19 settembre “Un piano perfetto” – Intervista al regista, allo sceneggiatore e agli attori

19 settembre “Un piano perfetto”  di Pascal Chaumeil con Dany Boon, Diane Kruger (Genere : Commedia)

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INTERVISTA A DIANE KRUGER

Leggendo la sceneggiatura, si è trovata improvvisamente davanti il personaggio di Isabelle. Come ha deciso di affrontarlo?

Per cominciare, nessuno prima d’ora mi aveva proposto di interpretare una commedia che mi piacesse veramente. E poi questo personaggio che insegue la felicità convincendosi che la strada che ha scelto sia quella giusta, ha suscitato immediatamente il mio interesse. Inoltre ho amato l’idea che a poco a poco tutto questo castello così fragile venga messo in discussione e che Isabelle accetti di cambiare il suo destino. Mi ha commossa anche il suo lato goffo, maldestro: cerca disperatamente di convincersi di agire per un ottimo motivo e poi ecco che arriva il personaggio interpretato da Dany… E le cose vano a scatafascio.

 

Quali sono – se ci sono – le affinità tra lei e il suo personaggio, Isabelle? E c’è qualcosa di quello che fa che è successo anche a lei?

No, non direi. Ma è proprio per questo che mi è piaciuta tanto, perché è lontana anni luce da me, e la sua vita è esattamente l’opposto della mia! Per contro, provo una certa tenerezza per lei perché conosco delle persone che le somigliano, che vogliono sempre fare ciò che è giusto e che hanno un’idea ben precisa di quello che vogliono nella vita.

 

Anche lei appartiene a quel genere di persone che pensano che il proprio destino sia indicato da segnali di vario tipo e occasioni da non lasciarsi sfuggire?

Assolutamente no! Anzi sono convinta che siamo noi gli artefici del nostro destino, della nostra felicità. L’insegnamento del film è che non bisogna mai fidarsi dell’opinione degli altri sull’amore. So che bisogna tenere sempre gli occhi aperti sui propri parenti o amici che possono influenzarci  in maniera negativa …

 

Come ha detto all’inizio, nessuno le aveva proposto prima d’ora di interpretare una commedia romantica come questa. A film finito, possiamo dire che il risultato è eccellente e che i ruoli comici le calzano a pennello…

La verità è che mi sono divertita molto. Nella commedia ci si lascia andare parecchio e quindi per un’attrice è un’esperienza piuttosto liberatoria. Sul set ho provato tanta gioia e ogni volta che ci ripenso ricordo una grande leggerezza. Ho l’impressione che la nozione di commedia sia molto legata alla cultura di ognuno di noi o all’immagine che si trasmette. Mi piacciono molto le commedie girate in Francia, ma nessuno aveva mai pensato a me per questo tipo di ruolo o per una storia simile, il che mi ha sempre fatto ridere parecchio perché in realtà avevo una gran voglia di interpretare una commedia. In questo film poi, oltre al lato comico, c’è l’aspetto commovente, veicolato da personaggi credibili, soprattutto quelli femminili. Spesso i ruoli che vengono offerti alle attrici nelle commedie sono più ‘piatti’, privi di sfaccettature. Isabelle invece ha dei sentimenti, è un personaggio che si ha voglia di difendere. Aggiungete a questo la presenza di Dany e l’idea di questa coppia improbabile: non potevo dire di no!

 

E’ tornata a lavorare con Dany dopo “Joyeux Noël-Una verità dimenticata dalla storia”. Due universi, i vostri, apparentemente agli antipodi…

Dopo ”Joyeux Noël- Una verità dimenticata dalla storia”, ci siamo incontrati diverse volte e ogni volta che ci siamo visti ci siamo sempre divertiti molto. Adoro Dany, è una persona che stimo molto; è generoso sia nella vita sia sul set. E’ stato molto facile recitare con lui e credo che l’intesa che c’è tra di noi sia piuttosto evidente sullo schermo. Lo stesso vale per Pascal Chaumeil: la troupe si è comportata come una vera squadra molto affiatata all’interno della quale è scattato qualcosa di speciale. Ognuno di noi aveva la visione d’insieme di quello che voleva realizzare, il contrario di quello che capita spesso su altri set in cui gli attori e i realizzatori sono concentrati solo su loro stessi, sul loro lavoro e trascurano la visione globale. Qui l’obiettivo comune e condiviso era far ridere senza esagerare. Per me era un territorio assolutamente sconosciuto  e mi sono sentita sollevata dal fatto che andassimo tutti nella stessa direzione. Inoltre, Dany e Pascal insistevano in continuazione affinché mi spingessi sempre un po’ più in la…

 

Durante le riprese avete viaggiato parecchio:  dall’Africa alla Russia. Ha un animo nomade, da viaggiatrice, oppure subisce queste avventure come il suo personaggio?

Assolutamente no, e le riprese in Kenya hanno rappresentato un’esperienza straordinaria anche se è sempre difficile girare in paesi del genere dove non ci sono tutte le infrastrutture necessarie. Il nostro viaggio in Africa resterà un ricordo indimenticabile: le notti trascorse in tenda, il leopardo che ho incontrato nella doccia… Sono esperienze che resteranno sempre impresse nella mia memoria; sono parte integrante di questo film e ci hanno fatto dimenticare la mancanza di comodità. Abbiamo cercato di immergerci il più possibile nella cultura locale. Abbiamo visitato luoghi poco accessibili, poco frequentati dai turisti.

 

Se consideriamo la sua carriera di attrice, notiamo che si muove parecchio, viaggiando continuamente tra America e Europa…

Il mio sogno è sempre stato quello di avere il piede in due staffe, di vivere a cavallo tra due continenti. Ho sempre voluto recitare in lingue diverse, esplorare diversi generi cinematografici, confrontarmi con cose mai fatte. Spero di poter continuare a lavorare in questa maniera anche in futuro.

