14 febbraio “Die Hard – Un Buon Giorno per morire” di John Moore con Bruce Willis
CURIOSITA’
Bruce Willis riprende il leggendario ruolo del detective della polizia John McClane in Un buon giorno per morire, un film che vede il protagonista fronteggiare corruzione mortale e vendette politiche in Russia. McClane arriva a Mosca per rintracciare il figlio che non vede da tempo, Jack (Jai Courtney), ma rimane stupito quando scopre che lui lavora sotto copertura per proteggere un informatore del governo, Komarov. Con la loro vita appesa a un filo, i McClane sono costretti a superare ogni contrasto per portare al sicuro Komarov e impedire un crimine disastroso nel luogo più desolato sulla faccia della Terra, Chernobyl.
Quando McClane scopre la verità sulla professione del figlio, lo definisce “lo 007 di Plainfield, New Jersey”. Ma da Plainfield a Mosca la strada è lunga, così John e il figlio Jack stanno per vivere una riunione di famiglia che non dimenticheranno mai.
Sono passati 25 anni da quando Die Hard è diventato un fenomeno nelle sale, lanciando un nuovo eroe cinematografico e cambiando il panorama del cinema d’azione. McClane è un personaggio con cui potersi identificare, un uomo normale costretto dalle circostanze a portare a termine una missione straordinaria. E’ questo che lo differenzia dagli eroi fumettistici di tanti film d’azione e che ha reso McClane uno dei personaggi più popolari della storia del cinema.
Vicino all’entrata del Parco di Piazza della Libertà di Budapest, accanto all’ambasciata americana, lo spirito di due icone americane – una reale, l’altra cinematografica, ma entrambe leggendarie – si stagliano all’ombra di un monumento di guerra sovietico. Una statua di bronzo di Ronald Reagan osserva un memoriale di cemento di 5 metri, sovrastato dalla stella dell’Unione Sovietica. A pochi passi, all’interno di un enorme edificio che un tempo ospitava la stazione televisiva dell’Ungheria comunista, il leggendario Bruce Willis passeggia per un set che rappresenta la stazione di polizia di Brooklyn.
Lo spettro dell’ex Unione Sovietica è presente in tutto il Parco, così come nella statua di Reagan e nella vicenda raccontata da Un buon giorno per morire. Durante gli ultimi anni della Cortina di ferro, gli antagonisti russi del film, Komarov e Chagarin, hanno elaborato un piano per rubare del plutonio (che ha un valore di decine di milioni di dollari) dalla centrale nucleare di Chernobyl. 27 anni dopo, il finale di questa sinfonia criminale verrà eseguito a Mosca, con un crescendo che si potrà ascoltare nei corridoi dei tribunali russi, mettendo a repentaglio le fortune di potenti oligarchi e le vite di due americani inattesi: John McClane e il figlio Jack.
La scena nella stazione di polizia di Brooklyn, in cui McClane scopre che il figlio ribelle si trova in prigione a Mosca, rappresenta la prima apparizione del personaggio nel film, così come il primo giorno di riprese per Bruce Willis. E’ una mattina grigia di inizio maggio a Budapest, ma la pioggia intermittente non ha smorzato l’entusiasmo della troupe o quello di Willis, che sembra contento di essere tornato nei panni del personaggio che ha creato 25 anni fa.
Willis è McClane ed è entusiasta di riprendere l’amato personaggio, che ha l’abitudine di trovarsi nel posto sbagliato al momento giusto. Sono i guai che vanno in cerca di John McClane o è lui che se li va a cercare? “Beh, McClane è sicuramente attirato dai guai”, sostiene l’attore, “ma anche i guai sembrano avere un debole per lui”.
“Pensavo che dovessimo mantenere il livello qualitativo a cui ci ha abituato la serie e mi piace ritrovare McClane in diverse fasi della sua vita”, prosegue Willis. “In questa storia, è arrivato a un’età in cui gli uomini riflettono sul proprio passato. Per McClane, il nodo cruciale è il rapporto inesistente con il figlio. Non si parlano da un po’ di tempo e la prima cosa che scopre di lui, è che l’hanno arrestato a Mosca”.
La premessa della sceneggiatura (scritta da Skip Woods e Jason Keller) è nata grazie a un’idea di Willis, che voleva esplorare un rapporto padre-figlio in un ambiente pericoloso, che li avrebbe costretti a superare i loro conflitti per sopravvivere.
Le differenze tra loro sono notevoli e profonde. “Jack è molto preciso, mentre John raramente segue le regole e utilizza qualsiasi cosa abbia a disposizione per affrontare le situazioni che si presentano”, spiega Willis.
Il produttore Alex Young sostiene che “il punto era prendere questo elemento base, un rapporto tra padre e figlio, uomini che sono fatti della stessa pasta, ma con un passato complicato e grosse incomprensioni che li dividono, per poi metterli in una situazione in cui sono con le spalle al muro e devono cavarsela da soli”.
Mosca, con la sua ricchezza, la famigerata criminalità e il labirinto geografico rappresentato dalle sue strade, era perfetta. E’ una città enorme, ma che, come dimostra la sua storia, può essere isolata in breve tempo. Rimane un luogo ideale per un intrigo internazionale e ha una reputazione senza pari per i processi ai prigionieri politici, come quello che dà il via alla storia del film.
Il produttore Wyck Godfrey sostiene che la sfida era mostrare McClane che “utilizzava le sue capacità in una terra straniera, in cui è un pesce fuor d’acqua, un elemento intrigante del film. Non conosce la lingua, la cultura o il territorio, quindi è costretto a fare qualcosa di inedito per lui: affidarsi a un’altra persona”.
L’altra persona è suo figlio. Come avvenuto nei precedenti episodi di Die Hard, Un buon giorno per morire parla dei membri della famiglia in pericolo e della volontà di McClane di fare tutto pur di salvarli. Nei primi due film si trattava di sua moglie, mentre nel quarto era la figlia a essere in pericolo. Ora è suo figlio che si trova nei guai e McClane ha paura che possa essere troppo tardi per fermare la carriera criminale di Jack.
“John non può ignorare quello che avviene, perché coinvolge la sua famiglia – e come abbiamo imparato nei precedenti capitoli di Die Hard, è meglio lasciare in pace la famiglia di John McClane”, sostiene Moore.
Moore era entusiasta di lavorare a un nuovo capitolo di Die Hard assieme a Willis. “Bruce è molto attento quando si tratta di quello che bisogna fare per John McClane e per Die Hard”, sostiene il regista. “Nessuno conosce il personaggio e la serie meglio di Bruce”.
John McClane viene accompagnato all’aeroporto dalla figlia Lucy (Mary Elizabeth Winstead, che riprende il ruolo che ricopriva in Die Hard – Vivere o morire). Da lì, arriva a Mosca e scopre che Jack, oltre a non essere un criminale, è un agente operativo della CIA, che da tre anni è sotto copertura per proteggere il ladro russo Komarov, che nel frattempo è diventato un informatore. Essendosi pentito delle sue azioni, Komarov vuole testimoniare contro il suo ex socio, Chagarin, una scelta che infliggerebbe un duro colpo alle sue ambizioni politiche.
“Si tratta di un cambiamento, visto che di solito McClane è l’ospite inatteso che rovina qualche elaborato piano di un criminale”, afferma Young. “In questo caso, lui mette a repentaglio l’impegnativa e pericolosa operazione di copertura del figlio”.
Il ruolo di Jack McClane è andato al giovane attore australiano Jai Courtney, che ha partecipato nel 2010 alla serie Spartacus: Sangue e sabbia, per poi diventare un pericoloso avversario di Tom Cruise in Jack Reacher – La prova decisiva.
“Ho fatto due provini per il ruolo di Jack McClane, ma non mi aspettavo di ottenere la parte”, ricorda Courtney, “perché sapevo che stavano svolgendo una ricerca molto estesa. Avevo appena terminato di lavorare a Jack Reacher a Pittsburgh ed ero diretto a Sydney. Stavo facendo scalo all’aeroporto, quando il mio agente mi ha chiamato per dirmi di non partire, perché volevano farmi recitare con Bruce. Ho fatto un provino una settimana più tardi e poco dopo è arrivata la bella notizia. E’ stata un’esperienza fantastica. Io sono cresciuto con i film di Bruce e la serie di Die Hard è leggendaria”.
