20 giugno “Stoker” di Park Chan-wook con Mia Wasikowska, Nicole Kidman e Matthew Goode
LA PRODUZIONE
Dalla pagina al grande schermo
Nei 20 anni in cui ha dato prova del suo talento di scrittore, regista e produttore, in alcuni dei film coreani più innovativi ed originali, Park Chan-Wook ha creato scenari frenetici che mescolano momenti di puro lirismo ad angoscianti exploits di violenza e grandi emozioni. STOKER è un thriller oscuro ed inquietante, che racconta la vicenda di una misteriosa famiglia americana, che vive in un luogo appartato. Persino il titolo del film allude metaforicamente al male, evocando il nome dell’autore di Dracula, Bram Stoker, il cui famoso romanzo dalle atmosfere soprannaturali racconta proprio di un vampiro che seduce anime innocenti.
Anche il modo in cui STOKERè arrivato sul grande schermo è avvolto nel mistero. Il produttore di Scott Free Michael Costigan ha ricevuto una telefonata da un importante agente di Hollywood che gli ha proposto di leggere un nuovo copione. “Non mi ha detto nulla riguardo lo scrittore”, racconta. “E non ha voluto inviarmelo via email, infatti sono dovuto andare a prenderlo di persona nel suo ufficio. Ovviamente ero abbastanza incuriosito, così dopo cena ho iniziato a sfogliarlo. E mentre leggevo, mi ha talmente catturato, che non l’ho più abbandonato fino alla fine”.
Partendo dall’immagine iniziale di una giovane donna che suona il pianoforte mentre un ragno le si arrampica su una gamba, Costigan ha seguito con interesse e turbamento questa strana storia, fino al suo epilogo inesorabile. Il produttore si è letteralmente perso nell’angoscioso ed improbabile mondo completamente a se stante, della famiglia Stoker. “Sono persone completamente pure”, spiega. “Se hanno un’emozione, la devono seguire fino in fondo, senza prevedere le conseguenze delle loro azioni. Sono intelligenti ed estremamente percettivi. Vedono cose che gli altri non vedono. Ma sono anche ossessionati dall’idea di ‘preservarsi’ e se qualcuno si intromette nella loro vita, sono disposti a tutto pur di proteggere se stessi e le loro necessità”.
La storia inizia quando India Stoker compie 18 anni. La ragazza, interpretata da Mia Wasikowska, è introspettiva e apparentemente passiva. “In realtà India intende farsi valere”, dice Costigan. “Di lei non trapela nulla in superficie, ma interiormente trabocca di emozioni. È in grado di accorgersi di dettagli che sfuggono alla maggior parte di noi, ed è letteralmente sopraffatta dalle sue intuizioni”.
Ovviamente i produttori volevano sapere di più riguardo allo sceneggiatore, ma l’agente che aveva inviato il copione si era rifiutato di fornire maggiori informazioni. “Non voleva rivelare nulla dello scrittore”, racconta Costigan. “Mi ha detto solo che non era in città. Quando alla fine lo sceneggiatore mi ha telefonato di persona, la sua voce mi è sembrata alquanto familiare. Sono rimasto sorpreso nel rendermi conto che ‘Ted’ altri non era che Wentworth Miller, e che “Stocker” era la sua prima sceneggiatura”.
Miller, un attore noto soprattutto per il suo lavoro nella innovativa serie TV “Prison Break”, ha lavorato al copione per un periodo di otto anni. Poiché credeva che nessuno avrebbe preso seriamente la prima sceneggiatura di un attore, ha convinto il suo agente a divulgare il suo lavoro con uno pseudonimo. Così ha scelto il nome di Ted Foulke (Foulke è il nome del suo cane). Il copione è entrato a far parte della Black List 2010, la prestigiosa lista non ufficiale dei migliori film disponibili ancora non prodotti.
Mentre la reputazione del film si andava consolidando, vari registi hanno espresso il loro interesse a riguardo. Tuttavia i produttori hanno scelto un cosiddetto ‘outsider’ di Hollywood: Park Chan-Wook. Vincitore del Gran Premio del Festival di Cannes nel 2003 per OLDBOY, e del Premio della Giuria per THIRST nel 2009, “Director Park”, come tutti gli addetti ai lavori di STOKERlo chiamano, è famoso in tutto il mondo per la sua maestria nel ritrarre scene di crudeltà, distruzione e vendetta con estrema eleganza, nonché per le sue immagini luminose e sconvolgenti.Il suo recentecortometraggio NIGHT FISHING,è stato girato interamente con l’iPhone della Apple, aggiudicandosi l’Orso d’Oro al festival di Berlino 2011.
