Speciale Oppenheimer – Seconda parte: PERSONAGGI

La sceneggiatura realizzata da Christopher Nolan per Oppenheimer ha messo in moto un’azione di casting imponente per poter trovare i giusti interpreti di una dozzina di personaggi fra i più importanti del ventesimo secolo. La volontà di Nolan è sempre stata tesa a non provare soluzioni miste o con personaggi costruiti per semplificare le cose, nella consapevolezza che sarebbe stato sbagliato attribuire azioni, firme, idee o scoperte a una figura diversa da quella reale. I personaggi sarebbero entrati e usciti dalla scena con dinamiche vivaci, a volte con camei memorabili, per cui l’intenzione è stata immediatamente di renderli riconoscibili e vividi nella mente dello spettatore. “Cillian Murphy nel ruolo di Oppenheimer è stato il punto di partenza di tutto il film,” confessa Nolan. “Ma ero ben certo che Cillian avrebbe avuto bisogno di un gruppo straordinario di attori attorno, professionisti che potessero metterlo alla prova e spingerlo oltre i propri limiti. In un film con così tante sfaccettature, tutto deve essere credibile e chiaro. Per questo la profondità del gruppo allestito dal responsabile del casting JOHN PAPSIDERA è un elemento fondamentale della pellicola. È determinante per il pubblico comprendere le responsabilità e i pesi di ogni azione raccontata nel film. Questi attori hanno vissuto il set giorno per giorno con una precisa consapevolezza del ruolo del proprio personaggio nella storia, del loro contributo al Progeto Manhattan, della loro posizione in un certo appuntamento, esperimento o discussione in un qualsiasi giorno. La mia fortuna è di essermi trovato ogni giorno della lavorazione circondato da attori che ne sapevano anche più di me su cosa stesse succedendo al loro personaggio, ed è quello a cui veramente aspiri quando sei un regista.”

 

J. Robert Oppenheimer Cillian Murphy

Per impersonare il padre della bomba atomica, Christopher Nolan ha scelto un attore che è apparso in cinque dei suoi film (Trilogia del Cavaliere Oscuro – The Dark Knight Trilogy, Inception, Dunkirk), ma finora mai in un ruolo da protagonista: Cillian Murphy, attore irlandese, diviso fra grande schermo e teatro, apparso su film come 28 giorni dopo – 28 Days Later, A Quiet Place Part II, e il successo televisivo globale, Peaky Blinders. “Sono stato molto fortunato ad aver potuto lavorare con alcuni degli attori più bravi della mia generazione all’inizio della loro carriera, e questo vale sicuramente per Cillian,” spiega Nolan. “La prima volta che ci siamo trovati su un set, molte cose erano una novità per entrambi, ma quello che appariva chiaro agli occhi di tutti era il suo straordinario talento. Abbiamo trovato una connessione personale, professionale e creativa. Per questo, tento sempre di tornare a lavorare con Cillian. È stato meraviglioso poter alzare il telefono e dire:‘Questa è la volta giusta, sarai tu il protagonista, tu a dover interpretare un personaggio che avrà bisogno di ogni briciola del tuo talento, fino a metterti alla prova in un modo in cui non hai mai vissuto. E lui non si è tirato indietro. È stato un sogno che si è realizzato per entrambi.”

 

Per Murphy, quella telefonata di Nolan è di fatto indimenticabile. “Sono passati venti anni da quando ho conosciuto Chris, ma già allora ero un suo estimatore, perchè avevo visto Memento e Insomnia,” spiega Murphy, il cui primo incontro con il regista era stato in occasione dell’audizione per la parte di Bruce Wayne in Batman Begins, un ruolo che poi fu affidato a Christian Bale. “Poter incontrare Chris per quel film è stato straordinario, per certi versi assurdo perchè non riuscivo a vedermi vestire i panni di Batman. Ma da quell’appuntamento è arrivata la possibilità di interpretare il personaggio di Spaventapasseri ed è stata un’esperienza di lavoro straordinaria. Da allora mi sono ripromesso che qualsiasi cosa Christopher Nolan mi avesse chiesto di fare, senza neanche pensare alle dimensioni del ruolo, avrei sempre accettato. Di certo non mi aspettavo che mi chiamasse per propormi di essere Oppenheimer. Ma così è andata. Quando la telefonata si è conclusa, sono rimasto imbambolato. Mi sono sentito incredibilmente fortunato. E poi ci siamo messi a lavorare.”

 

Il fascino e la sfida di un ruolo come Oppenheimer, a detta di Murphy, rendono giustizia all’immensa intelligenza del fisico e alle sue questioni morali. “Il nostro impegno è stato teso a rendere la complessità di Oppenheimer, non trattandosi di un uomo semplice,” spiega Murphy. “Nessuno dei protagonisti di questo film lo è. Una grande mente può essere anche un peso; persone come quelle conducono una vita su un piano completamente diverso da quello di noi semplici mortali, e questo determina delle complicazioni nella loro vita personale e per la loro etica. Questo aspetto è il più delicato: esprimere e raccontare il viaggio morale di Oppenheimer nel corso di questa storia, perchè è come se ballasse sotto la pioggia evitando di bagnarsi. Da una parte le sue idee durante l’incarico sul Progetto Manhattan, e poi, anni dopo, le posizioni in termini di politica nucleare dopo la Seconda Guerra Mondiale, con cambiamenti ed evoluzioni che lo hanno messo in conflitto con altre persone.”

