo ha voluto chiamare col suo nome il personaggio che interpreta in “Un fantastico viavai”, il suo nuovo film in uscita a Natale”. 

 

Riccardo Scamarcio 

“Che cosa ha provocato il suo interesse e la sua curiosità verso questo progetto?”

“Mi piaceva molto l’opportunità di lavorare con Rocco Papaleo, che ho sempre seguito con simpatia ed ammirazione da spettatore, ma che non conoscevo bene personalmente: ricordo di averlo incontrato quando avevo 20 anni, in un contesto che prevedeva comunque della musica da suonare dal vivo, sempre con una chitarra in mano. Il momento decisivo in cui ho capito che dovevo accettare di girare questo film è arrivato quando Rocco  è venuto a trovarmi per raccontarmi la storia che aveva scritto con Walter Lupo e il tono che intendeva dare al suo racconto. A casa mia c’è sempre una chitarra a portata di mano perché io “strimpello” spesso della musica (suono anche un po’il pianoforte) e quando lui l’ha vista mi ha chiesto di provare a cantare “La tua parte imperfetta”, un suo brano inedito che mi è subito piaciuto molto e che poi ho eseguito in scena verso la fine del film, allo stesso modo di una sua canzoncina buffa, “Torna a casa foca”, che lui aveva reso popolare a Sanremo. Il bel feeling che è nato tra di noi è dovuto soprattuto alla comune passione per la musica, c’è stata una sorta di affinità elettiva che ci ha consentito di entrare subito in sintonia: la musica è diretta, si capisce subito se si parla la stessa lingua e questo nostro saper giocare con le note ci ha consentito di abbattere tra noi qualsiasi formalismo. Non ho ancora suonato in 11/8 come i veri virtuosi. ma il coinvolgimento in questa avventura ha rappresentato per me un percorso di lento avvicinamento, la direzione è quella, il mio lavoro è basato sull’orecchio e la capacità di ascoltare e sentire la musica mi permette di avere una consapevolezza più piena del ritmo.”.

 “Che cosa le è piaciuto del suo personaggio?”

“L’Arturo che Rocco mi ha chiesto di interpretare mi offriva la possibilità di confrontarmi in scena con qualcosa di insolito, mi presentava una sorta di sfida per andare a tastare certe situazioni più spiazzanti: mi piaceva l’idea di incarnare una specie di “sfigato” che non combatte affatto la sua condizione di uomo tradito, “disonorato”e sbeffeggiato dall’intero paese in cui vive, ma l’accetta e ne soffre in silenzio, piuttosto relativamente però, tutto preso com’è dalla sua ricerca musicale. E’ un uomo sempre un po’distratto ed estraneo rispetto alla realtà e questa sua aria svagata e assente sembra quasi patologica: entra nel mezzo di una conversazione altrui e dice qualcosa che spesso non c’entra niente, appare spento e lontano ma poi improvvisamente si accende e ne “spara” una delle sue, con grande tenerezza però, quasi con inconsapevolezza.E’ una persona pura, dotata di un grande talento nel relazionarsi con il suo pianoforte, e io per prepararmi a rendere adeguatamente in scena questo rapporto trovando la chiave giusta per il personaggio sono stato aiutato in modo decisivo dal vero Arturo, il pianista della band che accompagna abitualmente Papaleo nei suoi spettacoli di teatro/canzone, che è un maestro di musica che mi ha assistito a lungo da vicino provando con me con generosa disponibilità i brani che avrei poi dovuto suonare, per cercare ad esempio di essere credibile quando nel film sarebbero state inquadrate le mie mani sulla tastiera”.

“Quali sono secondo lei le doti principali di Papaleo regista?”