Willis aggiunge che “Jai è entrato nel personaggio e sembrava uno di famiglia, proprio come se fosse un McClane”. Moore fa notare come “Jai fornisca un’intelligenza e una gentilezza notevoli al personaggio, ma è anche una presenza più fisica rispetto a quanto avevamo pensato originariamente per Jack. Quando Jai ha fatto il provino, abbiamo voluto puntare su questo ragazzo robusto, perché era perfetto per il ruolo”.
Nei panni del figlio del detective della polizia più famoso di New York, il Jack che vediamo sullo schermo dimostra che buon sangue non mente. Lui possiede il senso del dovere, il coraggio e il desiderio di mettersi nei guai per proteggere gli altri tipici di suo padre.
“Jack ha vissuto come un russo, parlando la lingua e infiltrandosi in diversi gruppi criminali, in modo da controllare Chagarin e assicurarsi che non possa fare del male a Komarov in prigione”, sostiene Courtney. “Così, rimane scioccato quando suo padre arriva in un momento cruciale e rivela la sua vera identità. Non vuole il suo aiuto, anzi non vuole proprio nulla da lui. Jack è determinato a dimostrare che può farcela da solo e che è autonomo”.
Mentre la data del processo di Komarov si avvicina, Jack si fa arrestare per tenere sott’occhio il russo. Quando i due uomini vengono portati insieme in tribunale, Jack ritiene di avere tutto sotto controllo. Ma si sbaglia.
Chagarin ha inviato il suo braccio destro Alik (Rasha Bukvic) e una squadra paramilitare per tirar fuori Komarov dal tribunale. All’improvviso, una fragorosa esplosione scaglia spettatori e giudici contro le pareti.
“I cattivi irrompono per prendere Komarov e ci ritroviamo in un dramma brechtiano”, ironizza il regista John Moore. “Far esplodere un palazzo non è la maniera tradizionale di prendere qualcuno, perché il rischio di ferire il bersaglio è altissimo. Ma visto che Jack e Komarov sono rinchiusi in una gabbia a prova di proiettile, è piuttosto ingegnoso”.
Jack e Komarov riescono a sfuggire alla distruzione che li circonda, mentre un sorpreso John McClane li rincorre. Jack e Komarov prendono il controllo di un camion, mentre Alik è alle loro calcagna e John si ritrova a seguirli con il suo veicolo “preso in prestito”. Il risultato è una delle sequenze di inseguimento più spettacolari mai viste al cinema.
“Abbiamo passato 82 giorni a girare questa scena – sulle autostrade, in vicoli stretti e sui ponti – distruggendo decine di macchine di prestigio”, rivela Moore. “E’ stato qualcosa di epico”.
Quando la copertura di Jack va in fumo, assieme al padre cerca di portare Komarov al sicuro fuori da Mosca e a Chernobyl, dove lui potrà recuperare i documenti che incriminano Chagarin. Il russo si ritrova in mezzo ai due McClane che litigano, una situazione più pericolosa di quanto possa essere la prigione, mentre John sembra molto carico e deciso. I tre uomini sono intenzionati a uscire dalla città con ogni mezzo necessario e formano una strana alleanza.
Come rivela Sebastian Koch: “Komarov è diffidente verso i McClane e cerca di trovare un modo di riprendere il controllo. Lui ha collaborato con la CIA per tentare di inchiodare Chagarin, ma ha delle idee personali su come mettere alle strette il suo nemico e delle ambizioni dopo la fine della sua prigionia. Komarov ha un rapporto difficile con sua figlia (Yulia Snigir), quindi capisce ed è solidale con John McClane, che a sua volta si trova in difficoltà con il figlio”.
“Komarov è una figura misteriosa”, prosegue Koch. “Non sempre è simpatico e non sappiamo le ragioni dietro alle sue scelte. Mi è stato consentito di esplorare completamente il personaggio, affidandomi spesso a piccoli movimenti, sguardi ed espressioni. John in questo senso era molto aperto ed è stata una gran soddisfazione poter incarnare una persona intelligente e complessa nel bel mezzo di questo caos”.
Per l’attore, non era la prima volta in un film d’azione, così l’interazione sullo schermo di Koch con Willis e Courtney fornisce a Un buon giorno per morire degli elementi da road movie e da thriller con i protagonisti in fuga. I personaggi si imbarcano in un viaggio pericoloso ed emotivo, mentre affrontano delle situazioni pericolose. Questo terzetto alla fine si ritrova bloccato in una sala da ballo di un vecchio albergo e minacciato da un gruppo di assassini russi.
Evitando di vestire con lo stereotipo delle tute e delle scarpe da corsa, Alik e la sua banda sembrano quasi essere i proprietari della banca, non i ladri. Rasha Bukvik fa notare come “Alik sia un gentiluomo sofisticato, che si veste in maniera impeccabile e vede la capacità di uccidere come una delle sue tante doti. E’ arrabbiato, perché questi due cowboy americani hanno rovinato il suo progetto di portare a termine il lavoro in breve tempo, per poter andare al balletto. Per questo inconveniente, lui è intenzionato a farli soffrire, ma a un certo punto capisce che sfuggire a una morte sicura è una caratteristica dei McClane”.
Nonostante il fuoco nemico, i McClane riescono a fuggire e devono capire come poter salvare Komarov, che ora si trova nelle mani degli uomini di Alik. Jack McClane non sa più che pesci prendere e si deve affidare all’aiuto di John.
Secondo Jai Courtney, “Jack adotta un approccio metodico nel suo lavoro, probabilmente come reazione rispetto all’improvvisazione che contraddistingue il padre, che spera sempre che vada tutto bene. Tuttavia, ora si trova in una situazione in cui non sa che fare, non ha risposte e sta per crollare. L’istinto del padre è quello di non mollare mai, non importa cosa può succedere, e in questa situazione terribile Jack arriva finalmente a comprenderlo, forse per la prima volta. Questo permette a Jack di capire e rispettare maggiormente i valori di John. E’ un momento di svolta”.
Mentre cercano di uscire da Mosca e arrivare a Chernobyl, i McClane incontrano tutti gli elementi particolari, meravigliosi e letali della vita notturna di Mosca: macchine costose, donne bellissime e tante minacce da un avversario potentissimo. Hanno bisogno di aiutarsi a vicenda e di tutta la fortuna possibile.
“E’ una storia padre-figlio, in cui cercano di portare a termine una missione pericolosa, mentre intanto devono ricucire un rapporto in crisi”, sostiene Wyck Godfrey. “La prima reazione di Jack è ‘vattene da qui papà, non ho bisogno del tuo aiuto’. In realtà, quello che vuole sentirsi dire dal padre è ‘stai andando bene figliolo, sono orgoglioso di te’. E’ l’aspetto meraviglioso di questa storia. Stiamo raccontando un rapporto importante nel bel mezzo di un eccitante episodio di Die Hard”.
Come aggiunge il cosceneggiatore Jason Keller: “John e Jack si ritrovano senza un piano, in guai grossi e senza poter ricevere aiuto. Jack non sa cosa fare, così suo padre lo prende da parte e gli dice come agire. Il momento cruciale del film è quando Jack decide di mettere da parte l’orgoglio e accettare l’aiuto di John. Così, abbiamo due McClane che lavorano insieme, una situazione che i cattivi non sono in grado di affrontare”.
LA PRODUZIONE
“QUESTO va nel film”, urla felice il regista Moore dopo aver dato lo stop alle riprese. Fumo, polvere e detriti calano lentamente per terra, mentre gli attori escono dalla stanza e la troupe si ritrova con il poco invidiabile compito di ripulire tutto dopo la distruzione. Bruce Willis e Jai Courtney hanno appena distrutto il set di un rifugio.
Dopo alcune settimane in cui sono stati girati degli elementi narrativi, oggi la produzione è impegnata nell’azione emozionante che è la caratteristica fondamentale della serie per il pubblico. “Finalmente sembra che stiamo realizzando un film di Die Hard”, sostiene Willis.
