13 giugno “Il fondamentalista riluttante” – curiosità

13 giugno “Il fondamentalista riluttante” (“The Reluctant Fundamentalist”)    di Mira Nair  Cast:  Kate Hudson, Liev Schreiber, Kiefer Sutherland e Riz Ahmed

 

 

 

 

LA PRODUZIONE HA INIZIO “Credo di essere stata messa al mondo per raccontare storie di vita tra mondi diversi.” Mira Nair

 

L’ambiziosa produzione di Il Fondamentalista Riluttante ha avuto inizio ad Atlanta il 17 settembre 2011. “Atlanta è una città fantastica,” dice Nair. “Ci abbiamo trovato i vetri che riflettono e la giungla d’asfalto del quartiere finanziario di New York, autentici grunge bars che potevano rappresentare l’East Village, e delle zone che ricordano molto Williamsburg per il mondo di Erica”. Le riprese sono iniziate qui e poi si sono spostate a New York per cinque giorni di lavoro in esterni. La produzione si è poi trasferita a Delhi per due mesi, a lavorare con molti membri della troupe di Nair dell’epoca della sua opera prima, Salaam Bombay! del 1988. Nair e Pilcher all’inizio volevano girare a Lahore, che Nair descrive come molto simile alla Delhi di 50 anni fa. “Però non siamo riusciti a ottenere le assicurazioni per girare con il nostro cast e troupe USA in Pakistan, così ci siamo concentrati nel ricreare Lahore nella vecchia Delhi”, spiega Pilcher. “Abbiamo potuto ingaggiare una casa di produzione a Lahore che girava immagini di seconda unità sulla base di dettagliate conversazioni con Mira e Declan, e quella parte di pellicola è stata poi sviluppata a Bangkok.” Questa organizzazione ha permesso di girare tutte le scene in esterni di Lahore on location nella città pachistana, comprese le scene esuberanti dell’iconico canale della città. “Creare Lahore a Delhi non è stato molto difficile”, spiega Nair. “Abbiamo trovato questa gemma di posto chiamato scuola islamica anglo-araba giusto nel cuore della vecchia Delhi, che risale al XVI secolo.” Lo scenografo Michael aggiunge: “La scuola occupa lo spazio di un vecchio palazzo mogul e ospita una bellissima moschea di arenaria rossa della fine del periodo mogul. Qui, nel cuore della vecchia Delhi, abbiamo potuto costruire la nostra strada per l’esterno della sala da tè e utilizzare lo skyline della vecchia Delhi per rappresentare Lahore. Ancora meglio, allineando il nostro set accanto ai cancelli della scuola abbiamo potuto collegare il nostro set ‘posteriore’ al caotico crocevia di Ajmeri Gate e collegarlo al mondo ‘vero’ di fuori.” “L’abbiamo popolato di dettagli di Lahore,” dice Nair a proposito della precisione con la quale è stata ricreata la città pachistana, dai risciò ai costumi ai manifesti politici. Poiché è un’area musulmana di Delhi, molti abitanti del luogo sono stati impiegati come comparse. “Spiritualmente è come Lahore”, dice Nair di Delhi. “Non è come filmare la Palestina in Marocco”. “Girare in India, con la folla, la polvere e il caos, ci ha aiutato veramente”, commenta Schreiber. “Ci si sentiva come ci si doveva sentire”. C’è una palpabile sensazione di disagio in ogni scena—la sensazione che qualsiasi cosa potrebbe succedere da un momento all’altro. “Abbiamo cercato di catturare la tensione nel modo in cui concepivamo le inquadrature”, dice Nair, che ha lavorato per la sesta volta con il direttore della fotografia Declan Quinn, con il quale collabora dal 1995. “La macchina da presa non è mai sul cavalletto in questo film. Non è mai statica. E’ sempre in movimento, o nelle mani abili di Declan o sospesa a una corda elastica. La macchina da presa ha il soffio della vita. Io e Declan abbiamo entrambi cercato di trovare una lingua, qualcosa che rappresentasse quella fune da funambolo. Il pubblico non è mai sicuro di dove sarà Changez alla fine della storia”. Spiega Nair: “Il nocciolo per me è che questo è un racconto di formazione di un giovane che cerca di trovare se stesso. E’ un viaggio universale”. Istanbul, il luogo del risveglio personale ed emotivo di Changez, è stata anche ricostruita a Delhi. Tutti gli interni turchi sono stati girati in un palazzo in rovina a Delhi in una sola giornata, con il grande attore turco Haluk Bilginer. Il suo personaggio, Nazmi Kemal, simbolo dei giannizzeri che servono il loro impero, spinge Changez a far mutare finalmente direzione alla sua vita. Due giorni di riprese in esterni a Istanbul hanno fatto da conclusione. Osserva Pilcher: “Nel romanzo, le scene clou con l’editore sono ambientate in Cile. Noi abbiamo scelto di collocare queste scene a Istanbul, che ci offriva una più grande prossimità per la produzione. Inoltre, Istanbul è molto significativa, nel senso che è un luogo in cui l’est incontra l’ovest”. A cavallo del Bosforo — uno dei corsi d’acqua più trafficati del mondo — nel nordovest della Turchia, tra il Mar di Marmara e il Mar Nero, Istanbul è una città transcontinentale. Il suo centro commerciale e storico è situato in Europa, mentre un terzo della sua popolazione vive in Asia. “Ogni città ha portato la sua energia”, dice Riz Ahmed. “Atlanta e New York City sono state un’immersione tutta americana per me e Changez, ed esattamente ciò di cui avevamo bisogno. Tutto era strutturato e dal ritmo veloce. Poi la pentola a pressione della vecchia Delhi ha alimentato l’aspetto thriller delle scene con Liev. Le riprese a Istanbul erano più meditative; così come le scene che abbiamo girato qui.” Come in tutti i suoi film, la regista cominciava ogni giorno con una sessione di yoga insieme al cast e alla troupe, utilizzando insegnanti provenienti da varie parti del mondo. “Era un’allegra banda”, dice della sua famiglia cinematografica vagabonda. “Il mio sottotitolo era ‘poveri ma liberi’!”