 

Per prepararsi al ruolo, Murphy ha letto Robert Oppenheimer – Il Padre della Bomba Atomica – American Prometheus e molti altri libri, oltre ad aver studiato ore di girato con le interviste e le lezioni di Oppenheimer. Ha lavorato con Nolan e la costumista Ellen Mirojnick per ricostruire il suo riconoscibile stile: lo sguardo intenso, la postura, la pipa, il cappello. “Non ho voluto riproporre una copia di Robert Oppenheimer,” spiega Murphy. “È un distillato fra quello che possiamo vedere nei materiali storici e quello che ho incontrato nella sceneggiatura di Chris. Si è trattato di un lungo processo di sintesi fra rappresentazione e interpretazione.”

 

Murphy si è confrontato con il noto fisico KIP THORNE per guadagnare maggiore comprensione sulla professione e sul concetto di fissione. Ma non ha neanche voluto porre eccessiva pressione su sè stesso per arrivare a una piena conoscenza di una materia che ovviamente era frutto degli anni di studio di Oppenheimer. “La gran parte della popolazione mondiale non ha gli strumenti e non può riflettere sull’esistenza umana, sulla struttura del mondo e sul nostro ruolo nell’universo alla maniera in cui ha fatto Oppenheimer, e certamente non può farlo attraverso la lente della meccanica quantistica, con le sue complessità e la sua tensione ai paradossi,” riflette Murphy. “Per questo sarebbe stato un esercizio futile per me spendere sei mesi nel tentativo di crearmi una consapevolezza. Quello che puoi provare a fare è di creare una vaga conoscenza concettuale, renderla mia e di conseguenza estrarne l’elemento umano, che è poi in assoluto la cosa più importante del film. È una storia incredibile a livello di tema, ma è raccontata in una maniera decisamente umana. Non è una lezione di storia, non è un esercizio didattico o un compito, non abbiamo mandato un messaggio al pubblico con una serie di concetti da imparare. Ma quello che emerge è che gli spettatori possono creare connessioni partendo da questo film e riflettere su quanto è allarmante quello che sta succedendo nel mondo contemporaneo. Il cinema che stimola il pensiero e ti mette alla prova è una componente fondamentale di questa arte e sono convinto che Chris lo faccia da sempre con uno stile intelligente e provocatorio.”

 

Kitty Oppenheimer Emily Blunt

 

Katherine “Kitty” Oppenheimer (nata Puening), interpretata da Emily Blunt, era una biologa, una botanica, e si era sposata già tre volte prima di incontrare Oppenheimer a una festa a San Francisco. Dal loro matrimonio nacquero due bambini, Peter e Toni. Nel corso degli anni passati a Los Alamos, Kitty ha dovuto fare i conti con il disagio legato alla maternità, alla solitudine e alle dipendenze. Blunt è rimasta intrigata dal rifiuto di Kitty nei confronti delle convenzioni e delle aspettative sociali. “Kitty è un personaggio che non parla tanto per aprire bocca: affronta tutto con profondità,” afferma Blunt. ”Era una donna complicata, volubile, anche affascinante. L’aspetto che più mi ha rapito è questa visione della donna che rifiuta di conformarsi all’ideale femminile dei propri tempi, che non accetta semplicemente di doversi sposare, avere figli, essere al fianco del marito e accettare questo come l’unico lavoro che le sia concesso. La sfida che ha condotto nei confronti del sistema è assolutamente moderna.

Mi spiego, Oppenheimer era il suo quarto marito, e aveva 29 anni quando si sono conosciuti! Sono convinta che la sua volontà fosse di farsi largo nella vita affermandosi secondo le proprie regole. Ma sono convinta anche che avesse trovato in Robert Oppenheimer la sua perfetta controparte intellettuale. Fra di loro c’era un rispetto reciproco e genuino. Kitty era una confidente fidata e la principale alleata quando è arrivato il momento di prendere grandi decisioni. Robert ha fatto grande affidamento sulla propria moglie, la cui opinione ha sempre avuto un’importanza decisiva nel corso della loro vita. Lei stessa era una scienziata ed è stata il primo esempio di una donna dell’epoca con una tale intelligenza che si è ritrovata bloccata e sacrificata, provocandole grande dolore. Nonostante tutto ha sempre creduto in Robert, lo ha venerato, supportato ed è stata il suo più grande sostegno.”

 

Quando Blunt ha iniziato a lavorare sul libro per trovare gli spunti sul personaggio di Kitty, l’attrice racconta di aver trovato nella sceneggiatura di Christopher Nolan e nel suo stile di regia, tutto ciò che era necessario per il suo sviluppo. “Chris mi ha messo a disposizione un ruolo straordinario,” afferma Blunt. “Kitty mi è esplosa fra le mani, è stata una persona imponente per il suo spessore. Chris, da regista, ti lascia molta libertà di esplorare le vulnerabilità del personaggio. Quando noto una persona pervasa da sentimenti contrastanti, da uno spirito aggressivo o in perenne contrasto, cerco sempre di capire cosa c’è dietro, quali sono le ragioni, e mi rendo conto di quanto la rabbia si possa mischiare con tanti altri elementi. C’è il dolore, l’umiliazione, lo sguardo degli altri. Ho provato a identificare tutto ciò nella sua storia, anche grazie alla libertà creativa che mi è stata lasciata.”