E’ metà maggio quando il cast e la troupe si ritrovano in una delle strutture più antiche e interessanti di Budapest, il palazzo Express. Situato sulla via che conduce al Parco di Piazza della Libertà, l’edificio è stato costruito intorno al 1880. Una volta, era il quartier generale per le ispezioni doganali e la residenza degli ufficiali navali impegnati a lavorare nell’industria marittima che proliferava lungo il Danubio. L’esterno dell’edificio è decorato con delle sculture di navi e dei simboli nautici. Il suo piccolo cortile, le scale a chiocciola, i balconi di ferro e il labirinto di stanze e corridoi l’hanno reso una location molto popolare a Budapest. Qui, lo scenografo Daniel T. Dorrance e la sua squadra hanno creato un covo della CIA, dove la missione di Jack McClane viene diretta dal suo capo, l’agente Collins (Cole Hauser). La stanza è piena di computer, mappe sulle pareti, attrezzature di sorveglianza, scanner radio e le solite confezioni di cibo da fast food.
Dopo il disastro in tribunale, i McClane e Komarov si rifugiano in questa base, in cui Collins è sorpreso di trovare il padre di Jack. Si tratta di un momento intenso e potenzialmente pericoloso.
“Collins è furioso che Jack abbia violato il protocollo e portato il padre in una situazione che mette a repentaglio la sicurezza della missione”, afferma Hauser. “Ma lui non ha capito che il piano è già andato a pezzi”.
L’agente Collins deve confrontarsi con la realtà quando gli uomini di Alik irrompono nell’edificio e danno il via a una sparatoria. Nel corso di cinque giorni e grazie a 100 inquadrature, la produzione ha distrutto completamente il set”.
Le funi da alpinismo portano gli stuntmen a calarsi dalle finestre e a scendere per 25 metri nel cortile, ma questa è soltanto una delle sequenze ideate dal coordinatore degli stunt Steve Davison. Oltre 50 stuntmen (americani, ungheresi, cechi e slovacchi) hanno lavorato a queste scene, dalle cadute libere ai momenti legati all’imponente inseguimento in macchina e agli attacchi con l’elicottero.
“Avevamo a disposizione alcuni dei migliori stuntmen del mondo e tutta la squadra era di altissimo livello”, afferma Davison. “I film di Die Hard sono il Super Bowl delle pellicole d’azione e ogni stuntman in circolazione vuole farne parte”.
Nelle vesti di allenatore e arbitro di questa nuova finale del “Super Bowl”, John Moore era impegnato a portare la saga a un nuovo livello. Il suo stile visivo unico e l’esperienza in film d’azione come Behind Enemy Lines – Dietro le linee nemiche e Max Payne hanno convinto i dirigenti della Fox e i produttori che avrebbe potuto portare la sua squadra alla vittoria.
Young sostiene che “John aveva una visione perfetta di come far evolvere la serie, in linea con quello che è avvenuto per i film di Bourne e di James Bond, lasciando comunque la sua impronta. Ha fornito un nuovo stile visivo alla saga e ha dato vita a delle fantastiche sequenze d’azione. Inoltre, ha capito bene il cuore di questo rapporto tra padre e figlio. In un lavoro del genere, ci sono aspettative e pressioni enormi, ma lui non le ha mai evitate, neanche per un attimo”.
Il compito era estenuante, ma mai noioso. “Poteva capitare tranquillamente di passare 12 ore di lavoro per girare un’inquadratura che sullo schermo sarebbe durata tre secondi, ma non c’era nessun altro modo”, spiega Moore. “E’ cinema analogico, noi cerchiamo di fare tutto in maniera concreta e utilizzare gli effetti visivi soltanto per migliorare gli sfondi”.
Divertente, esuberante e molto attivo sul set, Moore era felicissimo quando un’inquadratura andava bene e festeggiava sempre in maniera evidente. Nel dar vita allo stile visivo del film, Moore voleva che quasi tutto fosse ripreso con macchina a mano, utilizzando tre cineprese e delle lenti lunghe per catturare dei primi piani stretti. I frenetici movimenti di macchina portano il pubblico dentro l’azione, come se gli spettatori facessero parte della storia, piuttosto che essere degli osservatori distaccati che osservano tutto da una certa distanza.
Wyck Godfrey, che ha prodotto altri due film con Moore, sostiene che “alcuni dei momenti migliori che ho vissuto durante le riprese di un film, sono avvenuti quando John ha realizzato qualcosa di estremamente difficile o quando ha improvvisato sul set. Il suo entusiasmo è contagioso”.
Moore rivela che “McClane si ritrova in una terra straniera, senza avere il controllo sull’ambiente che lo circonda. Non riesce a prevedere le cose, come è abituato a fare normalmente. Lui viene colto alla sprovvista e noi desideravamo che la cinepresa riuscisse a esprimere questo senso di sorpresa e confusione”.
Dorrance, assieme ai reparti artistici e di costruzione che supervisionava (in totale erano 350 le persone coinvolte), hanno creato 58 set per il film. Di questi, 30 set erano di medie dimensioni e dieci enormi. A un certo punto, secondo quanto rivela Dorrance, si lavorava contemporaneamente a circa 45.000 metri quadrati di costruzioni. Tre dei set più grandi sono stati costruiti sui teatri di posa degli studios Raleigh, compreso il tribunale da cui Jack e Komatov scappano all’inizio. Dopo la sua demolizione, il set è stato ricostruito nell’ampia sala da ballo dell’Hotel Ucraina.
Gli interni coprono buona parte del teatro di posa 6 dei Raleigh e sono ideati, come rivela Dorrance, secondo i dettami “della sgargiante architettura barocca”. L’ampia sala da ballo, di 45 metri per 25, è coperta da falsi marmi, con ogni strato dipinto a mano di vari colori leggeri per ottenere l’effetto del marmo. 20 pittori, 80 carpentieri e dieci operai specializzati nel metallo hanno passato otto settimane a costruire questo set, costato 450.000 dollari, lavorando a stretto contatto con i reparti degli effetti visivi e degli stunt.
La stanza è stata decorata con candelabri, sedie e un pianoforte, mentre le pareti e le colonne erano state preparate con dei fori provocati dalle pallottole e riempiti con dei petardi. I McClane riescono a evitare gli spari saltando sopra il bancone di un bar, che aveva degli spazi per inserire dei vetri rotti. Le finestre erano fatte di vetro leggero, ideato per rompersi in piccoli pezzi, mentre il soffitto composto di pannelli era realizzato con del vetro di zucchero. Tutto questo cade sopra i McClane, provocando una doccia esplosiva, un riferimento al primo film, quando il vetro frantumato aveva ferito i piedi scalzi di John.
Questa sala da ballo, che ha richiesto diversi mesi per essere costruita, è stata sistematicamente distrutta durante una settimana di riprese. Nel corso di uno scontro con Alik, i McClane devono evitare i colpi sparati da un elicottero che volteggia sopra la sala. Si tratta di una distruzione epica, anche per un film di Die Hard.
Grazie a un timing perfetto e una grande collaborazione da parte del governo ungherese, la produzione ha potuto utilizzare uno degli elicotteri dell’esercito per la sequenza. Il Mi:24, di fabbricazione russa, uno dei più affidabili tra quelli in dotazione all’aviazione dell’ex Unione Sovietica, non è stato più ordinato dall’aviazione ungherese ed è stato gradualmente sostituito da mezzi della NATO. La produzione ha trovato uno di questi esemplari poche settimane prima che venisse ritirato dalla produzione e ha potuto sorvolare Budapest con dei permessi speciali per quanto riguarda le altitudini massime e minime.
Il supervisore alla produzione Gabor Varadi aveva il compito di mantenere i rapporti con l’aviazione ungherese e rende loro merito per aver fatto degli strappi alle regole senza precedenti. Come rivela Varadi, “abbiamo potuto far volare l’elicottero a circa 50 metri sopra il terreno, mentre il minimo legale è circa 250 metri. John Moore voleva che le porte dell’elicottero fossero aperte, con il cast assicurato a delle imbracature. Normalmente, queste richieste non verrebbero soddisfatte. Ma si trattava di un film di Die Hard e Bruce Willis è probabilmente l’attore più popolare in Ungheria, così ci hanno aperto molte porte, oltre a quelle dell’elicottero”.