Il copione è stato quindi inviato a Park, ma Costigan dubitava che questo filmmaker, autore di alcuni dei suoi film preferiti, leggesse una sceneggiatura non commissionata. “Immaginavo che generalmente Park scrivesse i propri film autonomamente, insieme a qualche collaboratore coreano, e infatti è proprio così. Invece, inaspettatamente, ci ha fatto sapere che voleva parlare con noi”.
Nel corso della prima telefonata, Park ci ha descritto le sue idee riguardo ai personaggi ed alcune delle metafore visive che avrebbero definito il film. “Ha iniziato a parlare delle scarpe bicolore di Charlie”, dice Costigan. “Immaginava che lo zio Charlie ogni anno spedisse un regalo a India per il suo compleanno. La scatola veniva dimenticata in qualche zona nascosta della casa, del giardino o su un albero. Il giorno del suo 18° compleanno, si presenta di persona e le porta un paio di scarpe di coccodrillo, con il tacco a spillo. Secondo lui ormai India è pronta per diventare ciò che lui vuole che sia”. “A quel punto gli abbiamo chiesto di dirigere il film”, dichiara il produttore. “Non solo aveva compreso perfettamente il senso del copione, ma aveva già sviluppato idee incredibili sui personaggi. Il film è stato suo fin dalla prima telefonata”.
Park, che deve la sua passione per il cinema al capolavoro di Alfred Hitchcock, LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE, ha trovato interessante l’originale e intricata storia d’amore del film e la sua ambientazione claustrofobica. “Il film ha luogo in un ambiente piuttosto limitato”, spiega. “I personaggi sono pochi e la storia copre un arco di tempo piuttosto breve. La tensione è costante e quasi soffocante. Qualcosa sta per esplodere, come un recipiente colmo di acqua bollente ma chiuso ermeticamente. Lo spazio circoscritto del film diventa un piccolo universo in sé.
“Mi piaceva anche il fatto che non si tratta di un film incentrato sul dialogo”, continua il regista. “Questo è stato un vantaggio per me, trattandosi del mio primo film in lingua inglese. In generale, comunque, anche gli altri miei film parlati in coreano non sono basati sul dialogo, perché mi piace raccontare le storie dal punto di vista visivo”.
Il copione si adatta allo stile del regista, conferma il coproduttore Wonjo Jeong. “I film di Park sono riflessivi”, afferma. “Riflettono sul divario fra bene e male e sul confine che separa queste due realtà. I personaggi di Park sono spesso dilaniati dalle scelte che devono compiere. Ogni loro scelta porta con sé delle conseguenze. Park sovverte le convenzioni della narrazione e indaga su questioni sociali, etiche, morali e religiose”.
Il regista rivela di essere stato influenzato anche da David Lynch, David Cronenberg e dal mondo raffinato di Brian De Palma, nonché da scrittori del calibro di Edgar Allen Poe, M. R. James, e Wilkie Collins.
“STOKER osserva al microscopio queste persone ed il loro universo, e le usa come spunto per raccontare una storia più vasta”, continua Jeong. “I personaggi hanno i loro difetti, come è normale che sia. Il regista proietta le loro vicende estreme su uno specchio vivido e oscuro, che gli spettatori scruteranno con interesse”.
UNA FAMIGLIA INSOLITA
Il casting di Stoker
Negli ultimi venti anni, Park Chan-Wook ha creato una troupe di attori con lui lavora regolarmente in Corea. Collabora sempre con i suoi artisti preferiti per dare vita a personaggi insoliti ed originali e per definire pienamente la loro personalità. Per il suo primo film americano, ha dovuto assemblare una nuova famiglia di attori dotati dello stesso livello di sensibilità, intelligenza e talento.
“Non vedo l’ora che il pubblico veda questo film perché le performance degli attori sono meravigliose”, afferma il regista. “Ognuno di loro ha una sua precisa identità e si trova in una fase personale e professionale diversa da quella degli altri. Ma è bellissimo vedere come si sono amalgamati”.
Secondo Park, STOKER è prima di tutto la vicenda di India, una storia di formazione. “India è una ragazza introversa, incapace di legare con gli altri e confinata all’interno di una casa claustrofobica”, spiega. “E’ ribelle, ha avuto una adolescenza problematica. La morte di suo padre, l’arrivo di suo zio e il conflitto con sua madre e i suoi coetanei, contribuiranno a farle scoprire la sua vera identità”.
