19 settembre “The Grandmaster” di Wong Kar-wai con Tony Leung, Ziyi Zhang e Chang Chen genere: sentimentale; naz.: Cina. BIM
LA STORIA – La freccia non torna mai all’arco
Il film inizia con la storia di Ip Man (Tony Leung), il leggendario maestro di Bruce Lee e della scuola di kung fu Wing Chun,e si trasforma in un grande affresco di un’epoca e di un mondo scomparsi.
Ip Man nasce a Foshan, nel sud della Cina, in una famiglia benestante. Sua moglie Zhang Yongcheng (Song Hye Kyo) è una discendente della dinastia Manciù. Come ogni appassionato di Wing Chun, frequenta il Padiglione d’Oro, un elegante bordello dove si incontrano i maestri di kung fu di Foshan, e dove anche le donne custodiscono alcuni segreti delle arti marziali.
Nel 1936 la Cina è alle prese con alcune turbolenze politiche e con la minaccia della divisione. I giapponesi hanno invaso le provincie del nord-est, meglio note come Manciuria. Costretto a lasciare la Manciuria occupata, arriva a Foshan il Gran Maestro delle arti marziali della Cina del nord, Gong Baosen (Wang Qingxiang). C’è già stato in passato, per favorire gli scambi tra artisti marziali del nord e del sud, ma questa volta viene a festeggiare al Padiglione d’Oro il suo imminente ritiro.
La cerimonia prevede una sfida e una sua esibizione di arti marziali con un uomo più giovane. Nel corso di un evento analogo che si era tenuto al nord, il ruolo del concorrente era toccato al discepolo e successore di Gong, Ma San (Zhang Jin). Per assistere alla cerimonia arriva anche la figlia del vecchio maestro, Gong Er (Ziyi Zhang), unica erede della micidiale “tecnica delle 64 mani”, dello stile Bagua, creata da Baosen. E qui incontrerà Ip Man.
Chi ha le carte in regola per accettare la sfida del Gran Maestro? Di sfida in sfida, i maestri si misurano gli uni con gli altri.
Nel frattempo, l’occupazione giapponese del nord-est prepara il terreno per un tradimento che sconvolgerà il mondo del maestro Gong. E costringerà sua figlia Gong Er a prendere una decisione che cambierà il corso della sua vita.
Gong Er e Ip Man si incontrano di nuovo negli anni cinquanta, a Hong Kong: un nuovo mondo popolato da vecchie alleanze, risentimenti duri a morire e frammenti di vite e desideri passati. Dopo che i giapponesi hanno invaso Foshan, Ip Man vive anni duri e terribili, senza mai lasciarsi piegare dalle avversità. Apre una scuola di Wing Chun a Hong Kong, e ben presto conquista molti discepoli devoti (tra cui Bruce Lee) e diffonde questa forma di kung fu, che è ancora insegnata e praticata nelle scuole di arti marziali di tutto il mondo.
PERSONAGGI
Kung fu, due parole. Orizzontale e verticale.
Fai un errore: orizzontale. Sii l’ultimo a restare in piedi e vincerai.
Ip Man
Ip Man (Tony LEUNG). Nato alla fine della dinastia Qing o Manciù (1644-1911), il Gran Maestro Ip Man cresce in una famiglia benestante di Fosham, nella provincia cinese del Guandong. Fanatico del kung fu fin da piccolo, studia la sua forma più alta, quella del Wing Chung, con il leggendario maestro Chan Wah-shun. Non avendo preoccupazioni economiche, fino ai quarant’anni può dedicarsi allo studio della sua disciplina. Foshan è il centro delle arti marziali del sud della Cina, nell’epoca repubblicana. Ip Man partecipa spesso a gare di abilità con gli artisti marziali locali, ma senza mai aprire una scuola come fanno altri: per lui il kung fu è una passione, non un mezzo di sostentamento. Quando i giapponesi invadono Foshan, gli confiscano la casa, e lui e la sua famiglia si ritrovano spogliati di tutto, nella più assoluta povertà. Alla fine della guerra civile, grazie alla sua passata affiliazione al Kuomintang (Partito Nazionalista Cinese), fugge a Hong Kong. Lì, per guadagnarsi da vivere, comincia a insegnare il Wing Chun e trasforma questa forma di arte marziale in una disciplina diffusa e popolare, che oggi ha aderenti in tutto il mondo.
Kung fu, due parole. Orizzontale e verticale.
Fai un errore: orizzontale. Sii l’ultimo a restare in piedi e vincerai. Ip Man
Gong Er (Ziyi ZHANG). Gong Er cresce in una famiglia del nord-est della Cina, con una grande tradizione di arti marziali alle spalle: è figlia del maestro Gong Baosen, figura di spicco delle arti marziali del nord della Cina, e acceso sostenitore dello stile di combattimento detto Baguazhang o Bagua. Gong Er cresce tra gli artisti marziali e seguendo il padre, che adora, nei combattimenti. Finché non diventa lei stessa una lottatrice di talento. Essendo l’unica figlia vivente di Baosen, dovrebbe essere lei a succedergli se non fosse donna, ma suo padre vuole che lasci le arti marziali, si sposi e diventi medico. Gong Er è estremamente devota alla sua famiglia e alla sua tradizione nel campo delle arti marziali. Ha imparato a padroneggiare lo stile di combattimento flessuoso e letale del Bagua, compresa la famosa tecnica delle “64 mani” che è il marchio della sua famiglia. È orgogliosa, forte e virtuosa, come tutti gli eroi della tradizione delle arti marziali.