 

Blunt spiega che è stato facile trovare la chimica con Cillian Murphy, avendo lavorato poco tempo prima su A Quiet Place Part II, nel quale i personaggi sviluppano uno stretto legame per affrontare i rispettivi demoni. “È il mio secondo film con Cillian, e aver diviso la scena in passato ha reso le cose più semplici essendoci una base di fiducia da cui partire,” conferma Blunt. “Non ci è voluto molto a entrare nelle dinamiche di una coppia sposata così interconnessa e con spiriti fortemente legati. Lavorare con una persona che ha uno spirito così nobile, mosso dall’intenzione di creare qualcosa di buono al tuo fianco, è stato sinceramente straordinario

 

Leslie Groves Matt Damon

 

Motivato, guidato dal senso del dovere, irritante, Leslie Groves, Jr. è stato un ufficiale riconosciuto e fidato del Genio Militare dell’Esercito degli Stati Uniti, a cui è stata affidata la costruzione del Pentagono e che poi ha preso la guida militare del Progetto Manhattan. Malgrado la grande distanza da Oppenheimer in termini di visione politica e temperamento, il conservatore e pragmatico Groves fu immediatamente rapito dal genio del fisico al punto da reclutarlo, anche contro i dubbi di molti, per essere suo partner in quella nuova missione. Groves ha garantito un fondamentale contributo nel lavoro di costruzione della bomba atomica, anche per aver dato piena fiducia a Oppenheimer nella consapevolezza delle sue simpatie comuniste.

 

Per interpretare il generale, gli autori hanno scelto Matt Damon, vincitore del Premio Oscar® per aver firmato la sceneggiatura di Genio Ribelle – Good Will Hunting e riconosciuto per tante diverse interpretazioni, inclusa l’ultima offerta in Air – La Storia del Grande Salto, che ha anche prodotto insieme con il suo amico Ben Affleck. “Il rapporto fra Oppenheimer e Groves è stata una grande risorsa di godimento per il film,” pensa Emma Thomas. “Buona parte della pellicola è raccontata attraverso la prospettiva di Oppenheimer ed era necessario che l’attore che avrebbe interpretato Groves fosse in grado di essere immediatamente credibile per il pubblico, qualcuno che avesse l’autorevolezza del grande attore, magari anche un pò di spavalderia senza mai risultare eccessivo. Matt era la persona che racchiudeva tutte queste qualità. Ha portato al ruolo la giusta ironia e un forte elemento umano, ed è veramente piacevole poter assistere alle dinamiche che ha costruito con Cillian.”

 

Per Damon, il piacere di aver lavorato su Oppenheimer è coinciso con la possibilità di lavorare su una storia nota come quella del Progetto Manhattan. “Sono un figlio della Guerra Fredda,” spiega Damon. “Sono cresciuto con le conseguenze di quel pezzo di storia. Per questo ho sempre guardato il mondo attraverso quella lente. L’aspetto interessante è stato proprio di aver potuto guardare al passato per cercare di comprendere il pensiero di quei ragazzi, il loro struggimento personale e le terribili decisioni che si sono trovati a dover affrontare. A ciò però si aggiungono tutte le questioni umane come la politica, l’ambizione e la morale legato alla loro ricerca. È incredibile anche solo riflettere che questi scienziati si sono ritrovati di fronte a scelte che non erano mai state prese prima. In questa storia sono protagonisti la naturale curiosità umana, il fascino e l’ambizione di poter spostare oltre i limiti, per vedere cosa si può ancora conoscere e cosa potrebbe accadere. Non manca anche una certa dose di idealismo e leggerezza in questi ragazzi. Oppenheimer era veramente convinto che questo esperimento avrebbe messo fine alle guerre. Eppure viviamo da sempre con questa “Spada di Damocle” e non siamo ancora riusciti a liberarcene. Senza alcun dubbio, si tratta di una delle storie più importanti dei nostri tempi.”

 

 

 

Damon ha arricchito la propria parte concentrandosi sugli elementi essenziali della personalità di Groves. “Il generale aveva un ego decisamente ingombrante e non era amato da nessuno,” spiega Damon. “Ma Oppenheimer lo apprezzava; fra loro c’era un certo tipo di comprensione che ha dato via a un rapporto. Groves non hai messo in dubbio le azioni di Oppenheimer e le sue ragioni. Groves era incredibilmente orgoglioso degli aspetti ingegneristici e della forza scientifica del loro progetto. Da parte sua non ci sono mai stati titubanze. Era il suo modo di fare: “Ho detto che lo avrei portato a termine e ci sono riuscito.” È stato affascinante interpretare qualcuno con quel tipo di sicurezze e di rigore, dotato senza dubbio di una grande intelligenza, ma che poi viene circondato da un gruppo di geni che lavorano su un livello nettamente differente: persone incredibili che avevano la stessa ambizione di Groves ma che vivevano un conflitto intenso sulla propria ricerca e su cosa avrebbe potuto scatenare.”

 

Damon aggiunge che non è stato troppo complesso entrare in contatto con Groves e la difficile operazione del Progetto Manhattan. Sebbene la posta in gioco per la creazione della prima arma nucleare sia infinitamente più alta, a livello interpersonale l’attore trova che non sia poi così diverso del cinema. “Si possono trovare molti parallelismi con il nostro mondo,” afferma Damon. “Tensioni crescenti, persone che vengono da mondi differenti che sono messe insieme a lavorare pur con metodologie, aspettative, sogni e speranze completamente divergenti. Siamo schiacchati inseme per riuscire ad arrivare a un comune obiettivo. Si vive fra frizioni e tensioni, in una dinamica che ricorda fissione e fusione. Sono convinto che sia stato più semplice per il cast lavorare in concerto comprendendo quello che hanno passato i nostri personaggi.”