Trovare un’attrice in grado di incarnare le contraddizioni del personaggio di India, e di riflettere il percorso per diventare donna, in modo naturale e delicato, era importantissimo per il successo del film. Park ha scelto la ventiduenne attrice australiana Mia Wasikowska, la cui bellezza fragile e solenne le ha già meritato ruoli protagonisti in in ALICE IN WONDERLAND di Tim Burton e JANE EYRE di Cary Fukanaga. “Mia ha la vivacità tipica di una giovane donna”, osserva. “Ma è anche composta e matura. Mia era l’attrice più adatta per ritrarre una ragazza che sta attraversando una problematica fase di transizione, che ancora non è donna ma non è neanche più una bambina. La sua compostezza è rara alla sua età. Riesce a restare quasi completamente immobile quando recita, pur riuscendo a comunicare tutte le emozioni necessarie. È sottile e abile come solo gli attori di grande esperienza sanno essere”.
Dal canto suo, l’attrice afferma di aver apprezzato il progetto. “Il copione è molto intenso, e Park e la squadra creativa sono stati straordinari. La storia è assolutamente inedita, la dinamica fra i personaggi è piuttosto enigmatica. India è una donna giovane e complessa. Quando suo padre viene a mancare si sente persa. È un’outsider di natura, vive isolata dal resto del mondo. È ancora giovane ma sta diventando una donna che coltiva sogni e fantasie, anche se si tratta di sogni e fantasie assai diversi da quelli di una ragazza della sua età”.
Quando arriva lo zio Charlie, il fratello di suo padre, India viene a sapere per la prima volta della sua esistenza. “E’ una situazione confusa ed intrigante”, spiega Wasikowska. “La ragazza cerca di capire che ruolo abbia Charlie nella sua vita, e si rende conto che si tratta di una presenza molto più importante di quel che aveva immaginato. All’inizio non capisce cosa lui voglia da lei, ma gradualmente scopre che hanno molto in comune, e questo la spaventa e la seduce al tempo stesso. C’è sicuramente una tensione sessuale fra Charlie ed Evie, così come fra Charlie e India, ma non si capisce cosa accadrà”.
Lavorare con Park è stata un’esperienza di grande stimolo e crescita per l’attrice. “Persino quando non lavoravamo, ci incontravamo per pranzare insieme e continuare a parlare del personaggio e della storia”, dice Wasikowska. “Le nostre idee si ampliavano e diventavano sempre più complesse e interessanti. A volte Park consigliava a noi attori di restare seduti l’uno accanto all’altro, in silenzio: non accadeva nulla, ma erano momenti carichi di tensione. E più restavamo lì insieme, più aumentava la tensione. Il pubblico resterà spiazzato dalle improvvise svolte della vicenda e cambierà la sua prospettiva. È stato l’approccio perfetto per questo materiale”.
L’uomo enigmatico, al centro del conflitto familiare, è interpretato da Matthew Goode, un attore inglese che ha già recitato nell’acclamato film di Tom Ford A SINGLE MAN, al fianco dell’attore premio Oscar® Colin Firth, e nel ruolo del malvagio supereroe Ozymandias in WATCHMEN. “Matthew è bravissimo”, dice Wasikowska. “Il nostro rapporto fuori dallo schermo è stato l’opposto di come eravamo sulla scena. Sa essere davvero buffo, quindi è difficile restare seri quando si lavora con lui”.
Lo zio Charlie è un personaggio avvolto nel mistero. Le sue vere intenzioni restano misteriose fino alla fine. “Il pubblico non capisce che cosa abbia in mente”, dice Park. “Amava moltissimo suo fratello e ora ha trasferito questo amore nei confronti di India. Mi piace paragonare lo zio Charlie a Giovanni Battista. E’ un mentore per India, e il suo scopo è quello di renderla più completa. Matthew incarna perfettamente l’immagine che avevo nella mia testa: innocente, spiritosa, egoista. Ha una scintilla di malizia negli occhi ma anche la delicata eleganza di chi non farebbe male ad una mosca. Queste sono le caratteristiche che rendono perfetto lo zio Charlie”.
