Ciak, il bello dei debuttanti

Giovanissimi, non erano mai stati su un set: eppure a Venezia (e non solo) hanno fatto centro

L’ascesa degli attori per caso scelti dai maestri

Gallo: resta un sogno, ma torno fruttivendolo

Ciak, il bello dei debuttanti

di valerio cappelli da Il Corriere della Sera

 

ROMA—Tea, Thony, Alessio, Francesca, Fabrizio, Giulia. Al cinema è l’ora dei debuttanti. Gli attori non professionisti, presi perché dovevano essere se stessi, si identificano nel neorealismo di Rossellini e De Sica. Dagli attori presi dalla strada si è passati agli attori presi da un talk show (Maurizio Costanzo per Mastandrea) o da un reality (Il Grande fratello per Argentero). Ma c’è una nuova ondata di giovani sconosciuti, arrivati al cinema spesso per caso, vengono dal Sud, nessuno di estrazione borghese. Hanno purezza e coraggio. Adesso sperano che questa diventi la loro vita. Tea Falco nella vita fa la fotografa, è la protagonista di Io e te di Bernardo Bertolucci che rimase colpito dalla sua natura doppia, ribelle e ambigua come la sua Sicilia: «Pensavo che il provino fosse andato male. Ne feci altri, ho letto alcune mie poesie sulle dipendenze che mi sembravano aderenti al personaggio. Scoppiai a piangere». Palermitana, Thony si è arrangiata in mille lavoretti, non ha voglia di diventare attrice, «sono una musicista»: è la scoperta di Paolo Virzì in Tutti i santi giorni. Lei si definisce «permalosa, imbronciata, irrequieta, ignorante. Il cinema di Virzì è tra i pochi che conoscevo». Poi c’è Francesca Riso, 16 anni, che a Napoli stava lasciando la scuola per diventare commessa, come le sue amiche: con Alessio Gallo, è il volto di L’intervallo, altra storia a due. Senza sceneggiatura, è stato chiesto loro di improvvisare su quella storia, lei prigioniera, lui carceriere suo malgrado. Francesca, papà netturbino, mamma casalinga, dopo gli applausi a Venezia ha avuto un pianto liberatorio, ti viene in mente un regista italiano? «Non li conosco ». Alessio per farsi un’idea del festival cercò dei video su Internet: «Temevo di restare deluso, non mi aspettavo quei complimenti, è un mondo nuovo, l’ho preso alla leggera per non esserne sopraffatto. Avrei voluto conoscere Riccardo Scamarcio perché dicono che gli somiglio ». È tornato a fare il fruttivendolo ai Quartieri Spagnoli: «Mi piacciono i film italo-americani di gangster. Il futuro? Sogno una scuola di recitazione ma sono uno pratico, non mi aspetto nulla ». Germi, Fellini, e poi Amelio, anche per loro tanti attori «a progetto ». Un altro filone degli «attori per caso» è quello dei detenuti, dai Taviani (Cesare deve morire) a Matteo Garrone (Reality). Il teatro non èmai stato un serbatoio per il cinema, perché spesso si ha difficoltà a fare «il meno possibile». Ma Fabrizio Falco, anche lui siciliano, dimostra il contrario. Guidato da Luca Ronconi, porterà in scena a Milano uno studio dai Sei personaggi e Il panico di Spregelburd; al cinema ha debuttato a Venezia con Ciprì (È stato il figlio) e Bellocchio (Bella Addormentata) e ha vinto il premio «Mastroianni». «Amavo Volontè che rivedo in Servillo. Bellocchio nel film di Ciprì mi ha visto come in una lunga fotografia che si muove nell’azione, è esattamente il tipo di lavoro che avevo fatto». Diceva Orson Welles: «Tutti in Italia sono degli attori».

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