 

Lewis Strauss
Robert Downey, Jr

Lewis Strauss è stato membro fondatore della Commissione per l’Energia Atomica degli Stati Uniti nel 1947 e ha avuto un ruolo chiave nel modellare la politica nucleare dopo la guerra. Il primo incontro con Oppenheimer è avvenuto nello stesso anno, perchè Strauss ricopriva il ruolo di direttore dell’Istituto di Studi Avanzati dell’Università di Princeton. Così ha preso il via un rapporto teso fra due uomini testardi, incredibilmente ambiziosi e, ognuno a modo proprio, sinceramente patriottico. Strauss era un uomo del Sud, con un devoto spirito religioso, che si era fermato agli studi liceali e per questo sempre profondamente insicuro per l’assenza di un’educazione formale nel proprio percorso, un conservatore dogmaticamente anticomunista, Oppenheimer, nato nel Nord-est, risultava brillante senza alcuno sforzo, era altamente istruito ed era noto per le sue posizioni nettamente liberali con uno sguardo deciso verso le politiche di sinistra. Per interpretare Strauss, Christopher Nolan ed Emma Thomas hanno approcciato un professionista con cui volevano lavorare da tanti anni, Robert Downey, Jr, attore nominato due volte per il Premio Oscar® per Charlot – Chaplin nel 1992 e Tropic Thunder nel 2009, conosciuto in tutto il mondo con Iron Man. L’opportunità di lavorare su Oppenheimer si è presentata nella vita di Downey Jr. in un momento in cui aveva stabilito di fare un pò di selezione dopo il grande successo avuto nei panni di uno dei personaggi più conosciuti dell’universo Marvel. “Stavo cercando di rallentare i miei impegni un anno prima della pandemia, per riavvicinarmi alla mia famiglia e ai miei altri interessi, perchè avevo lavorato in maniera veramente intensa,” spiega Downey Jr., che ha recentemente presentato “Sr.”, l’apprezzato documentario sul padre scomparso, il compianto regista sperimentale Robert Downey, Sr., e sul loro rapporto. “Ma questa volta si trattava di Christopher Nolan, che mi proponeva un progetto a cui teneva tanto. Il cast, inoltre, era un gruppo di persone di enorme talento. E non appena ne abbiamo cominciato a parlare, gli eventi geopolitici hanno preso una piega per cui questo film si è trasformato in una metafora fondamentale per tutti i suoi significati. E così non ho avuto più alcuna esitazione.” Più Downey ha portato avanti la sua ricerca su Strauss, anche nei termini della sua complessa relazione con Oppenheimer, e più è cresciuta un’idea di Strauss come figura stratificata con una visione del mondo con i suoi meriti, almeno nel contesto storico del momento. “Vi do un esempio,” spiega Downey Jr. “Lo scacchiere geopolitico sul Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale era decisamente critico. I nostri siluri non esplodevano alla giusta profondità o distanza dai bersagli a cui miravano. Strauss sapeva che c’era bisogno di un intervento per aiutare la causa e con tutti i mezzi burocratici a sua disposizione ha contribuito ad accorciare la guerra. Ma qualcuno ha mai detto che Lewis Strauss è riuscito a dare fine alla guerra? No. Più avanti, dopo aver scoperto che i Russi avevano a disposizione armi atomiche, Strauss iniziò a lavorare per far partire i test per la bomba a idrogeno, mentre Oppenheimer si oppose. Strauss era animato dalla convinzione che avrebbe potuto salvare delle vite, allo stesso modo di quanto successe con la spoletta di prossimità. I suoi ragionamenti non erano semplici posizioni di fronte. Era sempre sostenuto da una motivazione che ti lascia comprendere parte delle sue scelte.” E per quanto riguarda il taglio di capelli richiesto per il ruolo di Strauss, Downey Jr. non si è tirato indietro. “La cosa divertente di radermi a zero e che mi ha ricordato mio padre, che non è mai una cosa terribile. D’altro canto ha permesso alla mia paziente moglie di farsi un’idea di quello che l’aspetta,” racconta Downey Jr. “Ma senza dubbio era la scelta corretta da fare per il personaggio. Credo che Chris abbia avuto qualche preoccupazione su come avrei affrontato il ruolo. Di certo l’ultima cosa da fare era un’imitazione non realistica. E per questo per un pò di tempo sono tornato a indossare un cappellino da tennis.”

 

 

Jean Tatlock Florence Pugh

Intellettuale, introversa e con sentimenti profondi, sensuale, spirito libero, tendente alla malinconia, Jean Tatlock era una psichiatra laureata a Stanford che ebbe un’intensa e travagliata storia d’amore con J. Robert Oppenheimer. Per interpretare Tatlock, gli autori hanno scelto Florence Pugh, le cui parti in Black Widow, Midsommar – Il Villaggio dei Dannati e Piccole Donne – Little Women, l’hanno condotta a una nomination al Premio Oscar® e resa una delle stelle più giovani del firmamento di Hollywood. Pugh ha accettato il ruolo per l’opportunità di poter lavorare con un regista che ammira. “È un film di Christopher Nolan, il numero uno,” conferma l’attrice, “e anche il numero due, e un regista dal talento incredibile. Da anni studio Cillian Murphy come attore e non aspettavo altro di poter lavorare al suo fianco. Era da matti rifiutare un’offerta del genere. È stato come poter fare un’attività sportiva con alcune delle leggende in quel campo, per questo la ricorderò sempre come una delle migliori esperienze che abbia mai avuto.” Pugh ha molto apprezzato di poter interpretare una personalità straripante che lotta contro le convenzioni sociali che all’epoca sminuivano e limitavano il ruolo della donna. “Jean era una donna schietta e sapeva quel che voleva, e non è mai stata punita per questo approccio, specialmente non da Oppenheimer,” racconta Pugh. “Con Oppenheimer, Jean era completamente in controllo e nel proprio elemento. Costruire un personaggio femminile con così tanto potere, anche se c’erano tanti aspetti più complessi nella sua vita, e lavorare sul suo rapporto con Oppenheimer in collaborazione con Chris e Cillian, è stata un’esperienza potente, interessante e formativa.”