Anche Goode è stato felice di far parte di questo nuovo film di Park, il primo in lingua inglese. “E’ un esempio di come Hollywood sia in grado di attingere ai migliori talenti di tutto il mondo, e questo è un atteggiamento molto positivo”, dice Goode. “Park è un maestro della psicologia, e questa è una delle ragioni per cui i suoi film sono tanto intelligenti e credibili”.
“Questo genere di copione non è molto frequente”, continua. “Ha tutti i giusti ingredienti per commuovere, spaventare e provocare il pubblico. È una bella e contorta storia d’amore. Per anni Charlie è stato in contatto con Mrs. McGarrick, la governante, per conoscere tutto di India. Nel corso della storia si rivela una persona estremamente complicata e pericolosa”, dice. “Niente è come sembra. Per riuscire a restare con questa famiglia, usa Evie. Perché ovviamente non potrebbe restare con loro se lei non fosse attratta da lui. Ma Charlie è estremamente squilibrato e i suoi sentimenti nei confronti di India non sono quelli di uno zio. La difficoltà per me è stata quella di impersonare un uomo che non è semplicemente malvagio, perché c’è un lato seducente in lui, che al pubblico piace, un lato che spaventa e confonde”.
L’attrice premio Oscar® Nicole Kidman interpreta Evie, la fragile madre di India, bisognosa di affetto. “Non avrei mai pensato che un giorno avrei avuto la fortuna di lavorare con un’attrice del calibro di Nicole Kidman”, dice Park. “E invece il sogno è diventato realtà. La sua presenza ha avuto un effetto sinergico e sono riuscito ad ampliare il ruolo di Evie, dando forma ad un personaggio che assomiglia alla matrigna di una favola. Anche se, in effetti, è il personaggio del film che possiede la maggior umanità”.
Uno sguardo al ricco curriculum della Kidman, rivela che l’attrice vanta collaborazioni nei progetti più ambiziosi di vari filmmaker d’autore, fra cui: Baz Luhrmann (MOULIN ROUGE!), Gus Van Sant (DA MORIRE), John Cameron Mitchell (RABBIT HOLE). “Ho pensato che Park avrebbe gestito questo materiale in modo interessante”, afferma. “E’ un filmmaker molto stimato dai suoi colleghi. Mi piace sostenere gli artisti originali e coraggiosi. Ho fatto molti film mainstream ma riuscire a sostenere filmmakers che guardano il mondo da un’altra prospettiva, è la mia maggiore soddisfazione di attrice”.
Nonostante Park si sia avvalso di un traduttore, per comunicare con gli attori sul set, ha avuto l’impressione che Kidman capisse istintivamente ciò che voleva da lei. “Nicole può modulare il tono e la qualità della sua performance a suo piacimento”, dice il regista. “Bastava una mia parola e lei subito modificava la sua performance. È una professionista assoluta”.
La stravagante eleganza di STOKER e i suoi rapporti complessi rendono il film irresistibile agli occhi dell’attrice. “Non c’è nulla di scontato in questo film”, afferma Kidman. “Ha un ritmo particolare, il dialogo è molto originale. Mi è piaciuto il fatto che la storia non ha un’evoluzione ovvia, infatti mentre leggevo il copione non ero mai sicura di quel che sarebbe accaduto subito dopo”.
La disperata e bisognosa Evie è un personaggio inedito per la Kidman. “Il film inizia con il funerale di suo marito”, dice. “Si capisce subito che il rapporto fra la madre e la figlia è colmo di risentimento e di rabbia. All’inizio Evie è molto triste e turbata, e Charlie riempie quel vuoto.
“Matthew è veramente attraente nel ruolo di Charlie”, aggiunge. “E’ una caratteristica importante per Charlie. Evie deve desiderarlo, desiderare le sue attenzioni. È la prima persona che le dà attenzioni dopo tanto tempo. E poi Matthew ha un talento straordinario. Secondo me diventerà una grande star!”
Un’altra attrice australiana presente nel film è Jacki Weaver, che recita il ruolo centrale di Gin, la zia del padre di India e di Charlie. Infastidita dal fatto che Charlie sia andato a vivere in casa con India ed Evie, sopraggiunge per vedere cosa sta succedendo ed è abbastanza scossa quando scopre la situazione ingarbugliata.
“Solo Charlie sa per certo cosa vuole da India”, dice Weaver. “Ma la zia Gin è vecchia volpe e si rende subito conto che c’è qualcosa di sinistro nell’aria”.