Il “Rasoio” (CHANG Chen). Maestro di Baji, uno degli stili di kung fu più esplosivi, “il Rasoio” è un uomo solitario e misterioso, dal temperamento impulsivo. Patriota e idealista, è entrato a far parte della polizia segreta del governo nazionale col compito di dare la caccia ai traditori e assassinarli. Ha la fama di essere spietato ma con un rigido codice morale. Dopo la vittoria comunista del 1949 è riuscito ad arrivare a Hong Kong, ha abbandonato il partito nazionalista e avviato un negozio di barbiere, “La Rosa bianca”.
Gong Baosen (WANG Qingxiang). Padre di Gong Er, Gran Maestro di arti marziali del nord-est della Cina, leader indiscusso del mondo delle arti marziali di quella regione. È il primo a combinare gli stili dello Xingyi (che utilizza molte figure animali) e del Bagua (che si basa sugli esagrammi dell’antico testo esoterico dell’I Ching). Il maestro Gong non ha mai perso un combattimento in vita sua ed è rispettato da tutti. Ma non insegue il successo personale: quello che gli interessa è formare una nuova generazione di maestri di kung fu e preservare la grande tradizione delle arti marziali. Mantiene un livello di prestazioni estremamente elevato, ed è altrettanto esigente con chi gli sta attorno. Si sforza di infondere negli altri un forte spirito patriottico e crede nelle arti marziali come strumento di salvezza nazionale.
Jiang (SHANG Tielong). Jian ha fatto il boia negli ultimi anni della dinastia Manciù, e per questo è stato emarginato nell’epoca repubblicana. Riconoscendo in lui doti di lealtà e fierezza, il maestro Gong lo ha preso con sé e gli ha affidato sua figlia Gong Er, chiedendogli di proteggerla e di vegliare su di lei. Di diventare il suo angelo custode. Non lo si vede mai senza la sua fedele scimmietta.
Ding Lianshan (ZHAO Benshan). Nato in Manciuria, Ding Lianshan è un maestro di kung fu che è stato compagno di studi di Gong Baosen, quando erano giovani entrambi. Pur condividendo la stessa visione politica, i due maestri agiscono in modo diverso: Gong è il volto pubblico del “movimento”, mentre Ding lavora dietro le quinte, guidando la resistenza anti-nipponica. È ricercato dai giapponesi, e lascia intuire di avere avuto un ruolo centrale, anche se segretissimo, in eventi di portata storica. A Foshan fa il cuoco in un albergo: nessuno immagina i suoi trascorsi, né sospetta che possa avere tanta influenza.
Ma San (ZHANG Jin). Maestro di Xingyi e originario del nord della Cina, Ma San è uno dei migliori allievi di Gong Baosen e il suo successore designato. Rimasto orfano da piccolo, è stato accolto nella casa del Maestro Gong, che lo ha chiamato “San” (tre) per evocare un vecchio detto del mondo delle arti marziali, sul valore dell’umiltà. Ma il Maestro Ma San è molto ambizioso e assetato di potere, ricchezza e posizione sociale. Fino a che punto si spingerà?
San Jiang Shui (XIAO Shenyang). È un piccolo delinquente, un bandito del nord-est che vive ai margini del mondo delle arti marziali, deferente con i suoi superiori ma anche capace di atti violenti e intimidatori quando pensa di poterla fare franca. Finisce anche lui a Hong Kong. Chi sceglierà come suo Maestro?
Zhang Yongcheng (SONG Hye Kyo). Moglie di Ip Man e madre dei suoi figli, Zan Yongcheng è una donna di alto lignaggio e di poche parole. Ma lei e Ip Man non hanno bisogno di parole, per capirsi. Quando la guerra arriverà a Foshan, marito e moglie perderanno molte cose preziose, ma mai la dignità.
CRONOLOGIA
1911-12: Una rivoluzione repubblicana guidata dal medico e attivistaSun Yat-sen pone fine all’ultima dinastia imperiale cinese, quella Manciù (1644-1911). Nasce la Repubblica cinese. Viene fondata l’Unione delle arti marziali del nord che riunisce gli artisti marziali della regione a scopo patriottico.
1916-28: In tutto il paese si apre l’era dei “Signori della guerra” che alla testa di eserciti indipendenti sfidano l’autorità del governo centrale. Dilaniato dai conflitti, il paese rischia la divisione.
1931: I giapponesi invadono i tre stati del nord-est, tra cui la Manciuria, da cui provengono i sovrani dell’ultima dinastia Qing/Manciù. Nel corso dell’invasione, commettono innumerevoli atrocità ai danni della popolazione locale.
1932: I giapponesi insediano l’ultimo imperatore Qing, Henry Pu Yi, sul trono del regno fantoccio del Manciukuò. Subito dopo, cominciano a reclutare collaboratori tra la popolazione locale.
1936: Le provincie del sud della Cina decidono di staccarsi dal resto del paese. Il Maestro Baosen arriva a Foshan per presenziare alla cerimonia del suo ritiro.