 

storia

 

 

Bobby Lincoln (Liev Schreiber). Changez, che ha studiato a Princeton, racconta a Lincoln il suo passato di brillante analista finanziario a Wall Street. Parla del luminoso futuro che aveva davanti, del suo mentore, Jim Cross (Kiefer Sutherland), e della bellissima, sofisticata Erica (Kate Hudson), con la quale si preparava a condividere il futuro. All’indomani dell’11 settembre, il senso di alienazione e il sospetto con il quale viene improvvisamente trattato, lo riporta nella sua terra di origine e dalla sua famiglia, alla quale è molto affezionato. Il suo carisma e la sua intelligenza lo fanno subito diventare un leader sia agli occhi degli studenti pachistani che lo adorano sia del governo americano che lo guarda con sospetto. La facciata del cordiale incontro tra Lincoln e Changez, in una sala da tè di Lahore, lascia lentamente spazio alla vera ragione per cui questa improbabile coppia si è incontrata in un giorno di estate – un professore straniero è stato rapito dagli estremisti e la sua esecuzione è una questione di ore. La famiglia di Changez è perseguitata e corre un reale pericolo. Bobby ascolta con attenzione, ma ha qualcosa in mente. In un viaggio attraverso i mondi culturalmente ricchi e seducenti di New York, Lahore e Istanbul, The Reluctant Fundamentalist esplora i pregiudizi e il fenomeno della globalizzazione nei suoi aspetti, allo stesso tempo, brillanti e inquietanti.

 

 

 

UNA VERITA’ DALLE MILLE FACCE

“L’apparenza inganna.” Changez Khan

 

 

“Una regista indiana che realizza un film su un uomo pachistano. Non è una cosa semplice”, dice il romanziere e co-sceneggiatore Mohsin Hamid di Il fondamentalista riluttante, il nuovo film della regista, vincitrice di un Oscar, Mira Nair, tratto dal romanzo di grande successo scritto da Hamid, che porta lo stesso titolo ( Il fondamentalista riluttante, Torino: Einaudi). Nair visitò per la prima volta il Pakistan nel 2005. “Da bambina, nell’India moderna, c’era un muro tra questi due paesi, che non poteva mai essere scavalcato. E’ stato 7 anni fa, quando fui invitata a presentare i miei film in Pakistan, che ebbi la possibilità di andare nella terra in cui mio padre aveva passato la giovinezza, prima della divisione tra India e Pakistan. Scoprire il paese, la cultura, la gente – sembrava tutto terribilmente familiare. Sono stata immediatamente ispirata a fare un film contemporaneo sul Pakistan, specialmente in quest’epoca in cui lo scisma che si percepisce tra gli islamici e il mondo occidentale diventa ogni giorno più pronunciato”. “La gioia di questo film,” osserva Nair, “è che ci rivela il Pakistan in una maniera che non vediamo mai sui giornali; con la sua raffinatezza straordinaria, la lancinante poesia di Faiz Ahmed Faiz, la sua sconvolgente musica sufi e l’antica cultura che sa muoversi con sicurezza nel mondo della moda, della pittura e dello spettacolo. Questo mondo è posto in parallelo, con una certa fluidità, con l’energia di New York, con la spietatezza dell’America delle multinazionali e, attraverso l’amore del nostro eroe Changez per l’elegante, artistica Erica, si offre un ritratto della società di Manhattan allo stesso altissimo livello un tempo occupato dalla famiglia di Changez a Lahore”. Nair continua: “Negli ultimi anni abbiamo visto molti film sulle guerre in Iraq e in Afghanistan, ma sempre raccontate dal punto di vista americano. Nella nostra storia, l’incontro tra i personaggi di Changez e di Bobby rispecchia il reciproco sospetto con cui si guardano l’America e il Pakistan (o il mondo musulmano). Apprendiamo che a causa della guerra americana al terrore, Changez fa esperienza di un mutamento sismico nell’atteggiamento, scoprendo rapporti di lealtà più fondamentali del denaro, del potere e perfino dell’amore”, dice la regista. “Nel frattempo vengono rivelate altre forme di fondamentalismo, comprese quelle del tipo praticato dalla società che un tempo dava il lavoro a Changez, la Underwood Samson. Il modello di espansione globale di quest’ultima è: “concentrarsi sui fondamenti”. Dato il titolo del film, e data l’atmosfera sempre più tesa tra Changez e il suo interlocutore americano, ci aspettiamo la rivelazione che Changez sia andato, per quanto ‘con riluttanza’, fino in fondo nella direzione del lato oscuro dell’estremismo. Ma è proprio così? L’aspetto notevole di Il fondamentalista riluttante è che si tratta di un dialogo vero tra identità e percezione, e su questioni relative all’Io diviso nell’era della globalizzazione.” Il fondamentalista riluttante è, ad oggi, il progetto più ambizioso di Mira Nair. Questo film è una sfida, costringe a pensare, è commovente e sensuale. Girato in cinque città sui tre continenti con un cast e una troupe veramente internazionali, tra stelle di Hollywood, Pakistan e India, fra cui Riz Ahmed, Kate Hudson, Om Puri, Shabana Azmi, Liev Schreiber e Kiefer Sutherland, il film ritrae due mondi molto diversi che si incontrano attraverso il dialogo. “Il libro è un elegante gioco mentale”, spiega Nair. “Parla di come ci vediamo, Oriente e Occidente. Sentivo di conoscere intimamente i mondi descritti dal libro, sia dall’interno che dall’esterno”. La sensazione che nulla sia completamente come appare permea ogni aspetto del film di Nair, dall’Io diviso dei personaggi, ai luoghi delle riprese, in cui Atlanta rappresenta New York e Delhi fa le veci di Lahore e Istanbul. “Due uomini si incontrano, hanno una conversazione. Il ticchettio di un orologio. La vita di un uomo appesa a un filo. Non sappiamo cosa succederà – chi vivrà e chi morirà. Il ritmo del film è pieno di suspense, ma io sono una persona piena di appetito per la vita, la bellezza, la famiglia e la moda. I miei film vi portano anche in questo viaggio”, dice la regista. “Il fondamentalista riluttante è un esercizio di guarigione e riconnessione personale”, spiega. “Io e alcuni membri della mia famiglia abbiamo sentito l’impatto degli eventi degli ultimi dieci anni. Il film è un tentativo, tra le altre cose, di rimettere insieme i pezzi. Non negando le tensioni che sono emerse, ma indicando i modi in cui possiamo attraversarle e rimanere umani nonostante esse esistano”. Nair, che ha un figlio di 21 anni, spera di parlare con questo film ai giovani di tutto il mondo. “E’ per loro, nella speranza che possano essere forti e riconoscere il loro percorso personale in quello di Changez.” Lydia Dean Pilcher, co-produttrice da lunghi anni dei film di Nair, ha affermato che alcuni finanziatori si sono chiesti all’inizio se il film sarebbe stato ancora attuale una volta finito, dato il paesaggio politico mutevole nel quale è ambientata la storia. Pilcher osserva: “A meno che la pace mondiale non sia imminente, il significato di questi temi non verrà mai meno ed è infatti per questo che il romanzo è oggi presente un po’ ovunque nei programmi scolastici e universitari di tutto il mondo”. Hamid aggiunge: “Quello che offre questo film è la presenza di un essere umano con il quale sentirsi solidali e nel quale ci si può rispecchiare a livello umano. Non si vedono personaggi come Changez nei film, o certo non se ne vedono molti. Quello che riesce a ottenere questo film è di allontanarsi dalla teoria, dal dibattito politico più acceso e di avvicinarsi alla dimensione emotiva e umana, e riesce a farlo abbastanza bene da disarmare e sorprendere il pubblico”.