 

Forse questa interpretazione farà si che anche altri registi pensino a lei per dei ruoli comici o per personaggi simili…

Sarò in « Les Garçons et Guillaume, à table!», primo film di Guillaume Gallienne, che conosco da tempo e che adoro, ma ho solo una particina. Spero comunque di ricevere altre offerte per ruoli comici. Sono molto fiera di aver potuto interpretare il ruolo di Isabelle e di aver aggiunto un’altra freccia al mio arco, dimostrando di essere a mio agio anche facendo ridere. Il 2012 mi ha permesso di affrontare i due aspetti del mio mestiere, grazie a “Les Adieux à la reine” e a “Un piano perfetto” che sono due film agli antipodi.

 

In quanto spettatrice, le piacciono le commedie romantiche in genere ?

Sì, le adoro! Mi piacciono soprattutto i film americani degli anni ‘40 e ‘60 con coppie improbabili  che devono imparare a conoscersi. Sono i film che mi hanno fatto sognare da bambina e in seguito ho imparato che interpretare questo tipo di film è molto difficile. Si potrebbe pensare che sia il contrario, ma non è così. Tutti gli attori sognano di girare una bella commedia romantica e io ho avuto questo privilegio grazie a Pascal. Avevo apprezzato molto “Il Truffacuori”, film con un equilibrio perfetto tra romanticismo, commedia e belle immagini. Spesso infatti l’aspetto estetico viene trascurato nelle commedie, Pascal invece ci tiene molto e l’ha dimostrato ancora una volta

 

 

 

INTERVISTA A DANY BOON

 

Lei lavora relativamente poco e quindi deduco che scelga con estrema cura i suoi progetti. Che cosa l’ha attratta sin da subito di “Un piano perfetto” ?

 

Tutto è cominciato con una telefonata ricevuta due anni e mezzo fa da parte di Laurent Zeitoun della QUAD, che conosco da più di 20 anni. Voleva che leggessi una sceneggiatura che era appena stata completata. Ricordo molto chiaramente di averla ricevuta in formato pdf a Los Angeles e di averla stampata subito per poterla leggere visto che sono stato immediatamente conquistato  dal lato comico delle varie situazioni. Ricevo e leggo tanti progetti e generalmente mi prendo una decina di giorni prima di dare una risposta definitiva. Per “Un piano perfetto” l’indomani mattina (ora della California) ho richiamato Laurent dicendogli quanto mi fosse piaciuta. L’ho trovata molto moderna.

 

 

 

Nell’ambito del genere correntemente definito ‘commedia romantica’ possiamo dire che in “Un piano perfetto” il lato comico viene prima di quello sentimentale…

 

Bisogna dire che il mio personaggio compie una parabola molto commovente. Se all’inizio appare un po’ ‘coglione’ e maldestro  - cosa divertentissima per un attore – a poco a poco si passa a qualcosa di molto più realistico se non addirittura duro, a volte. E’ una cosa abbastanza forte che una bomba sexy interpretata da Diane Kruger dica a un tipo come Jean-Yves, con un fisico sicuramente non aitante scelto a caso: « Ti amo e vorrei sposarti». Lui non capisce cosa gli stia succedendo, è sconvolto, ma alla fine ci crede sul serio. Abbiamo voluto rendere tutto questo con una grande sincerità e Pascal Chaumeil possiede questa qualità: riesce a rendere credibile un’idea che all’inizio appare assolutamente irreale. Era già successo ne “Il Truffacuori” dove nei primi quindici minuti del film bisogna entrare nel personaggio di questo rovina famiglie di professione. In effetti la sceneggiatura era stata rifiutata da tanti produttori perché era un soggetto un po’ rischioso. Pascal è stato bravissimo nel dare forza e verità alla storia e ai personaggi. E’ la stessa cosa capitata con i personaggi di “Un piano perfetto”…

 

 

 

Pensa di avere dei punti in comune con Jean-Yves, redattore militante per guide turistiche, un po’ goffo e farfallone?

 

Certamente! Soprattutto la tendenza a fare battute poco eleganti! Tuttavia, quando fai il comico e fai delle battute che non funzionano, l’umiliazione e la frustrazione sono fortissime, ma sopravvivi. A volte è addirittura salutare, diversamente da quello che accade a medici e chirurghi se sbagliano qualche cosa… Noi ci giustifichiamo dicendo: <<Almeno ho cercato di farvi ridere!>> Questo tizio, Jean-Yves, soprannominato ‘Gengive’ (ndt … come verrà tradotto nel doppiaggio italiano) ha preso da me questa caratteristica. Per quanto riguarda il suo successo con le donne, devo confessare che non è una cosa che ho sperimentato molto presto. Sarà per questo che mi piace tanto!

 

Ma voglio raccontarle una storia. Ho un amico, Pascal, che lavora nella mia società di produzione e la cui futura moglie ha deciso un giorno di organizzargli un matrimonio a sorpresa, celebrando la cerimonia nel Grand Canyon, vicino Las Vegas. Ci siamo incontrati tutti lì e durante la permanenza a Las Vegas mi sono imbattuto in un tizio alla Jean-Yves, che lavora nel turismo e il cui soprannome era ‘Gencives’, la cui ex-moglie si chiama Isabelle, come nel film: una cosa pazzesca! Ho telefonato immediatamente ai produttori dicendogli: è qui! Un tizio commovente che fa delle battute non proprio esilaranti. Ecco, ce lo avevo sotto gli occhi!

 

 

 

Nel film si insiste molto sul lato commovente, emotivo, con scene piuttosto dure come quella nella birreria di Mosca dove Jean-Yves rivela a Isabelle di aver capito il suo gioco. Un registro, questo, nel quale non si era ancora cimentato pienamente finora. Possiamo dire che oggi ha meno pudore a interpretare un ruolo nel quale deve mostrare i suoi sentimenti?