 

 

Ernest Lawrence Josh Hartnett

 

Quando il fisico Ernest Lawrence incontra Oppenheimer, diventano immediatamente amici; Oppenheimer era attratto dalla personalità socievole ed estroversa di Lawrence.  Per il ruolo, Nolan ha scelto Josh Hartnett, già abituato a grandi film che affrontano il tema della guerra, dell’eroismo militare e della morale, avendo interpretato un pilota dell’esercito nella pellicola di Michael Bay Pearl Harbor e un soldato nell’opera di Ridley Scott Black Hawk Down – Black Hawk Abbattuto. Tornato sul set dopo un periodo di pausa preso per poter crescere i proprio figli, Hartnett si è cimentato nuovamente con il genere che lo ha reso una stella, ma con un personaggio che affronta un’altra prospettiva. “Conoscevo un pò la storia di Oppenheimer, ma non quella di Lawrence e di quanto fosse determinante nella progettazione delle armi nucleari e del dilemma che viviamo ancora nel 21esimo secolo,” spiega Hartnett. “È la figura storica più importante e decisiva del 20esimo secolo di cui non ero assolutamente al corrente. Ha sviluppato l’acceleratore circolare, il concetto di Grande Scienza, ha di base dato vita a quello che oggi è conosciuto come il super-collider. Tutto è cambiato a causa di questo uomo e della sua curiosità.” Hartnett ha preso ispirazione da un proprio zio, un fisico che lavorato sul programma spaziale Gemini che ha portato gli Americani sulla luna, e ha lavorato molto sulla ricerca del personaggio. “Volevo essere certo che Lawrence non apparisse contemporaneo, ma che fosse realisticamente una persona del proprio tempo, con le sue radici,” confessa Hartnett. “Fortunatamente, vengo dai suoi stessi luoghi. Lawrence è andato a scuola in Minnesota e io sono cresciuto proprio lì, per cui so bene come parlano quelle persone. Inoltre, essendo cresciuto in una famiglia di formazione scientifica, ho potuto comprendere meglio il percorso di un ragazzo che entrato all’università ha lavorato continuamente con l’obiettivo di spingere i confini fino a dove era possibile.” Hartnett ha focalizzato la propria attenzione sulla creazione di enfasi su quei dettagli di Lawrence che non appartenevano a Oppenheimer. “Una delle cose che ho imparato è che Lawrence era la persona da tutti considerata come la prima scelta per guidare il Progetto Manhattan. Era espansivo, una persona comunicativa e bravo nel raccogliere fondi, tutte cose che francamente non appartenevano a Oppenheimer,” considera Hartnett. “Questi elementi hanno permesso di prendere il ruolo con uno spirito positivo, perchè non credo mi sarebbe interessato proporlo solo come uno scienziato. Era un essere umano con differenze evidenti rispetto agli scienziati che lo circondavano, in particolare da Oppenheimer.” Le riprese in New Mexico sono state una fonte di energia per Hartnett. “Quando abbiamo iniziato, una porzione significativa del nostro gruppo alloggiava in un piccolo albergo composto da qualche cabina allineata una dopo l’altra,” ricorda Hartnett. “Alla fine della giornata si passava il tempo e si mangiava insieme; è stata un’esperienza decisamente familiare, così diversa dalle produzioni a cui lavoriamo solitamente. C’era così tanta gente che ha partecipato a questa operazione, tutti molto dedicati al progetto, eppure c’è stato un clima molto informale e gradevole. È stata una delle migliori esperienze della mia carriera.”

 

Niels Bohr Kenneth Branagh

 

Vincitore nel 1922 del Premio Nobel per la Fisica, Niels Bohr era il punto di riferimento per Oppenheimer e altri scienziati della sua generazione per gli studi realizzati sulla struttura atomica e la celebre “Interpretazione di Copenhagen” della meccanica quantistica. Per il ruolo di Bohr, Christopher Nolan si è rivolto a una vecchia conoscenza come Kenneth Branagh, che aveva già rivestito la parte del valoroso Comandante Bolton in Dunkirk e del malvagio Andrei Sator in Tenet, e la cui ricca carriera da autore e regista ha raggiunto nuove vette nel 2021 con Belfast, con cui ha ottenuto la nomination per il Premio Oscar® per Miglior Film e Miglior Regista e ha vinto l’Oscar® per Miglior Sceneggiatura Originale. “È stato utile avere un punto di partenza,” spiega Branagh parlando dell’ultimo incarico affidatogli da Nolan. “Niels Bohr è stato un grande scienziato, un Premio Nobel, uno degli architetti che ha permesso il passaggio dalla fisica classica alla quantistica, una rivoluzione metodologica che ha messo le basi per lo sviluppo della bomba atomica, dell’energia nucleare e di tutto quello che ne deriva. C’è tanto materiale su questo grande personaggio. Lo puoi ascoltare, puoi vederlo e leggere pagine su pagine che gli sono state dedicate. Ho lavorato sui piccoli dettagli che mi hanno aiutato per entrare nel ruolo. Bohr amava il calcio, suo fratello giocava per la nazionale danese e anche lui se la cavava. Era una persona che amava stare all’aria aperta. Quando venne a Los Alamos, trovò il modo di andare a sciare. Era un appassionato del cinema western Americano muto degli anni’20. E da quanto raccontavano coloro che lo frequentavano, era completamente distratto. Un uomo eccezionalmente brillante, capace di dibattere con Einstein, eppure totalmente alla mano. Poteva perdere il contatto con la realtà mentre attraversava la strada, ma la sua mente era acuta come poche altre.” Nolan ha permesso a Branagh di sviluppare il personaggio paragonando il rapporto fra Bohr e Oppenheimer ad altri esempi lontani nel tempo e nello spazio. “Anche se Oppenheimer non passò necessariamente tanto tempo insieme a lui, Bohr fu comunque un modello importante,” riflette Branagh. “Chris mi ha spiegato che l’idea era di una sorta di Obi-Wan-Kenobi, perciò abbiamo lavorato in questi termini. Bohr, per certi versi, era un mago, una figura che aveva maggiore conoscenza di quanta ne avesse raggiunta