Il pericolo e la paura delle altezze erano al centro dei pensieri dell’attrice Yulia Snigir, quando le è stato detto che sarebbe dovuta stare in un elicottero con le porte aperte, in volo sopra Budapest. La sua prima reazione è stata: assolutamente no.
“Ho paura delle altezze, una fobia notevole, tanto da non riuscire neanche a guardare giù da un balcone”, ammette la Snigir. “Ero paralizzata, ma quando sono andata nel mio camerino e sono entrata nella parte, ero pronta a tutto. Il mio personaggio, Irina, è molto più coraggiosa e forte di me. Yulia non avrebbe mai potuto farcela, ma nei panni di Irina non avevo paura. Alla fine, si è rivelata un’esperienza fantastica. Io potevo vedere l’intero panorama di Budapest da un centinaio di metri di altezza”.
Assieme al Mi:24, il film comprende l’elicottero di fabbricazione russa Mi:26 “Halo” , che è il più grande del mondo, dal peso di 25 tonnellate e in grado di sollevarne altri 25. Si dice che l’unica cosa in grado di sollevare in aria un Mi:26 sia un altro Mi:26. E’ lungo 38 metri, mentre le sue pale si estendono per 60 metri. I suoi motori da 30.000 cavalli mettono in moto 8 rotori, ognuno lungo 14 metri. La velocità massima è di 250 nodi.
John Moore è un appassionato di velivoli aerei (come dimostrano delle edizioni conservate accuratamente del mensile dell’aviazione americana) e rivela che “questa è la prima volta che un Mi:26 viene utilizzato per un film occidentale. E’ fantastico avere a disposizione questo mostro e realizzare delle cose che non erano mai state provate prima d’ora”.
Se gli elicotteri erano la ciliegina, la torta vera e propria era il già menzionato inseguimento in macchina, che ha richiesto quasi due mesi e mezzo di riprese e centinaia di veicoli. La Mercedes Benz ha donato diversi milioni di dollari di macchine e camion alla produzione, tra cui tre dei protagonisti dell’inseguimento: un SUV serie GL, un Van Sprinter e un Unimog, un veicolo militare solido e dall’aspetto tipicamente europeo.
Questa impresa notevole ha richiesto un’estate di riprese. 12 strade diverse erano coinvolte, ognuna di esse con degli stunt differenti. In effetti, un’unità di 190 persone è stata creata per girare gli elementi d’azione dell’inseguimento, diretta dal regista della seconda unità Jonathan Taylor e dall’assistente alla regia Sean Guest. I primi piani e le scene di dialogo sono state realizzate dall’unità principale. Così, la squadra degli stunt è diventata una presenza fissa nelle strade di Budapest, mentre era impegnata a ribaltare dei camion, far scontrare le vetture e veder correre dei veicoli enormi nei vicoli stretti.
Taylor ha ripreso l’inseguimento con diverse camere per ogni inquadratura, inserendole non soltanto nei veicoli e nei camion coinvolti nell’inseguimento, ma anche nelle vetture che venivano colpite e in quelle che passavano, nelle motociclette, nelle finestre degli edifici e così via.
Come rivela Sean Guest: “Siamo arrivati al limite. E poi lo abbiamo superato”.
Una grande preoccupazione era suscitata dai veicoli degli “eroi”, quelli condotti da Jack e Komarov (un Van Sprinter) e John McClane (un Unimog e una G Station Wagon). Per questo, erano necessarie diverse versioni di questi veicoli, alcune con delle parti esterne particolari, per consentire agli autisti stunt di guidare e permettere alle cineprese di riprendere gli attori negli abitacoli.
Alik si trova all’inseguimento con il veicolo più spaventoso possibile sulla strada, un MRAP (ossia, una sorta di fuoristrada resistente alle mine e alle imboscate) modificato appositamente, un veicolo predisposto per le zone di guerra e in grado di annientare tutto quello che incontra sul suo cammino. I realizzatori hanno deciso fin dall’inizio di ideare e costruire i propri MRAP, piuttosto che acquistarne delle versioni già esistenti, in modo da poter fornire delle caratteristiche specifiche ai veicoli.
Il telaio del principale MRAP proviene da un camion ZIL russo, equipaggiato con un motore Dodge Ram di un ottavo di litro e da 500 cavalli, un albero a canne realizzato appositamente, degli ammortizzatori da fuoristrada e delle gomme da corsa. E’ alto quasi tre metri, largo due metri e mezzo e pesa 3.500 chili. La sua fabbricazione è costata 200.000 dollari.
Come afferma John Moore: “le sue prestazioni sono incredibili, è tre volte più veloce della versione militare. E’ una bestia!”.
A un certo punto, McClane tenta di raggiungere i due veicoli principali distruggendo un guardrail e nuotando letteralmente sopra le altre vetture. Lo
stuntman Larry Ripenkroeger era responsabile per questa scena, che la produzione ha definito “la salita sull’ingorgo”.
Willis ha eseguito personalmente parte della guida per questa sequenza, tra cui il momento in cui ha fatto passare la G Station wagon attraverso delle enormi colonne di cemento e quando cercava di riprendere il controllo dopo un testacoda.
La scena è stata girata in una parte del circuito di Formula 1, l’Hungaroring. La produzione ha potuto utilizzare un’enorme zona del parcheggio, che ha fornito un ambiente sicuro per alcuni degli stunt più complessi da girare e troppo rischiosi per essere eseguiti su strade normali. 100 metri di strada sono stati ricoperti dal tarmac e sono stati aggiunti dei pannelli a un cavalcavia. A sua volta, dietro è stato inserito uno dei maggiori green screen mai utilizzati, lungo 220 metri e alto 135. “Si poteva vedere dallo spazio”, scherza Dan Dorrance.
L’enorme green screen ha consentito al reparto di effetti speciali di aggiungere le immagini degli edifici e del traffico di Mosca. Anche se Budapest si è rivelata una copia fantastica della città, alcuni aspetti della capitale russa non potevano essere ricreati.
Budapest non aveva le dimensioni enormi di Mosca, ma ha comunque compensato con la sua architettura meravigliosa e affascinante. La produzione ha girato in 32 location, utilizzando alcuni luoghi caratteristici e delle piazze della città, tra cui il pittoresco viale Andrassy (di ispirazione parigina), il ponte Elizabeth e un popolare sito turistico, la Piazza degli Eroi (“Hosok Ter”), piena di enormi statue delle figure storiche ungheresi.
La Piazza degli Eroi porta a un parco enorme ed è affiancata da due dei più celebri musei nazionali. Uno di essi, il Museo delle Belle Arti, ha rappresentato la facciata esterna del tribunale in cui Komarov e Jack McClane vengono portati per il loro processo. E’ una scena caotica, visto che centinaia di dimostranti sono arrivati per protestare contro Komarov e i suoi presunti crimini contro lo Stato. Dei veri poliziotti e militari ungheresi sono stati utilizzati come comparse in questa scena, assieme a decine di veicoli della polizia, furgoni, bandiere e cartelli di protesta.
La produzione ha avuto dei permessi speciali per girare all’aeroporto di Budapest Franz Liszt (che rappresentava il La Guardia di New York), per una scena che comprendeva Mary Elizabeth Winstead, che riprende il ruolo di figlia di John, Lucy McClane.
“Da una parte, sembra ieri che giravamo Die Hard – Vivere o morire, dall’altra mi pare un’eternità”, sostiene la Winstead. “Nel film precedente, si parlava del fratello di Lucy e ora sono eccitata di incontrarlo nella persona di Jai! Mi piace anche il dialogo un po’ criptico tra John e Lucy, perché rappresenta bene come sono fatte alcune famiglie, che hanno la tendenza a non affrontare in maniera esplicita le cose più emotive e dolorose”.
Anche se quasi tutte le location del film erano a Budapest, la produzione ha dovuto spostarsi, facendo quasi un’ora di viaggio, per trovare il set più grande ed emozionante di tutti: Chernobyl. Un’ex base militare sovietica che si trova nel villaggio di Kiskunlachaza e che è stata abbandonata dopo il crollo dell’Unione Sovietica, forniva l’ambiente inquietante necessario per la pellicola.