1937: I giapponesi marciano verso sud. Dopo aver orchestrato un falso incidente al ponte di Marco Polo, nella zona a sud-est di Pechino, attraversano il ponte e invadono la Cina. Per otto anni infliggono al paese un’occupazione crudele e violenta, alla quale i patrioti cinesi oppongono una fiera guerra di resistenza.
1938: I giapponesi invadono Foshan. I loro soldati occupano la casa di Ip Man, che si ritrova con la sua famiglia ridotto in miseria e alla fame.
1940: Il maestro Ma San diventa un collaboratore del Manciukuò, il governo fantoccio dei giapponesi nel nord-est della Cina.
1945: L’occupazione si conclude con la resa del Giappone alla fine della seconda Guerra mondiale.
1946-49: Scoppia la Guerra civile tra i nazionalisti di Chiang Kai-shek (di cui Ip Man è un sostenitore), che sono al potere, e i comunisti di Mao Zedong.
1949: Vittoria dei comunisti. Il leader nazionalista Chiang Kai-shek fugge a Formosa con le sue truppe e i suoi sostenitori.
1950: Ip Man e “il Rasoio” arrivano separatamente a Hong Kong. La figlia di Ip Man, Gong Er, è già lì, dove pratica la medicina cinese.
1951: Viene chiuso il confine tra il territorio di Hong Kong, controllato dagli inglesi, e la Cina continentale. Ip Man non potrà mai più fare ritorno a Foshan.
“Al di là delle montagne si apre il mondo”.
Il viaggio di Wong Kar-wai verso The Grandmaster
Fu in Argentina nel 1996, mentre stava girando Happy Together (con cui vinse la Palma d’oro per il Migliore regista a Cannes nel 1997) che Wong Kar-wai iniziò il suo viaggio di avvicinamento a THE GRANDMASTER. Stava passando davanti a un’edicola quando notò una rivista con la foto di Bruce Lee in copertina. Lo colpì il fatto che a vent’anni dalla sua morte, Lee fosse ancora un’icona internazionale.
“Sono cresciuto guardando i film di Bruce Lee”, dice. “Li adoravo”. Il suo primo pensiero fu che doveva assolutamente fare un film su Bruce Lee. Ma più leggeva la stria del suo maestro Ip Man, e più ne restava affascinato. Uomo colto e raffinato, nato in una famiglia ricca della città di Foshan, nel sud della Cina, Ip Man finì in esilio a Hong Kong, dove divenne il massimo esponente di quella forma di Kung fu che si chiama Wing Chun. Tra i suoi allievi c’era Bruce Lee.
Ip Man – come ha scoperto Wong Kar-wai – era solo uno dei tanti maestri di arti marziali che erano finiti a Hong Kong negli anni cinquanta, e che lì aprirono alcune scuole di arti marziali in concorrenza fra loro. Lungo certe strade, c’erano più scuole di kung fu che case, e i lottatori si sfidavano a vicenda, misurandosi in accesi combattimenti. Originariamente, Wong Kar-wai pensava di raccontare la storia di una strada e di un maestro. Ma più leggeva per documentarsi, e più si rendeva conto che quella strada rappresentava la storia di un’intera epoca. Alla fine, si è reso conto che quello che gli interessava era rievocare sul grande schermo il mondo delle arti marziali nell’epoca repubblicana (1911-1949), l’età dell’oro del kung fu cinese, con le sue rivalità, le sue tragedie e i suoi misteri esoterici
Si è gettato a capofitto nel lavoro di ricerca, raccogliendo fotografie d’epoca, libri e documenti, e riempiendo diari e quaderni di ritagli e appunti.
E così, ha intrapreso un difficile viaggio durato più di tre anni (documentati nel film The road to THE GRANDMASTER, prodotto da Jet Tone Films) che lo ha condotto in nove città della Cina e di Taiwan, sotto la guida del più grande maestro cinese di wushu (arti marziali), Wu Bin. Wu è stato il maestro di Jet Li, l’artista marziale più popolare nel mondo, dopo Bruce Lee.
Wong Kar-wai è rimasto affascinato dal fatto che tanti maestri di kung fu fossero arrivati a Hong Kong dal nord della Cina, in particolare dal nord-est occupato dai giapponesi, negli anni trenta. Prima di essere costretti all’esilio, molti di loro avevano incontrato i grandi maestri del sud, per condividere le proprie conoscenze.
Durante il lavoro di preparazione, il regista ha intervistato un gran numero di artisti marziali, che gli hanno parlato della loro filosofia e del loro lavoro, rivelandogli anche episodi e particolari inediti legati al mondo delle arti marziali. A un certo punto, si è reso conto di essere diventato il depositario di una preziosa eredità culturale che rischiava di andare perduta. Così, ha deciso che in questo film avrebbe documentato e valorizzato questa eredità, e in particolare gli stili di kung fu Wing Chun, Bagua, Xingyi e Baji. THE GRANDMASTER doveva essere un film epico e al tempo stesso profondamente autentico.
A testimoniare la forza di attrazione che il kung fu e le arti marziali ancora esercitano sulla mente dei cinesi, la versione online del documentario The Road to THE GRANDMASTER (in lingua cinese) ha registrato 10 milioni di visualizzazioni ancora prima dell’uscita nelle sale del film THE GRANDMASTER, nel gennaio del 2013.