“Mi sembra che Rocco sia riuscito a mantenere con leggerezza e profondità il giusto equilibrio tra  commedia e musica, un genere poco praticato in Italia, regalando al nostro film, soprattutto nel finale, anche un respiro piuttosto malinconico, quasi romantico. Mentre giravamo ho scoperto ogni giorno qualcosa di lui che avevo sempre sospettato ma non conoscevo (ad esempio il fatto che si è quasi laureato in matematica.) ma soprattutto la sua ironia particolare, anzi unica, quel suo “sense of humour” e quella sua cifra specifica fuori dall’ordinario che dipende da qualcosa di “storto”. e la musica “storta”, quella dodecafonica ad esempio, è il “trip” in cui il personaggio di Arturo si è concentrato, ai limiti dell’ossessione.Io e Papaleo abbiamo convenuto di creare il neologismo “verosimilismo” per indicare un codice che fosse naturalistico, all’interno però di una certa sospensione, in un contesto un po’ surreale che non ha un riferimento preciso. Lo è il faro in cui tutta la vicenda si dipana,  tutto è un po’ metaforico, c’è anche un pizzico di surrealismo, ma noi attori abbiamo lavorato per trovare una “necessità” di far dire certe cose ai nostri personaggi, conferendo loro una verità che sia pure nella loro condizione assurda potesse renderli forti e  speciali”.

 “Come si è trovato con gli altri interpreti?”

“Benissimo, è nato presto fra tutti un clima di collaborazione creativa molto disteso e Papaleo è stato bravissimo a trovare e mantenere  il giusto equilibrio, a coinvolgerci attivamente senza nessun tipo di costrizione o autoritarismo, il nostro è stato un lavoro di piena condivisone in cui ognuno ha portato il suo contributo specifico. In genere mi esalto molto quando mi rendo conto che il regista con cui lavoro mi lascia l’opportunità di improvvisare e in questo caso ho potuto contare in scena su una piena libertà di movimento: il copione è stato un po’adattato ai vari personaggi, ogni sera prima delle riprese parlavamo tutti tra noi delle scene da girare il giorno successivo, c’è stata una specie di work in progress per cui pur partendo da un copione ben delineato ognuno di noi, orchestrato da Rocco (bravissimo a mantenere  il giusto equilibrio, a coinvolgerci attivamente senza nessun tipo di costrizione o autoritarismo) ha cercato di fare un suo avvicinamento al personaggio e anche del personaggio alla persona. Lavorare con Papaleo significa jazz, improvvisazione, libertà, leggerezza, anche quando c’è da  fronteggiare qualche difficoltà improvvisa, ma per improvvisare bene bisogna saper accogliere gli incidenti di percorso (durante le riprese Barbora Bobulova a un certo punto  ha avuto un occhio gonfio e si è rotta un piede e Giovanni Esposito il naso, pensavamo a una specie di maledizione ma abbiamo fatto di necessità virtù.) ed è necessario poter contare su basi adeguate, per fare in modo che gli incidenti possano trasformarsi in virtuosismi: devi avere grande confidenza col mezzo, la materia, la lingua che utilizzi, in questo caso il cinema.”.

 

Barbora Bobulova 

“Che cosa accade in scena al suo personaggio, come entra nel racconto?”

“Il mio ruolo è quello di Magnolia, un ex prostituta quarantenne dell’Europa dell’Est che ha deciso di ritirarsi dalla sua professione e che arriva nel piccolo paese in cui la storia è ambientata per trovare sua sorella Valbona (Sarah Felbebaum), badante tuttofare  in casa dell’anziana vedova Stella (Giuliana Lojodice), madre del prete “spretato” Costantino (Papaleo) e finisce casualmente nel faro abbandonato dove quest’ultimo è andato ad abitare. Appena Magnolia arriva in quel luogo incantato e incantevole non vorrebbe andare più via e visto che sua sorella rifiuta misteriosamente di ospitarla a casa sua lei si “autoinvita” a vivere provvisoriamente a sua volta all’interno del faro La cosa buffa e tenera di questo mio personaggio è che potrebbe sembrare molto invadente ma in realtà non lo è affatto, la sua presenza, l’immediatezza e la grazia con cui fa le sue avances sono senza malizia e senza cattiveria, per lei è tutto spontaneo, senza  pregiudizi. E’ come se non avesse mai filtri o schermi, non si fa nessun problema su cosa gli altri potranno pensare o dire, si tratta di qualcosa che non la sfiora mai nemmeno da lontano.”.

