sinossi
Leo è un idraulico che ogni giorno affronta l’impresa di crescere due figli adolescenti, Elia e Maddalena, dividendosi tra il lavoro con l’aiutante cinese Fiorenzo e le incombenze di casa ‐ dove la moglie Teresa, stravagante e affettuosa, compare e scompare. Diana è un’artista sognatrice e squattrinata che ‐ in attesa della grande occasione della sua vita ‐ fatica a pagare l’affitto. Suo proprietario di casa è Amanzio, originale moralizzatore urbano che ha lasciato il lavoro per un nuovo stile di vita e che in una delle sue crociate conosce Elia, con il quale stringe una stramba amicizia. Leo e Diana s’incontrano da Malaffano, un avvocato strafottente e truffaldino. Leo capita nel suo studio quando scopre che la figlia è protagonista suo malgrado di un video erotico su internet, Diana è già da un po’ che passa lì le sue giornate, costretta per necessità economiche ad affrescare una parete, assecondando le ridicole manie di grandezza dell’avvocato. Le loro storie s’intrecciano in una città emblema del nostro tempo, sotto lo sguardo severo e ironico delle statue di Garibaldi, Verdi, Leopardi, che dai loro piedistalli ‐ da dove ne hanno viste tante ‐ commentano le sorti di un’Italia alla deriva. E tuttavia qualcuno continua a sognare e a sperare: come Elia, che insegue il volo di una cicogna, simbolo di rinascita e occasione di un nuovo inizio anche per Leo e Diana.
NOTE DI REGIA
Dopo due film girati il più possibile dentro la realtà, alla ricerca di uno stile quasi documentaristico, avevo voglia di cambiare tono, di tornare alla leggerezza, all’ironia e di pensare ad una storia ariosa e corale. Per un po’ ho accarezzato l’idea di fare del mio nono film addirittura una specie di musical… ma poi ha prevalso un’altra esigenza: parlare di questo paese sempre più “melmoso” e corrotto, dov’è sempre più dura abitare e vivere a causa della volgarità imperante, del cattivo gusto, della furbizia, della politica e delle notizie che ogni giorno ci tocca leggere sui giornali. In un certo senso credo che Il comandante e la cicogna sia nato proprio da una necessità di ribellione, mia e dei miei due sceneggiatori, al senso di impotenza che in tanti sentiamo fin troppo spesso, da una volontà di volare sopra a tutta questa melma per riuscire ancora a sperare in un futuro diverso. Infatti, al contrario delle altre mie due commedie ‐ Pane e tulipani e Agata e la tempesta ‐ questo è un film che sento molto legato al momento storico che stiamo vivendo, alla realtà. Ma al tempo stesso è ancora più surreale, magico, più aereo… … Con Doriana Leondeff e Marco Pettenello abbiamo iniziato a costruire dei personaggi che per noi fossero portatori di un senso. Strambi ma veri, ben caratterizzati, ognuno con la sua storia, le sue manie, le sue scelte, le sue incapacità. Diana è in parte ispirata a Vivian Lamarque, la poetessa con lo stupore negli occhi con cui ho girato un documentario molto toccante; Amanzio a un parente bulgaro di Doriana che si è tirato fuori dalla ressa del mondo e si prende il lusso di osservare e criticare ciò che vede; Elia a un ragazzetto che conosceva Marco e che aveva ammaestrato un falchetto; Leo non lo so più, forse a quelle famiglie operaie del cinema inglese anni ‘90, ma anche alle nostre esperienze dirette: all’inizio doveva aggiustare macchine da caffè o potare alberi… ma da subito era prima di tutto un padre, rimasto da solo a fronteggiare le avversità, e che faticava a mantenere l’autorità su i due figli adolescenti che non gli davano tregua. Malaffano, l’avvocato, è ispirato ahimè alle pagine dei giornali, ai vari personaggi che troppo spesso le popolano e il cui unico vero interesse è quello di fregare il prossimo e lo stato; la cicogna, Agostina, è nata dall’esigenza di staccarsi da terra e di volare sopra le case e il mondo e la storia narrata ‐ più che appesantirla con un significato simbolico mi piace pensarla come colei che porta lo sguardo alla storia e al film. E poi le statue: ero in treno tra Roma e Milano, tornando da uno dei tanti incontri di scrittura con Doriana e Marco, e mi è tornato in mente l’inizio di un film di Alain Tanner, Jonas che avrà 20 anni nel 2000: c’era la statua di Jean‐Jacques Rousseau che parlava, recitava un brano del Contratto sociale mentre la macchina da presa gli ruotava attorno con un dolly. Così abbiamo iniziato a pensare: e se le statue che abitano le piazze delle nostre città ‐ e che noi a malapena riconosciamo e spesso nemmeno notiamo ‐ potessero dire ciò che pensano, cosa direbbero di questo paese? Leopardi, Verdi, Leonardo, Garibaldi?