The Bourne Legacy – Location Manila è realmente Manila e per le scene iniziali scelta Calgary

‘Girare’ in tutto il mondo:

Location e design

 

Nel novembre 2010, mentre era impegnato a scrivere la sceneggiatura del film, Gilroy ha viaggiato in tutto il mondo per visitare le location in cui ambientare la storia, così come ha fatto per gli altri film di Bourne. Dalle Canadian Rockies al sudest asiatico, ha adattato l’azione ai vari ambienti. Afferma: “Negli ultimi 12 anni ci siamo recati in aereo in luoghi particolari e insoliti, che nessuno conosce perché li osserviamo dal punto di vista di Bourne”.

Secondo Crowley che ha ancora una volta accompagnato Gilroy in questo tour, questi film hanno mostrato al pubblico parti del mondo che raramente si vedono al cinema. Osserva: “I nostri film sono stati fra le prime grandi produzioni a girare a Berlino e prima di noi, a Mosca erano stati girati solo un paio di show contemporanei”.

The Bourne Legacy non fa eccezione. Gilroy ha scelto di ampliare la storia portandola fuori dall’Europa, dove gran parte dei precedenti film avevano avuto luogo.  “Pat ed io abbiamo attraversato tutto il sudest asiatico per visitare vari posti”, continua Gilroy. “E poi ho adattato le scene agli ambienti veri, selezionati per il film. Abbiamo sempre fatto così; non c’è una sola sequenza d’azione del film che non sia stata scritta per il luogo in cui è ambientata”.

Mentre The Bourne Legacy vola da Washington, D.C. e Manhattan fino all’Alaska e in Asia, Gilroy conserva lo spirito dei precedenti film di Bourne. “Il film è ambientato nel mondo in cui viviamo”, dice il regista. “Mostriamo luoghi esotici ma senza renderli ‘glamour’. L’approccio all’azione è realistico e risulterà familiare”.

Weiner apprezza i dettagli che lo scrittore/regista inserisce nella storia. Racconta: “Alcune delle location del film non sono luoghi in cui le persone si recano tutti i giorni.  Il realismo del film fornisce una prospettiva che ovviamente non si trova nelle guide turistiche”.

Al fianco di Gilroy due artisti in particolare hanno contribuito allo stile visivo del film: lo scenografo Kevin Thompson, che aveva già lavorato con Gilroy in Michael Clayton e Duplicity, e il direttore della fotografia premiato con l’Academy Award® per Il petroliere Robert Elswit, che ha anche lui lavorato in Michael Clayton e Duplicity, nonché in The Town e Mission: Impossible—Protocollo fantasma, entrambi con Renner.

Elswit e il regista di seconda unità Bradley potevano usare chilometri di pellicola, ma se il materiale non fosse stato montato adeguatamente, non ci sarebbe stata alcuna scena. Il montatore del film è un altro membro della famiglia Gilroy, John Gilroy, che ha già collaborato negli ultimi due film della serie. Dice John Gilroy a proposito del lavoro con suo fratello Tony: “Lavoro con Tony essenzialmente nel modo in cui lavoro con gli altri registi. Cerco di comprendere la loro visione del film e di sintonizzarmi sulla loro lunghezza d’onda. Se riesco a padroneggiare la loro idea, avrò lo strumento per riuscire a gestire tutto il film. Con Tony, questa sintonia fra regista e montatore è nata fin dall’inizio ed è cresciuta in tutti e tre i film. Abbiamo una sensibilità simile e il più delle volte vediamo le cose nello stesso modo”.

Aggiunge Tony Gilroy: “John è una macchina. Questo è stato un film complesso che abbiamo girato seguendo un ordine bizzarro. Ha un ritmo incessante e abbiamo girato moltissimo. E’ essenziale sapere quello che hai fatto, il materiale che possiedi. Ma lui non si occupa solo di tagliare e revisionare il materiale strada facendo: costruisce le sequenze e verifica le scene con una tale attenzione che certe volte è sconcertante. E’ un filmmaker nato. Non ci avrei neanche provato a fare il film se non avessi avuto lui al mio fianco”.