 

A essere sincero non so risponderle. Ricordo che in “Joyeux Noël-Una verità ignorata dalla storia” avevo già interpretato scene piuttosto toccanti, ma è vero che più il tempo passa e più ho voglia di  semplificare le cose. Oggi, quando serve, mi butto. In “Un piano perfetto” ho interpretato fino in fondo il senso di umiliazione provato dal personaggio, ma mentre recitavo non ero consapevole dell’effetto che avrebbe prodotto la scena in birreria che lei ha citato. Me ne sono accorto solo rivedendola. E’ una scena potente. Credo di utilizzare, in modo più o meno cosciente, il pudore proprio nei momenti in cui non voglio dar spazio alle emozioni.  Mi era giù successo verso la fine di “Giù al Nord” quando parlo a quattr’occhi con Kad. Mentre scrivevo quella scena ero soddisfatto, durante le riprese avevo capito che avrebbe funzionato, ma ero concentrato soprattutto sull’idea di spingerlo fino alle lacrime, cosa che lui esitava a fare perché i comici in realtà si lasciano andare difficilmente a quel tipo di emozioni. Invecchiando, mi rendo conto che mi riesce molto più facile lasciarmi andare…

 

 

 

Un’altra novità o piuttosto un ritorno alle origini per lei che ha debuttato come mimo:  la gestione e l’uso del corpo in “Un piano perfetto”. La vediamo ballare, camminare con difficoltà dopo un’anestesia speciale…

 

Adoro girare scene come queste soprattutto oggi che le commedie sono tutte basate su dialoghi molto serrati e assenza o quasi di movimenti e fisicità, anche se devo confessare che è stato difficilissimo! La danza russa è estremamente complessa: i movimenti non sono sincronizzati, non bisogna seguire il ritmo. Mi ci sono voluti mesi di prove per imparare e quando abbiamo girato quella scena avevo il cosiddetto ‘trac’, come se si trattasse del mio primo spettacolo teatrale. Ci abbiamo messo due giorni: eravamo in cinque a ballare insieme, ero angosciato di sbagliare e di far sbagliare gli altri. Per quanto riguarda la scena del dentista e dell’anestesia, sono stato io a volerla caricare. La troupe esitava, Pascal mi chiedeva se non stessi esagerando: ma io ho insistito per girarla così e alla fine devo dire che funziona. E’ anche per questo che sono felice e fiero del film.

 

 

 

Il suo personaggio scrive per una guida turistica, nella fattispecie la famosa “Le guide du Routard”. Le riprese vi hanno portato in giro per il mondo, dal Kenya a Mosca. Ha bei ricordi di quei luoghi?

 

Certamente sì, perché è stata un’esperienza umana molto appagante, soprattutto per un ipocondriaco come me. All’inizio l’idea di ritrovarmi sperduto in mezzo alla savana non mi entusiasmava affatto. Sono partito con due valigie:  una per i vestiti e l’altra per le medicine e devo confessare che non avrei avuto nessuno problema se avessi perso il bagaglio con i vestiti! Alla fine, non ho avuto nessuna malattia, ma ho fatto molta attenzione a tutto: doccia con la bocca chiusa per non bere neanche una goccia d’acqua, l’indispensabile clic da sentire quando aprivo una bottiglia d’acqua per essere certo che fosse sigillata, e cose simili… Siamo stati in luoghi molto selvaggi e abbiamo girato con dei veri Masai. E’ stata l’unica volta durante le riprese che non sono riuscito a recitare per quanto ero affascinato e sconvolto dalla forza delle loro danze, soprattutto  nella scena del matrimonio. C’era la musica, si sentivano le loro voci, le scenografie naturali e autentiche con le giraffe in lontananza: è un altro mondo, incredibile… Dell’Africa sub sahariana conoscevo solo il Gabon, ma in Kenya abbiamo visitato luoghi sublimi, soprattutto durante un safari di una giornata dove avrò scattato 3.000 foto! In realtà, anche la troupe ha vissuto seguendo i ritmi della storia del film. Risultato: spaesamento totale per tutti perché dopo il Kenya siamo andati dritti dritti a Mosca. Inutile dire che si è trattato di un bel cambiamento! Ho trovato sia la città, sia i suoi abitanti molto duri. Si sente che vivono sotto un governo autoritario. E’ una megalopoli impressionante, con delle differenze sociali enormi tra la popolazione e i pochi multimiliardari.

 

 

 

Se il film funziona, è anche perché la coppia che formi con Diane è perfetta. “Un piano perfetto” vi ha permesso di incontrarvi nuovamente…

 

Conosco Diane da “Joyeux Noël” e sapevo che poteva interpretare benissimo un ruolo comico …

 

 

 

E’ stata comunque una rivelazione per tutti…

 

Assolutamente sì… E’ la sua prima commedia e sin dall’inizio si è fidata ciecamente di Pascal. Avevamo cenato insieme a Los Angeles due anni e mezzo. All’epoca Diane aveva letto come me la sceneggiatura, ne avevamo parlato, ma non l’avevo mai vista spingersi così tanto verso il burlesco. Diane è una persona semplice e disponibile. Non avevo nessun dubbio su di lei anche se so che con gli anni si cambia. Diane avrebbe potuto avere qualche esitazione, pensare alla sua carriera americana, ma invece si è gettata anima e corpo nel personaggio, senza freni. Sono rimasto parecchio colpito perché per essere la sua ‘prima volta’, è stata magnifica. E’ credibile, buffa, divertente, la nostra coppia funziona. E non dimentichiamoci che è bellissima!