“Alimenta il fuoco, un bastoncino per volta volta”.
LA REALIZZAZIONE DEL FILM
Per il cast di THE GRANDMASTER, il regista Wong Kar-wai aveva bisogno di attori disposti a sottoporsi ad anni di rigorosi allenamenti di kung fu. Oltre a incarnare lo spirito, la dignità e la statura morale di un grande maestro, dovevano anche padroneggiare le tecniche delle scuole che rappresentavano. “Non bastava che fossero giusti per il ruolo”, spiega il regista, “dovevano anche essere dei duri”.
Ziyi Zhang, Tony Leung, Chang Chen e Zhang Jin si sono rivelati all’altezza del compito. Grazie alla sua formazione di danzatrice e alla sua incantevole grazia fisica, Ziyi Zhang era perfetta per il Bagua. Tony Leung era la scelta ideale per il gran maestro di Wing Chun Ip Man. Zhang Jin avrebbe vestito i panni di Ma San, maestro di Xingyi, mentre Chang Chen quelli di “Rasoio”, interprete dello stile di kung fu più esplosivo, il Baji. Tra l’altro, sotto la guida del maestro Wang Shiquan, Chang Chen è diventato così bravo che nel 2012 è riuscito perfino a vincere una gara nazionale diBaji. Notizia che ha fatto scalpore.
Wang Shiquan è uno dei grandi maestri reclutati dal regista per allenare gli interpreti del film. Tra loro, c’è anche un allievo di Ip Man ed ex compagno di studi di Bruce Lee, il maestro di Wing Chun Duncan Leung, che oggi è il più autorevole esponente e insegnante dei questa forma di kung fu. Il figlio di Duncan, Darren Leung (che nel film interpreta il ruolo di Fratello Hung) ha seguito personalmente Tony Leung negli allenamenti. Lo scopo era quello di raggiungere un livello di realismo assoluto nei combattimenti coreografati dal grande regista d’azione Yuen Woo Ping (Drunken Master, Matrix, Kill Bill).
Le scene e i costumi sono firmati da due collaboratori storici di Wong Kar-wai: William Chang Suk Ping e Alfred Yau Wai Ming. Chan ha impiegato due anni solo per trovare le perle, i nastri, i ricami e tutti gli altri materiali necessari per i costumi, accumulando una vera e propria biblioteca di libri fotografici dell’epoca da utilizzare come riferimenti visuali. Tra i set realizzati dai due scenografi-costumisti a Kaiping – una città vicina a Fosha, nella provincia del Guangdong, dove si trovavano gli uffici della produzione – ci sono la replica a grandezza naturale di una stazione ferroviaria della Manciuria occupata dai giapponesi, il maestoso bordello del Padiglione d’Oro, e le scuole e le palestre di kung fu della Hong Kong degli anni cinquanta.
I fan dei film di Wong Kar-wai come In the Mood for Love e 2046 non resteranno delusi da THE GRANDMASTER, che è elegante, sensuale e sofisticato come tutte le sue opere. Questo è kung fu come solo Wong Kar-wai poteva presentarcelo.
Dopo otto anni di preparazione, le riprese sono iniziate nel novembre del 2009 a Kaiping, con il direttore della fotografia Philippe Le Sourd dietro la macchina da presa. Da gennaio a maggio del 2010, la produzione si è spostata nel nord-est della Cina, dove le riprese sono proseguite in condizioni climatiche proibitive, con un freddo gelido che ha messo a dura prova tutti i membri della troupe, dagli attori ai tecnici, e le attrezzature. Le riprese sono ricominciate nel settembre del 2010, e proseguite fino a novembre del 2012. Il lavoro di post-produzione si è svolto a Bangkok tra la fine del 2012 e i primi del 2013, negli studi di Oriental Post. La troupe internazionale (Cina, Hong Kong, Francia, Singapore, Australia, Stati Uniti) ha lavorato 24 ore su 24 a fianco del regista, a volte senza dormire per giorni, pur di raggiungere quel livello di perfezione per cui Wong Kar-wai è considerato dai critici uno dei più grandi registi del mondo.
Tony Leung impara molto rapidamente. Ormai, è così sciolto nei movimenti che si ha l’impressione che il Wing Chun sia diventato il suo vocabolario naturale.
Darren Leung, maestro di Wing Chun
I GRANDI MAESTRI DIETRO AL FILM THE GRANDMASTER
WONG Kar-wai (Regista, produttore, sceneggiatore)
Wong Kar Wai nasce a Shanghai e si trasferisce a Hong Kong con i suoi genitori, all’età di cinque anni. Fa il suo ingresso nel mondo del cinema come sceneggiatore, e comincia a dirigere i suoi copioni nel 1988. Il suo film d’esordio Wong gok ka moon (As Tears Go By) viene invitato alla settimana della critica al Festival di Cannes. Il suo secondo film, A Fei jing juen (Days of Being Wild) vince cinque Hong Kong Film Awards, tra cui quelli per il Miglior regista e il Miglior film. Nel 1992 fonda una sua casa di produzione, la Jet Tone, e per i due anni successivi lavora alla realizzazione di Dung che sai duk (Ashes of Time), girato in alcuni dei luoghi più remoti della Cina. Hong Kong Express, girato in fretta durante una pausa della post-produzione di Ashes of Time, diventa il suo primo successo internazionale, cui segue il “dittico” Angeli perduti. Girato quasi interamente in Argentina, Happy Together viene presentato a Cannes nel 1997, e vince il premio per la Miglior regia.