La Weaver si è imposta alla ribalta internazionale con una nomination all’Oscar nel 2010 per la sua performance di Smurf, l’improbabile mente criminale del violento dramma indipendente ANIMAL KINGDOM. “Durante il casting, abbiamo saputo che Jacki stava lavorando a Los Angeles”, dice Costigan. “Tutti noi conosciamo ed ammiriamo ANIMAL KINGDOM, e quando l’abbiamo incontrata ci siamo resi conto di quanto fosse adatta al ruolo”.
L’attrice paragona questa storia piena di colpi di scena ad uno dei classici di Alfred Hitchcock. “E’ un thriller di qualità, un’indagine psicologica su un gruppo di persone strane e disturbate”, dice Weaver. “Questo è ciò che lo rende avvincente. Accadono tante cose contemporaneamente. I personaggi sono affascinanti e ben delineati: l’ipersensibile Evie, la silenziosa e vigile India, l’ansiosa zia che avverte qualcosa di negativo. E ovviamente c’è il malvagio zio Charlie”.
C’è una scena molto intensa nel film in cui tutti e quattro questi attori straordinari sono impegnati in un confronto quasi silenzioso. Dice Costigan. “E’ stata una delle scene più belle che abbiamo girato”, racconta il produttore. “Abbiamo riunito il nostro virtuoso cast di attori e vederli interagire è stato un vero piacere, specialmente durante la scena della cena. Il più piccolo movimento o occhiata da parte di Evie viene intercettato dalla zia Gin. Nel vedere come lo zio Charlie osserva attentamente questa scena, si capisce che è un impostore. Anche India osserva gli altri e il suo sguardo è eloquente più di mille parole. È stato elettrizzante vedere questi attori incredibili lavorare insieme”.
UN MONDO SENZA SPAZIO NE’ TEMPO
Il look del film
Immagini brillanti, una cinepresa ‘onnisciente’ e metafore visive ben concepite sono le caratteristiche di un film di Park Chan-Wook. Il direttore della fotografia Chung-hoon Chung ha lavorato con il filmmaker in altri cinque film: OLDBOY, LADY VENDETTA, I’M A CYBORG, BUT THAT’S OK e THIRST. Insieme hanno dato vita all’atmosfera sognante e carica di erotismo di STOKER, spostando i personaggi all’interno e all’esterno delle inquadrature, in una sorta di nascondino giocato con gli spettatori, utilizzando riprese particolari, angolazioni originali e una complessa colonna sonora, per definire i cacciatori e le prede del film.
Per STOKERil duo ha utilizzato lo stesso approccio consolidato nelle precedenti collaborazioni. “Iniziamo a lavorare insieme nella preproduzione, per riuscire a condividere la stessa visione”, dice Chung. “Quando ci mettiamo al lavoro sul copione, parliamo delle immagini, delle fotografie e delle riprese di altri film. Ma decidere come girare ogni scena è meno difficile di decifrare le emozioni dei personaggi nel copione. Fin dall’inizio abbiamo analizzato dettagliatamente il copione, così come fanno gli attori”.
Chung, considerato uno dei grandi maestri della fotografia cinematografica del cinema coreano contemporaneo, ha lavorato a stretto gomito con Park per concepire meticolosamente gli storyboard del film. “Creare il look di un film come questo è paragonabile alla costruzione di una casa”, osserva. “Il film prende forma solo dopo un certo periodo di tempo. Più dettagliato è lo storyboard, più è facile prevedere l’esito finale del film.
“STOKER è molto diverso dai progetti in cui abbiamo lavorato insieme finora”, continua Chung. “E la differenza non sta solo nel soggetto. Il modo in cui la storia progredisce si riflette nella fotografia. Inizia in modo normale ma nel corso del tempo i personaggi si rivelano e i rapporti fra loro diventano più complessi. La parte più difficile e più eccitante del mio lavoro è proprio mostrare l’avanzamento della storia attraverso le immagini. La cinepresa osserva da vicino Evie o Charlie, e rivela i loro sentimenti. Questo mi ha aiutato a determinare il tipo di inquadratura e di luci da utilizzare”.
Il confinamento fisico della storia diverge dal modo in cui i due hanno sempre lavorato, ma Chung ha presto scoperto di poter sfruttare gli angoli e i recessi della casa a suo vantaggio. “La maggior parte della storia ha luogo nella villa degli Stoker”, osserva. “Normalmente avremmo costruito un set per la casa dove inserire la macchina da presa e le luci. Poiché la casa di Stoker è una location vera, ero preoccupato che inquadrare sempre gli stessi angoli e usare sempre le stesse luci potesse risultare ripetitivo. Ma ho scoperto che proprio grazie ai limiti di quello spazio, riuscivo a capire meglio le sue caratteristiche. Allo stesso modo in cui gli attori cambiano a seconda delle angolazioni in cui vengono fotografati, mi sono reso conto che la casa appariva tetra o accogliente a seconda della prospettiva”.