“E’un personaggio insolito nella sua filmografia, forse perché sfoggia una sua solarità speciale?”

“Sì, la sua particolarità è proprio questa, si tratta di una donna che non è mai drammatica, non porta con sé mai niente di cupo, non ha mai sensi di colpa, è come se guardasse tutta la realtà attorno a sé inforcando un paio di lenti rosa. E’una persona sempre ottimista su tutto, in tutti i sensi, nonostante abbia i suoi vari problemi da risolvere, quando si ritrova a dover fronteggiare eventi drammatici lei ne coglie comunque  il lato positivo, riesce a risollevare sempre l’anima, non solo la sua ma anche quella degli altri. Questo suo aspetto mi è piaciuto molto, non avevo mai interpretato finora un personaggio così teso e morbido verso l’esterno e capace di conservare comunque una sua “sana” fragilità, senza mai diventare scontato. Il primo film che ho girato in Italia era stato “Il Principe di Homburg” di Marco Bellocchio, ma  quando tu hai 20 anni la tua testa è diversa rispetto a quando ne hai 40 (sono l’unica attrice che si aumenta gli anni, in realtà ne ho 39, ma mi sento una trentenne.). Forse in passato – penso a certi miei film come “Cuore sacro” di Ozpetek o a “La spettatrice” di Paolo Franchi – avevo lavorato su personaggi dove non era poi così importante la femminilità che in un primo tempo avevo paura a rivelare nella sua pienezza, ma in questa occasione mi sono ritrovata a viverla in modo più rilassato, senza essere troppo guardinga. Ho capito che si trattava di una bella occasione al di là dei cliché, mi sembrava comunque un ruolo molto diverso e innovativo, ho avuto la fortuna di scoprire qualcosa che non avevo ancora portato sullo schermo in passato, forse una parte di me che c’e sempre stata e che sono riuscita a tirare fuori: con Papaleo forse mi sono cadute tutte le difese”. 

 “Come è stata coinvolta in questo progetto?”

“Io e Rocco ci conoscevamo poco, avevamo lavorato insieme tanti anni fa con Michele Placido nel film tv “Padre Pio” e ricordavo che lui sul set era stato un amore di persona, in seguito l’ho visto recitare spesso e ultimamente ho visto e apprezzato molto il suo film “Basilicata coast to coast”, che mi è piaciuto proprio per il suo particolare “stile Papaleo”. Quando lui mi ha cercato per dirmi che gli sarebbe piaciuto lavorare con me ero entusiasta dell’opportunità che si stava creando e in seguito quando è venuto a casa mia per portarmi il copione tra noi c’è stato un incontro-approccio particolare perché mi ha detto subito: “bello questo terrazzo” e io: “ci faccio le serate di karaoke con gli amici”. A quel punto lui si è illuminato, mi ha chiesto di preparare subito tutto il materiale necessario e mi sono ritrovata a cantare varie canzoni di cui avevo con me il testo, tra cui in particolare quel “Sole spento” di Caterina Caselli che lui ha subito adorato, convincendosi che si trattava di un brano ideale da utilizzare nel nostro film. Da allora in poi ha deciso di definire meglio il mio personaggio, arricchendo “in corsa” la Magnolia che stavo per interpretare con quella sua particolare passione per il canto libero e la sua tendenza a spostarsi e a viaggiare tenendo con sé sempre e comunque il suo karaoke portatile, L’idea, ovviamente, a me è piaciuta tanto anche a me e così l’ho assecondato più che volentieri”.

“Come si è trovata sul set? Vi è capitato di improvvisare o dovevate seguire un copione ferreo?”

