Avete iniziato a lavorare con Jacques Audiard quando Emilia Pérez era ancora un progetto operistico. Quanto ha influenzato la fase iniziale dello sviluppo?
Clément Ducol: Opera, dramma musicale… Durante i primi incontri con Jacques, non eravamo sicuri della forma che avrebbe assunto. Ma parlavamo di musica, di danza, di cinema, di tante cose… Avevo appena finito di lavorare ad Annette di Leos Carax, di cui sono stato musical director e arrangiatore. Mi è tornato sicuramente utile quando ho iniziato a lavorare come compositore, un lavoro più creativo, su Emilia Pérez.
Camille: Il mondo immaginario del film, lo sviluppo della sceneggiatura, i personaggi esagerati sono stati tutti influenzati dal nostro lavoro iniziale. Abbiamo parlato a lungo dei vari atti e in effetti penso ancora al film come se fosse suddiviso così. Credo che questo abbia avuto un impatto anche sul modo in cui abbiamo affrontato i personaggi, come archetipi. Nella prima scena, che abbiamo chiamato Alegato (“La supplica”), Rita si rivolge a un pubblico immaginario, ma anche alla sua gente e agli spettatori, come nella scena iniziale di un dramma di Shakespeare.
Alla fine avete optato per un “musical”, per quanto particolare…
Camille: Personalmente, la mia vita è un musical. Canto sempre e cantare risolve sempre tutto. Ma i musical mi sembrano spesso artificiosi. Volevo rompere i luoghi comuni e Jacques e io eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, visto che lui, come regista, era animato dallo stesso desiderio. La continuità che cercava, tra lo spettacolo e i momenti fuori campo, l’opera e il film, è vicina a quella che cerco sempre nel mio lavoro tra ciò che viene detto e ciò che viene cantato: si tratta di riportare l’incantesimo della realtà.
Clément Ducol: Fin dall’inizio eravamo d’accordo sul fatto che il film non dovesse essere interamente cantato. Volevamo che le canzoni avessero uno scopo narrativo e quindi io e Camille volevamo gestire ciò che doveva accadere in alcune scene, in modo da poterlo tradurre in canzoni.
Entrambi avete partecipato a una residenza nella primavera del 2020 per una prima sessione di lavoro. Cosa avete deciso a quel punto?
Clément Ducol: Ci incontravamo la mattina e mi sembrava di partecipare a una masterclass di sceneggiatura. Poiché le canzoni dovevano avere una funzione narrativa, era importante che io e Camille fossimo presenti anche quando stavano costruendo la trama. Thomas e Jacques ci chiedevano la nostra opinione e la fusione delle nostre diverse esperienze ha acquisito un senso quando abbiamo capito come potevamo, ognuno con il proprio linguaggio, raccontare la stessa cosa. Abbiamo individuato i punti in cui le canzoni, le transizioni e i cori potevano essere inseriti e poi, nel pomeriggio, ci rintanavamo in studio con Camille per lavorare sulle tracce che Jacques e Thomas avrebbero ascoltato alla fine della giornata. C’era qualcosa di esaltante nella velocità dell’intero processo.
Quanto conoscevate la cultura messicana? Avete fatto delle ricerche?
Camille: Ciò che mi è piaciuto della premessa di Jacques, che ho trovato particolarmente audace, stimolante e chiara dal punto di vista artistico, è che sembrava una compagnia d’opera che metteva in scena uno spettacolo che si svolgeva una volta in Italia, poi in Giappone, poi in Messico… Io sono francese, e anche Camille, e non facciamo finta di essere messicani. A conferire la “messicanità” alle canzoni sono stati il fraseggio e gli accenti tonici della lingua e le voci degli interpreti, dei cori e delle comparse.
Clément Ducol: Jacques ha scelto compositori francesi e non ha mai cercato di imitare la musica messicana. Tuttavia, c’è necessariamente una forte influenza della musicalità dello spagnolo, la ruvidità delle consonanti, lo spettro armonico delle vocali…
Come avete lavorato in studio con Selena Gomez e Zoe Saldaña, che sono entrambe cantanti esperte?
Camille: Le ho incontrate senza farmi tanti problemi, sapendo pochissimo di entrambe. Non volevo essere influenzata, impressionata o affascinata dalla loro personalità o dalla loro carriera. Selena si è presentata in studio con il suo tecnico audio, che è stato estremamente disponibile. È una gran lavoratrice, molto premurosa e umile. Zoe è altrettanto disponibile e altruista (cosa che mi piace molto degli attori), ma è molto diversa. Non aveva molta dimestichezza con lo studio e ha subito detto che cantare era qualcosa a cui non era abituata. Ma ha un istinto incredibile e un talento musicale naturale. È una grande perfezionista e quando recita resta totalmente connessa al suo cuore anche se controlla ogni sguardo e sopracciglio alzato. È un’atleta.
Eravate anche voi sul set durante le riprese?
Camille: Sì. Avevamo registrato tutti i numeri musicali con gli attori e le attrici prima delle loro scene, quindi in teoria si trattava solo di aggiustamenti tecnici e di sincronizzazione labiale… Ma alla fine Jacques ha voluto registrare dal vivo, in particolare quando c’erano delle difficoltà dal punto di vista della recitazione. Dopo le riprese, tutti gli attori hanno registrato nuovamente le loro battute in ADR sul girato. Di conseguenza, ciò che si sente nel film è un mix tra l’audio registrato e l’ADR, guidato dal suono dal vivo delle riprese.
Clément Ducol: Nel mondo della musica abbiamo molti meno soldi rispetto al cinema, quindi siamo abituati a lavorare molto in fretta, senza neanche avere la possibilità di preoccuparci del futuro. Ma Jacques rimette continuamente tutto in discussione. È molto affascinante. La canzone pop di Selena Gomez è stata scritta quando le riprese erano già iniziate. Voleva una canzone nuova, più profonda, che raccontasse la sua storia. Ci ha suggerito di guardare il suo documentario, My Mind and Me. È da lì che arriva Mi Camino.
Clément, lei ha scritto anche la colonna sonora del film. Può dirci qualcosa di più?
Clément Ducol: È stata una sfida enorme: avevamo una forte base musicale con le canzoni e non si trattava di aggiungere un ulteriore commento. Così, ho creato del materiale vocale per la colonna sonora, eseguito da Camille e da me, cori che si distinguevano davvero dalle canzoni. Dai dialoghi alle canzoni e ai paesaggi sonori, le voci fungono da filo conduttore del film.