 

Le stanze della guerra e le case del sud: girare a New York

Dopo due giorni di riprese a Seoul, in Corea del Sud, la lavorazione del film si è spostata nei Kaufman Astoria Studios del Queens, a New York, in cui sono stati ricreati gli interni, compresi quelli di Washington. Le riprese sono iniziate con le scene in cui Byer e la sua squadra si trovano nella base di NRAG, in Virginia, il luogo segreto in cui è stato messo a punto il programma governativo delle spie killer. Mentre vengono resi pubblici gli exploits di Bourne, gli esperti di Byer utilizzano ogni modalità tecnologica per minimizzare il danno. Qui la troupe di Thompson ha costruito la sala dell’unità di crisi, il piccolo anfiteatro in cui la squadra di Byer si rintana per giorni e giorni. Crowley lo descrive come “un luogo in cui 25 persone giocano a scacchi in una corsa contro il tempo”.

Presso i Kaufman Studios Thompson ha costruito il laboratorio in cui Marta si occupa delle sue ricerche. Il più grande set costruito dal designer, però, è stato un palazzo a tre piani. All’interno di un grande teatro di posa dei Kaufman Studios, ha creato la casa di Marta nei boschi del Maryland, la cui costruzione non era prevista fin dall’inizio.  “Inizialmente volevamo trovare una location vera”, racconta Thompson. “Tony voleva la casa di una favola fantasy: una villetta in decadenza, che Marta ha comprato in passato, magari per viverci con il suo uomo, un luogo che si augura di poter un giorno ristrutturare”.

Il punto di partenza del viaggio di Marta e Aaron, è la casa in cui si rendono conto di doversi alleare. “Abbiamo trovato una casa magica a Hudson Valley, a circa due ore e mezzo a nord di New York City”, ricorda Thompson. “E’ stata costruita nel 1815 con uno stile romantico e pittoresco. Abbiamo visitato 150 abitazioni e questa era la più adatta alle nostre esigenze”.

Sfortunatamente, la Plumb-Bronson House di Hudson, New York, un luogo di importanza storica, necessitava di una ristrutturazione maggiore rispetto a quella della storia del film. “A circa sei settimane dall’inizio delle riprese, i proprietari ci hanno comunicato che non avremmo potuto girare al suo interno”, dice Thompson. “La struttura non avrebbe potuto sostenere il peso delle nostre attrezzature e della troupe necessaria alle riprese”.

A quel punto la squadra di Thompson si è data da fare per ricreare l’interno della casa nei minimi dettagli. Negli studi di Kaufam Astoria, ha riprodotto i salotti e i vestiboli, la magnifica scala a tre piani a forma di ellisse, la vernice scrostata e la carta da parati scolorita.  Tutto sommato, ricostruire la casa di Marta ha offerto dei vantaggi, fra cui una maggiore flessibilità e il controllo delle luci e della collocazione della cinepresa.  “I tre piani costruiti nel teatro di posa consentivano un’ampia visuale per l’azione”, spiega Thompson.  “Era un set davvero fotogenico”.

Alla fine la produzione si è recata a Hudson per riprendere l’esterno della           Plumb-Bronson House per una scena importante con Aaron, ma le altre scene all’esterno della casa di Marta sono state girare al William H. Pouch Scout Camp, un’area di mezzo chilometro quadrato situata a Staten Island, New York. A differenza dei dintorni di Hudson, la location di Staten Island è caratterizzata da una fitta boscaglia, che nella storia circonda la casa di Marta.

Il film è stato inoltre girato in altre aree di New York, fra cui l’aeroporto JFK, la tipografia del The New York Times a Flushing, la Federal Plaza di Lower Manhattan, e le aree residenziali di Syosset e Old Westbury a Long Island.