 

 

 

Visto che questa volta si è limitato a vestire solo i panni dell’interprete, come si è sentito a dover mettere da parte il suo sguardo da regista?

 

Si è trattato di un lavoro diverso da quello che faccio di solito perché io, oltre a dirigerli, spesso scrivo anche i miei film. Quindi si tratta di un processo creativo molto diverso che comincia tre anni prima dell’inizio delle riprese e durante il quale devo controllare l’intero processo di ‘fabbricazione’. Per citare un esempio, conosco già a memoria tutti i dialoghi del mio prossimo film a forza di scrivere e di modificarli… L’arrivo sul set è solo la fine o il completamento di un processo molto lungo. Invece, quando faccio solo l’attore, arrivo sul set dopo aver letto tutta la sceneggiatura e la cosa più difficile da fare è imparare a memoria le battute! Oggi, dopo diversi anni di teatro, ho migliorato la mia capacità di memorizzazione e quindi quando arriva il momento di girare generalmente sono pronto. Ma conosco solo il mio ruolo, le mie battute, il resto non è di mia competenza e appartiene solo al regista. Francamente, di tanto in tanto è molto piacevole lasciarsi coccolare e guidare da qualcuno! Inoltre, da quando faccio il regista oltre che l’attore, so bene perché passa tanto tempo tra un ciak e l’altro…

 

 

 

Se dovesse individuare la morale, il messaggio del film, direbbe che tutti noi abbiamo diritto alla felicità, anche se spesso per ottenerla dobbiamo andare al di là delle apparenze, dell’opinione degli altri,  delle convenzioni e anche delle maledizioni?

 

Il messaggio del film mi ricorda un libro di psicanalisi che ho letto tanti anni fa, intitolato “Une saison chez Lacan” di Pierre Rey. E’ la storia di un tizio al quale va tutto bene sia nel lavoro, sia nella vita personale. A un certo punto  viene però colpito da una spaventosa depressione senza capirne le ragioni. Ecco, all’inizio di “Un piano perfetto” c’è questa idea della coppia perfetta, con le sue piccole abitudini, i suoi riferimenti, la sua felicità. All’improvviso poi emerge la paura di questa maledizione familiare che pesa sui matrimoni e che metterà tutto in discussione. Abbiamo vissuto tutti dei momenti simili, quelli legati all’immagine dell’amore ideale: ‘è lei’, è lui, è fatta!’. E poi poco a poco, le convenzioni, gli altri, la vita quotidiana ci fanno vedere le cose in maniera diversa. Ed è questa l’attualità del film: oggi ci si impegna meno a far durare le storie, a recuperare situazioni difficili e si ha la tendenza a mettere fine rapidamente ai rapporti già a partire dalle prime difficoltà. E’ quasi un miracolo oggi trovare in una classe dei bambini con genitori non separati, mentre trent’anni fa era esattamente il  contrario. La cosa bella del film è che è una sorta di istantanea del modo in cui la gente, le coppie e le famiglie vivono oggi. La cena familiare che fa da ‘fil rouge’ al film ci fa pensare a Capra, quindi è estremamente moderna, almeno nello spirito. E’ raro vedere oggi commedie in cui la qualità si respira in ogni dettaglio della storia, dell’immagine, della sceneggiatura…

 

Ho poi avuto modo di incontrare attori con cui ho voglia di lavorare di nuovo come la formidabile Alice Pol o Jonathan  Cohen che interpreta il cognato di Diane Kruger, un attore molto divertente. Tutto merito di Pascal Chaumeil: sa distribuire i ruoli alla perfezione, rendendo il tutto efficace, coerente e divertente!

 

 

 

 

 

INTERVISTA A PASCAL CHAUMEIL

Cominciamo con una breve seduta di psicanalisi! “Un piano perfetto” è il suo secondo lungometraggio e, come “Il Truffacuori”, parla delle difficoltà che s’incontrano nel costruire e mantenere un rapporto di coppia. Mi sembra davvero molto sensibile al problema…

Ci tengo innanzitutto a rassicurarla: la mia vita di coppia va alla grande e vivo con la stessa donna da 25 anni! A parte gli scherzi, credo che sia semplicemente più divertente e creativo raccontare storie d’amore complesse. Ritengo che un intrigo sentimentale sia il miglior espediente drammaturgico, il punto di partenza ideale che permette al racconto di svilupparsi in qualunque direzione e che autorizza l’autore – e di conseguenza il film – a fare delle digressioni. Parlare di problemi di cuore serve a tenere vivo l’interesse dello spettatore per tutta la durata del film, bastipensare a film di Hitchcock come “Intrigo Internazionale”. Il film comincia con un incredibile divertissement astratto, ma l’intrigo reale e sottinteso ruota tutto intorno all’incontro tra un uomo e una donna con un unico interrogativo: alla fine, si innamoreranno e resteranno insieme?

 

Venendo agli inevitabili riferimenti a “Il Truffacuori”, ha sentito la pressione di dover fare almeno ‘altrettanto bene’?

Onestamente non ho avuto troppo tempo per pensarci. Prima di “Un piano perfetto”, avevo in cantiere un altro progetto che però non è andato in porto per problemi di casting. Di conseguenza  sono stato coinvolto quando il progetto era già a buon punto. Quando mi hanno proposto di dirigere il film, ho letto la sceneggiatura e mi sono fatto subito prendere dalla storia, al punto da dedicarmici completamente.  Fino al momento dell’uscita nelle sale, non ho mai avuto il tempo di sentire la pressione e il nervosismo per il fatidico ‘secondo film’. L’unica cosa che desideravo era realizzare un buon film che fosse all’altezza delle mie aspettative e di quelle di tutti coloro che hanno partecipato alla sua realizzazione. Penso che sia molto più facile lanciarsi in un’avventura dopo un grande successo che il contrario.