… … Durante le riprese ero di continuo alla ricerca di un modo per far coesistere le varie anime che hanno dato vita a questo film. Quella più surreale e fantastica, quella più reale e purtroppo attuale, quella più divertente, quella più seria… Bisognava creare un mondo dove personaggi in carne ed ossa, personaggi fantasmi, personaggi statue e un personaggio cicogna potessero convivere. E mi sono reso conto di quanto la messa in 6 scena sarebbe stata importante, di quanto dovesse differire dai miei ultimi film (questa volta non poteva e non doveva essere “invisibile”), di come fosse affidato alla macchina da presa, col suo sguardo e i suoi movimenti, il compito di creare un’unica musica; da qui lo stile della fotografia, la scelta di girare in digitale e di costruire intere sequenze con l’aiuto di effetti speciali. Ora posso dire che Il comandante e la cicogna è stato il film più difficile che ho fatto. Durante le riprese e il montaggio c’erano continue insidie e complicazioni, non così visibili in fase di scrittura. La facilità, la semplicità che spero si avverta guardandolo, sono in realtà frutto di un duro lavoro…che per fortuna non si vede! … Lavorare con gli attori per me è sempre un grande piacere. Che di film in film si affina e aumenta. Mi piace rilavorare con quelli che già conosco, che stimo e con cui sento una particolare affinità. Ma anche conoscerne di nuovi, avvicinarmi a mondi diversi ‐ ogni attore lo è ‐ e lasciarmi sorprendere e stupire. La spinta a fare un film corale ha a che fare con questo piacere, tanti attori e personaggi diversi. Come la spinta a fare una commedia ha sempre a che fare con la possibilità di costruire dei personaggi ben caratterizzati, colorati, sorprendenti. In definitiva, scoprire e modellare un personaggio assieme a un attore che prova godimento a farlo è una delle cose che mi divertono di più al mondo… Silvio Soldini
I PERSONAGGI
Leo Buonvento è un idraulico strapazzato dalla vita, con due figli adolescenti da crescere da solo e un aiutante cinese, Fiorenzo, preoccupato del fatto che non abbia una donna. Con Valerio Mastandrea abbiamo immaginato un personaggio arrivato al nord da ragazzo, che parla con accento napoletano, ha i baffi e i piedi piatti. Oltre a un sopracciglio mezzo bianco a causa di uno shock ‐ già previsto in sceneggiatura. Leo lo sa che Fiorenzo ha ragione, ma tutti i suoi sforzi vanno nel tentare di fare bene il padre, di arginare Elia e Maddalena cercando di mantenere un ordine nel casino famigliare ‐ e sua moglie occupa ancora troppo i suoi pensieri. Leo è un personaggio caldo e molto umano.
Diana Rigamonti è una giovane artista sognatrice e squattrinata, che nota cose a cui nessuno fa caso, che ancora si stupisce, e che in attesa della grande occasione vive e soffre affrescando pareti. Alba Rohrwacher non si può dire che sia conosciuta per i suoi ruoli da commedia… ma finita la sceneggiatura la prima che mi è venuta in mente è stata lei, con la sua comicità nascosta. Era la terza volta che lavoravamo insieme e la volevo diversa, con un look che rovesciasse la sua solita immagine di biondina problematica per creare un personaggio nuovo.
Anche i tratti di Amanzio Zosulich hanno trasformato Giuseppe Battiston: invecchiato di almeno dieci anni, coi sandali ai piedi, gli occhiali a lenti bifocali, il borsello e un accento triestino. Amanzio ha trovato il modo di vivere senza lavorare e combatte una personale crociata contro la barbarie del mondo. Si è ripreso il suo tempo e lo occupa facendo “opera di sensibilizzazione”, come dice lui. Si potrebbe definire un moralizzatore urbano. Ma è anche il tremendo padrone di casa di Diana e diventerà grande amico di Elia.
Teresa, la moglie di Leo, tutte le notti alle quattro fa visita al marito e ama profondamente una cosa: l’odore del caffè. È vivace, ottimista e si presenta sempre in costume e pareo, quello che indossava al momento della sua dipartita. Con Claudia Gerini, nell’idea che ogni personaggio del film avesse una sua cadenza musicale dettata dalla propria origine regionale, abbiamo pensato al ligure.
Elia è un solitario tredicenne che nessuno capisce molto ‐ tranne Amanzio ‐ e che nella sua stranezza ha come unica amica Agostina, una cicogna con cui si da appuntamento ogni giorno in un campo periferico vicino a casa. Sua sorella Maddalena, invece, ha sedici anni, è carina, esuberante, piena di amiche e fidanzati di cui però si stanca subito. Luca Dirodi e Serena Pinto ‐ due adolescenti alla loro prima esperienza cinematografica ‐ hanno dato vita a questi personaggi in modo meraviglioso.
Malaffano è l’avvocato strafottente e truffaldino tra le cui grinfie finiranno a un certo punto anche Leo e Diana. Per costruirlo ho chiesto a Luca Zingaretti di adottare un’immagine molto diversa da quella che è più familiare al pubblico e di parlare con marcata cadenza milanese. È un personaggio che nel suo orrore fa molto ridere, che Luca si è divertito a rendere adrenalinico, incazzoso e pieno di sé.
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