 

 

 

DAL ROMANZO ALLO SCHERMO: L’ADATTAMENTO “Mi sono fidato di Mira.” Mohsin Hamid.

 

 

 

Mentre stava completando The Namesake (Il destino nel nome), a New York nel 2007, Nair lesse il manoscritto non ancora pubblicato del romanzo di Hamid, The Reluctant Fundamentalist (Il fondamentalista riluttante). Lo apprezzò immensamente e fu emozionata di avere trovato il mezzo di entrare nei mondi della moderna Lahore e di New York. Attraverso la sua casa di produzione Mirabai Films e quella newyorkese di Pilcher, la Cine Mosaic, le due donne opzionarono i diritti cinematografici del romanzo. “Sarebbe stato un adattamento molto complesso e io volevo esservi coinvolta in prima persona”, dice Nair. “Il libro è fondamentalmente un monologo. L’elemento thriller è presente ma in un modo molto elegante e psicologico. Il finale è più ambiguo”. Il personaggio dell’americano, interpretato da Liev Schreiber, doveva essere concretizzato, doveva avere una sua vita. “Doveva avere pari intelligenza e tanta grazia, tanto desiderio e dolore quanto Changez,” dice Nair. Quello che Hamid aveva percepito è che Nair comprendeva il suo romanzo profondamente e intuitivamente. “Mi sono trovato davvero in sintonia, con lei come persona”, dice. “Viene dall’Asia meridionale e ha passato molti anni qui, ma ha vissuto all’estero per quasi metà della vita. Per me è stato lo stesso.” Hamid arrivò negli Stati Uniti per studiare all’università di Princeton, poi visse a Londra per diversi anni prima di ritornare a Lahore; Nair lasciò l’India per frequentare l’università di Harvard e successivamente si trasferì a New York. Hamid ricorda quando Nair gli disse che avrebbe aggiunto un terzo atto alla storia del suo romanzo. “Il libro tratta del personaggio di Changez che va in America e poi ritorna in Pakistan. Mira voleva di più rispetto alla parte che si svolge in Pakistan, oltre al contesto della conversazione con l’americano, a cui si accenna soltanto nel romanzo”. Questa aggiunta fu il primo allontanamento significativo dal romanzo. “Ero consapevole che Mira è una regista e sa quello che fa”, dice Hamid. “Se un film, il suo film, ha bisogno di essere in questo modo, io mi fido di lei su questo punto”. Intanto, trovare uno scrittore che rendesse accuratamente entrambi i mondi della Wall Street delle grandi multinazionali e di Lahore in Asia meridionale, si stava dimostrando un’impresa impossibile. “Parlare a sceneggiatori di tutto il mondo è stato un processo molto rivelatorio”, ammette Nair.“Uno sceneggiatore mi ha detto, ‘Per prima cosa, dobbiamo cambiare il titolo. Non mi trascinerai mai a vedere un film con dentro la parola ‘fondamentalista’’. C’era una vera ignoranza di questa parte del mondo, il subcontinente indiano. Non c’era consapevolezza degli strati culturali, delle sottigliezze. Mi ha rivelato anche la miopia con la quale molte persone vedono il mondo”. Nair e Pilcher hanno cercato più vicino a casa, e trovato la giovane scrittrice Ami Boghani, che lavora da anni a stretto contatto con Nair, e Mohsin Hamid, che non aveva mai neanche letto una sceneggiatura prima di unirsi al team di sceneggiatori. “Ero esitante,” ammette. “In parte perché stavo scrivendo un romanzo. In parte perché pensavo che si trattava del film di Mira. Volevo goderne e sostenerlo, ma non volevo entrare nei conflitti che pensavo sarebbero stati inevitabili se avessimo dovuto discutere sui dettagli di come le cose sarebbero dovute andare. Ma poi continuavo a dirmi che il film è ispirato al romanzo, ma non è il romanzo sullo schermo. Una volta fatto mio questo modo di guardare le cose, è diventato molto più facile essere coinvolto. Ho anche pensato che sarebbe stata una buona esperienza di apprendimento. Avrei acquistato più familiarità con questa forma d’arte di cui so così poco”. “Nel romanzo, Mohsin ha costruito magistralmente un thriller avendo a disposizione due uomini seduti a un tavolo”, dice Boghani. “Changez è l’oratore eloquente e il lettore effettivamente occupa il posto del compagno silenzioso. Senza interrompere mai questo monologo unilaterale, Mohsin accenna soltanto al contesto in cui questi due uomini si stanno incontrando”. Aggiunge che “il nostro compito principale nell’adattamento cinematografico è stato sviluppare quel contesto rispondendo alla domanda chiave: ‘perché Changez sta raccontando la sua storia?’