Creare l’intreccio fra le lenti, gli attori e l’ambiente è stato possibile per via della dettagliatissima pianificazione che caratterizza una produzione Park Chan-Wook ancor prima che il regista metta piede sul set per la prima volta, dice Costigan. “E’ molto attento ai dettagli e Chung ha svolto un ruolo essenziale in questo lavoro. Creano insieme e i personaggi e la storia attraverso il lavoro della macchina da presa. Il regista Park prepara storyboard molto meticolosi”.
La grande preparazione di Park facilita le sue riprese rapide e precise. “Il mio stile di cinematografia prevede movimenti della cinepresa molto specifici”, spiega. “Di solito monto il film prima nella mia testa, quindi lavorare in modo più convenzionale, in cui i maestri girano moltissimo materiale e i tempi di montaggio sono lunghissimi, non fa per me”.
Il programma di ripresa del film era molto più breve rispetto al normale ritmo dei film coreani, che dipende anche dal modo in cui la cinepresa viene utilizzata. “Dovendo catturare le scene tanto velocemente è stato difficile usare i lunghi ed elaborati piani sequenza che mi contraddistinguono”, dice Park. “Ma questo ha avuto un effetto migliore sul film. Infatti questo genere di ripresa ha aumentato la tensione del film”.
La scenografa Thérèse DePrez, che ha curato lo stile visivo del thriller psicologico nominato all’Oscar® IL CIGNO NERO, dichiara: “Il film alterna continuamente momenti di inquietudine e di bellezza. Tutto nel design del film ha uno scopo. Tutto è stato studiato meticolosamente. I precedenti film di Park comprendono elementi cinematografici inediti, che non avevo mai visto prima e che mi sono rimasti dentro. Il regista mi ha esortato verso la stilizzazione. E il risultato è un vero film di Park Chan-Wook”.
Consapevole della barriera linguistica fra lei e il regista, DePrez ha preparato un libro di immagini che rappresentavano le sue idee riguardo il tono e l’atmosfera del film. “Park se ne è innamorato, infatti quelle immagini iniziali hanno avuto una grande influenza sul look del movie”, dice. “Abbiamo parlato del fatto che il film dovesse essere una favola eterea. Abbiamo parlato dell’idea del cacciatore e della preda. Questi personaggi accerchiano l’un l’altro e il tema della caccia diventa centrale al film”.
Park ha inoltre sottolineato il fatto che voleva ottenere la sensazione che India e sua madre esistono al di là dello spazio e del tempo nonostante il film sia ambientato nell’America odierna. Sono misteriose, restano all’interno i confini della loro casa, conferendo un senso di atemporalità alla loro famiglia, quasi oltremondano. “Abbiamo potuto farlo perché è un film basato sui personaggi”, dice DePrez. “Ci sono pochi attori e la maggior parte dell’azione ha luogo nella casa. L’ambiente che ho creato non ha tempo, è austero e molto stilizzato, e l’attenzione è sempre rivolta ai personaggi. Ci sono pochi riferimenti sottili all’epoca in cui si trovano”.
La prima e maggiore difficoltà è stata trovare una casa che riflettesse il senso di isolamento, alienazione e il retaggio sociale della famiglia Stoker. “Anche la casa è un personaggio”, dice DePrez. “E’ un luogo quasi soprannaturale. Inizialmente l’idea era trovare un castello gotico, fatto di pietra. Abbiamo visitato almeno 80 case diverse, ma quello che avevamo in mente non esisteva a Nashville”.
Alla fine è stata scelta una grande tenuta degli anni ’20 situata sulle colline all’aperto, con un ruscello e grandi giardini in cui India ama perdersi. La casa era comunque molto più piccola di quel che Park aveva in mente all’inizio. Immaginava Evie e India come una regina e una principessa delle favole, intrappolate in un immenso castello. “Questa casa aveva comunque la giusta eleganza ed antichità e più la guardavo più mi piaceva”, dice il regista. “Aveva tutti gli elementi di cui avevamo bisogno, compresa una cantina e un giardino, quindi abbiamo potuto girare lì ogni scena, dopo averla modificata secondo le nostre necessità”.