 

Uno dei motivi per cui il film funziona così bene è che i due elementi chiave sono trattati con la stessa accuratezza: c’è il lato comico – e devo ammettere che si ride tantissimo – e il lato romantico…

Esatto. Per tornare una volta ancora a “Il Truffacuori”, per quanto riguarda l’aspetto comico condivido con gli sceneggiatori Laurent Zeitoun e Yoann Gromb l’idea che a un certo punto i sentimenti debbano assumere una certa profondità. Anche se il film inizia come una commedia, è essenziale che a un certo punto il tono cambi e si passi all’analisi dei sentimenti senza paura di cadere nel romanticismo. Nonostante ciò, abbiamo fatto del nostro meglio per evitare di diventare eccessivamente sdolcinati. Il punto chiave è stato far sì che a un certo momento del racconto i protagonisti si trovassero di fronte al classico dilemma tra ragione e sentimento.

 

Sin dalla fase di scrittura, non avete escluso una giusta dose di cattiveria e crudezza del linguaggio, un fenomeno piuttosto recente nelle famose e tradizionali “commedie” francesi…

Devo confessare di avere una certa predilezione per le idee ai limiti della realtà ed è per questo che al momento delle riprese sento sempre la necessità di riportare i personaggi e le situazioni in un quadro più reale, concreto, il che non esclude naturalmente una giusta dose di durezza e di cattiveria nel descrivere i rapporti umani e familiari. Questo tipo di realismo mi si adatta alla perfezione. Se consideriamo a titolo d’esempio la sequenza girata in Africa, non credo di aver mostrato immagini da cartolina. Abbiamo girato in veri quartieri con le persone del posto.

 

Aver inserito le scene in Kenya o a Mosca ha sicuramente complicato il piano di lavorazione e ha fatto indubbiamente lievitare i costi. E’ stata una decisione presa sin dall’inizio in quanto ritenuta indispensabile ai fini del racconto?

Certamente! Per dirla tutta, all’inizio le scene africane avrebbero dovuto svolgersi in Tanzania dove avevo già fatto dei sopralluoghi… Poi abbiamo preso in considerazione il Sud Africa che è certamente un paese magnifico e affascinante, ma che non corrisponde più all’idea dell’Africa selvaggia, del genere “La mia Africa” per intenderci. Il Kenya e i suoi paesaggi sublimi mi sono sembrati più adatti e -rispetto alla Tanzania- abbiamo potuto contare su un’infrastruttura logistica più solida, nata dopo la realizzazione di “The Constant Gardener-La Cospirazione”. E’ chiaro che girare in Africa è stata una scelta costosa, ma necessaria a conferire realismo al film, perché si ha la netta sensazione che i protagonisti attraversino veramente i luoghi in cui li porta la storia. Mi riferisco soprattutto alla sequenza con i Masai: se avessimo girato altrove, avremmo dovuto scritturare delle comparse e far indossare loro dei costumi, invece in Kenya non abbiamo dovuto aggiungere nulla perché è così che si vestono e sono quelli i costumi che indossano… Per quanto riguarda Mosca, ci siamo trovati di fronte allo stesso quesito: girare a Mosca solo qualche sequenza per gli sfondi e i panorami e spostarci poi a Praga o in un paese meno “complicato”?  Ma poi ci siamo convinti che Mosca fosse la vera New York dell’Est perché ha in sé qualcosa di spettacolare e di estremamente potente ai fini cinematografici.

 

Passiamo agli attori e a questa strana coppia cinematografica: Dany Boon e Diane Kruger…

Le cose che mi interessano di più di Dany Boon sono il suo talento comico e la sua fisicità, una combinazione piuttosto rara tra gli attori francesi. Non vedevo l’ora di lavorare con un interprete che possedesse il senso della comicità visiva, cosa che non mi era mai capitata in precedenza.  Mi ha fatto venire in mente attori molto diversi e di talento quali Peter Sellers, Louis de Funès, Bourvil o, per venire al presente, Jim Carrey. Inoltre ho la sensazione che nei film nei quali Dany ha fatto semplicemente l’attore, non sia stato utilizzato al meglio. E’ un attore che può raggiungere vette inimmaginabili senza cadere mai nell’esagerazione ed è stato molto interessante esplorare l’intera gamma di toni e sfumature che è in grado di esprimere!

Abbiamo lavorato molto insieme per trovare il tono giusto, senza avere mai il timore di spingerci troppo in là nelle scene di pura commedia in cui si sfiora il “burlesque”, cercando però in altre sequenze una recitazione più trattenuta e più sfumata. Un’altra cosa assolutamente piacevole scoperta nel lavorare con lui è la sua inesauribile capacità di inventiva: il suo rapporto con il regista diventa una vera collaborazione e la cosa ha un effetto a cascata. E’ generoso e non ha paura di sperimentare. Non ho mai avuto la sensazione di dirigere un regista: è chiaro che comprende e padroneggia la tecnica sapendo esattamente ciò che vede la macchina da presa, ma al tempo stesso sul set si è comportato ‘solo’ da attore. Credo che abbia avuto la percezione che io sapessi quello che volevo e come tutti gli attori ha apprezzato la cosa.

 

E cosa mi dice di Diane? L’ha coinvolta in situazioni a dir poco insolite per lei, facendole interpretare un personaggio e delle scene nelle quali non solo non l’avevamo mai vista, ma in cui non riuscivamo neanche a immaginarla…

E’ sempre rischioso scegliere un attore o un’attrice per un ruolo che non ha mai affrontato. Inoltre Isabelle -il personaggio interpretato da Diane- è una donna complicata, una che mente e che gioca in continuazione. Sono cose difficili da rendere davanti alla macchina da presa perché bisogna recitare su due diversi livelli: quello relativo al rapporto con gli altri personaggi e quello invece più inerente alla sua essenza più profonda. E’ tutta questione di equilibrio e sin dalle prime letture con Diane ho capito che aveva l’energia, il talento e l’intelligenza per interpretare il personaggio. Inoltre è un’attrice che ha la rara capacità di captare immediatamente l’obiettivo. La macchina da presa la adora. E per completare il quadro, direi che è dotata di una grande fantasia, di un’energia inesauribile e di una resistenza fuori dal comune! Per le scene dei balli russi alla fine del film, so che ha lavorato come una bestia da soma!