. Dovevamo tradurre quella danza di reciproco sospetto in linguaggio visivo dando un corpo ai due uomini seduti a quel tavolo e cercando di capire come ci erano arrivati”. Furono scritte due versioni della sceneggiatura in un periodo di oltre due anni e mezzo. La squadra gettò buona parte delle fondamenta della sceneggiatura: la famiglia di Changez, il rapporto di lui con suo padre, il tono del film e l’analisi dei due fondamenti, il denaro e la religione. “Abbiamo scoperto che scrivere un thriller non era una cosa facile”, dice Nair. “Avevamo bisogno di qualcuno che avesse più esperienza in questo campo. Abbiamo trovato Bill Wheeler, attraverso una sceneggiatura che tutti ammiravamo. Abbiamo passato una settimana insieme, noi quattro, e abbiamo fatto la mappa del viaggio. Poi Bill ha scritto una serie di versioni”. Wheeler commenta: “Mentre mi piacciono moltissimo i romanzi e le sceneggiature altamente ambigue – mi viene in mente l’opera di Pinter – non credevo che l’ambiguità del romanzo potesse sostenere una narrazione cinematografica. Tuttavia il romanzo di Mohsin è molto intrecciato a questa cornice narrativa, in modo particolare l’intrigo e il senso di minaccia dell’implicito confronto tra i due uomini. Chi era l’americano senza nome? Era un agente dell’Intelligence? Incontrava Changez con l’intento di farlo passare dall’altra parte? Di catturarlo? E Changez? L’americano aveva ragione di temerlo? Poteva forse darsi che la modalità che Changez aveva ‘con riluttanza’ abbracciato fosse un approccio politico che prevedeva la violenza? Queste domande mi giravano per la testa mentre leggevo il romanzo, affascinandomi e attraendomi, e volevo che il pubblico si chiedesse le stesse cose. Questo continuo senso di mistero che circondava in fin dei conti la predisposizione di Changez — la natura della sua reazione alla xenofobia che lo aveva avvolto nel 2001—era un elemento che ero determinata a non perdere nel film”. “In un processo collaborativo, il team di scrittori sapeva che, come nel romanzo, la storia si sarebbe mossa tra due cornici temporali, ma a differenza del romanzo, la storia attuale sarebbe stata una storia di spionaggio elaborata in tutti i suoi aspetti, con un inizio, un centro e una fine. Questo richiedeva l’invenzione di diversi nuovi elementi: il rapimento di Anse Rainier, la presenza di un’unità della CIA a Lahore e, ancora più importante, il personaggio di Bobby Lincoln — l’equivalente cinematografico dell’americano senza nome nel romanzo di Mohsin.” Wheeler dice: “Dare a Bobby degli argomenti giusti e ragionevoli per la presenza U.S.A. in Pakistan, continuando a mantenere la forza della critica di Changez nei confronti di quella presenza, la sua esperienza alla Underwood Samson e in U.S.A. in generale, avrebbe permesso (speravamo) a un pubblico di affrontare il materiale attraverso una prospettiva propria. Lavorare con partner dalla formazione culturale così varia ha reso la nostra collaborazione un tentativo, come quello di Changez e di Bobby, di scavalcare le divisioni culturali e di cercare di scoprire le cose che ci rendono tutti umani”. Come romanziere, Hamid ha trovato affascinante assistere alla creazione di un film. “Apprezzo molto di più questa forma d’arte adesso che ho visto quanto è difficile da fare”, dice. “Per molti versi, Mira fa quello che faccio io come romanziere — vale a dire costruire una storia e modellarla minuziosamente. Ma fa anche cose che io non devo fare, come dare ordini a 230 persone per settimane e settimane. Quello che io posso fare con una frase o un paragrafo, lei deve costruire un intero set per realizzarla, e ha bisogno di falegnami, elettricisti e pittori. Io opero in un piacevole piccolo bozzolo”, continua. “Soltanto io e il mio computer, a lavorare con tranquillità. Lei deve creare questa bellissima cosa di impatto, nel caos più completo, con telefoni che squillano, problemi che si presentano all’ultimo minuto, violazioni del traffico, cali di elettricità, e tutte le cose più folli”. Hamid confessa: “Apprezzo molto di più adesso quanto sia difficile fare un buon film”.