“A volte alcune scene sono state aggiunte o modificate in corsa, nonostante la sceneggiatura fosse già ben definita, ma Rocco ha una sua precisa e importante particolarità, riesce a trasformare il negativo in positivo, è a sua volta. una specie di Magnolia, porta dentro di sé una naturale energia positiva, mi viene quasi da pensare che per il mio personaggio si sia ispirato soprattutto a se stesso, sia pure in una versione al femminile. E’ un ottimo direttore d’orchestra, ha il dono speciale di riuscire a mantenere sempre solido il suo gruppo di lavoro: sul set ogni giorno c’erano tanti problemi diversi da affrontare ma lui non si perdeva mai d’animo di fronte ad un imprevisto. A un certo punto della lavorazione io sono stata vittima di un orzaiolo, avevo un occhio gonfio ed ero inguardabile, mi veniva da piangere per la rabbia ma lui è riuscito a risollevarmi e a darmi la carica giusta per fronteggiare l’imprevisto e così sia allora che in seguito tutto si è sempre aggiustato miracolosamente.”

“Che rapporto si è creato invece con gli altri compagni di lavoro?”

“Fra tutti noi è nato presto un cameratismo allegro e felice, sulla carta non scontato. Una sorpresa incantevole si è rivelata per me Giuliana Lojodice, che quando è arrivata il primo giorno in sala trucco ha detto a tutti: “vi avverto, io odio il cinema.:” c’è stato un gran silenzio. e invece da allora in poi è stata fantastica, è un’attrice di enorme talento e una donna di grande ironia, con un forte senso dell’ umorismo: una compagna di lavoro ideale, insomma, le scene (e le cene) con lei sono state per me delle lezioni di vita, al di là della differenza d’età è nata una bella complicità, ci siamo confrontate su tante cose, andavamo insieme al cinema e poi abbiamo continuato a sentirci anche a Roma, dopo la fine delle riprese. Mi piace ascoltare le mie colleghe, soprattutto quelle più esperte che hanno una storia dietro di sé, mi piace sempre imparare qualcosa.  Non  avevo mai lavorato nemmeno con Riccardo Scamarcio (abbiamo recitato entrambi con Giovanni Veronesi in “Manuale d’amore” ma apparivamo in episodi diversi, senza mai incrociarci in scena) e devo dire che sono stata molto colpita dal suo personaggio e dalla sua interpretazione in questo nostro film perché è riuscito a mostrare certi lati della sua personalità più malinconici e dimessi che non aveva mai rivelato prima, ha lavorato molto “a sottrarre”, a remare contro gli stereotipi senza giocare affatto la carta vincente del suo fascino”. 

“Che tipo di commedia  è secondo lei “Una piccola impresa meridionale”?”

“E’ un film brillante in grado di andare oltre le battute e le risate fini a se stesse, fa riflettere e può anche provocare qualche lacrima, perché riesce a mescolare bene vari aspetti, credo che in Italia siano davvero pochi i registi in grado di allestire questo tipo di commedia più “alta” (penso a Carlo Verdone ad esempio), in cui i personaggi in un primo momento ti fanno sorridere e poi quando esci dal cinema ti lasciano dentro una profonda amarezza”.

 

I PERSONAGGI

COSTANTINO.

E’ un ex prete, spretatosi per via di una donna che però lo preferiva vestito da prete. Una relazione che dati i presupposti difficilmente avrebbe fatto sfracelli, infatti non li fece. Così a 50 anni Costantino si ritrova senza più un lavoro, una casa, senza soldi, e come la maggior parte dei prete spretati, è nella merda. Decide perciò di tornare al paese d’origine dove vive la madre. Il momento non è dei più opportuni, visto che in famiglia c’è già un altro scandalo. Sua sorella Rosa Maria, dopo appena sei mesi di matrimonio, è fuggita dal paese con un misterioso amante non si sa bene dove. Per questo Mamma Stella, alla notizia dello spretamento del suo adorato figlio sacerdote, oppone una condizione: “In paese non si deve sapere”. E lo costringe all’isolamento in un vecchio faro dismesso di proprietà della famiglia. Una sorta di quarantena per non diffondere in paese i germi di un altro scandalo.

Da qui parte la storia di un faro dismesso che accoglie un uomo in disuso.