 

Oppenheimer. Ma Bohr aveva approvato il fatto che Oppenheimer fosse l’uomo incaricato di dover presentare la bomba atomica al mondo. Era consapevole che Oppenheimer sarebbe stato in grado di comprendere le questioni scientifiche e allo stesso tempo affrontare processi e tribolazioni che ne sarebbero seguiti, una prospettiva inevitabile agli occhi di Bohr.” Branagh afferma di essere sempre meravigliato della capacità di Nolan nella direzione del cast e della troupe nella produzione di film così ambiziosi, rischiosi e coraggiosi. “È pura adrenalina poter lavorare con qualcuno che, come regista, si muove con tale sicurezza nelle proprie scelte,” confessa Branagh. “Chris offre l’esempio grazie a una straordinaria etica del lavoro. È sempre di buon umore, con un fantastico senso dell’ironia, è cortese e ascolta i propri attori. È un professionista ineccepibile con un’autorevolezza unica. È meraviglioso poterlo guardare all’opera ed essere al suo fianco.”

 

Edward Teller Benny Safdie

 

Se Oppenheimer è stato definito “il padre della bomba atomica”, Edward Teller è considerato “il padre della bomba a idrogeno.” Nel tempo passato a lavorare per Oppenheimer nella ricerca dei segreti della fissione, Teller ha sempre provato a trovare il proprio spazio d’azione e spesso si è tenuto a distanza dai propri colleghi per raggiungere i propri obiettivi. Si scontrò con il proprio capo proprio sulla convinzione che fosse necessario puntare alla più complessa costruzione delle bombe a idrogeno. Nonostante la volontà di sviluppare le armi termonucleari più potenti, fu lo stesso Teller a speculare sulla “terribile possibilità” che spaventò Oppenheimer, ovvero il rischio di consumare l’atmosfera terrestre. Per il personaggio di Teller, Christopher Nolan ha scelto Benny Safdie, che è apparso su film come Licorice Pizza e Are You There, God? It’s Me, Margaret?. Oppenheimer si è presentato a Safdie come l’opportunità di esplorare una strada non presa. “Sono quasi diventato un fisico, ci sono stato veramente vicino,” confessa Safdie. “C’è stato un momento della mia vita in cui le strade erano letteralmente due: cinema o fisica. Ho scelto il cinema, ma durante gli anni del liceo, ho continuato a studiare i modelli della meccanica quantistica. Ho anche seguito un corso alla Columbia University e visitato alcuni dei laboratori più importanti, tutte cose che uno fa quando sta per intraprendere quella carriera. Per questo è stato folle ricevere una proposta del genere da parte di Chris. In qualche modo si sono unite due delle mie più grandi passioni.”

 

Safdie è rimasto affascinato dalla combinazione di genio e vanità di Teller, per poi comprendere che anche una missione scientifica come il Progetto Manhattan può essere messa in crisi dalle paure personali e dalle fragilità dei suoi membri. “Il film affronta con grande onestà la questione scientifica, ma non è da meno nei confronti di ogni singolo ricercatore,” spiega Safdie. “Ognuno di loro è un personaggio, con una personalità complessa e obiettivi straordinari. È impressionante immaginare che per un periodo lavorassero tutti nella stessa stanza. Erano insieme per lo stesso motivo, per raggiungere un obiettivo comune, ma di certo non lasciavano il proprio ego sull’attaccapanni quando iniziava il lavoro, anzi questo aspetto rende la storia ancora più interessante. C’è anche una base di rispetto reciproco che è unico e irripetibile, anche fra Oppenheimer e Teller. È stato bello poterlo rimettere in scena.“ Come ogni altro attore che avuto un ruolo fra i membri del Progetto Manhattan, Safdie ha avuto la possibilità di studiare la persona che avrebbe interpretato per conoscerne la voce, i manierismi, la personalità. “La cosa particolare di questo film è che gli scienziati sono spesso impegnati in lezioni o spiegazioni, per cui già loro hanno un modo di recitare per sè stessi o per gli studenti,” è la considerazione dell’attore. “Sono persone brillanti che cercano sempre di presentarti il proprio talento. E Teller aveva senza dubbio una componente di spavalderia quando parlava, con le sue pause e i suoi movimenti. Poi ho trovato una clip in cui parla del suo amico John von Neumann, un matematico e fisico, ed è diventato per certi versi più morbido e delicato. In quel momento ho capito di aver colto la chiave per costruire il personaggio. Da quel momento ho cercato di mettere a punto i dettagli, come un leggero balbettio o alcuni toni, aggiustando o modificando la voce per le scene in cui è più anziano.” Per Safdie, uno dei piaceri di aver partecipato alla produzione di Oppenheimer è coinciso con l’opportunità di guardare un collega a lavoro, in particolare uno che tipicamente è impegnato in progetti di dimensioni decisamente più imponenti di quelli che ha finora realizzato lui stesso. “Abbiamo girato una sequenza di una festa con 100 persone,” ricorda Safdie. “Dovevamo girare tre o quattro scene prima di spostarci in una location differente, per tutta un’altra scena. Era un giorno di lavoro molto pesante, e Chris non ha battuto ciglio. È stato impressionante poter assistere a qualcuno che lavora in tali condizioni. Una vera fonte di ispirazione. Chris si muove con velocità ed efficienza, ma ancora più importante esprime una sicurezza che gli permette di ottenere esattamente ciò di cui ha bisogno da tutti quelli che lo circondano. Quando arriva il momento, tutti sanno cosa devono fare e si raggiunge l’obiettivo. È stato straordinario e divertente far parte di questo progetto.”