Cosa più importante, era la presenza di un’imponente scalinata, utile per la scena che Park considera fondamentale per mostrare il sottile gioco di potere fra Charlie e India. “La scena assomiglia ad una sorta di danza fra i due protagonisti proprio su quella scalinata”, spiega Costigan. “La questione riguarda chi dei due ha il controllo e quella scena è il punto di partenza”.
Per sei settimane la scenografa e la sua squadra hanno lavorato per trasformare una casa tradizionale nell’abitazione degli Stoker, rinnovandola da cima a fondo. Nessun dettaglio è stato trascurato, compresi i colori, l’arredamento, i motivi della carta da parati, gli oggetti sulla scrivania di Richard, e persino gli accessori del bagno.
“Richard Stoker aveva messo la sua famiglia in questa casa per isolarla dal mondo esterno”, dice Costigan. “Trovare una casa adatta ad un architetto, un esponente dell’America tradizionale e benestante, era un compito specifico e impegnativo. E’ arredata con pochi mobili impeccabili, simbolo della ricchezza della famiglia. Ogni elemento è stato scelto con cura perché l’attenzione di Park ai dettagli è molto elevata. C’è una filosofia dietro ogni elemento”.
I trofei di caccia collezionati da India e suo padre, nella maggior parte dei casi uccelli, sono in mostra in tutta la casa e contribuiscono a creare l’effetto voluto da DePrez di una casa-diorama. “Abbiamo spesso paragonato la casa ad un nido in cui vivono i personaggi del film”, dice. “Evie è un pavone. Lo zio Charlie è una chioccia e India un pulcino. Sono tutti intrappolati nel diorama. Questa idea si lega al motivo della caccia e all’immagine di India come un uccellino fuori dal guscio”.
I muri interni del piano principale sono stati pitturati con varie tonalità di verde acido per far sentire lo spettatore leggermente a disagio. “Abbiamo anche deciso di non appendere fotografie al muro”, dice Park. “In questo modo la casa sembra più grande e le grandi pareti spoglie creano un senso di solitudine ed isolamento”.
“Park voleva destabilizzare il pubblico”, dice DePrez. “E’ una casa elegante ma ricorda una prigione. Nelle stanze sotterranee i colori sono freddi, per sottolineare l’idea di un luogo chiuso e opprimente, con elementi lineari nella carta da parati e nei rivestimenti in legno delle pareti”.
Le stanze da letto al primo piano della casa riflettono le personalità degli Stoker. “India è associata alla simmetria, all’ordine, a disegno geometrico”, spiega la scenografa. “Evie è l’opposto. È asimmetrica, caotica. Le stanze di ognuna non potrebbero essere più diverse fra loro. Quella di India ha una carta da parati con dei motivi gialli ed è molto ordinata, mentre la stanza di Evie assomiglia ad una serra incolta”.
I costumisti Kurt Swanson e Bart Mueller hanno abbinato l’insolita scelta cromatica di DePrez anche al guardaroba. All’inizio del film India indossa un vestito giallo pallido, simbolo della sua innocenza. I costumi di India sono ispirati all’artista Balthus. “Mi sono basato sui suoi ritratti che raffigurano ragazzine che indossano cardigan e gonne, che dormono o che sono appisolate sui divani”, dice Mueller.
Evie invece è come un pavone intrappolato in una gabbia: osserva il lutto indossando abiti attillati ed eleganti. Ma quando lo zio Charlie inizia a corteggiarla, le sue piume si aprono e diventa completamente vulnerabile. Inizia a mettere in mostra la sua pelle e a lasciare i capelli sciolti e arruffati.
Lo stile impeccabile dello zio Charlie ricorda Cary Grant. Non c’è nulla di involontario nella sua eleganza casuale caratterizzata dalle maglie di cashmere e dalle scarpe all’inglese.
Il risultato finale è un look stranamente familiare e un po’ confuso, completamente contemporaneo, eppure non collocabile in uno spazio e in tempo precisi. “La cosa più interessante per me, che sono un grande fan di Park Chan-Wook, è che questo film è abbastanza diverso dagli altri suoi film”, dice DePrez. “Ovviamente l’ approccio ai personaggi e le inquadrature impeccabili sono tipiche del registe, ma l’ambientazione è diversa da qualsiasi cosa abbia mai fatto prima”.