Tutti i suoi film successivi hanno debuttato a Cannes: In the Mood for Lovenel 2000 (Premio per il Miglior attore a Tony Leung), 2046 nel 2004, e il suo primo film in lingua inglese, Un bacio romantico,nel 2007. È stato presidente della giuria del Festival di Cannes nel 2006.
Oltre ai lungometraggi, ha diretto una serie di cortometraggi tra cui Six Days (per il musicista DJ Shadow), The Hire: The Follow (con Clive Owen, per la serie online della BMW The Hire), e There’s Only One Sun (con Amélie Daure, per la Philips). Nel 2004 ha diretto l’episodio “La mano” del film Eros, accanto agli episodi di Michelangelo Antonioni e Steven Soderbergh. Nel 2007 ha realizzato il cortometraggio I Traveled 9000 km to Give It To You per il progetto di Gilles Jacob Chacun son cinema, presentato a Cannes.
Filmografia:
1988: Wang gok ka moon (As Tears Go By)
1990: A-Fei Zhengzhuan (Days of Being Wild)
1994: Hong Kong Express
Dung che sai duk(Ashes of Time)
1995: Angeli perduti
1997: Happy Together
2000: In the Mood for Love
2004: 2 0 4 6
Eros (Episodio “La mano”)
2007: Un bacio romantico
2008: Ashes of Time Redux
Philippe LE SOURD (Direttore della fotografia):
Francese di nascita e newyorchese di adozione, Philippe Le Sourd è un direttore della fotografia che ha al suo attivo film come Sette anime di Gabriele Muccino, con Will Smith, Un’ottima annata, Atomik Circus con Vanessa Paradis, Peut-Être e Cantique de la racaille.
William CHANG (Scenografo, costumista, montatore)
Nato a Hong Kong da genitori originari di Shanghai, William Chang (Chang Suk Ping) ha studiato cinema in Canada. È stato aiuto della regista innovativa e indipendente Tang Shu Shuen, nei suoi film Dong fu ren (The Arch)e Zai jian Zhongguo(China Behind). Per il suo lavoro ha vinto numerosi premi ed ha contribuito a convincere i produttori cinematografici e musicali di Hong Kong dell’importanza della scenografia. Da quando ha curato il montaggio dei film di Wong Kar-wai Ashes of Time e Hong Kong Express, è molto richiesto anche come montatore. Ha lavorato con registi affermati (Stanley Kwan, Yim Ho, Tsui Hark, Ching Siu Tung) ed esordienti (Jan Lamb, Eric Kot), ma è famoso soprattutto per i film che ha realizzato con Wong Kar-wai, con cui collabora fin dai suoi esordi. In THE GRANDMASTER, firma le scene insieme ad Alfred Yau Wai Ming, altro collaboratore abituale di Wong Kar-wai, con una trentina di film al suo attivo.
YUEN Wo Ping (Coreografo delle scene d’azione)
Yuen Wo Ping vive e lavora a Hong Kong, ed è considerato uno dei migliori coreografi e registi d’azione del mondo, oltre che uno dei più famosi. Nato nel Guangzhou nel 1945, Wo Ping era il maggiore dei dodici figli dell’attore Simon Yuen Siu Tin. Siu Tin aveva studiato all’Opera di Pechino, e poi era stato scelto come interprete di una lunga e fortunata serie di film sulle gesta di un noto eroe popolare cinese, Wong Fei Hung. Dopo avere fatto studiare anche il primogenito all’Opera di Pechino, ha cominciato a presentarlo ai produttori con cui aveva lavorato negli anni sessanta.
Nei primi anni settanta, in pieno boom dei film di kung fu, Wo Ping è passato alla casa di produzione Shaw Brothers, che ha cominciato ad affidargli piccole parti e ruoli di controfigura in film di culto come Cinque dita di morte (1970) e Massacro di uomini violenti (1971). Mad Killer (1971) è il primo film in cui Wo Ping appare come coreografo delle scene d’azione. Nel 1978 dirige il suo primo lungometraggio, Il serpente all’ombra dell’aquila, interpretato da un attore relativamente sconosciuto all’epoca, Jackie Chan. Ma è il film Drunken Master (1978), sempre con Jackie Chan, che porta entrambi al successo internazionale.
Nel 1979, Wo Ping fonda la Wo Ping Films Company. Il primo progetto della nuova casa di produzione è Fo zhang luo han quan(The Buddhist Fist), interpretato tra gli altri anche dal padre di Wo Ping, Siu Tin, che apparirà anche in molte sue produzioni, spesso nei panni di un vecchio maestro di pugilato ubriacone o di un mendicante scaltro. Col suo lavoro ha ridefinito il genere dei film d’azione, non solo a Hong Kong ma in tutto il mondo, con film campioni d’incassi come Matrix, La tigre e il dragone e Kill Bill.