Entrambi avrebbero bisogno di una ristrutturazione, cosa che accadrà con il contributo di altra gente che alla spicciolata raggiungerà il faro. Di fronte a loro Costantino è costretto a sostenere il ruolo del prete che non è più.  Che se da un lato è imbarazzante, dall’altro è un vantaggio, perché Costantino, a parte il prete, non sa fare un cazzo. Ma i nodi verranno al pettine e Costantino finirà per riciclare una vocazione pastorale mai sopita in una chiave laica, a tratti appassionante e qualche volta blasfema.

 

ARTURO.

E’ un inconcludente di talento. Suona benissimo il pianoforte ma non ne ha mai fatto una professione. Lavoricchia nella scuola guida di famiglia e per sei mesi ha provato a fare il marito. Poi la moglie è scappata con un misterioso amante, e adesso fa il cornuto. Che non è una professione, ma in mancanza di un vero lavoro, diciamo che è l’hobby che più lo impegna. Per sfuggire alle malelingue del paese e alle recriminazioni paterne, Arturo si rifugia in un vecchio faro dismesso, chiedendo ospitalità al cognato, un ex prete a sua volta rifugiatosi al faro per sottrarsi allo scandalo del proprio spretamento.

Vale la pena di spendere qualche parola sulla famiglia di Arturo, che dagli anni settanta ha legato il suo nome a due attività “formative”: la scuola guida Sperduti e l’orchestrina Sperduti, nella quale Arturo però da un po’ di tempo si rifiuta di suonare. Insomma, una stravagante famiglia di musicisti amatoriali, che per professione insegna alla gente a guidare e per diletto la fa ballare. 

 

MAGNOLIA.

E’ una top escort slovacca in pensione. S’era data una scadenza a 40 anni e li ha appena compiuti. Si considera una imprenditrice professionalmente realizzata. Vive in un mondo tutto suo, in cui riesce miracolosamente a tenere insieme cinismi da professionista del sesso e candori da ragazzina, svagatezze e pragmatismi. Non si separa mai dal suo kit portatile per karaoke e da un misterioso mazzo di fotografie. Ha una sorella più piccola, Valbona, che fa la donna delle pulizie in un paesino del sud. La va a trovare ma sono subito scintille. Valbona le rimprovera l’immoralità del suo mestiere. Magnolia l’inconsistenza della sua vita. In realtà entrambe nascondono un segreto e sono di fronte a una scelta decisiva per il proprio futuro.     

 

VALBONA.

E’ la badante di Mamma Stella. Come la sorella è una bellissima donna. Ha un’incantevole “grazia sgraziata”, ma non ha né il talento né voglia di esporre la sua avvenenza. Il padre delle due bionde era un albanese emigrato in Cecoslovacchia sbagliando evidentemente emigrazione. Valbona in albanese significa fiume che attraversa una valle, e anche lei si limita a scorrere nell’argine di un piccolo paese dove la sua poca voglia di parlare non stona.

 

ROSA MARIA. 

E’ la sorella più piccola di Costantino, moglie fedifraga di Arturo, attualmente fuggita dal paese con un misterioso amante e le ultime notizie la danno a Pechino. Scopriremo in realtà che il suo approdo è tutt’altro, ma rimane la sconsideratezza di un gesto che denota il suo carattere ribelle, poco incline alle convenzioni. Una pasionaria di paese decisa a compiere la sua piccola rivoluzione. Non si intuisce la sua professione, molto probabilmente perché non ne ha una vera e propria.

 

MAMMA STELLA.

Ha fatto la maestra elementare per tutta la vita. E’ una donna modellata dalla disciplina che prima che agli altri ha imposto a se stessa. A 70 anni suonati dà del filo da torcere anche alla vecchiaia che fatica a trovare varchi di arrendevolezza in tanta austerità. E’ vedova, cattolica e un po’ bigotta. Ha due figli, Costantino e Rosa Maria. Uno spretato da poco e l’altra smaritata di fresco. Alla sua età pensava che tutto quello che le doveva succedere fosse già successo. Invece quei due figli scandalosi la costringeranno a rimettersi in gioco.

 

MERIDIONALE RISTRUTTURAZIONI S.r.l.s.