 

 

 

IL VIAGGIO

 

 

“Quando capisci dove stai, nel tuo mondo ritornerà il colore.” Nazmi Kemal Pilcher e Nair hanno voluto il pieno controllo creativo e hanno trovato un partner per lo sviluppo del progetto in Hani Farsi, un imprenditore amante del cinema, di origine saudita ma residente a Londra, che stava cominciando a interessarsi di produzione cinematografica. Alla fine del 2009, la società di Farsi, la Corniche Pictures, accettò di finanziare lo sviluppo della sceneggiatura e di un piano di produzione. Pilcher ammette che è stata una sfida finanziare un film il cui centro propulsivo è rappresentato dal complicato personaggio di Changez. Armati di una sceneggiatura, Pilcher e Nair incontrarono numerosi finanziatori, distributori e agenti di vendite internazionali. Incontrarono rappresentanti del Doha Film Institute al Doha Tribeca Film Festival del 2010. La sceneggiatura piacque e si impegnarono a fornire la prima base della partecipazione. Pilcher continuava a cercare partner. “Un finanziatore britannico di film di successo faceva pressioni per abbassare il budget”, ricorda la produttrice. “Gli dissi che era difficile ridurre ulteriormente i costi senza sacrificare l’ampio respiro del film. Era davvero necessario includere i quattro paesi ai quali aspiravamo. La sua risposta fu: ‘Non mi importa se giri a Rockaway Beach, cara, diciamoci le cose come stanno, il tuo protagonista è un musulmano del Pakistan.’ In un mondo in cui le stime di vendita internazionale dettano legge, avevamo davanti una strada in salita in termini di rischio.” Incoraggiate dal montatore e regista indiano Shimit Amin, che insegnava nella scuola di cinema di Nair a Kampala, Nair e Pilcher ridussero analiticamente il budget, prendendo decisioni quali quella di girare in digitale e di risparmiare intorno a $1M facendo il lavoro di post produzione in India. Amin sarebbe diventato il montatore del film. Il Doha Film Institute alla fine avrebbe finanziato per intero il film, credendo nella forza della sua storia, e nel profondo e importante messaggio che essa lancia. “La sostanza e la forma del film sono strettamente connesse”, dice Hamid. “E’ uno sforzo di collaborazione da parte di gente di tutto il mondo, dall’America, dall’India, dal Pakistan, che si sono riunite per creare questa visione artistica. Il film crede nella possibilità di quella connessione ed esprime questo attraverso il rispetto per le differenze tra i personaggi. Non è una condanna né del Pakistan né dell’America. Fa vedere come il mondo sia un luogo complicato, in cui le forze centrifughe cercano di dividerlo violentemente. Umanizzando i personaggi, tentiamo di far ritornare unito il mondo”. La dinamica troupe internazionale del film comprende il direttore della fotografia irlandese americano Declan Quinn, il compositore americano Michael Andrews, il montatore indiano Shimit Amin, la costumista indiana Arjun Bhasin, lo scenografo britannico Michael Carlin, il supervisore dello script sudafricano Robyn Aronstam, e gli ingegneri del suono, rispettivamente indiano e americano, PM Satheesh e Dave Paterson. Ad Atlanta, New York, Delhi, Lahore e Istanbul sono state ingaggiate troupe del luogo. “Ovunque girassimo, le persone che si univano alla troupe e diventavano parte della squadra, lo facevano perché capivano che si trattava di una rara opportunità di fare parte di un film con una visione forte e con un potenziale innovativo”, dice Pilcher. “Le mie influenze dal punto di vista visivo sono vaste ed eclettiche”, commenta Nair, “dai colori attutiti della grande pittrice Amrita Shergil alla vivida geometria dei paesaggi urbani fotografati da Andreas Gursky alla visione architettonica d’avanguardia dei miei cari amici Liz Diller e Ric Scofidio. Mi interessa creare un linguaggio visivo per il fenomeno della globalizzazione, che costringa a vedere l’energia dell’ordine e quella del caos nella stessa cornice. In effetti, il film è stato creato e ha preso forma nelle mani di una regista che appartiene sia all’Oriente che all’Occidente, e che ama entrambi I mondi. “La battaglia di Algeri è un’ispirazione enorme per me”, rivela Nair. “Tutte e due le facce della storia, quella francese e quella algerina, sono ugualmente trattate nelle loro sfumature, concepite con intelligenza, dolore e amore. E’ questo che volevo per The Reluctant Fundamentalist. Il mondo è un luogo complicato. Volevo trarre gioia dalle differenze, amarle e non farle scendere a compromessi.”

 

 

 

IN CERCA DI CHANGEZ “Adoro l’America.” Changez Khan.