Tony LEUNG (Ip Man)
Tony Leung (Leung Chiu Wai) è passato dai film di genere di Hong Kong ai ruoli di protagonista nei film di alcuni dei più grandi registi del cinema contemporaneo. Tra i molti premi che ha vinto ricordiamo la CoppaVolpi a Cannes per il film In the Mood for Love di Wong Kar-wai, nel 2000; e l’Asian Film Award, l’Oscar asiatico, come Miglior attore per Lussuria di Ang Lee, nel 2008. Tra i suoi film ricordiamo Din lo jing juen(The Lunatics) eYan man ying hung(People’s Hero) di Tung-Shin Yee; Dei ha ching (Love Unto Waste) di Stanley Kwan; Città dolente e Hai shang hua (Flowers of Shanghai)di Hou Hsiao Hsien; Bullet in the Head e Hard Boiled di John Woo; Cyclo di Tran Anh Hung; Hero di Zhang Yimou; Infernal Affairs e Infernal Affairs 3 di Andrew Lau e Alan Mak; e Lussuria di Ang Lee. La sua lunga collaborazione con Wong Kar-wai è cominciata con una breve partecipazione straordinaria in Days of Being Wild per poi proseguire con Ashes of Time, Hong Kong Express, Happy Together, In the Mood for Love e 2046. Il ruolo del gran maestro di Wing Chun Ip Man in THE GRANDMASTER è stato il più impegnativo, da un punto di vista fisico, di tutta la sua carriera. (Vedi intervista a Tony Leung)
ZIYI Zhang (Gong Er)
Vincitrice di numerosi premi, Ziyi Zhang è stata tre volte candidata al BAFTA e il suo nome appare regolarmente tra quelli delle donne più belle del mondo. Dopo gli studi di danza a Pechino, dove è nata, a soli 19 anni è stata la protagonista del film di Zhang Yimou La strada verso casa, del 1999, che l’ha resa famosa in tutto il mondo. Anche se il grande successo è arrivato con il film La tigre e il dragone di Ang Lee, nel 2000. Attrice estremamente versatile, ha interpretato ruoli molto diversi, dalle eroine dei film d’azione a ruoli drammatici come quello della protagonista in Memoria di una geisha di Rob Marshall. È stata diretta per la prima volta da Wong Kar-wai in 2046. Alla sua delicata bellezza unisce una forza fisica, una elasticità e una energia straordinarie che, insieme alla sua formazione di ballerina, l’hanno resa l’interprete ideale del personaggio di Gong Er, maestra di Bagua,uno stile di kung fu particolarmente fluido e circolare molto simile alla danza.
CHANG Chen (il “Rasoio”)
Chang Chen ha interpretato il suo primo ruolo a 15 anni, nel 1991, nel film del noto regista taiwanese Edward Yang, Gu ling jie shao nian sha ren shi jian (A Brighter Summer Day). Sei anni dopo Wong Kar-wai lo ha scelto per Happy Together. Ha recitato per la prima volta con Ziyi Zhang in La tigre e il dragone, dove vestiva i panni del suo fidanzato, Lo. Chang Chen ha al suo attivo più di una ventina di film e ha lavorato con alcuni dei più grandi registi cinesi e coreani. In THE GRANDMASTER interpreta un maestro di Baji, uno stile di kung fu esplosivo che ormai pratica a livello agonistico, tanto da avere vinto una recente competizione nazionale, in Cina.
SONG Hye Kyo (Zhang Yongcheng)
Song Hye Kyo è un’apprezzata attrice e modella sudcoreana. Nel suo paese ha interpretato un certo numero di popolari serie televisive, e film importanti come O-neul (A Reason to Live), per cui ha vinto il premio Women in Film Korea come Miglior attrice protagonista. Figura tra le 10 attrici asiatiche di maggiore successo nella classifica di China Entertainment Television.
INTERVISTA A TONY LEUNG
La scrittrice e traduttrice Linda Jaivin ha incontrato Tony Leung a Bangkok, dove il film THE GRANDMASTER era in post-produzione.
LJ: Si è parlato molto dell’allenamento fisico a cui si è sottoposto per affrontare il suo ruolo. Qual è stata la preparazione mentale?
TL: All’inizio il regista mi ha dato molti libri sui maestro di kung fu del nord della Cina, e un paio di cose su Ip Man.
LJ: Davvero? Credevo che fosse stato scritto molto su di lui…
TL: Infatti, ma a me il regista ha dato solo poche cose da leggere, e quasi tutte su Bruce Lee. Il personaggio doveva essere un misto di Ip Man e Bruce Lee. Sono più di dieci anni che collaboro con Wong Kar-wai e tra noi c’è una grossa fiducia reciproca. Il film non voleva essere un documentario, voleva proporre una sorta di Ip Man ideale, perfetto. L’idea che mi sono fatto di lui è che fosse una persona molto gentile e istruita, un gentiluomo, un fine pensatore. In combattimento si trasformava, diventava un altro, feroce, quasi animalesco. Una combinazione intrigante. Nasce ricco, figlio di proprietari terrieri, e fino a quarant’anni ha tutto. Poi va incontro a una serie di rovesci e di traumi durissimi, ma ogni volta si risolleva. Questo aspetto mi ha affascinato. E così, il risultato delle ricerche del regista su Ip Man e mie su Bruce Lee è stata una versione ideale di Ip Man, un personaggio molto positivo. Il più positivo che abbia mai interpretato in un film di Wong Kar-wai.