 

Frank Oppenheimer Dylan Arnold

 

Il fratello più giovane di Robert Oppenheimer, Frank Oppenheimer, un fisico delle particelle, fu coinvolto per prendere parte al Progetto Manhattan. Per vestire i panni di Frank, Nolan ha scelto Dylan Arnold (apparso nella nuova saga di Halloween). Ma Arnold non era certo di sapere chi avrebbe interpretato dopo il suo secondo provino. Come la maggior parte degli attori che hanno fatto un’audizione per un ruolo fra gli scienziati del Progetto Manhattan, Arnold al primo incontro ha retto un monologo sui buchi neri che non è stato attribuito a nessun personaggio. “Poi, quando sono stato richiamato, mi è stato detto che ero il fratello più giovane di uno dei personaggi principali,” ricorda Arnold. “Da quel momento, ero solo contento di far parte della produzione e ho iniziato a fare tutte le ricerche possibili su Oppenheimer. Così ho scoperto dell’esistenza di Frank e mi sono fatto l’idea che era quella la mia parte.” Arnold ha proseguito i propri studi parlando con il figlio di Frank Oppenheimer, Michael, e cercando di comprendere i rapporti fra i due fratelli. “Ho letto molte cose su Frank,” racconta Arnold. “Sono riuscito a guardare qualche video, anche se non c’è molta roba su di lui. In ogni caso, è stato molto semplice prepararsi perchè lo ritengo un personaggio incredibilmente affascinante. Frank era curioso, sempre pronto ad approfondire ed esplorare. Quando aveva 16 anni, ha aperto il pianoforte del padre per vedere come fosse costruito, per poi rimetterlo insieme prima del ritorno a casa del genitore. Inoltre, i due fratelli avevano una relazione affascinante. Hanno avuto anni di grande vicinanza, in particolare durante l’adolescenza e quando poi Frank ha cominciato a interessarsi alla fisica. Ma poi, dopo, da adulti, si sono allontanati, soprattutto per le scelte politiche di Frank. Frank era una persona che ha sempre fatto le sue scelte convinto che fosse la cosa giusta da fare e ne ha sempre accettato le conseguenze. All’epoca, ha deciso di entrare nel Partito Comunista perchè era l’antitesi del fascismo che si stava diffondendo in tutto il mondo. Per questo gli appariva l’unica risposta logica.” Per Arnold ha avuto un grande significato girare nelle stesse regioni del New Mexico che furono così importanti per Frank e Robert da giovani e poi da adulti nel periodo del Progetto Manhattan. “Lavorare in quei luoghi è stato veramente potente,” spiega Arnold. “Chris non ti permette di avere il telefono sul set, e considerato che le scene sono ambientate negli anni ’40, quando ovviamente nessuno aveva un cellulare, sono riuscito realmente a entrare nello spirito di chi si trovava in un canyon, a cavallo, a rapporto con gli elementi come il vento e la pioggia, lontano da tutto. È stato magico. Da attore è stata una grande fortuna. Non abbiamo interagito con un green screen, non ci siamo dovuti immaginare il contesto, ponendoti in un luogo e in un tempo diverso. Eravamo lì.”

 

 

Hans Bethe Gustaf Skarsgård

 

Hans Bethe ha guidato la sezione teorica del Progetto Manhattan e sviluppato il design per le bombe esplose a Trinity e a Nagasaki. Per interpretare Bethe, Christopher Nolan ha scelto Gustaf Skarsgård, un acclamato attore svedese, conosciuto in tutto il mondo per la serie TV Vikings e per la recente pellicola diretta da Ben Affleck, Air – La Storia del Grande Salto. “Ho avuto il privilegio di avere tantissimo materiale con cui prepararmi,” spiega Skarsgård. “C’è tutta una serie di video disponibili su YouTube in cui Hans racconta la storia della sua vita e l’esperieza di aver lavorato con Oppenheimer sul Progetto Manhattan. Mi ha fornito uno schema all’interno di cui muovermi. Non ho comunque voluto fornire un’imitazione, ma piuttosto ho provato a dare un senso di questa persona, anche in funzione delle scene che abbiamo realizzato.” Come Matt Damon, Skarsgård sostiene che il legame con Oppenheimer è dovuto anche a come questa storia lo ha colpito personalmente, in particolare per le paure legate a una possibile guerra nucleare e al destino del nostro mondo. “Viviamo in un mondo che è stato creato come una diretta conseguenza del Progetto Manhattan,” è la considerazione di Skarsgård. “Sono cresciuto negli anni ’80 in Svezia, vicino all’Unione Sovietica, e ricordo che facevamo delle esercitazioni di sicurezza per entrare nei rifugi sotto le nostre scuole. Quella era la realtà dell’epoca e oggi ci stiamo preoccupando se torneremo a quella situazione.”

 

 