L’inquietante e suggestiva colonna sonora di STOKER è stata creata da Clint Mansell, che ha ricevuto una candidatura al Grammy® 2012 come Best Score Soundtrack for Visual Media per il thriller psicologico IL CIGNO NERO. Park apprezza il lavoro di Mansell anche negli altri suoi film fra cui MOON, REQUIEM FOR A DREAM e π – IL TEOREMA DEL DELIRIO. Gli ha offerto il lavoro dopo aver partecipato ad una sua performance nel leggendario locale notturno di Los Angeles ‘Largo’.
Mansell aveva visto i film precedenti di Park OLDBOY e THIRST, ed era consapevole del suo peso nella comunità cinematografica. “Ho accettato il lavoro perché volevo lavorare con Park”, dice. “Sono sempre alla ricerca di sensibilità ed esperienze diverse: STOKER ha questa qualità”.
Mansell rispetta molto Park sia come regista che come collaboratore. “E’ una persona tranquilla e rilassata, eppure estremamente concentrata sul suo lavoro. La sua musica ha avuto un grande impatto sulla colonna sonora del film. Sa quel che vuole ma è aperto anche alle nuove idee, quindi lavorare con lui è stato estremamente soddisfacente”.
“Il mio primo obiettivo è sempre creare una musica che sia utile al film”, aggiunge il compositore. “Ma sento di riuscire a dare il meglio di me quando riesco a entrare in sintonia con il film in modo da creare una musica del tutto personale”.
Park è da tempo affascinato dalla musica di Clint Mansell. “Quando stavamo realizzando il trailer di MR. VENDETTA, ho sentito un brano di musica contemporanea che il montatore aveva inserito di sua iniziativa, e sono rimasto folgorato. Era la prima volta che sentivo una musica del genere nella mia vita, ed era sconvolgente, bellissima. Mi hanno detto che era la musica di un film americano, π – IL TEOREMA DEL DELIRIO, ma non avevo pensato a memorizzare il nome del compositore. Non avevamo abbastanza soldi per poterci permettere i diritti del brano”.
“Clint sa portare in vita la natura di ogni singolo strumento”, dice Park. “Non impone mai con la forza ogni singola emozione. Il piano, gli strumenti a corda, le voci, e le percussioni, ogni strumento comunica apparentemente diverse emozioni, ma insieme creano un’emozione nuova e talmente profonda da non poterla descrivere a parole. Il risultato è una musica splendida. Elettrizzante, triste, terrificante, ma sempre bellissima”.
Park continua: “Insieme abbiamo cercato di dare vita al movimento. E’ come una danza: avanti, indietro, gira, salta, rotola in terra, batti i piedi, poi di nuovo in piedi e daccapo … con la stessa grazia di un gatto”.
La musica svolge un ruolo importante in una scena che Park considera essenziale in cui India e lo zio sono seduti insieme al pianoforte. Charlie, che aveva detto di non saper suonare, si unisce a lei in un complesso e ipnotico brano scritto per il film dall’avanguardistico compositore Philip Glass. Quando finiscono di suonare, India si sente diversa e non c’è più nessun dubbio sul motivo per cui lo zio abbia fatto tanta strada.
“Da tempo sognavo di lavorare con il maestro”, dice Park di Glass. “Ero un po’ agitato ma lui è stato gentile e cordiale. Anche quando ho osato chiedergli di cambiare alcuni pezzi qui e lì, è stato sempre disponibile. Il risultato è bellissimo e drammatico, e credo che la scena del pianoforte sia una vera gemma del film”.
Mia Wasikowska non aveva mai suonato il piano prima di questo film e ha studiato per tre mesi. “Abbiamo impiegato un giorno intero per girare quella scena, anche se nessuno di noi doveva parlare”, racconta. “E’ un brano musicale intenso e carico di emozioni. Avrei potuto anche solo semplicemente lasciarmi andare alla musica e la scena sarebbe stata già completa così. È stata l’esperienza migliore di tutta la lavorazione del film”.
STOKERè una produzione che si adatta perfettamente ai lavori precedenti di Park. Sostiene Costigan: “Come tutti i film di Park, è istintivo ma anche poetico ed umano. Le emozioni travolgenti si intrecciano alla violenza. Park è stato bravissimo nel rendere l’affascinante copione di Wentworth Miller trasformandolo in qualcosa di ancora più spaventoso, stupefacente e seducente, persino divertente alle volte. Chiunque abbia lavorato nel film è orgoglioso di aver contribuito a realizzare il primo film americano di Park Chan-Wook”.
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