Avevamo immaginato una coreografia molto complessa che Diane ha portato con sé negli Stati Uniti per provarla durante le vacanze con un insegnante di danza per diverse ore ogni giorno. Aveva dei crampi terribili: quei balli richiedono dei quadricipiti e dei polpacci molto sviluppati. Anche se sembra facile, in realtà ballare in quel modo richiede un gran fisico…

Diane lavora e riflette molto a monte: so che ha disegnato il percorso di Isabelle, cercando di rendere più attraente e meno goffa una donna che nella sceneggiatura era molto più caricaturale. Aveva voglia di essere efficace in un ruolo comico, un genere che non aveva mai interpretato finora. E’ stata una sfida elettrizzante per lei. Una volta arrivata sul set ha lasciato parlare il suo istinto di attrice, come Dany del resto. Per me è la situazione ideale perché non mi piace fare troppe prove prima di girare, preferisco vedere quello che viene fuori tra un ciak e l’altro. So che gli attori amano questa sensazione di libertà e di rispetto  per la loro creatività. Il film ne ha beneficiato parecchio perché Diane e Dany si sono divertiti molto a lavorare in questo modo, senza mai risparmiarsi.

 

Una parola per descrivere la cena  che fa da filo conduttore…

Abbiamo avuto la fortuna di girare la scena della cena alla fine delle riprese, conoscendo perfettamente i personaggi e gli attori. Di conseguenza la scena è stata parzialmente riscritta in funzione di quello che sapevamo di loro. Tutti gli ospiti ormai si conoscevano alla perfezione  e quindi erano assolutamente a loro agio.  Sono stati tutti bravissimi e generosi, e poi ho fatto del tutto affinchè i personaggi cosiddetti secondari avessero lo stesso spazio dei protagonisti. Per me sono importanti tanto quanto i personaggi principali e sono stato ugualmente esigente con loro.

 

Un altro ingrediente fondamentale del film è la qualità delle immagini. Spesso in Francia la commedia viene trattata come un “parente povero” per quanto riguarda la fotografia o le scenografie…

Due cose assolutamente fondamentali per me, queste. Una certa eleganza visiva non impedisce certamente di ridere  o di divertirsi! E’ quasi una questione fisica:  se una cosa è brutta da vedere,   non riesco a filmarla, non mi soddisfa. Inoltre, poiché in una commedia si filmano spesso scene al limite del buon gusto, è essenziale trovare una forma classica ed elegante che immerga lo spettatore in un universo completo in grado di farlo sognare.  Per ottenere tutto questo bisogna fare molta attenzione alle inquadrature, alle scenografie, alla luce, servendosi di specialisti eccellenti e per questo vorrei citare il  direttore della fotografia Glynn Speeckaert, l’operatore della steadycam Patrick de Ranter e lo scenografo Hervé Gallet che hanno contribuito enormemente alla qualità formale del film aggiungendo armonia e grazia.

 

Tutto questo ci porta ai grandi maestri della celebre ‘commedia romantica’ : Frank Capra,

Billy Wilder, Rob Reiner…

Naturalmente! “Harry ti presento Sally” è un riferimento inevitabile per qualunque commedia romantica moderna in termini di qualità della recitazione, finezza dei personaggi e creatività narrativa costante. Billy Wilder è un vero maestro. “L’appartamento” rimane un modello ineguagliato. Tuttavia, durante le riprese mi sono ispirato anche a film di genere completamente diverso. Per esempio adoro il cinema di Spielberg per la precisione e l’inventiva costante della messa in scena: è un genio! Anche lui mi ha influenzato anche se in modo diverso rispetto ai maestri sopracitati. E’ una questione di precisione, una maniera di mostrare le cose, di raccordare le sequenze tra di loro…

 

Lei ha 51 anni e “Un piano perfetto” è ‘soltanto’ il suo secondo lungometraggio. In precedenza, ha diretto spot pubblicitari, ha lavorato con Luc Besson e ha diretto film per la televisione. Possiamo dire che l’efficacia e la qualità dei suoi due film vengono da tutto questo bagaglio di esperienze che potrebbe essere considerato una specie di scuola di cinema?

Direi di sì perché tutto quello che ho fatto in passato può anche essere visto come una sorta di apprendistato tecnico professionale. Diciamo anche che mi ci è voluto del tempo per acquistare una certa maturità personale.  Ho dei figli ai quali ho dedicato molto tempo, ho vissuto la mia vita e sono certo che tutto questo sia stato necessario per arrivare a essere il regista che sono oggi e per prepararmi ad affrontare il cinema. La pubblicità è stata un’autentica scuola per quanto riguarda il montaggio, la maniera di rendere efficaci le immagini e di trasmettere messaggi. Tutto quello che ho fatto in televisione mi ha permesso di conoscere gli attori e di imparare a raccontare delle storie. La regia è un mestiere che s’impara sul campo e aver accumulato tutta questa esperienza mi ha permesso di essere pronto a compiere l’ultimo passo. Inoltre sono un autentico cinefilo e aver visto tantissimi film è stato sicuramente determinante. Do spesso questo consiglio ai giovani registi che me lo chiedono: “Andate a vedere i film degli altri!”. Diventano una sorta di biblioteca inconscia alla quale possiamo attingere per trovare le risposte a tutti i quesiti quando si passa alla regia. E’ un principio che applico sempre.