LJ: In che senso, “positivo”?
TL: Era una persona estremamente ottimista. Altrimenti come avrebbe potuto essere ancora in piedi, alla fine, dopo tutto quello che gli era successo? Ho sentito Duncan Leung, il mio maestro di Wing Chung, parlare di come viveva Ip Man al suo arrivo a Hong Kong. Era passato dal paradiso all’inferno. Non aveva più niente: la casa, il denaro, la famiglia, aveva perso tutto. Le sue due figlie erano morte. Non possedeva neppure una coperta per ripararsi dal freddo. Dovette chiederla in prestito a un suo allievo, che poi però fu costretto riprendersela. Eppure continuava ad affrontare la vita con un sorriso. Una grande prova di positività. Io credo che il kung fu abbia influenzato e ispirato il suo approccio nei confronti della vita. Per Bruce Lee è stato il contrario: la sua vita ha influenzato e ispirato il suo stile di kung fu. Lee aveva studiato filosofia, il taoismo. In realtà, credo che Ip Man e Bruce Lee abbiano preso strade diverse per andare verso la stessa destinazione. Nei suoi scritti, Bruce Lee parla spesso di Ip Man definendolo uno dei grandi protagonisti del mondo del kung fu. Ip Man lo aveva aiutato a capire che il kung fu non era solo un allenamento fisico o uno strumento di autodifesa, ma anche una palestra per la mente e un modo di vita. Solo praticando io stesso il kung fu mi sono reso conto di quanto questo sia vero. Allenarmi mi ha aiutato a essere più credibile nelle scene di combattimento, ma anche a calarmi nel personaggio come non sarei mai riuscito a fare se avessi solo letto qualche libro. Quindi capisco perché il regista mi abbia chiesto di sottopormi a un allenamento così lungo e faticoso. In quel periodo mi sono addirittura rotto un braccio due volte!
LJ: Ahia!
TL: Sì, mi sono allenato per quattro anni, fermandomi solo quando mi sono infortunato. Non avevo mai studiato il kung fu da giovane. Ho cominciato a 47 anni. Quando mi sono rotto il braccio per la prima volta, il medico ha detto che dovevo fermarmi per sei mesi. Ma se lo avessi fatto avrei dimenticato tutto e avrei dovuto ricominciare da capo. Era una frattura composta, così mi sono fatto fasciare il braccio e dopo due settimane sono tornato in palestra. Ma la frattura non era guarita, e il primo giorno di allenamenti il braccio si è rotto di nuovo. Stavolta la situazione era molto più grave e ho deciso di dare retta al medico e fermarmi per quattro mesi: sono state le uniche due volte in quattro anni che non mi sono allenato. È così che sono riuscito a capire che cosa diventa un’artista marziale praticando il kung fu, quello che prova. E a capirlo non solo a livello intellettuale. Imitare il linguaggio del corpo di un maestro di kung fu è facile, riuscire a rendere il suo spirito è ben diverso. Per questo, la pratica quotidiana è stata fondamentale.
LJ: Prima di cominciare ad allenarsi che rapporto aveva col kung fu?
TL: Ero un fan di Bruce Lee, da piccolo. A sei o sette anni vedevo tutti i suoi film. Ma negli anni sessanta ci dicevano che il kung fu era praticato solo da due categorie di persone: i poliziotti e i gangster. (RIDE) Io lo associavo a risse e scazzottate o ai film. Soltanto preparandomi a questo ruolo ho cominciato a capire che cosa fosse davvero. Sono stati quattro anni molto duri, ma anche gratificanti e illuminanti. Voglio mostrare ai giovani – e ai loro genitori – la vera essenza del kung fu, il suo spirito più autentico. Il duro lavoro, la disciplina e l’allenamento mentale sono cose applicabili alla vita di tutti i giorni. In teoria, praticare il kung fu porta a qualcosa che somiglia allo zen: alla fine, cerchi l’armonia col tuo avversario, che non è un nemico più di quanto non lo sia il tuo ambiente. L’obiettivo non è vincere ma aprire la mente.
LJ: Come dice il Maestro Gong a sua figlia in una scena del film, quando la critica perché dà troppa importanza alla vittoria.
TL: Sì. (RIDE) In realtà quella scena non l’ho ancora vista! Ma è vero, ed è per questo che la tradizione del kung fu è sopravvissuta per quattromila anni. Non insegna solo a combattere. Se fosse così semplice, chiunque potrebbe diventare gran maestro. Girare questo film è stata un’esperienza straordinaria. Non avevo mai fatto un film così con Wong Kar-wai! Di solito interpreto personaggi tormentati e repressi. Questo, invece, è un personaggio così positivo! È stato molto piacevole. Certo, c’è anche la parte in cui scoppia la guerra e perdo tutto…
LJ: E piangi. Ho pianto con te!