La struttura (che si trova in pessime condizioni) è stata decorata dalla squadra di Dorrance con delle statue e dei murales dipinti sugli edifici di cemento. Dei carri armati militari, delle jeep e dei camion sono stati posizionati sul terreno. Oltre ad aggiungere un’ampia facciata a un edificio, il dipartimento artistico ha creato una grande piattaforma di cemento per consentire l’atterraggio di un elicottero Mi:26, che ha un ruolo fondamentale nell’ultima sequenza.
Il cast e la troupe erano sconvolti quando sono arrivati sul set di Chernobyl la sera del 23 giugno, la prima di otto notti (non consecutive) di riprese. “E’ incredibile, non avevo mai visto niente del genere”, sostiene Sebastian Koch. “Il set era così desolato e inquietante, che ti faceva pensare di stare veramente a Chernobyl”.
L’Mi:26 dovrebbe servire per la fuga di Alik e dei suoi complici, ma i McClane hanno altri piani. Guidare e far atterrare questo enorme elicottero richiede un equipaggio di sei persone e per comprendere bene il suono fragoroso che emana, bisogna posizionarsi a un centinaio di metri di distanza.
Questo elicottero “Halo” è stato prestato dalla Bielorussia. Anche il semplice trasporto di questo velivolo attraverso i confini tra Bielorussia, Ucraina e Ungheria, che comprendeva una gran quantità di permessi richiesti e mezzi necessari, è stata un’avventura. In sintesi: sei mesi di pianificazione, una settimana di trasporto lento sulle autostrade scortati dalla polizia, in modo da coprire 1.300 chilometri, e il pericolo di sfiorare dei ponti bassi.
Evitando le attività che hanno luogo nelle vicinanze del M1:26, i McClane si fanno strada nella banca e scompaiono per una scala che conduce al piano superiore. Quando Bruce e Jai appaiono sul tetto della banca, vengono trasportati istantaneamente, grazie alla magia del cinema, su un set completamente diverso che si trova a 80 chilometri di distanza, nei Raleigh Studios. In effetti, la sequenza di Chernobyl comprendeva tre elementi di grandi dimensioni, che dovevano essere uniti in maniera impercettibile: la base militare di Kiskunlachaza, gli esterni del tetto della banca agli studi Raleigh e gli interni della banca, costruiti sul teatro di posa 4. Per quest’ultimo, è stato modificato il set del tribunale, aggiungendo ulteriori elementi architettonici e di design.
L’interno della banca è il set più interessante e vasto tra quelli interni utilizzati per il film, lungo quasi 100 metri e alto 20. Grazie a due teatri di posa messi insieme, comprendeva una facciata esterna, un atrio buio, una porta di acciaio circolare, una sala per i depositi e una porta nascosta, che conduce a una camera blindata segreta, con degli scaffali e dei cassetti in metallo. L’interno in metallo pesante e arrugginito della camera blindata fornisce un aspetto inquietante e fantascientifico alla scena.
“Molta architettura sovietica ricorda delle popolari immagini di fantascienza, con il suo design semplice e preciso, l’estetica funzionale e le dimensioni ampie”, rivela Dorrance. “Questo luogo dovrebbe apparire immutato anche dopo 30 anni, come un promemoria inquietante della contaminazione radioattiva”.
Dorrance e il responsabile delle decorazioni sul set Jille Azis hanno lavorato sull’atrio, largo 25 metri per 25, aggiungendo delle vecchie macchine da scrivere, degli armadietti in metallo, delle classiche sedie da scrivania e delle lampade anni settanta. Azis ha trovato questi oggetti sovietici nel Regno Unito, in Austria e in Ungheria, in particolare recandosi nei mercatini di Budapest, in cui si possono ancora reperire delle reliquie sovietiche. Inoltre, ha anche scovato delle cassette di sicurezza di metallo anni ottanta in Oklahoma, dove una persona stava radendo al suolo una vecchia banca e vendendo i suoi oggetti su eBay.
Come rivela il produttore Wyck Godfrey, “Dan e John hanno collaborato magnificamente per realizzare tutti questi set, facendo trasparire le emozioni delle sequenze attraverso le scenografie. Gli interni della banca, per esempio, esprimono una sensazione di paura indicibile – cosa potremmo trovare dentro? – fornendo a tutta la scena l’atmosfera di un film horror. Il set del tetto, costruito appena fuori dal teatro di posa, sembra invece poter crollare in qualsiasi momento”.
Il tetto della banca era la location principale per la settimana finale di riprese, tutte eseguite in notturna, dove la storia arriva a un climax con una tempesta di fuoco composta da attacchi in elicottero, esplosioni, sparatorie e il classico eroismo dei McClane.
Mentre la fase di postproduzione di questo imponente progetto si avviava a conclusione, i realizzatori avevano il tempo di riflettere sull’impatto personale e storico del primo film di Die Hard. I produttori Alex Young e Wyck Godfrey avevano un ricordo indelebile di quando hanno visto il film in un cinema buio, mentre erano ammirati da quello che veniva proiettato.
“Stavo con due amici a Johnson City, in Tennessee, e non avevamo mai visto nulla del genere”, ricorda Godfrey. “Siamo subito tornati in fila e lo abbiamo visto nuovamente”.
Young ha vissuto un’esperienza simile. Aveva appena terminato il liceo e nell’estate del 1988 stava lavorando a Tulsa. “La pubblicità diceva che il film era stato girato in 70mm, una cosa rara. Ho preso la mia vecchia macchina scassata e sono arrivato al centro commerciale, dove ho visto il film, che mi ha totalmente catturato”. Come capitato a Godfrey, anche Young è tornato subito in fila per rivederlo.
“E’ uno dei più bei film americani mai realizzati. Lo vedo ogni volta che viene trasmesso. Per me è stato fondamentale, volevo essere John McClane ed è ancora così”.
John Moore conclude dicendo che “Bruce 25 anni fa ha creato un punto di riferimento con Die Hard, saltando dagli edifici, camminando sui vetri e facendo tutto in maniera concreta. Noi volevamo rispettare questa tradizione, per cui abbiamo girato realisticamente, oltre ad aver conservato un’azione epica e divertente”.
IL CAST
BRUCE WILLIS (John McClane) ha dimostrato una versatilità incredibile, in una carriera che comprende personaggi come il pugile in Pulp Fiction di Quentin Tarantino (Palma d’oro al Festival di Cannes del 1994), il generoso appaltatore apparso ne La vita a modo mio (Nobody’s Fool) di Robert Benton, l’eroico viaggiatore ne L’esercito delle 12 scimmie (12 Monkeys) di Terry Gilliam, un veterano del Vietnam traumatizzato in Vietnam: verità da dimenticare (In Country) di Norman Jewison, il sensibile psicologo infantile nella pellicola di M. Night Shyamalan candidata agli Oscar The sixth sense – Il sesto senso (The Sixth Sense, che gli è valso il People’s Choice Award) e il suo ruolo più celebre, il detective John McClane nella quadrilogia di Die Hard.
Dopo aver studiato nel prestigioso programma teatrale del Montclair State College, questo nativo del New Jersey si è fatto le ossa in diverse rappresentazioni teatrali e in tante pubblicità per la televisione, prima di conquistare un ruolo da protagonista nella rappresentazione di Sam Shepard di Fool for Love nel 1984, che è andata avanti per 100 spettacoli off-Broadway. Willis in seguito è diventato una star internazionale e ha vinto numerosi premi, tra cui l’Emmy e il Golden Globe, per la parte del detective privato David Addison nella fortunata serie Agenzia luna blu (Moonlighting), ruolo conquistato dopo aver superato la concorrenza di 3.000 candidati. In quel periodo, ha esordito al cinema assieme a Kim Basinger nella commedia romantica di Blake Edwards Appuntamento al buio (Blind Date).