 

Le acque ghiacciate di Calgary: catturare la natura canadese

Dopo 12 settimane di riprese nella zona di New York, la produzione ha abbandonato la città per recarsi in un ambiente in cui la serie di Bourne non si era ancora mai avventurata: nella natura.  Nel dicembre 2011, per due settimane, il cast e la troupe hanno girato a Kananaskis Country, all’interno di una serie di parchi rinomati per il loro paesaggio spettacolare, nelle Montagne Rocciose Canadesi, ad ovest di Calgary. Il suggestivo paesaggio canadese è stato utilizzato per l’ambientazione di Yukon, Alaska, in cui Cross si ritrova all’inizio della storia.

“Abbiamo effettuato vari sopralluoghi in elicottero”, racconta Thompson, che ha trovato un paesaggio caratterizzato da vette in lontananza, un lago ghiacciato, la sponda di un fiume (dove la squadra di Thompson ha costruito una casupola di legno), un’area boschiva ed una cascata. “Abbiamo visitato tutto il Canada e alla fine abbiamo scelto Kananaskis”.

C’era tuttavia un elemento che restava un’incognita: la neve. “Il nostro location manager, che ha girato lì un sacco di film, ha detto: ‘Non posso garantire che ci sarà la neve’”, spiega Crowley. “Quindi ci siamo organizzati con le macchine che sparano neve”. Ma la troupe di Bourne ha avuto fortuna; infatti ha iniziato a nevicare proprio in tempo per le riprese. “Il giorno in cui siamo partiti, improvvisamente ha iniziato a soffiare un vento caldo che ha sciolto tutta le neve”, aggiunge Crowley.  “Ma l’abbiamo scoperto solo un mese dopo…meglio così!”

The Bourne Legacy inizia con un’eco dell’immagine che introduce Jason Bourne agli spettatori inThe Bourne Identity: visto dal basso, un uomo galleggia senza vita sulle acque di un fiume.   Ma a differenza del primo film in cui Bourne era stato lasciato ad annegare nel Mediterraneo, Aaron Cross non è ferito.  Dopo un breve momento di quiete, Aaron mostra la sua incredibile forza: si è volontariamente immerso nelle acque gelide per recuperare un contenitore che giace in fondo ad una cascata ghiacciata, e che qualcuno ha lasciato lì per lui.

Per girare questa scena i filmmakers hanno fatto tutto ciò che potevano per preservare il protagonista dal freddo delle acque canadesi. “Ci siamo preoccupati fin dal primo momento in cui abbiamo visto la location”, dice Crowley.  “Abbiamo fatto arrivare una vasca termica con un elicottero, per farlo immergere fino alla vita, e abbiamo allestito una stanza asciutta e riscaldata. C’era un’ambulanza sempre pronta, con tre o quattro esperti di ipotermia che vigilavano la situazione”.

Il piano iniziale era girare solo una parte della scena in Canada, con Renner in una muta subacquea, immerso nell’acqua fino alla vita. Tuttavia, proprio prima di iniziare a girare, Renner ha tolto la parte superiore della muta. Racconta Crowley: “Ha detto: ‘Siete davvero pronti?” ricorda Crowley. Al suo ok, le cineprese hanno iniziato a girare e Renner si è immerso a torso nudo nell’acqua ghiacciata per girare la scena in cui Aaron riemerge dal fiume. Fortunatamente a Gilroy e al direttore della fotografia è bastata una sola ripresa.

Renner era pronto alla sfida. Racconta: “Il freddo è freddo. Che siano meno 5 o meno 10 gradi non fa molta differenza”. L’attore era più snervato dal fatto che non c’era modo di prepararsi a questa azione, se non facendola. “Ecco perché ero così stressato.  Come ti prepari? Ci si può preparare per un salto o un’acrobazia. Posso sottopormi a qualsiasi tipo di allenamento, ma in questa scena bisogna solo tollerare il freddo. Ma in fondo non è andata così male. E’ stato peggio il pensiero che il fatto in sé”.

Quella scena nel fiume ghiacciato ha preoccupato anche la costumista Shay Cunliffe, che torna alla serie di Bourne dopo aver lavorato in The Bourne Ultimatum.  “Girare in un clima estremamente freddo diventa un doppio lavoro per il dipartimento dei costumi”, dice. “I costumisti che si prendono cura degli attori sul set sono responsabili del loro benessere, al di là dei costumi”.

