20 Dicembre “Love is all you need” di Susanne Bier con Pierce Brosnan – note di regia

20 Dicembre “Love is all you need”  di Susanne Bier con Pierce Brosnan – curiosità

NOTA DI REGIA di Susanne Bier

 

Volevo girare un film che avesse per protagoniste delle persone vulnerabili, un film sulle cose della vita di cui faremmo volentieri a meno ma che, se raccontate in chiave di commedia, possono sollevare lo spirito. In Ida e Philip abbiamo trovato dei personaggi la cui vulnerabilità combina il peso di un argomento drammatico e la leggerezza di un tocco umoristico. Li abbiamo portati nel posto più romantico che si potesse immaginare, insieme a un gruppo di personaggi da commedia; quindi abbiamo usato la componente di divertimento e quella sentimentale come degli strumenti, non per ammorbidire i contenuti drammatici del film, ma piuttosto per farli risaltare più chiaramente, permettendo a questi due universi opposti di arricchirsi l’un l’altro. In questo modo abbiamo potuto descrivere tutti i protagonisti, nella loro buona e cattiva sorte, con tutta l’attenzione e la tenerezza che meritano

 

IL FILM

Dopo il successo planetario di In un mondo migliore, vincitore dell’Oscar e del Golden Globe come miglior film straniero, Susanne Bier firma l’attesissimo Love Is All You Need, girato tra Copenhagen e Sorrento e coprodotto per l’Italia dalla Lumière & Co. di Lionello Cerri.

Pierce Brosnan e Trine Dyrholm sono i protagonisti di questa commedia romantica in cui si fronteggiano due famiglie danesi riunite per un matrimonio in Italia: che succede quando il padre dello sposo si innamora della madre della sposa? La regista torna ai toni più solari che l’hanno resa famosa in patria, senza rinunciare a quell’intensa esplorazione emotiva che da sempre contraddistingue il suo cinema.

Già venduto in oltre 40 paesi, compresi gli Stati Uniti (alla Sony Pictures Classics) e accolto con entusiasmo all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Love Is All You Need rappresenta la quinta collaborazione di Susanne Bier con Teodora Film e si candida da subito a diventare uno dei grandi eventi cinematografici di questa stagione.

 

 

NOTE SUL FILM

di Susanne Bier

(dichiarazioni tratte dall’intervista di Mike Goodridge pubblicata su Film#75

del Danish Film Institute)

Credo di essere una persona molto romantica. C’è sempre stata una distanza tra quello che il pubblico si aspetta da me come regista e quello che realmente sono. E penso che Love Is All You Need accorci questa distanza. Oltre questo, lavoro solo su quello che ho voglia di fare e avevo voglia di fare una commedia romantica.

Love Is All You Need è un film sfacciatamente romantico e oggi non si è davvero liberi di essere sfacciatamente romantici. Anche all’interno di buone commedie di questo genere c’è sempre un elemento di cinismo, mentre io volevo girarne una che non ne avesse ma che comunque avrei amato vedere come spettatore. Questo vuol dire che doveva poggiare su dei contenuti forti, poiché non posso guardare una commedia romantica se non riesco a identificarmi con i personaggi o se è troppo superficiale. Ma, soprattutto, non volevo essere cinica.

Ciò che interessa in questo tipo di commedia non è chi si innamorerà di chi, ma il percorso che faranno i due protagonisti per finire insieme. Con il mio sceneggiatore, Anders Thomas Jensen, abbiamo scritto molti film drammatici dove avevamo a che fare con molte più variabili narrative… In Love Is All You Need avevamo più semplicemente questa donna in una situazione di infelicità e solitudine e volevamo restituirle la gioia.

Non si può avere la mano pesante in una commedia, occorre invece essere emotivamente accattivanti. Hai un personaggio per cui provi compassione, ma questo deve anche possedere un grande dose di fascino e imprevedibilità. Credo che Trine Dyrholm, abituata negli ultimi tempi a ruoli molto drammatici, fosse spaventata inizialmente da un ruolo più “leggero”. Il suo personaggio, Ida, riesce a mantenere il buon umore anche quando le cose si mettono davvero male. Riguardo a Pierce Brosnan, si tratta di un grandissimo attore, capace di afferrare in pieno il senso profondo del film. Credo ci fosse una parte di lui che volesse interpretare un ruolo un po’ più fragile di quelli a cui ci ha abituato.

Il buon gusto è il peggiore ostacolo per chi fa film: bisogna essere coraggiosi e includere anche i cliché e le convenzioni. Se ne sei terrorizzato, rischi di perdere il coinvolgimento del pubblico. Infatti, tutti noi viviamo in parte secondo dei cliché e ogni giorno facciamo cose che ne sono piene. La cosa importante è fare in modo che i personaggi siano esseri umani reali, fatti di carne e sangue, e tenere davvero a loro. Non si possono evitare le convenzioni, ma si devono rendere credibili.

Apprezzo molto Anders Thomas Jensen e il suo modo di lavorare. Insieme ci divertiamo parecchio e stiamo attenti a non arrivare al punto in cui inizi a ripeterti. Per ogni artista c’è sempre un ambiente sicuro e di routine in cui riparare, ma che in realtà è pericoloso per ogni sforzo creativo: è anche per questo che, dopo il successo di In un mondo migliore, abbiamo deciso di scrivere una commedia.