 

Ha già in mente il seguito delle sue avventure?

Avrei preferito godermi fino in fondo l’uscita di “Un piano perfetto”, ma in realtà sono già al lavoro su un altro film. Si tratta di un film inglese, tratto da un romanzo di uno scrittore che adoro, Nick Hornby, l’autore di “Alta fedeltà” e di “About a Boy”. Il progetto è nato al momento dell’uscita nelle sale inglesi de “Il Truffacuori”. Dopo il successo del film in Gran Bretagna,  ho un agente che mi rappresenta anche lì attraverso il quale mi hanno proposto una storia che non ho avuto nessun problema a riscrivere e a definire dal punto di vista del cast. Girerò l’autunno prossimo con Pierce Brosnan…

 

 

INTERVISTA A LAURENT ZEITOUN

Qual è stata l’idea iniziale quando ha scritto la sceneggiatura? Cosa voleva raccontare con “Un piano perfetto”?

Avevo avuto la fortuna di lavorare ad altre commedie romantiche come “Prestami la tua mano” e “Il Truffacuori”, un genere che adoro. Questa volta però volevo affrontare la scrittura da un’altra prospettiva sfruttando temi come l’avventura e il viaggio. Il motivo principale di questa scelta era offrire a un’attrice un ruolo da protagonista romantica sulla quale poggiasse l’intero film. Diane Kruger ha raccolto la sfida e si è rivelata formidabile in un ruolo per lei assolutamente nuovo.

 

La seconda domanda è d’obbligo: “Un piano perfetto” non è il seguito de “Il Truffacuori”…

L’unico punto in comune è che sono due commedie romantiche. “Il Truffacuori” era ispirato ai film americani degli anni ’40, mentre “Un piano perfetto” è un omaggio ai film d’avventura francesi come “L’uomo di Rio” di Philippe de Broca o “Il mio uomo è un selvaggio” di Jean-Paul Rappeneau. Ci è piaciuto molto giocare con la sensazione di spaesamento, ma abbiamo anche voluto rinforzare la dose di comicità con scene comiche molto visive.

 

Inoltre qui il lato romantico è molto più presente rispetto a “Il Truffacuori”: ci sono le star, le gag, il viaggio, ma dai dialoghi alle situazioni avete adottato un registro a volte più duro, più denso e addirittura poetico, come nelle scene in Africa presso i Masai.

E’ esattamente quello che volevamo fare. Nella scena del matrimonio Masai, non siamo più nella commedia pura. E’ un momento di autentica scoperta, di immersione totale in un’altra cultura, che bene inteso s’inserisce perfettamente nel racconto, ma con quella scena volevamo proporre qualcosa di diverso. E’ grazie agli attori e a Pascal Chaumeil che quelle scene in particolare sono venute così bene.

 

Immagino che un attore come Dany Boon permetta di dare corpo a qualunque tipo di invenzione o fantasia previste nella sceneggiatura.  Come un clown, possiede un’enorme forza comica unita ad un lato quasi lunare e sensibile.

Assolutamente! Dany è al contempo un Auguste e un clown bianco! E’ un vero genio della commedia, nel senso più nobile del termine. Devo dire di averlo scoperto o forse riscoperto con questo film. Eravamo tutti desiderosi di  lavorare con lui e non siamo stati delusi. Naturalmente ci ha fatto molto ridere, ma ci ha anche commossi soprattutto nella scena a Mosca dove lascia intendere agli spettatori e al personaggio di Diane Kruger che ha capito di essere stato scelto come il classico ‘pollo’ da raggirare. Dany possiede anche un lato  triste, quasi malinconico, che noi abbiamo ‘sfruttato’ pienamente. Per dirla tutta, le riprese sono andate talmente bene che siamo passati subito ad un altro film che Dany ha girato l’estate scorsa, “Eyjafjallajökull”, diretto da Alexandre Coffre. Vorrei che il pubblico lo scoprisse e lo apprezzasse veramente come grande attore comico. Viene spesso paragonato a Bourvil, ma è soprattutto Dany Boon.

 

Due parole sulla cooperazione con Pascal Chaumeil…

Non è stata solo una cooperazione, ma una relazione profonda e forte. Pascal fa quello che io non so fare… Io non sono un regista e guardo il suo lavoro con profonda ammirazione.  La sua forza è tradurre in immagini le parole che ho messo sulla carta insieme a Yoann Gromb con cui scrivo. Pascal entra nei nostri testi, se ne appropria e li fa vivere dirigendo attori formidabili. Credo che ami profondamente i suoi attori e la cosa si vede chiaramente
 

INTERVISTA A GLYNN SPEECKAERT

Direttore della fotografia

 

Come si è trovato a lavorare a questo progetto e cosa l’ha spinta a voler lavorare accanto a Pascal Chaumeil ?

Conoscevo Pascal da tempo, ci eravamo incontrati alla Quad quando lavoravamo entrambi nella pubblicità. In realtà, quando mi hanno proposto di lavorare a questo  film non era libero, ma lui mi ha praticamente perseguitato e alla fine sono stato costretto ad accettare. Ho ceduto perché in fondo in fondo Pascal è una persona formidabile…

 

Uno dei punti di forza del film è la particolarissima luce con cui lei ha avvolto i personaggi. Cosa rara, questa, nelle cosiddette commedie romantiche…

 

E’ stato uno dei presupposti necessari sin dall’inizio e so che il regista ci teneva molto. Ho deciso di sfruttare al meglio le ambientazioni nelle quali la storia si evolve e cresce: Parigi, Mosca e il Kenya… Tre luoghi molto diversi tra di loro. Per l’Africa, ad esempio, bisognava considerare che la luce è molto più forte e meno morbida, mentre a Mosca sapevo che avrei dovuto giocare con la mancanza di luce. L’idea di base era preoccuparsi soprattutto della maniera in cui Diane e Dany appaiono sullo schermo.

