Proiettato al festival il primo episodio della seconda stagione.
FOTINI PELUSO: “Lo vedo per la prima volta. C’è emozione.”
FEDERICO CESARI: “I giovani hanno bisogno di confrontarsi con la complessità”
la new entry DRUSILLA FOER: ““Un grande regalo che mi ha permesso di pensare a tante persone passate nella mia vita”
BRUNI: “Sentivamo che questa storia non finisse lì”
MENCARELLI: “La malattia mentale va celebrata come un rito collettivo”
“A me questa serie ha cambiato la vita umanamente, se a voi ha regalato un poco di quello che ha regalato a me io ve ne sarò sempre grato” È con grande emozione che Federico Cesari presenta al Giffoni Film Festival l’anteprima mondiale della seconda stagione di “Tutto chiede salvezza”, la serie Netflix di cui è protagonista, in uscita il 26 settembre diretta da Francesco Bruni e tratta dal romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli che affronta il complesso tema della salute mentale nei giovani.
“Lo vedo per la prima volta. C’è emozione.” confessa Fotinì Peluso ai giurati del festival, in corso a Giffoni Valle Piana fino al 28 luglio, che hanno l’opportunità di vedere in anteprima il primo episodio del secondo capitolo di un prodotto audiovisivo a cui il festival è particolarmente legato, avendo presentato proprio qui la prima stagione due anni fa. Calorosa l’accoglienza dei protagonisti della serie che insieme allo sceneggiatore Daniele Mencarelli, e con Francesco Bruni e Drusilla Foer in collegamento, hanno presentato i personaggi della seconda stagione “cresciuti ma ancora con problematiche e difficoltà”.
“Sentivamo che questa storia non finisse lì, - racconta Bruni - speravamo che il riscontro ci permettesse di andare avanti e così è stato. Il pubblico ha amato tutti i personaggi, e quindi l’idea è stata di farli tornare. Ci siamo divertiti molto a pensare cosa potesse essere successo nelle loro vite”. Mencarelli concorda e aggiunge che proseguire è stato “divertente e doveroso. Affrontare solo il TSO sarebbe stato un racconto parziale. Tutti quelli che passano di lì poi hanno una vita fuori. Anzi, abbiamo” – parlando anche della sua esperienza in trattamento sanitario obbligatorio – “Lo abbiamo esplorato nel modo più bello, tra realtà e finzione.” “Mi era rimasta la volontà di celebrare quei personaggi e quei temi. - continua lo sceneggiatore della serie - Anche nella seconda stagione, tante cose appartengono alla realtà, tante cose sono inventate, ma la malattia mentale è un tema che merita di essere celebrato come rito collettivo, come tema di condivisione.”
Inevitabile il raffronto con la realtà vissuta dalle giovani generazioni oggi per cui “la complessità è un’esigenza sempre più forte” dice Cesari. “Stiamo passando un periodo veramente complicato, la nostra generazione e quelle dopo di noi - concorda Peluso - un momento drammatico dal punto di vista dell’analfabetismo emotivo, sociale, affettivo. Non ci rendiamo conto cosa significhi mantenere dei valori umani”.
La seconda stagione è ambientata due anni dopo i fatti della prima, con Daniele (Cesari) e Nina (Peluso) ormai genitori. “Per questa seconda stagione, il mio lavoro è partito dalla sensazione fisica di una compressione toracica che scaturisce quando hai un piccolo attacco di panico. - afferma Federico Cesari - è quella la sensazione credo che abbia accompagnato il personaggio di Daniele in questa stagione”. “Non vedevo l’ora di tornare nei panni di Daniele - prosegue l’attore - La parte più difficile del mio lavoro è stato conciliare il Daniele della prima stagione e quello della seconda, per via del salto temporale, in cui il personaggio assume delle responsabilità sociali molto importanti. È profondamente responsabilizzato: come infermiere e come padre.” Il personaggio di Daniele infatti sta ora studiando per diventare infermiere e fa tirocinio nel reparto in cui tutto per lui è cambiato e ha preso una luce diversa. Scherza Fotinì Peluso: “Il mio personaggio è il più fico! È quello che ha fatto lo stacco più grande. Per me, è stato difficile interpretare una madre”
Grande novità di “Tutto chiede salvezza” 2 è l’ingresso di Drusilla Foer nel ruolo di Matilde che è “un uomo geneticamente, anche se ha apportato al proprio corpo delle modifiche.” commenta la stessa Foer che descrive il suo come “un personaggio molto tormentato, ringhioso, malinconico, con delle note di dolcezza, di protezione. È molto aggressivo, e lo è per questo enorme dolore che poi si svilupperà nella serie.” Matilde “è un personaggio completo che mi ha costretto a riprendere tanti pezzetti da tante esperienze di vita di tanti amici, avuti e persi” racconta emozionata l’attrice che aggiunge “Un grande regalo che mi ha permesso di pensare a tante persone passate nella mia vita, con i loro dolori, i loro approcci nelle relazioni con l’altro.” Un ruolo molto diverso dall’immagine mostrata finora da Foer, che commenta “io accetto molto volentieri le sfide. Questo lavoro mi ha dato una sorta di restituzione di tutti i conflitti interni che ho avuto nel corso della mia vita, come se adesso potessi abbracciarli e averli tutti qui con me. Non è stato difficile rinunciare al mio aspetto patinato, da soubrette, anzi sono stata felice di demolire quello stereotipo, piena di energia per cancellare quello che avevo fatto fino ad oggi, e esprimere la complessità che alberga in ognuno di noi”.
Eppure ammette: “Mi spaventava molto il personaggio di Matilde ma Bruni mi ha messo molta tranquillità”. Concorda anche Fotinì Peluso – “Mi affido molto alla regia, è una guida indispensabile per me” – sull’importanza della regia di Francesco Bruni, che sottolinea la complessità dei personaggi come pilastro della narrativa “Il mio maestro Furio Scarpelli diceva che un personaggio è bello se ha una doppia faccia, e i personaggi di questa serie ‘avoja’ di doppie facce! Invogliano molto la scrittura perché possono fare qualsiasi cosa in maniera inaspettata ma credibile, hanno tante sfaccettature molto interessanti”.
Emozioni al centro della proiezione ma anche durante le riprese della serie: Drusilla Foer infatti racconta che ha trovato “un set inondato di partecipazione e sentimento, una coesione intorno a un progetto molto sentito, a partire dal cast, per arrivare ai tecnici, le sarte; è stato tutto molto emotivo. E questa è la capacità di Bruni, di aggregare sotto il segno del sentimento”.