 

 

SUSANNE BIER

regista Figlia di Rudy Bier, un ebreo tedesco rifugiatosi in Danimarca durante l’occupazione nazista, e di Henny Bier, danese di origini ebreo russe e sorella minore di due avvocati (uno a Londra, l’altro a Copenhagen), Susanne Bier incarna il modello cosmopolita e moderno della tradizione europea degli anni d’oro, in cui i registi come Siodmak, Ophuls e Wilder cercavano, per necessità o inquietudine, ispirazione fuori dai confini nazionali. Susanne si laurea in architettura ma decide di studiare cinema all’estero, a Londra e Gerusalemme. Sposa un regista (da cui ha un figlio, Gabriel), poi un attore svedese (sua figlia Alice ha la doppia nazionalità ed è bilingue), poi un musicista. Il suo cinema riflette appieno questa forma di libertà e di spazio a partire da subito, con Family Matters storia di incesto tra fratello e sorella, tra Copenhagen e un paese remoto del Portogallo. La regista si sposta poi in Svezia, per girare Pensionat Oskar, incentrato su una famiglia piccolo borghese in una località di vacanza, in cui i legami iniziano a vacillare quando il padre e marito scopre di essere attratto da un bagnino. In entrambi i film è evidente che l’altrove fisico serve alla regista a cercare un altrove morale e sentimentale, una forma di spostamento dalla normalità. – 5 – Il grande successo nazionale arriva con The One and Only, una commedia che non riesce a valicare i confini della Scandinavia, ma attira su Susanne l’attenzione dell’industria nel suo paese. Di nuovo al centro dell’azione troviamo due famiglie, problemi di adozione e una bambina che arriva dal Burkina Faso. La commedia successiva Susanne la gira in Svezia – è la storia di una giovane sfigata che sogna di cantare in Eurovisione – e il titolo la dice lunga: Once in a Lifetime. È Open Hearts, tuttavia, a segnare la svolta critica internazionale, vincendo il Fipresci al festival di Toronto, riscuotendo un ottimo successo a San Sebastián e lanciando Susanne e il suo protagonista, Mads Mikkelsen, nel firmamento delle star europee (purtroppo il film ha una pessima distribuzione in Italia, “curata” da E-mik). Si tratta di una storia lacerante, in cui un uomo giovane e bello viene travolto da una macchina e rimane paralizzato a vita. L’incidente cambierà anche le vite degli altri, della sua compagna, dell’automobilista distratta e del medico che lo cura. Per certi aspetti Open Hearts racchiude tutto il lavoro precedente di Susanne e anticipa i film che farà in seguito. Come per Non desiderare la donna d’altri, Dopo il matrimonio, Noi due sconosciuti e In un mondo migliore, sotto la lente d’ingrandimento non c’è mai solo il personaggio- motore della vicenda. Un’azione scatena più reazioni e la traiettoria di un personaggio cambia le traiettorie degli altri. L’infermità fisica di Nicolaj Lee Kaas provoca un’infermità altrettanto grave in Paprika Steen, la donna che lo ha investito. L’Afghanistan di Non desiderare la donna d’altri è l’altrove che sconvolge la vita del soldato Ulrich Thomsen, di sua moglie Connie Nielsen e di suo fratello Nikolaj Lee Kaas. Quando Thomsen è costretto a ammazzare un suo commilitone in un campo di prigionia Talebano, si scatena una serie di lutti morali, pubblici e privati. Oltre a essere un successo critico, il film si afferma anche al botteghino: funziona in patria, in America, Germania, Italia e Spagna, vince il Sundance Festival, vince San Sebastián e una sfilza di premi nazionali. Per l’industria americana, Susanne Bier è una da tenere d’occhio. Il soggetto del film viene opzionato e qualche anno dopo esce un remake diretto da Jim Sheridan con Jake Gyllenhaal e Natalie Portman. Sheridan si sente appoggiato e incoraggiato dalla regista. La ricerca di un equilibrio interiore, la fuga e la riappacificazione sono centrali in Dopo il Matrimonio, dove Mads Mikkelsen, per dimenticare se stesso, si occupa di orfani in India, un altrove lontano in cui i drammi degli altri nascondono quelli personali. Il film ottiene una candidatura all’Oscar e vale un contratto con la Paramount per Susanne, che girerà con Benicio Del Toro e Halle Berry Noi due sconosciuti, il primo film che non porta la firma tra gli sceneggiatori né di Susanne né di Anders Thomas Jensen, suo stretto collaboratore e amico (nonché regista di culto di Green Butchers e Le mele di Adamo). La verità è che anche Noi due sconosciuti è un film personalissimo e riconoscibile (non è casuale che Susanne sia affiancata da Pernille Bech Christensen e Morten Søborg, rispettivamente montatrice e direttore della fotografia) ed è di nuovo l’incontro tra due solitudini e due dolori diversi ma vicini. Con In un mondo migliore, Susanne ottiene un enorme riconoscimento internazionale e, grazie all’Oscar e al Golden Globe come Miglior film straniero, il film diventa un caso in tutto il mondo. A sancire il legame speciale della regista con l’Italia, che verrà confermato da Love Is All You Need, c’è anche l’assegnazione del Gran Premio della Giuria e del Premio del Pubblico al Festival Internazionale del Film di Roma: “Attraverso un cast di attori indimenticabili – recita la motivazione del premio – che incarnano l’intimità e l’estensione dei sentimenti umani, Susanne Bier indaga la nostra epoca con passione, forza visionaria e coraggio civile”. La regista ha appena finito di girare a Praga Serena, suo secondo film hollywoodiano, tratto dal romanzo di Ron Rash e interpretato da Jennifer Lawrence e Bradley Cooper.

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