 

 

“La cosa più importante per me è sempre stata quella di trovare un attore per il ruolo di Changez,” dice Nair. “Era un ruolo molto difficile da interpretare con finezza, familiarità ed eleganza”. Ci sono voluti circa un anno e mezzo di ricerche attraverso diversi continenti. “Trovo molto seducente il misto di machismo e bellezza degli uomini pachistani”, dice Nair. “Quindi contavo su un attore carismatico pachistano o certamente del subcontinente indiano, qualcuno che potesse muoversi con fluidità tra le lingue e i mondi disparati con vero agio, e che avesse l’abilità di portare il film sulle sue spalle. Volevo qualcuno da far svenire”, ammette. La regista ridusse la lista a due attori in Pakistan, uno a Lahore, l’altro a Karachi, comunque“ottenere visti per loro era assolutamente impossibile, il che voleva dire che dovevo andare io a trovarli lì, cosa piuttosto ardua”, spiega Nair. “Oltretutto non abbiamo potuto farli provare con l’attrice che interpreta Erica a New York.” I problemi divennero insormontabili e nel dicembre 2010, in una tappa a Londra in viaggio per Parigi per finanziare il film, Nair e Pilcher si affidarono alla direttrice di casting Susie Figgis. Lei suggerì Riz Ahmed, un attore e rapper britannico, che si sta facendo un nome come astro nascente intelligente ed eloquente, grazie a ruoli in film indipendenti quali Shifty, The Road To Guantanamo e Four Lions. “Lo abbiamo chiamato, lui era in studio di registrazione ma ha mollato tutto ed è venuto”, dice Nair, che aveva visto Ahmed soltanto in Four Lions. “Gli ho dato la scena con suo padre al matrimonio e gli ho detto, leggila e basta. Era una lettura improvvisata ma a causa dei tempi ha dovuto farla. E l’ha fatta. E’ stato molto commovente perché aveva capito quello che Changez aveva fatto a suo padre. Capiva la vergogna e capiva l’onore. Queste cose sono difficili da spiegare. E il ruolo è stato immediatamente suo”. Ahmed è rimasto sorpreso che le cose accadessero così in fretta. Lui conosceva il progetto, amava il libro di Mohsin Hamid e da molti mesi voleva prendere parte al progetto filmico. “Sentivo di poter veramente interpretare Changez, ma a causa della mia scelta di ruoli più sinistrorsi, non avevo mai interpretato parti da protagonista romantico. Sembrava che Mira avesse altre idee”, dice l’attore. “Avevo rinunciato a ogni speranza finché non ricevetti la chiamata all’ultimo minuto per andare a incontrarla, e siamo entrati immediatamente in sintonia”. Ahmed vede il ruolo di Changez molto diverso dai personaggi che ha precedentemente interpretato in film che trattavano temi, generalmente parlando, simili. “I conflitti personali di Changez sono forse più pronunciati”, ipotizza Ahmed. “Gli altri personaggi che ho interpretato devono affrontare eventi in mutamento che devono riuscire a controllare. Nel caso di Changez, tutto il suo senso di identità è in mutamento. Il suo viaggio è profondamente personale e psicologico, ma avviene nel contesto di un thriller, cosa anche questa molto seducente per me. Il suo senso conflittuale di chi è, il suo punto di vista sulle classi e le culture, ci può raccontare una storia molto attuale su chi siamo, chi pensiamo di essere e su ciò a cui diamo importanza”. Changez personifica la complessità del film. Il momento in cui sta in piedi nella stanza d’albergo a guardare la distruzione delle torri gemelle in televisione, e descrive la sua reazione come una reazione di terrore misto ad ammirazione, è un momento provocatorio e coraggioso del film. “Quel momento è concepito come una descrizione molto sincera delle differenze che esistono nel mondo”, spiega Nair. “Ci sono persone che hanno avuto quella reazione. Il film non cerca di celebrarle o di dire che questa è una buona cosa ma non evita di dire ‘è così che stanno le cose’. Mettere questo sentimento in un personaggio che può anche innamorarsi di una donna americana, e che in realtà si innamora anche dell’America stessa, ecco come funziona. Può essere una cosa che disturba profondamente e lascia interdette alcune persone, ma lo diciamo in un contesto che non è polemico. Stiamo semplicemente dicendo che questo è il mondo in cui viviamo”. Per Ahmed, l’esperienza di questo film ha risonanze a livello personale più che politico. “Il viaggio emotivo che porta a cercare di trovare la propria casa è un’esperienza universale alla quale tutti possiamo fare riferimento. Il film mi ha fatto veramente interrogare su quello a cui do valore e perché. Come vedo gli altri e me stesso. Da dove veniamo o dove ci piacerebbe essere diretti sono cose che ci definiscono ineludibilmente?” “Il film è molto ardito, nel senso che parla al nostro bisogno di comunicare e di essere compresi”, continua. “Credo che sia molto importante nel contesto del cosiddetto ‘scontro tra civiltà’. Ma sta nel cuore di un conflitto molto più umano, non semplicemente tra nazioni e persone, ma all’interno di noi. Il film esplora la nostra ansia e la rabbia che esiste non soltanto verso l’inconoscibile ‘altro’, ma anche la tensione tra come ci vediamo e come gli altri vedono noi”.

 

 

MONDI DIVERSI “Mantenete la nostra cultura in questa parte del mondo.” Changez Khan

 