TL: (RIDE) Esatto. Piango per la frustrazione, oltre che per le tragedie che ho subito. Ma alla fine Ip Man è ancora in piedi, e non per come combatte in palestra ma per come vive. Prima di girare questo film, di lui sapevo solo che era stato il maestro di Bruce Lee. Sapevo che era un uomo straordinario, ma non in che modo e perché. Studiando il Wing Chung e diventando io stesso un allievo, sono riuscito a creare un personaggio che è una combinazione di Ip Man e di Bruce Lee messi insieme. Sono molto felice del risultato. Sentivo che tra noi c’era una sorta di congiunzione karmica. Ora che ho passato i 50 anni, non ho più molta voglia di interpretare ruoli troppo drammatici. Preferisco personaggi che prendono la vita con leggerezza. Per questo mi ritengo fortunato ad avere incontrato un personaggio così. Anche se non sapevo chi avrei impersonato, finché non sono cominciate le riprese. Mi allenavo nel Wing Chung e basta. Per i primi tre anni abbiamo lavorato solo sulle scene di kung fu. Io non sapevo neanche di che parlasse, il film! Solo negli ultimi sei mesi di riprese abbiamo girato le scene recitate.
LJ: Che modo interessante di girare un film…
TL: È stato pazzesco! Ma Wong Kar-wai è così.
LJ: Divertente!
TL: Infatti. Ogni volta che giro un film con Wong Kar-wai è un’avventura. Di solito, quando lavoro con lui non guardo mai i giornalieri, quindi non so niente della trama o di quello che fanno gli altri personaggi. Non voglio saperlo. Ho paura che, sapendolo, comincerei a imporre le mie idee e a forzare la mano. Dev’essere un film di Wong Kar-wai, non mio. Il mio compito è aiutarlo a realizzare la sua idea. Ma ieri, mentre doppiavo alcune voci fuori campo, ho visto il film per la prima volta, ed è fantastico. È stato un processo lungo, ma più tempo hai e più è facile entrare in un personaggio.
LJ: Quanto tempo durano, normalmente, le riprese di un film?
TL: Circa sei mesi. (RIDE) Al massimo. La gente mi chiede se ho trovato faticoso lavorare a uno stesso film per quattro anni. E io rispondo: faccio film da trent’anni, e non c’è stata una sola volta che non mi sia divertito. Che cosa sono quattro anni? Più tempo hai, e più ti diverti.
LJ: Ora che il film è finito continuerà ad allenarsi col suo istruttore di kung fu?
TL: Mmm, non saprei. Per farlo bene bisogna avere un avversario, qualcuno con cui battersi. E non so se sia il caso, alla mia età. Quello che vorrei fare, invece, è imparare il Tai Chi Chuan. Si può praticare fino ai settant’anni e oltre.
LJ: Dopo essersi allenato tanto, che cosa provava girando le scene d’azione, come quella sotto la pioggia? Era calmo? Agitato?
TL: (RIDE) Non riuscivo mai a rilassarmi. Avevo paura di poter fare del male agli altri. Il mio maestro mi diceva: “Non pensare a loro come persone. Immagina che siano dei sacchi da boxe”. Ma io non ci riuscivo. Non c’era niente da fare.
LJ: Quindi i colpi nelle scene di combattimento erano veri? Vi picchiavate davvero?
TL: Sì. Non abbiamo girato le scene di kung fu alla maniera tradizionale. Il regista voleva che fossero autentiche. Ma io non riuscivo a oltrepassare quel confine. Un po’ mi dispiace di non essere stato capace di lasciarmi andare fino in fondo. D’altra parte, il mio personaggio non combatteva per uccidere, per lui era solo una specie di gioco e non aveva bisogno di andarci troppo pesante. Ma sono stato messo duramente alla prova durante le riprese di quelle scene. È stato difficile. La più dura è stata quella sotto la pioggia. L’abbiamo girata per trenta notti di seguito. Dalle sette di sera in poi eravamo completamente zuppi e non potevamo cambiarci fino alla mattina dopo. A mezzanotte, già battevo i denti dal freddo. E così ogni notte. Ho cominciato a prendere medicine contro il raffreddore, stavo sempre più male. Quando abbiamo finito di girare la scena, sono rimasto a letto cinque giorni, imbottito di medicine e mangiando solo porridge. Credevo di avere la polmonite, non smettevo più di tossire. Per fortuna, era solo una bronchite. In più, in quella scena combattevamo con l’acqua fino alle caviglie, e William Chang, il costumista, era molto rigido sui costumi: dovevamo indossare scarpe di pezza. Erano così scivolose! L’allenamento non ti prepara a cose del genere! Che freddo che faceva..
LJ: Sento freddo solo a sentirla parlare! Che mese era?
TL: Ottobre, novembre. La prima notte di riprese, faceva talmente freddo che non riuscivo a scaldarmi neppure combattendo. Sudavo, ma non mi sentivo accaldato. A quel punto, ho capito che da quel momento in poi sarei morto di freddo. Le scene d’azione sono state molto impegnative, dopo tutto non sono un artista marziale. Ma il film prende il kung fu molto sul serio. Ero molto preoccupato: da una parte avevo paura di fare del male a qualcuno, dall’altra di non combattere bene. Le parti recitate sono state più facili da interpretare. Impegnative, anche quelle, ma non così tanto.
LJ: Grazie molte. È stato emozionante!
TL: Grazie a lei.
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