10 Gennaio La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli con Margherita Buy, Sergio Rubini, Susanna Nicchiarelli, Lina Sastri, Gabriele Spinelli, Lino Guanciale, Sara Fabiano, Anita Cappucci Scudery, Renato Carpentieri.
NOTE DI REGIA
Chi non vorrebbe tornare indietro nel tempo, magari per rimediare ad un errore, oppure semplicemente per curiosità? Per incontrare un antenato, per vedere dal vivo un dinosauro, oppure per salvare il mondo da una guerra, una catastrofe naturale, o un attentato? Un’ipotetica macchina del tempo potrebbe essere usata per modificare positivamente il corso della storia, ma se una macchina così dovesse cadere nelle mani sbagliate… la letteratura è piena di queste ipotesi o paradossi. A mio parere però, l’espressione del sogno più romantico, intenso e coinvolgente è quello di colui che torna indietro nel tempo per salvare la vita di una persona cara. Com’è possibile non identificarsi nella persona che sceglie di riavvolgere il nastro della propria vita per cancellare la ferita della perdita prematura di un genitore? Questo è stato l’elemento che mi ha più colpito del romanzo La scoperta dell’alba, di Walter Veltroni, il cui protagonista ricorre ad una fantastica, inspiegabile “magia” (un telefono che chiama nel passato) per recuperare ciò che la Storia gli ha sottratto e che invece gli spettava di diritto: un’infanzia come quella di tutti gli altri. Ci ho visto subito un’idea di grande potenzialità cinematografica, sulla quale potevo intervenire anche integrandola con immagini, suggestioni e ricordi personali. I miei ricordi dell’Italia di quell’epoca, di quel passato che il personaggio principale del romanzo tenta disperatamente di “correggere” o cambiare, sono quelli di un paese che viveva un momento di passaggio tra la paura e l’impressione delle violenze e della cupezza degli ultimi anni Settanta, e la nuova ondata di volontaria rimozione e forzata spensieratezza dei primi anni Ottanta. Mentre gli adulti uscivano feriti dagli Anni di Piombo con l’intento di dimenticare e ricostruire, i più giovani assistevano a cambiamenti significativi nel costume, nella musica, nella televisione e nel cinema e forse intenzionalmente si rifugiavano in nuovi mondi di fantasia per scappare dalla tristezza dei grandi. Non a caso, infatti, il mio riferimento principale nella realizzazione di questo film sono state le atmosfere magiche e sospese di E.T., o della seconda serie di Ai Confini della Realtà, realizzata e andata in onda proprio in quegli anni: il tema fantastico della storia, nonché l’ambientazione, si prestavano benissimo al tono e al linguaggio del cinema con cui sono cresciuta e che ho amato. Quasi da subito, in fase di scrittura del film, ho sentito il bisogno di capovolgere la storia al femminile, e di trasformare il protagonista in una protagonista, Caterina. Accade ancora raramente, soprattutto nel cinema di genere fantastico, come nei gialli o nei thriller, che la protagonista sia una donna ed io ho voluto che fosse così non solo perché riuscivo ad identificarmi meglio ma anche perché ho creduto nell’originalità della scelta. Ho riconosciuto poi in Margherita Buy l’“eroina” perfetta per questa vicenda fantastica e assurda perché la ritengo in grado di utilizzare tutti i toni richiesti dalla storia (drammaticità ma anche, nelle occasioni più paradossali, la giusta dose di ironia). La maggior parte delle scelte di casting che ho fatto hanno seguito questa linea, e soprattutto con la ricomposizione della coppia di Margherita Buy e Sergio Rubini sapevo che avrei ottenuto intensità nelle scene drammatiche e leggerezza e comicità laddove la storia lo richiedeva: questi cambi di tono sono una delle caratteristiche più evidenti, fra le altre cose, del cinema fantastico americano degli anni Ottanta che tenevo come riferimento stilistico principale. Le vicende storiche cui il film fa riferimento, anche se inventate, riguardano il contesto storico reale e alquanto doloroso degli anni del terrorismo. Per la particolarità della vicenda, del genere e del tono, credo che questo film, come faceva il romanzo, porti avanti una riflessione su quell’epoca di tipo inedito: una riflessione più privata e forse perciò più accessibile in virtù della sua veste fantastica, giocosa e onirica che però, nella fase finale di risoluzione catartica, potrebbe fornire più di uno spunto di riflessione. Susanna Nicchiarelli
SINOSSI
Roma, 1981: il Professor Mario Tessandori viene ucciso con sette colpi di rivoltella da due brigatisti, nel cortile dell’università e sotto gli occhi di tutti. Muore tra le braccia di Lucio Astengo, suo amico e collega. Poche settimane dopo, Lucio Astengo scompare nel nulla. Siamo nel 2011. Caterina e Barbara Astengo, che avevano sei e dodici anni quando è scomparso il padre, mettono in vendita la casetta al mare della famiglia, oramai abbandonata da tempo. La casa è piena di ricordi di un’infanzia interrotta dalla sparizione del papà, di una famiglia spezzata e mai più ricomposta. In un angolo, c’è un vecchio telefono ancora attaccato alla presa. È uno di quei telefoni con la rotella, che fa nostalgia solo a guardarlo: Caterina solleva la cornetta e scopre che dà segnale di libero. Il fenomeno è inspiegabile, la linea è staccata, prova a fare dei numeri ma il telefono rimane muto… poi, quasi per gioco, le viene in mente di provare a fare il numero della loro casa di città di trent’anni prima. Questa volta, dall’altra parte sente squillare: le risponde una voce di bambina. È lei, a dodici anni, una settimana prima della scomparsa del papà. Il destino le ha dato una seconda occasione: se non per salvare il padre, almeno per scoprire la verità.
LA REGISTA Susanna Nicchiarelli
Nasce a Roma nel 1975. Dopo la laurea in filosofia, prosegue gli studi con un perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove si diploma con una tesi in Estetica del Cinema. Successivamente frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia diplomandosi in regia con il mediometraggio Uomini e Zanzare. Nel 2009 gira il suo primo lungometraggio, Cosmonauta, vincitore del premio Controcampo Italiano alla Sessantaseiesima Mostra del Cinema di Venezia, nominato come miglior regista esordiente sia al Nastro d’Argento che al David di Donatello, vincitore del FrauenfilmFestival di Colonia e del Ciak d’Oro Miglior Opera Prima 2010. Tra i suoi lavori, alcuni dei quali prodotti con la propria società di produzione Nicchia Film, ricordiamo: i documentari Ca Cri Do Bo (I diari della Sacher)(59esima Mostra di Venezia Nuovi Territori), Il Terzo Occhio, L’Ultima Sentinella; i cortometraggi Il Linguaggio dell’Amore (Festival di Rotterdam e Torino Filmfestival), Giovanna Z., una storia d’amore (vincitore del Premio del Pubblico al Festival di Trevignano, Nastro d’Argento miglior attore a Luciano Scarpa) e Sputnik 5 (animazione a passo uno, vincitore del Nastro d’Argento miglior cortometraggio di animazione 2010 e del Brooklyn International Film Festival, Best Animation Short). La scoperta dell’alba è il suo secondo lungometraggio.
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