Mentre veniva scritta la sceneggiatura, gli attori venivano scritturati in giro per il mondo dalla direttrice del casting, con sede a New York, Cindy Tolan, che si era occupata di The Namesake (Il destino nel nome) di Nair. Cooperando con referenti del casting in Europa, i suoi mesi di ricerche sono spaziati dal Nord America, all’India e al Pakistan. “Liev volle incontrarmi per discutere del ruolo di Bobby”, dice Nair. “Abbiamo pranzato e ho capito che poteva certamente interpretare Bobby. Era il primo”. “A essere sinceri, ciò che inizialmente mi ha attratto è stata Mira”, dice Schreiber. “Era una persona che ammiravo e con cui ero desideroso di lavorare, per qualsiasi progetto. Poi ho letto il libro di Mohsin e ho pensato che si trattasse di un pezzo veramente attuale, e provocatorio in un modo dal quale ero attratto. E persino un po’ incendiario, in un modo che ritengo sano”. Nair era colpita dal lavoro di Schreiber a teatro in Talk Radio e in A View From The Bridge. “E’ profondamente carismatico, con una voce stupefacente”, dice. Ha un’autorità e una statura che fa alzare il livello dello standard su tutto”. L’attore aveva anche vissuto in India per alcuni anni in gioventù. “Questa era una buona cosa per me”, dice Nair. “E’ come un hippie di mondo.” Kiefer Sutherland si è poi unito al progetto per interpretare Jim Cross, l’amministratore delegato di uno spregiudicato fondo di investimento di Wall Street, destinato a clienti esclusivi, la Underwood Samson. Egli ingaggia Changez e diventa una sorte di figura paterna per il giovane pachistano, poiché quest’ultimo inizialmente incontra grande successo in questo ambiente meritocratico. “E’ qualcuno che ha un lavoro da fare”, dice Sutherland di Jim. “E’ molto pragmatico e diretto a riguardo. E’ una storia che parla di come attraverso la nostra paura, e immagino la nostra ignoranza per certi versi, abbiamo preso alcuni dei nostri più grandi alleati e li abbiamo trasformati in nemici”, egli dice del film. L’operazione di scritturare Sutherland è stata piacevolmente semplice. “Kiefer era innamorato della nostra sceneggiatura e si è impegnato immediatamente”, ricorda Nair. “Jim è una persona piena di sfaccettature, complessa, non la rappresentazione di tutto ciò che c’è di sbagliato nel sistema finanziario della nostra società occidentale. Rappresenta molti aspetti positivi della società occidentale, in particolare il modo chiaro e privo di pregiudizi con cui vede Changez.” “Jim è il meglio dell’America”, dice Nair. “Viene da quell’America in cui può arrivare qualcuno come Changez, con il colore della pelle sbagliato, il cognome sbagliato, nel momento più difficile, ed essere trattato comunque benissimo grazie al suo cervello”. Nair usa il mondo della Underwood Samson per esplorare il concetto di fondamentalismo economico insieme a quello di fondamentalismo politico. Il film suggerisce che ci sono molti sistemi di credenze basati sui propri fondamenti, che ignorano i punti di vista e il destino di coloro che non condividono le loro opinioni. Il mondo della finanza, rivela il film, è basato su un concetto di profitto a tutti i costi, un concetto per cui il fine giustifica sempre i mezzi. Questo è esemplificato dalla spietata razionalizzazione delle società da parte di Changez, che porta centinaia di impiegati senza volto a perdere il proprio lavoro e i propri mezzi di sostentamento. “E’ stato molto emozionante avere questi paralleli nella nostra storia, tra i fondamenti del denaro e quelli del terrorismo”, dice Nair. “Si tratta di come i sistemi di credenze possono subordinare le vite normali”. Tuttavia, la regista si affretta a sottolineare che il film non vuole equiparare un banchiere a un terrorista. “Volevo pensare ai sistemi di credenze e all’impatto che hanno su di noi”, spiega. Mentre si trova alla Underwood Samson, Changez incontra e si innamora di Erica, una giovane ed enigmatica artista. La relazione tra Erica e Changez si sviluppa nel corso della tragedia dell’11 settembre, e ne vediamo l’impatto su di loro, oltre che sulla stessa città. Kate Hudson desiderava ardentemente interpretare il ruolo di Erica. Ma quando Hudson e Nair si incontrarono per la prima volta, all’inizio del 2011, l’attrice era incinta del secondo figlio ed era chiaro che non sarebbe rientrata nei tempi. “Ci siamo veramente innamorate l’una dell’altra”, dice la regista. “Stavamo insieme per ore, una cosa che io non faccio mai. In seguito abbiamo visionato molte altre attrici e Kate continuava a mandarmi messaggi affettuosi. Poi abbiamo avuto dei ritardi, il bambino è arrivato e lei era disponibile. Era destino. A quel punto avevo già scritturato Riz.” Riz Ahmed era elettrizzato di avere Hudson come partner. “E’ una gioia lavorare con Kate”, dice. “E’ una donna incredibilmente semplice, fantastica, il che ha reso le nostre scene intense molto più facili.” In quanto a Jim, il dualismo in Erica è quello che rende il suo personaggio palpabilmente reale. Lei incarna elementi di uno stile di vita americano artistico, bohémien, pieno di aspirazioni. Ma la vita, l’amore e le persone non sono semplici. E come l’America in fin dei conti tradisce Changez, lo stesso fa Erica, senza volerlo, quando la sua brechtiana installazione d’arte dai contenuti politici ha su Changez l’effetto opposto di quello che aveva inteso. “Non potevo filmare un personaggio femminile con cui non volessi passare del tempo”, dice Nair riguardo alle sue intenzioni per Erica. “Per il film, l’abbiamo concepita come un’artista che lotta per emergere, resa più complicata dai privilegi in cui è nata e ferita da un segreto nel suo passato. E’ così immersa in se stessa, e tuttavia permeabile al mondo che la circonda, da non vedere dove finisce l’arte e inizia lo sfruttamento”. La leggendaria star indiana Om Puri interpreta il ruolo del padre di Changez, un poeta imbevuto delle tradizioni della ricca cultura Lahori. La madre di Changez è interpretata da Shabana Azmi, un’acclamata star indiana proveniente da una stimata famiglia di letterati e drammaturghi. I genitori di Changez trasudano l’eleganza e l’anima dell’alta borghesia Lahori contemporanea, che vive e sopravvive in un paese che affronta la pressione di continue sfide economiche e politiche.