Società a responsabilità limitatissime. Un modo per mettere fin dal titolo le mani avanti, visto lo stravagante organico che la compone. Raffaele Bellin ne è il titolare, maneggia una filosofia pratica, ha l’intuito dei cani randagi sommato a una visione onesta ma pragmatica della vita.

Mela Bellin, dieci anni, è l’improponibile assistente, non fosse altro che a quell’età si dovrebbe andare a scuola. Jennifer, così recita la targhetta sulla sua tuta, è il manovale aggiunto. In realtà si chiama Gennaro, ma preferisce farsi chiamare Jennifer, un nome d’arte che meglio asseconda la sua indole di acrobata. La Ditta approda al faro per ripararne i tetti malconci. Sul perché pratichino prezzi stracciati diciamo che non c’è altro da aggiungere.

Ma come spesso accade le apparenze ingannano. E la Meridionale Ristrutturazioni assurgerà a un ruolo che va ben oltre la riparazione di quel faro dissestato.

 

 

LA PACO CINEMATOGRAFICA

 

 

 

La Paco Cinematografica nasce nel 2003 per iniziativa di Isabella Cocuzza e Arturo Paglia. Tra il 2003 ed il 2004 produce alcuni documentari, mentre tra il 2005 ed il 2006 porta avanti la produzione di tre film: “Padiglione 22”, “Lettere dalla Sicilia”, “Cover Boy”. Tutti film considerati di interesse culturale nazionale e ottengono il finanziamento dalla Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

 

“Cover boy” diretto da Carmine Amoroso con Luca Lionello protagonista, partecipa ad oltre 200 festival e viene nominato “migliore produzione” ai David di Donatello nel 2009.

 

Sempre nel 2009 la Paco Cinematografica produce e distribuisce insieme alla Eagle Pictures l’opera prima di Rocco Papaleo, “Basilicata coast to coast”, con Alessandro Gassman, Paolo Briguglia, Max Gazzè, Rocco Papaleo e Giovanna Mezzogiorno. Il film, distribuito in più di 200 copie, è stato largamente apprezzato da pubblico e critica, ricevendo ottimi risultati al botteghino e restando in programmazione nelle sale per cinque mesi. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti dal film, 3 David di Donatello (miglior regista esordiente, migliore musicista, miglior canzone originale), 2 Nastri D’Argento (miglior opera prima e colonna sonora), il Globo d’Oro per l’opera prima e il Ciak d’Oro per la migliore colonna sonora. Nel 2011 realizza “Scossa“, un film in quattro episodi sul Terremoto di Messina del 1908 scritti e diretti da: Giorgio Arlorio, Ugo Gregoretti, Carlo Lizzani, Citto Maselli, Nino Russo presentato fuori concorso alla Mostra d’arte Cinematografica di Venezia 2011 e il cortometraggio “Chiamatemi Ishmael” per la regia di Paolo Briguglia supportato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dalla Film Commission siciliana.

 

La Paco Cinematografica produce nel 2012 “La Migliore Offerta”, film scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks e Donald Sutherland. Il film, distribuito da WARNER BROS Pictures in Italia e in Germania, ha ottenuto un grande successo al box office nazionale mettendo d’accordo critica e pubblico. La Migliore Offerta” è stato presentato nella sezione BERLINALE SPECIAL nell’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Berlino ed è stato venduto in tutto il mondo dall’ International Sales UCONNECT.

 

Dopo aver ricevuto 13 candidature ai David Di Donatello 2013, il film si è aggiudicato 6 statuette fra cui i prestigiosi premi per MIGLIOR FILM e MIGLIOR REGIA.

 

Un’altra importante produzione è stata realizzata dalla Paco Cinematografica nel 2012: “Una Piccola Impresa Meridionale” secondo lavoro da regista di Rocco Papaleo, con Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova e Rocco Papaleo distribuito da WARNER BROS Pictures Italia nell’ autunno 2013. La Paco Cinematografica collabora attivamente con apprezzati sceneggiatori, registi e talenti con l’obiettivo di realizzare progetti che siano in grado di valicare il mercato nazionale.

 

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