 

Aveva in  mente dei modelli, dei riferimenti estetici  precisi?

La cosa che non bisogna mai dimenticare è che in ogni scena, in ogni movimento, la macchina da presa deve tenere conto della maniera in cui i personaggi si spostano e delle cose che devono esprimere. Non è una di quelle commedie in cui i movimenti della macchina da presa sono ridotti al minimo e semplificati. Inoltre “Un piano perfetto” ci ha dato l’opportunità, rarissima per le commedie romantiche, di andare a girare lontano…

 

Torniamo all’Africa: in che maniera un direttore della fotografia può risolvere i problemi creati da una luce che cambia velocemente o dalla calura costante e dominante?

Sapevamo che bisognava pianificare le riprese  secondo i momenti della giornata, ma non avevamo un budget illimitato che ci avrebbe permesso di spalmare le riprese su più giorni attendendo le condizioni più favorevoli.

La scena del leone, per esempio, l’abbiamo dovuta filmare in un solo giorno mentre quella del matrimonio Masai ha richiesto una luce precisa che c’è solo ad una certa ora del giorno. Tuttavia non ho avuto paura di questi limiti  e anzi ci ho giocato, senza trincerarmi dietro riprese fatte solo all’alba o al tramonto! Vorrei aggiungere che siamo stati aiutati dalla bellezza dei luoghi: con ambientazioni simili è difficile fare male visto che abbiamo girato in cinemascope.

 

Se consideriamo la sua carriera prima di “Un piano perfetto” e consideriamo il lavoro fatto con Xavier Giannolli su “À l’origine” o l’esperienza hollywoodiana rappresentata da “Il re scorpione”, ci accorgiamo che ha fatto cose molto diverse fra loro. Che cosa la porta a scegliere un progetto piuttosto che un altro?

Innanzitutto la sceneggiatura deve essere interessante. Nel caso di “Un piano perfetto”, la presenza di Pascal è stata senza dubbio comunque l’elemento determinante. Cerco poi di non rifare sempre la stessa cosa e quindi dopo un thriller preferisco  passare a una commedia e poi magari a un poliziesco.

Il lavoro con Giannolli è stato unico perché ha una maniera molto particolare  di raccontare le storie. Di qualunque film si tratti comunque, quando cominciano le riprese, seguo il flusso e ascolto il regista. Tra di noi, c’è un dialogo costante, discorsi che durano giorni. Un esempio: in “Un piano perfetto”, dovevamo girare in un vero appartamento russo a Mosca. I vetri erano sporchi e visto che si tratta di una commedia, alcuni addetti alle scenografie volevano pulirli per rendere l’ambiente più luminoso. Io però ho insistito, ho spiegato quello che desideravo ottenere e alla fine ho tenuto i vetri sporchi, cosa che rende la scena più credibile e realistica.

 

Se ho capito bene, lei preferisce giocare con gli elementi piuttosto che migliorarli, abbellirli a ogni costo…

Io cerco sempre ‘l’incidente’… Quando ho terminato gli studi e ho iniziato a lavorare come direttore della fotografia, facevo sempre dei disegni per far capire bene il risultato che volevo ottenere. Con il tempo però, ho imparato che le idee che avevo in testa sono fatte per essere cambiate a seconda della volontà del regista. Tutto passa attraverso il dialogo con il regista ma anche con gli scenografi e gli arredatori che hanno necessariamente un’opinione. Bisogna ascoltare tutti e tenere conto di ogni osservazione. Prendete la scena del ponte a Mosca con Diane e Dany, dove ho messo in atto uno dei trucchi che avevano funzionato per “À l’origine”, posizionando delle fonti luminose in campo, visibili dalle macchine da presa.

I russi non capivano quello che volevo fare, ma poiché c’era anche un altro ponte un po’ più avanti  ho posizionato lì le mie luci. Secondo loro, avremmo dovuto mettere tutte le luci sui tetti nei dintorni affinché non si vedessero sullo schermo. Ho resistito perché sapevo che avrebbe funzionato  benissimo e alla fine il risultato è stato più che lusinghiero …19 n

 

 

 

     FILMOGRAFIE ESSENZIALI

 

DANY BOON  (Jean-Yves)

2012-Asterix & Obelix al servizio di Sua Maestà (Attore)

2010- Niente da dichiarare? (Attore, regista, sceneggiatore)

2009- L’esplosivo piano di Bazil (Attore)

2008- Giù al Nord (Attore, regista, sceneggiatore)

2006- Una top model nel mio letto (Attore)

2005- Joyeux Noël-Una verità dimenticata dalla storia (Attore)

 

DIANE KRUGER(Isabelle)

2011- Unknown – Senza Identità

2010- Una tragica scelta

2009- Bastardi senza gloria

2007- Il mistero delle pagine perdute

2007- The Hunting Party- I cacciatori

2006- Io e Beethoven

2004- Il mistero dei templari

2004- Troy

2003- Autoreverse

 

PASCAL CHAUMEIL(Regista)

2010- Il truffacuori

 

LAURENT ZEITOUN(Sceneggiatore e produttore)

2011- Quasi Amici (produttore)

2010- Il truffacuori  (Produttore e sceneggiatore)

2006- Prestami la tua mano (Sceneggiatore)

2004- Les 11 commandements (Sceneggiatore)

 

GLYNN SPEECKAERT(Direttore della fotografia)

2011- La sorgente dell’amore

2008- Il Re Scorpione 2- Il destino di un guerriero

2007- Ex Drummer

2006- L’ultimo messia

2000- Secret Society

 

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