Nel 1988, ha creato il ruolo di John McClane nel blockbuster Trappola di cristallo (Die Hard), uno dei maggiori successi dell’anno. In seguito ha ripreso il suo personaggio in tre sequel: 58 minuti per morire – Die Harder (Die Hard: Die Harder, 1990), Die hard – Duri a morire (Die Hard: With A Vengeance, 1995, un grande successo al botteghino), Die hard – Vivere o morire (Live Free or Die Hard, uno dei maggiori incassi dell’estate del 2007) e Die Hard: Un buon giorno per morire (A Good Day To Die Hard).
Nella sua carriera, ha collaborato con registi importanti, tra cui Michael Bay in Armageddon – giudizio finale (Armageddon), M. Night Shyamalan con The sixth sense – Il sesto senso (The Sixth Sense) e Unbreakable – Il predestinato (Unbreakable), Alan Rudolph grazie a L’ombra del testimone (Mortal Thoughts) e La colazione dei campioni (Breakfast of Champions), Walter Hill per Ancora vivo (Last Man Standing), Robert Benton con Billy Bathgate – a scuola di gangster (Billy Bathgate) e La vita a modo mio (Nobody’s Fool), Rob Reiner per Storia di noi due (The Story of Us), Ed Zwick in Attacco al potere (The Siege), Luc Besson grazie a Il quinto elemento (The Fifth Element), Barry Levinson con Bandits e Disastro a Hollywood (What Just Happened), Robert Zemeckis per La morte ti fa bella (Death Becomes Her) e Robert Rodriguez (Sin City, Grindhouse).
Nella sua filmografia, figurano anche The Jackal, Codice Mercury (Mercury Rising), Sotto corte marziale (Hart’s War), FBI: Protezione testimoni (The Whole Nine Yards) e il suo sequel FBI: Protezione testimoni 2 (The Whole Ten Yards), Faccia a faccia (The Kid), L’ultima alba (Tears of the Sun), Hostage, Solo 2 ore (16 Blocks), Alpha Dog, Slevin – Patto criminale (Lucky Number Slevin)e Perfect Stranger. Ha fornito la voce al bambino saccente, Mikey, in Senti chi parla (Look Who’s Talking) e Senti chi parla 2 (Look Who’s Talking Too), oltre a essere stato impegnato con i protagonisti RJ & Spike nelle fortunate pellicole animate La gang del bosco (Over the Hedge) e Rugrats Go Wild!
Lo scorso anno, Willis ha aggiunto alla sua filmografia due acclamati titoli: la pellicola di Wes Anderson Moonrise kingdom – Una fuga d’amore (Moonrise Kingdom), che ha consentito a Willis e al film di ottenere delle candidature agli Independent Film Award; e il thriller di fantascienza di Rian Johnson Looper – In fuga dal passato (Looper), al fianco di Joseph Gordon Levitt. Nel 2013, ritroverà Helen Mirren, John Malkovich e Mary Louise Parker per Red 2, il sequel della pellicola candidata ai Golden Globe Red.
Oltre al suo lavoro di fronte alla cinepresa, ha prodotto Hostage e FBI: Protezione testimoni, mentre è stato produttore esecutivo de La colazione dei campioni, un adattamento del celebre romanzo di Kurt Vonnegut. Assieme a suo fratello, David Willis, e al socio d’affari Stephen Eads, è stato cofondatore della Willis Brothers Films, una società di produzione cinematografica con sede a Los Angeles.
Willis è anche impegnato nel mondo del teatro. Nel 1997, è stato tra i fondatori della A Company of Fools, una compagnia no profit impegnata a sviluppare e sostenere le rappresentazioni nella Wood River Valley in Idaho e negli Stati Uniti. Ha recitato e diretto una rappresentazione della dark comedy di Sam Shepard Vero West (True West) al Liberty Theater di Hailey, Idaho. Lo spettacolo, che racconta il rapporto complicato tra due fratelli, è stato trasmesso dalla Showtime e dedicato al compianto fratello di Willis, Robert.
Willis è anche un apprezzato musicista e nel 1986 ha registrato l’album Motown The Return of Bruno, che ha ottenuto il disco di platino e che conteneva il singolo, arrivato al quinto posto delle classifiche di Billboard, Respect Yourself. Tre anni più tardi, ha registrato un secondo album, If It Don’t Kill You, It Just Makes You Stronger. Nel 2002, è andato in tournée nei locali americani con il suo gruppo, Bruce Willis and the Blues Band, viaggiando anche in Iraq per esibirsi di fronte ai soldati statunitensi.
JAI COURTNEY (Jack McClane) è un attore molto richiesto, dopo essere apparso al fianco di due delle maggiori star di Hollywood nei film Jack Reacher – La prova decisiva (Jack Reacher), dove recitava assieme a Tom Cruise, e Die Hard: Un buon giorno per morire (A Good Day To Die Hard).
Interpreta un detective della polizia assieme a Joel Edgerton e Tom Wilkinson in Felony, in cui si racconta la storia di un poliziotto decorato (Edgerton), che manda fuori strada un ciclista dopo essersi ubriacato con i suoi colleghi per celebrare il successo in una missione importante. La sua decisione di mentire sull’incidente è frutto di una scelta improvvisa, ma cambierà per sempre le vite di tutti.
E’ nato e cresciuto nella regione nordoccidentale di Sydney, dove ha sviluppato un forte interesse per la recitazione fin da giovane. Ha partecipato a un programma statale di recitazione per i giovani, che lo ha portato ad affrontare un’audizione al National Institute of Dramatic Art dopo il liceo. Nel 2004, è entrato a far parte della Western Australian Academy of Performing Arts (WAAPA), una rispettata istituzione di Perth (che tra i suoi ex allievi comprende anche Hugh Jackman e il compianto Heath Ledger), dove si è diplomato nel 2008.
In breve tempo, ha ottenuto delle piccole parti in due importanti serie australiane, Packed to the Rafters e All Saints, e più tardi quell’anno ha vinto il Theatre Critics Award per il miglior attore emergente, grazie alla sua prova in The Turning alla Perth Theatre Company. Nel 2009, ha conquistato l’ambitissimo ruolo di Varro nel fortunato telefilm della Starz Spartacus: Sangue e sabbia (Spartacus: Blood and Sand). Questo personaggio diventa il più importante confidente di Spartacus fino alla sua morte, avvenuta nel decimo episodio. Gli appassionati della serie sono rimasti sconvolti dalla morte di Varro e ancora adesso continuano a lamentarsene sui numerosi fansite e blog dedicati a Spartacus.
Successivamente, è stato scelto per la pellicola della Paramount Jack Reacher – La prova decisiva al fianco di Tom Cruise e Werner Herzog. Il thriller, diretto da Christopher McQuarrie, parla dell’indagine legata all’omicidio di cinque persone, che nasconde molti più segreti di quello che sembra. Dopo Jack Reacher, è passato al film della Lionsgate I, Frankenstein assieme ad Aaron Eckhart. Si tratta di una versione moderna del classico horror, in cui incarna il leader di uno dei due clan immortali coinvolti in una guerra infinita, mentre il mostro senz’anima creato dal dottor Frankenstein si frappone tra loro. La pellicola, diretta da Stuart Beattie, uscirà nel 2013.
Courtney si è impegnato molto per far conoscere e raccogliere i fondi necessari per produrre il documentario Be Here Now, che parla di un suo amico scomparso, Andy Whitfield, morto 18 mesi dopo che gli è stato diagnosticato il linfoma non Hodgkin. Andy voleva che questo documentario venisse prodotto per ispirare le persone che devono affrontare il cancro o altre sfide impegnative. Il documentario è diretto dalla candidata all’Oscar Lilibet Foster.
SEBASTIAN KOCH (Komarov) è un celebre attore tedesco, che si è fatto notare nel mondo grazie alla sua prova nell’acclamato Le vite degli altri (The Lives of Others), che ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero. E’ la storia di un agente della Stasi in Germania dell’Est, che negli anni ottanta si affeziona alla coppia che sta spiando. Più di recente, Koch è apparso con Liam Neeson in Unknown – Senza identità (Unknown), oltre a essere stato impegnato nell’imminente pellicola di Mike Figgis Suspension of Disbelief.