Nel corso delle riprese ad Alberta, a temperature bassissime, la squadra di Cunliffe ha svolto un lavoro particolare. “Trasportavano enormi giacconi e mute e, a causa della neve, i costumisti li trascinavano sulle slitte, pieni di altre coperte e cappotti”, racconta.

Nella sequenza d’apertura del film, Aaron è vestito come uno scalatore, e incarna uno dei pochi coraggiosi che potrebbero vivere completamente soli, in Alaska.  “Indossa una tuta di colore arancione acceso, perché gli scalatori  sanno che potrebbero non farcela e che devono quindi risultare visibili nel caso un elicottero debba cercarli”, spiega Cunliffe.  “E’ il contrario di essere ‘sotto copertura’”.

Tuttavia, dopo essere arrivati nel luogo designato, una casupola di legno che ospita un altro agente, il cui nome in codice è #3, la missione di Aaron in Alaska viene brutalmente interrotta e lui sopravvive a malapena. La situazione si rovescia e Aaron diventa l’obiettivo delle armi e della tecnologia più sofisticata sulla faccia della Terra; torna negli Stati Uniti in cerca di Marta, uno dei suoi pochissimi contatti del programma che potrebbe non volerlo uccidere. Il viaggio per la sopravvivenza di Aaron e di Marta li conduce nel sudest asiatico, e questa è stata la tappa successiva della produzione.

 

In Asia senza freni: esplorare le Filippine

Nel corso della preproduzione Gilroy e Crowley hanno visitato Ho Chi Minh City (ex Saigon) nel Vietnam, Giacarta in Indonesia e Manila nelle Filippine. Alla fine la storia cinematografica di Manila ha conquistato la squadra. Negli anni ’70, ’80 e ’90 diversi importanti film di Hollywood sono stati girati nelle Filippine, fra cui Apocalypse NowPlatoonNato il 4 luglio e Bangkok, senza ritorno. “Sono circa 30 anni che girano film nelle Filippine”, dice Gilroy, “infatti c’è un’immensa infrastruttura che è stata costruita da tutti i film ambientati in Vietnam.”

I filmmakers hanno reclutato LOPE V. JUBAN, JR., il presidente dei Philippine Film Studios che ha lavorato nella maggior parte dei film girati nelle Filippine negli ultimi decenni, per fargli visitare Manila.  Non solo Juban — che è stato il line producer del film — ha trovato le location che Gilroy stava cercando, ma i suoi contatti con le entità governative sono stati vitali per ottenere i permessi per girare sulle strade. “Juban diceva: ‘Possiamo parlare al Presidente di questo’ oppure ‘Possiamo parlare con il ministro dei trasporti e il dipartimento di polizia.’ Tutta gente che conosceva”, spiega Crowley.  “Non avremmo mai avuto gli stessi canali a Giacarta o a Ho Chi Minh City”.

Infatti The Bourne Legacy è il primo film di Hollywood in cui Manila è Manila.  “Le Filippine sono state il set di tanti altri paesi: la Tailandia, l’Indonesia, il Vietnam, Panama”, dice Juban. “Questa è la prima volta in cui Manila è se stessa e siamo fieri di questo”.

E’ stato importante per la gente del luogo poter  mostrare a tutti i progressi che il suo Paese ha compiuto negli ultimi anni, con le nuove aree di sviluppo. Le Filippine offrono anche il vantaggio di troupe che parlano inglese, una lingua nota a molti a causa degli americani che prima della 2a guerra mondiale sono rimasti sul posto per 50 anni.

Le riprese a Manila sono iniziate nel quartiere di San Andres, fra le sue abitazioni sgangherate e vicoli angusti che ospitano le famiglie meno abbienti.  Il quartiere di San Andres è cresciuto in modo organico nel corso degli anni, con tanti palazzi diversi. Il visitatore occasionale si trova in un’area urbana che sembra un po’un labirinto, un reticolo di stradine fatte di ciottoli.