 

 

 

 

MUSICA “La musica è una parte enorme del mio universo che respira”. Mira Nair

Esattamente come la costumista Arjun Basin ha cucito dettagli occidentali moderni sui vestiti pachistani dei più giovani membri del cast, Mira Nair, lavorando con il compositore americano Michael Andrews, ha punteggiato la colonna sonora del film di tradizionali canzoni pachistane, poesie urdu messe in musica, pop, funk e rap pachistano d’avanguardia, la voce di Amy Ray, del gruppo folk delle Indigo Girls, e una nuova canzone originale di Peter Gabriel, vecchio amico di Nair. Questa musica rappresenta l’intreccio di vecchio e nuovo, di antico e moderno, tema principale del film. Per la maggior parte, è fonte di grande gioia per Changez e per i suoi contemporanei pachistani, esemplificata dallo stretto rapporto che egli ha con la sua famiglia, particolarmente sua madre, interpretata dalla stella del cinema Shabana Azmi, e sua sorella, interpretata da Meesha Shafi, una popolare cantante pachistana. La scena di apertura del film vede Changez a casa a Lahore con la sua famiglia allargata, che ascolta Qawwali, una forma di musica devota sufi, cantata da una famiglia di 12 rinomati cantanti Qawwali pachistani, con a capo i fratelli Fareed Ayaz e Abu Mohammed, di Karachi. Il film utilizza un duetto di otto minuti dal titolo “Kangna,” cantato da Ayaz e Mohammed per questa scena. Far arrivare i cantanti in India dal Pakistan non è stata una passeggiata—i cantanti praticamente hanno attraversato a piedi il confine per arrivare in tempo per le riprese. “Ogni film mi dà la possibilità di esplorare un mondo di musica”, dice Nair. Per Il Fondamentalista Riluttante, il moderno funk pachistano è stato la sua ispirazione. La regista ha scoperto i nuovi sound del Pakistan nel Coke Studio della Coca-Cola Company, una serie TV musicale pachistana di enorme popolarità e influenza. Mescola insieme leggendari cantanti e musicisti più giovani per reinventare antiche canzoni con influenze jazz e folk. “Non è solo fusion. C’è una vera profondità in questo amalgama,” dice Nair. “Non assomiglia a niente che abbia mai sentito”. “Le poesie del poeta laureato pachistano Faiz Ahmed Faiz, amato da mio padre, sono diventate il cuore di molte canzoni nel film,” continua Nair. “Le sue poesie sono messe in musica e ne abbiamo composto nuove versioni. Sono tornata in Pakistan e ho trovato Atif Aslam, il Kanye West del Pakistan, la più grande pop star della nazione.” Aslam canta in Urdu su due canzoni del film: “Mori Araj Suno,” che si trova nella scena in cui Changez naviga giù per il Bosforo a Istanbul, e il vocal in urdu della canzone finale di Peter Gabriel, “Bol.” Gabriel canta le parole in inglese. Per le canzoni pachistane, Andrews, che lavora a Los Angeles, ha creato la confezione di funk contemporaneo. “E’ stata una decisione molto iconoclastica quella di seguire Mike Andrews. Lui ha composto la musica per alcuni film, ma quello di cui mi sono veramente innamorata è stato Donnie Darko”, ricorda Nair. “L’ho chiamato da Delhi. Non abbiamo perso tempo e siamo stati molto diretti. Gli ho chiesto quanto a est si fosse spinto e lui mi ha detto: ‘San Diego!’ E sono scoppiata a ridere”. Andrews venne immediatamente invitato in India, nella sala di montaggio di Nair a Delhi, dove ha cominciato ad assorbire il film. “Nella sostanza, qualsiasi cosa sia questo film, è molto un film sull’America”, dice Nair a proposito della sua scelta di lavorare con Andrews. “Gente che se ne innamora, gente che si disamora. Dovevo avere un musicista che capiva il battito del cuore americano, perché io ero piuttosto sicura di capire quello del subcontinente indiano”. Tornato a Los Angeles, Andrews cominciò a comporre la colonna sonora lunga quasi un’ora, nella quale suona tutto quasi completamente da solo, tranne le sequenze orchestrali. “Mira voleva altri strumenti dal Pakistan,” spiega Andrews. “Lei ha grandi rapporti con la gente della regione, e siccome io ero così lontano, ci ha pensato Mira. Io le mandavo la mia musica a cui andavano sovrapposte melodie rappresentate e lei stessa ha registrato il flauto bansuri e ha anche pensato alla voce in “Mori Araj Suno”. Simultaneamente, io aggiungevo Alam Khan, il figlio di Ali Akbar, e Salar Nadir. Poi ho messo i pezzi musicali sotto la voce, e l’orchestra sotto il finto e reale bansuri”. Tutto questo è stato fatto via internet, con un’infinita serie di caricamenti e scaricamenti. “La maggior parte delle nostre discussioni si verificava dopo che Mira aveva lavorato per 16 ore al giorno”, dice Andrews. “Quando lavori per Mira, non puoi fare a meno di voler fare tutto quanto è possibile e impossibile”, continua. “E’ così impegnata a realizzare il suo progetto che tutti i cambiamenti e colpi di scena fanno parte della ricerca di quello che il film è. Con tutto il lavoro di ritocchi che si effettua in sala montaggio, la musica doveva accompagnarsi al processo di definizione del tono finale. Mira voleva che tutto il mondo fosse aperto al suo film, quindi si spera che la musica aiuti sotto questo aspetto”.