Koch è nato a Karlsruhe, in Germania, il 31 maggio del 1962, e ha passato la sua infanzia a Stoccarda, nella regione sudoccidentale della Germania. Prima di iniziare a recitare, voleva diventare un musicista, ma dopo aver visto una produzione del teatro di Stoccarda diretta da Claus Peymann, ha deciso che la sua carriera sarebbe stata quella di attore. Dopo essersi diplomato alla Otto Falckenberg School di Monaco, ha ottenuto dei ruoli a teatro, ne I masnadieri (Die Reuber) di Schiller, Ifigenia in Tauride (Iphigenie) di Goethe e Dirty Dishes di Nick Whitby. Nel 2002, ha ricevuto il premio della televisione della Baviera per il suo impegno in The Manns, che ha anche ottenuto il riconoscimento di evento televisivo dell’anno.
Si è fatto notare dal pubblico internazionale incarnando il giovane amante di Catherine Deneuve, Rudolphe Loewenstein, in Marie and Freud, e lavorando alla miniserie Napoleon, in cui recitava assieme a Gérard Depardieu, John Malkovich e Isabella Rossellini. Nel 2005, ha collaborato per la terza volta con il regista Heinrich Breloer grazie a Speer and Hitler, la storia del rapporto tra Hitler e il suo architetto Albert Speer, vincendo il premio della televisione tedesca e di quella della Baviera come miglior attore protagonista. L’anno dopo, ha interpretato Georgr Dreymann ne Le vite degli altri, grazie al quale ha ottenuto il premio dell’associazione della stampa estera in Italia, il Globo d’Oro e il Bambi Award per il migliore attore protagonista.
Nei suoi ruoli successivi, ha esaminato attentamente personalità e tematiche legate alla storia tedesca. Operation Valkryrie, l’acclamato docu-drama di Jo Baier, sul piano del militare aristocratico Clemens von Stauffenberg per uccidere Hitler, ha ottenuto il riconoscimento della televisione tedesca. Nella pellicola di Paul Verhoeven Black Book, che è stata presentata in anteprima ai festival di Venezia e Toronto, diventando poi nel 2007 il candidato olandese all’Oscar per il miglior film straniero, Koch incarnava il protagonista, un ufficiale nazista nell’Olanda occupata dai tedeschi, che s’innamora di una donna ebrea, membro della resistenza.
Recentemente, ha lavorato al film indipendente britannico Albatross, diretto da Niall MacCormick, e alla produzione greca di Iannis Smaragdis God Loves Caviar.
RASHA BUKVIC (Alik) è un attore serbo che risiede a Parigi e che si è fatto notare dal pubblico internazionale per il ruolo di Anton nella pellicola che vedeva protagonista Liam Neeson, Io vi troverò (Taken). Ha anche recitato assieme a Catherine Denueve ne Les bien-aimés, mentre ne Le Femme Invisible era al fianco di Gerard Depardieu e Charlotte Rampling, e in Largo Winch ha lavorato con Kristin Scott Thomas. Inoltre, ha interpretato Dimitri nella pellicola francese Goodbye Morocco.
E’ nato a Belgrado, dove la madre era un giudice e il padre un ingegnere. Ha iniziato a studiare recitazione all’età di 14 anni e si è iscritto a un corso di arti drammatiche all’Università di Belgrado. Ha recitato in numerose produzioni teatrali e televisive a Belgrado, prima del suo debutto nel cinema internazionale, avvenuto con La Californie, che nel 2006 è stato presentato al Festival di Cannes.
COLE HAUSER (Collins) Nato in una famiglia di artisti, i primi ruoli da attore di Hauser sono stati nei film Scuola d’onore (School Ties), che vedeva impegnati diversi interpreti giovani ed emergenti come Matt Damon, Chris O’Donnell e Ben Affleck, e La vita è un sogno (Dazed & Confused). Hauser ha poi ritrovato Damon e Affleck in Will Hunting – Genio ribelle (Good Will Hunting), per poi incarnare il leader degli skinhead nazisti nella pellicola di John Singleton L’università dell’odio (Higher Learning). Hauser è tornato a collaborare con questo regista per 2 Fast 2 Furious, dove recitava assieme a Paul Walker ed Eva Mendes. Inoltre, ha interpretato un prigioniero di guerra americano e razzista in Sotto corte marziale (Hart’s War) con Bruce Willis e Colin Farrell. Ha ritrovato Willis quando si è calato nei panni di un Navy Seal ne L’ultima alba (Tears of the Sun), diretto da Antoine Fuqua.
Ha ottenuto grandi consensi nella parte del boyfriend sexy di Robin Wright in White Oleander, aggiudicandosi il premio di “miglior emergente dell’anno” agli Young Hollywood Awards. Inoltre, è stato candidato a un Independent Spirit Award come miglior attore non protagonista per il ruolo del sergente Cota, nel film di Joel Schumacher Tigerland. Di recente, ha lavorato nuovamente con Fuqua per il thriller di prossima uscita Olympus Has Fallen assieme a Gerard Butler. Nel 2013, esordirà alla regia grazie a The Westies, tratto dall’omonimo libro di TJ English.
In televisione, recentemente è stato protagonista e produttore della serie drammatica di Jerry Bruckheimer per la NBC Chase, così come del telefilm K-Ville, al fianco di Anthony Anderson.
YULIA SNIGIR (Irina) è una modella internazionale, nonché un’ex giocatrice professionista di scacchi. A 15 anni, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento di Candidata Maestro di scacchi da parte della Federazione internazionale di scacchi. Si è laureata all’Università pedagogica di stato. Mentre proseguiva gli studi, è diventata una modella di successo e le è stato offerto un contratto con un’importante azienda francese di gioielli. La sua attività di attrice è invece iniziata quando è stata accettata alla rinomata Accademia di teatro Vakhtangov e scelta per partecipare a due film indipendenti.
La svolta nella sua carriera è avvenuta quando ha ottenuto uno dei ruoli da protagonista nel blockbuster di fantascienza russo The Inhabited Island. In seguito, ha partecipato anche al sequel, The Inhabited Island: Fight, che l’ha resa una star in Russia. Così, è diventata il volto de L’Oreal e della linea di abbigliamenti e di profumi MEXX.
La Snigir si divide tra televisione, teatro e cinema. Sui palcoscenici, ha incarnato il ruolo di un uomo in una fortunata produzione di Re Lear (King Lear), che si è aggiudicata diversi riconoscimenti teatrali russi ed europei.
Di recente, ha terminato il suo impegno nella pellicola indipendente Delirium, per la regia di Lee Roy Kunz.
I REALIZZATORI
JOHN MOORE (Regista) è nato, cresciuto e ha studiato in Irlanda. A dieci anni, ha iniziato a interessarsi alla fotografia, passione che poi avrebbe trasformato in un lavoro. Ha iniziato la sua carriera come operatore televisivo e in seguito ha lavorato come assistente operatore in alcuni film diretti dagli acclamati registi Neil Jordan e Jim Sheridan.
Quando Moore è passato a dirigere degli spot pubblicitari, il suo lavoro innovativo e ricco di effetti speciali all’avanguardia gli ha permesso di ottenere un ampio riconoscimento in tutto il mondo. Nel suo curriculum, figurano spot importanti per l’Adidas, la Guinness e la SEGA. Dopo che la sua pubblicità per la SEGA è apparsa per la prima volta agli Music Video Awards del 1999, la Twentieth Century Fox e la Davis Entertainment gli hanno dato la possibilità di esordire alla regia con Behind enemy lines – Dietro le linee nemiche (Behind Enemy Lines), una pellicola d’azione che vedeva la presenza di Gene Hackman e Owen Wilson.
Dopo il successo di Behind Enemy Lines, Moore ha stretto un accordo per produrre e sviluppare dei progetti con la Fox e ha creato una sua società di produzione, la Point Road. Nel 2004, ha diretto Il volo della Fenice (Flight of the Phoenix), con Dennis Quaid e Giovanni Ribisi, seguito da The Omen, il remake del classico degli anni settanta Il presagio, per la Twentieth Century Fox, uscito nel mondo nel giugno del 2006. Nell’autunno del 2008, la sua pellicola Max Payne, con protagonista Mark Wahlberg, ha esordito al primo posto del botteghino americano.