Un’intricata rete di strade con fili di panni stesi alle finestre, profumi di cucina che si mescolano a odori meno piacevoli: questo è il labirintico quartiere di San Andres, dove Aaron e Marta si rifugiano per nascondersi dai loro inseguitori, in questo caso le autorità filippine.

San Andres ospita anche una scena in cui Aaron, per salvare Marta dalla cattura quando viene assediata dalla polizia, scivola pericolosamente lungo un varco fra due palazzi. A causa di esigenze molto specifiche, questo set, costituito da una struttura a tre piani, che i filmmakers chiamavano “il baratro”, è stato costruito da Thompson e dalla sua squadra.

Spiega lo scenografo: “Per la caduta era necessario un tratto di circa 30 metri, della larghezza di 50-60 centimetri, ed un’altezza di tre piani e mezzo. Penso che “il baratro” sia il fiore all’occhiello del dipartimento artistico perché ingloba tante cose.  Doveva funzionare esteticamente per Tony. Doveva funzionare per gli stuntmen che dovevano lanciarsi. Doveva funzionare per i bracci delle macchine da presa, e il braccio della tecnogru doveva riuscire ad entrare al suo interno. Abbiamo organizzato anche il suo interno, e i vari piani. E’ stato un set complicato da costruire”.

Utilizzando il muro di un palazzo già esistente, la squadra di Thompson vi ha costruito accanto un altro muro. Piuttosto che impiegare artisti di scena per  “invecchiare” il muro, la troupe di Thompson ha comprato i vecchi rivestimenti delle abitazioni locali e in cambio ha installato nuovi muri sulle case.  Il designer racconta: “Andavamo in giro, dicendo: ‘Possiamo rivestire la vostra casa o il vostro tetto se in cambio ci date il vostro vecchio materiale’.   Alcuni residenti di San Andres hanno potuto finalmente rifare il tetto della loro casa. Per girare la grande sequenza dell’inseguimento sui tetti, i tecnici del film hanno rifatto circa  50 tetti che avevano dei buchi o che comunque erano poco sicuri.

Le location di Manila comprendono l’aeroporto internazionale di  Nino Aquino; lo storico quartiere Intramuros noto per l’architettura coloniale spagnola, il  Manila Yacht Club; il mercato coperto di Marikina  e la stazione ferroviaria di Metropoint MRT a Pasay City. La troupe si è inoltre recata in aereo a El Nido, un’ora da Manila, sulla splendida isola filippina di Palawan, per girare le scene che hanno luogo fra le magnifiche isole del Mare Cinese Meridionale. Queste isole suggestive, con scogliere di pietra calcare che emergono direttamente dall’acqua, sono più spesso associate al paesaggio della Malaisia e della Tailandia.

A Palawan, Thompson ha trovato inoltre un peschereccio in legno di 30 metri, chiamato Sabrina, utile in una scena critica. Il peschereccio esce in mare per tre mesi e può contenere fino a 20 persone che convivono nella barca insieme ai polli, alle capre e ai maiali. Dice Thompson: “Abbiamo lavato la barca con le pompe idriche perché c’era un odore davvero disgustoso. Poi abbiamo rimosso tutto il suo arredamento e l’abbiamo rivestita da zero, cercando di conservarne la tipicità”. Ma nonostante i suoi sforzi, la produzione ha dovuto convivere con gli inquilini originali della nave: una cospicua famiglia di topi.

Per diversi giorni la troupe ha girato anche la scena di un inseguimento a Navotas Fish Port, il più importante centro di pesca delle Filippine, situato a nord della città di Manila Bay. Di sera la location è un grande mercato dei pesci  (300 x 60 metri) che ogni giorno vende oltre 100,000 pesci. E ogni volta, il mattino dopo, la troupe doveva pulire, strofinare, disinfettare con il vapore e asciugare il mercato. Thompson e la sua squadra toglievano le cerate appese, montavano i lucernari e i sostegni vari, lavando a fondo il pavimento per attenuare il forte odore di pesce. Lo scopo era anche pratico: rendere la location sicura per il complesso lavoro degli stunt che doveva essere eseguito lì.

 

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