Nuova rubrica by Cinemotore : I registi recensiscono i loro film GIANLUCA ANSANELLI “ALL’ULTIMA SPIAGGIA”

Nuova rubrica by Cinemotore : I registi recensiscono i loro film GIANLUCA ANSANELLI “ALL’ULTIMA SPIAGGIA”

Quello che ancora non ho mai fatto è guardarlo con occhio critico. Lo stesso spietato occhio critico che di solito riservo per le opere degli altri, quelle che, fuori da ogni coinvolgimento, spesso viene facile liquidare con un lapidario e sbrigativo: “non mi è piaciuto!”. Ma il punto è proprio questo: che stavolta non si tratta degli altri. Si tratta di me. Del mio lavoro, del mio sudore, delle mie nottate trascorse a lavorare. Qui ci sono in ballo tra una cosa e l’altra almeno dodici mesi della mia vita! Quindi vale la pena riflettere un po’ più attentamente. D’altra parte è anche vero che gridare al capolavoro sarebbe fin troppo banale. Questo film l’ho portato in grembo per tanti di quei mesi che è ovvio che ai miei occhi appare come un magnifico scarrafone. Perciò dovrò davvero sforzarmi per cercare di essere obiettivo. La mia analisi dovrà essere ponderata e soprattutto imparziale. Così, approfittando della proiezione per la stampa organizzata stamattina presso il cinema Odeon di Milano, mi accomodo in sala,  aspetto che si abbassino le luci  e per la prima volta, mi preparo a guardare il film da semplice spettatore. Senza alcun coinvolgimento. Silenzio… comincia….

La cornice è quella di uno show televisivo. La tv italiana, non sapendo più cosa proporre, decide di lanciare un ultimo estremo reality: vince il più disperato d’Italia. Si presentano in migliaia ed ognuno ha di cosa lamentarsi. Disoccupati, insegnanti precari, mariti separati strozzati dalle ex mogli, ricercatori universitari in cerca di fondi. In un paese allo sbando quello che di sicuro non manca è un po’ di sana disperazione. Ed in questa cornice si inseriscono le quattro storie che compongono il film. Quattro storie molto diverse, dove la commedia viene declinata nelle sue sfumature più varie. Il primo episodio è quello “romantico”: una coppia di lesbiche, decisa ad avere un figlio, chiama in soccorso l’ex fidanzato di una delle due, per farsi donare il seme. Nasce un torbido triangolo amoroso nel quale alla fine ognuno avrà da rimetterci. Il secondo è “farsesco”: una guardia giurata, vedendosi rifiutare il mutuo dalla stessa banca per cui lavora, decide di rapinarla insieme a due improbabili compari. Il terzo è “popolare”: due amici scoprono che la bellissima moglie dominicana del loro fraterno compagno di curva, nasconde un passato di attrice hard. L’ultimo episodio è “sentimentale”: un imprenditore padano, ricoverato in uno scalcinato ospedale napoletano, scoprirà che in quel girone dantesco, fatto di truffe e malasanità, c’è ancora spazio per una sincera amicizia.

E veniamo alla recensione. Facciamo così: dividiamo in due la lavagna. Da una parte le cose buone e dall’altra quelle cattive. Cose buone: 1) il film scorre veloce e non ci si annoia mai. E scusate se è poco. 2) Si sorride quasi tutto il tempo ed in almeno due o tre momenti si ride di gusto. Un momento su tutti: nel terzo episodio, quando Fabrizio (Fabrizio Nardi alias Pablo) e Antonio (Antonio Giuliani) sono sul cornicione e la Lazio segna l’uno a zero contro la Roma.  3) In un film dalla dichiarata vocazione comica c’è comunque spazio per le emozioni. Due momenti in particolare mi hanno emozionato molto: nel primo episodio quando Ester (Nicole Grimaudo) molla Ramona (Paola Minaccioni) all’autogrill, e nell’ultimo episodio quando Fabio (Ivano Marescotti) viene a sapere cosa è successo al suo amico Carmine. Merito degli attori che hanno dimostrato tutto il loro straordinario talento. 4) Il film non è mai trash. 5) Ottime musiche, bella e colorata la fotografia, ritmato il montaggio.

E ora le dolenti note. Le cose cattive: 1) Il film è frammentario. L’alternanza di storie ed episodi mi costringe ogni volta a ricominciare da capo e proprio quando mi stavo affezionando ai personaggi l’episodio finisce e la mia tensione si spegne. In più questa alternanza di stili mi obbliga non solo a cambiare storia e protagonisti ma addirittura stato d’animo. Mi ero abituato al sentimento e mi arriva la farsa, mi abituo al grottesco e ritorna il sentimento. Certo la varietà è bella, ma anche poter seguire un’unica storia ed un unico stile non sarebbe male! 2) Qualche gag si è persa per la strada. Costruire una gag efficace è un esercizio molto più sofisticato di quanto si possa immaginare. Basta niente a rovinarla: un tempo comico, un’inquadratura sbagliata, una parola in più. Chi pensa che far ridere si facile si sbaglia. 3) Ho detto che il film non è mai trash. E lo ribadisco. C’è un garbo di fondo che pervade tutta l’opera. Una sorta di “correttezza” che tiene al riparo dagli scivoloni e dalle cadute di stile. Il che è un bene. Ma fino a un certo punto. Come dire: si potrebbe osare un po’ di più. Magari sbagliando qualcosa, però provando a dire qualcosa di veramente nuovo. Qui invece si sente che c’è un po’ di paura, un po’ troppa volontà di fare bene il proprio compitino. Diciamo che….manca un po ‘il guizzo di follia che a volte può fare tanto bene ad un film.

Stelline finali: tre…come dire: DA VEDERE.

Dal vostro inviato è tutto. Un saluto e arrivederci a presto.

Gianluca Ansanelli

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