Lo sceneggiatore e produttore esecutivo SKIP WOODS è stato impegnato in film come Codice: Swordfish (Swordfish), Hitman – L’assassino (Hitman), X-Men: le origini – Wolverine (X-Men Origins: Wolverine) e A-Team. Le riprese dell’ultimo lavoro di questo sceneggiatore che vive a Los Angeles, Ten, sono terminate a fine 2012 e vedevano protagonisti Arnold Schwarzenegger, Sam Worthington e Terrence Howard.
Lo sceneggiatore e produttore esecutivo JASON KELLER ha iniziato a scrivere opere teatrali mentre studiava cinema e teatro al Regents College di Londra. Molti suoi lavori sono poi stati prodotti a Londra, Chicago e Los Angeles. Nel 1995, ha ricevuto la borsa di studio New Harmony Writing per la sua opera Paris Moon.
La sua prima sceneggiatura originale per il cinema, risultato di una ricerca e una fase di sviluppo notevoli, era l’emozionante thriller d’azione Machine Gun Preacher, che vedeva protagonista Gerard Butlered era diretto da Marc Forster, un filmuscito negli Stati Uniti nel settembre del 2011. Keller ha anche realizzato la sceneggiatura di Biancaneve (Mirror, Mirror), che vedeva coinvolti Julia Roberts e Lily Collins, per la regia di Tarsem Singh; e l’imminente The Tomb, in cui Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone recitano per il regista danese Mikael Håfström.
Il direttore della fotografia JONATHAN SELA ha già collaborato con il regista John Moore a Max Payne e Omen – Il presagio (The Omen). Sempre come direttore della fotografia, è stato coinvolto in Giustizia privata (Law Abiding Citizen), Powder Blue, il film horror Prossima fermata: l’inferno (Midnight Meat Train) con Bradley Cooper, Grimm Land, Randy and the Mob, Un sogno troppo grande (Dreamland) e Soul plane – Pazzi in aeroplano (Soul Plane).
Sela è nato a Parigi e in seguito si è trasferito con la sua famiglia a Los Angeles. Quando aveva dieci anni, il nonno polacco lo ha portato sul set di Schindler’s List a Cracovia, ispirando così la sua carriera nel mondo del cinema. Fin da giovane, ha iniziato a lavorare come tecnico delle luci ed elettricista in diverse serie televisive, mentre è stato assistente di Vilmos Zsigmond per The Body, incarico che lo ha portato a diventare direttore della fotografia per il documentario Cypress Hill: Still Smokin. In seguito, ha girato diverse pubblicità e video musicali, tra cui uno per LL Cool J, prima di iniziare a lavorare nel mondo del cinema, come direttore della fotografia della seconda unità di Winter Break.
Lo scenografo DAN T. DORRANCE è stato art director di diversi film acclamati, tra cui Salvate il soldato Ryan (Saving Private Ryan), che ha conquistato una candidatura all’Oscarâ per le migliori scenografie, Braveheart – Cuore impavido (Braveheart) e il secondo e terzo episodio di Mission: Impossible. Il suo primo impegno come scenografo è arrivato grazie a Timeline di Richard Donner, a cui è seguita la collaborazione con John Moore per Max Payne. Recentemente, è stato scenografo di Paperboy e Quello che so sull’amore (Playing for Keeps).
Ha iniziato la sua carriera a Los Angeles, lavorando per una società che si occupava di scenografie per set teatrali. Ha esordito nel mondo del cinema come assistente di produzione per il compianto regista Tony Scott in Giorni di tuono (Days of Thunder). In seguito, è stato assistente art director per Steven Spielberg e Frances Ford Coppola, rispettivamente in Hook – Capitan Uncino (Hook) e Dracula di Bram Stoker (Dracula). Come art director, ha lavorato anche a Maverick, Assassins, Due padri di troppo (Father’s Day), We Were Soldiers – Fino all’ultimo uomo (We Were Soldiers), Collateral, Serenity, I fantastici 4 e Silver Surfer (Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer)e L’incredibile Hulk (The Incredible Hulk) di LouisLeterrier.
Il montatore DAN ZIMMERMAN, A.C.E. ha iniziato la sua carriera sotto la supervisione del padre, lo stimato montatore Don Zimmerman, A.C.E. Ha poi lavorato come assistente al montaggio per film come Bugiardo bugiardo (Liar Liar), Half-Baked, Patch Adams e Il gatto… e il cappello matto (The Cat in the Hat). Il suo primo lavoro come responsabile del montaggio è stato Omen – Il presagio (The Omen) di John Moore, regista che poi ha ritrovato per Max Payne. Inoltre, Zimmerman è stato impegnato in Aliens vs. Predator 2 (AVP: Requiem), Predators, Spy Kids: All the Time in the World, L’ultimo dei templari (Season of the Witch), Inseparable e Deadfall.
L’ideatrice dei costumi BOJANA NIKITOVIC ha ricevuto una candidatura ai BAFTA Award per il suo lavoro nella pellicola del 2011 Coriolanus, diretta da Ralph Fiennes, una versione moderna dell’opera teatrale di Shakespeare. Recentemente, è anche stata impegnata nel film con Nicolas Cage, Ghost Rider: Spirito di vendetta (Ghost Rider: Spirit of Vengeance).
La Nikitovic è nata e cresciuta a Belgrado, in Serbia, è si è laureata nella rinomata Facoltà di arti applicate. Ha lavorato in oltre 100 opere tra teatro, opera e balletti, mentre è stata premiata come miglior ideatrice dei costumi dell’anno da parte dell’Associazione delle arti applicate serba. In seguito, ha iniziato una fruttuosa collaborazione con la vincitrice dell’Oscar Milena Canonero, come assistente di questa leggendaria professionista su diversi progetti, tra cui Marie Antoinette, un film vincitore dell’Oscar per i miglior costumi e diretto da Sofia Coppola, Le avventure acquatiche di Steve Zissou (The Life Aquatic), The Wolfman e l’opera Tosca, che ha inaugurato la stagione 2010 della Metropolitan Opera di New York.
Il compositore MARCO BELTRAMI si è occupato dell’acclamato film di Kathryn Bigelow The Hurt Locker, che ha conquistato sei Academy Award, tra cui quelli per il miglior film e miglior regista, oltre a far ottenere a Beltrami una nomination all’Academy Award per le migliori musiche, dopo quella che aveva ricevuto grazie a Quel treno per Yuma (3:10 to Yuma) di Jim Mangold.
Più di recente, ha lavorato a The Woman in Black di James Watkins, con Daniel Radcliffe, e la pellicola vincitrice del premio del pubblico al Sundance The Sessions – Gli appuntamenti (The Sessions), che vede protagonisti Helen Hunt, John Hawkes e William H. Macy. Le sue musiche si potranno sentire anche in due uscite del 2013, il thriller Snowpiercer e la pellicola d’azione di Marc Forster World War Z, con protagonista Brad Pitt.
Nella sua filmografia, troviamo La cosa (The Thing); Soul Surfer; Scream 4 e My Soul to Take – Il cacciatore di anime (My Soul to Take), entrambi diretti da Wes Craven; Jonah Hex; le pellicole di Alex Proyas Segnali dal futuro (Knowing) e Io, robot (I Robot); Die Hard – Vivere o morire (Live Free or Die Hard) di Len Wiseman; Le tre sepolture (The Three Burials of Melquiades Estrada) di Tommy Lee Jones; Hellboy di Guillermo del Toro, che ha anche prodotto un altro lavoro in cui era impegnato Beltrami, Non avere paura del buio (Don’t Be Afraid of the Dark); e Terminator 3 – Le macchine ribelli (Terminator 3: Rise of the Machines) di Jonathan Mostow.
Crescendo sotto l’ala protettiva dell’acclamato compositore Jerry Goldsmith, Beltrami si è fatto notare grazie alle musiche di Scream di Wes Craven, dove ha abbandonato i tradizionali cliché dell’horror, ispirandosi invece al suo idolo, Ennio Morricone, e contribuendo a rendere il film una sorta di western.
Pingback: I FILM CHE VEDREMO NEL 2013 – LISTA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO | cinemotore BLOG di cinem"A"