Isidor Rabi David Krumholtz

Robert Oppenheimer provò a reclutare il suo amico Isidor Isaac Rabi nel Progetto Manhattan, anche per il suo talento nei campi di fisica nucleare e chimica, ma Rabi declinò l’ipotesi di un ruolo ufficiale. Non voleva spostarsi a Los Alamos e aveva obiezioni personali e morali allo sforzo di costruire bombe. Ma Rabi continuò a offrire il proprio supporto a Oppenheimer lavorando come consulente, ed era presente al fianco del suo amico per il test Trinity. Per interpretare Rabi, Nolan si è affidato a David Krumholtz, che aveva catturato l’attenzione di Nolan molti anni primi per la sua performance nella serie drammatica prodotta da CBS, Numb3rs, in cui interpretava un prodigio della matematica che risolve complessi casi criminali per l’FBI. “Molti anni fa, incontrai Chris quando ero impegnato su Numb3s e mi fece i complimenti per il mio lavoro,” ricorda Krumholtz, la cui carriera fra palcoscenico e set gli ha permesso di fare un’altra esperienza rivelatasi utile per Oppenheimer, interpretando il fisico Werner Heisenberg nell’opera di Michael Frayn Copenhagen. “Ho sempre tenuto come un ricordo speciale il fatto che Chris Nolan fosse un mio ammiratore, anche perchè non ti capita spesso di averne di quel calibro. Poi si è presentata l’opportunita di Oppenheimer, e dentro di me ho pensato di aver fatto gol. Sapevo che aveva visto dei miei lavori e che li aveva apprezzati, perciò sono andato a Los Angeles per l’audizione. Non avrebbe potuto essere più gentile, ma durante il provino mi diceva: “Falla ancora, ma questa volta, falla come se stessi tornando a casa in macchina e hai la sensazione che l’avresti dovuta fare diversamente.” E così mi sono convinto di essermi bruciato la mia occasione. Sono stato depresso per circa cinque ore e poi, nello stesso giorno, mi hanno chiamato per dirmi che ero stato preso.” Per le ricerche su Isidor Rabi, Krumholtz ha lavorato molto sulle qualità spirituali del fisico e sul suo ruolo di modello e alleato per Oppenheimer. “Sono rimasto colpito dalla naturalezza e dalla saggezza di Rabi,” rivela Krumholtz. “Rabi era uno scienziato filosofo che era convinto che la scienza fosse una forma d’arte e a loro volta gli scienziati fossero degli artisti. Per questo aveva un senso che avesse un’empatia così profonda nei confronti del peso che Oppenheimer aveva sulla proprie spalle e per questo gli è stato amico. Esiste una sorta di archetipo dello scienziato che si sono rivelati totalmente brillanti, ma a cui probabilmente mancava qualche rotella. Avevano il dono dell’analisi, ma si portavano in dote anche dei problemi relazionali. Una parte del film è sul fatto che a Robert Oppenheimer forse mancava qualche elemento. Ma Rabi era l’opposto di Oppenheimer, anche per il suo straordinario equilibrio. Ho cercato di portare quel senso di saggezza in questo ruolo, la sua compassione in particolare nei confronti di Oppenheimer. Era come un fratello per lui, una persona di famiglia.” In Oppenheimer, Krumholtz legge una dinamica senza tempo sui conflitti etici su grande scala e sulla necessità di doversi mettere a difesa della Terra. “Quando ci si trova davanti a una scelta fra due alternative che hanno una componente etica, puoi solo sperare che ci siano le persone giuste a fare quelle decisioni,” afferma Krumholtz. “A volte queste scelte possono anche essere determinanti in positivo. Rabi ha fatto un lavoro rivoluzionario scoprendo la risonanza magnetica, che ha poi permesso di salvare milioni di vita. Così tanto di buono è arrivato dalle scoperte che sono arrivate dal progetto di costruzione della bomba, anche se ha portato così tanta distruzione. È un mondo spaventoso quello in cui ci troviamo oggi, ma io ho ancora speranza. Guardo al domani con ottimismo. Mi auguro che ci saranno le persone giuste a dover fare le scelte necessarie per salvare il pianeta.

 

Vannevar Bush Matthew Modine

Nel 1941, Vannevar Bush fu nominato direttore nel nuovo Ufficio di Ricerca e Sviluppo Scientifico, con un ampio incarico che puntava a coltivare una cultura innovativa nel campo della medicina e della tecnologia militare. A causa della crescente preoccupazione che altri paesi stessero sviluppando una bomba atomica, fu Bush a mobilitare il comparto militare industriale a entrare nella corsa per scoprire il segreto della fissione. Per interpretare Bush, Christopher Nolan ha scelto Matthew Modine, riconosciuto per il suo ruolo da protagonista nella pellicola di Stanley Kubrick Full Metal Jacket e per aver avuto il ruolo dello scienziato nella serie Stranger Things. Come i suoi colleghi Matt Damon e Gustaf Skarsgård, Modine ha ricordi molto lucidi sulla minaccia nucleare durante la Guerra Fredda che ha fortemente influenzato la sua infanzia. “Ci sono momenti, eventi e a volte persone che segnano i tempi,” afferma Modine. “Il 16 luglio 1945 è un esempio che fa da punto di riferimento. La prima esplosione atomica a Los Alamos ha scatenato un mostro che non potrà mai più essere messo a riposo. All’asilo, nascondendomi sotto il banco, non mi era chiaro se si trattava di una minaccia presente o esistenziale. Oggi mi rispondo che siamo in un allarme perenne.”

 

William Borden David Dastmalchian

Zelante sostenitore della superiorità nucleare statunitense e fermamente anticomunista, William Borden era un avvocato e uno studioso specializzato in temi di sicurezza nazionale, poi diventato direttore esecutivo della Commissione bicamerale del Congresso degli Stati Uniti sull’Energia Atomica. Durante gli ultimi mesi del suo incarico, Borden si convinse che Oppenheimer stava conducendo un’azione di spionaggio per conto dell’Unione Sovietica. Per il ruolo di uno degli antagonisti di Oppenheimer, Nolan ha individuato David Dastmalchian, che ha nel suo curriculum film del calibro di Dune e Blade Runner 2049. “La cosa a cui mi sono immediatamente aggrappato è stata la lettera che Borden scrisse con J. Edgar Hoover, un testo appassionato su Oppenheimer,” spiega Dastmalchian. “Credo profondamente che Borden fosse convinto che Oppenheimer era un nemico dello stato. Per questo ha fatto di tutto per fermare la sua influenza sul governo e sull’esercito. Il mio obiettivo è stato partire da questo aspetto per la costruzione del mio personaggio.”

 

Dastmalchian ha già collaborato con Christopher Nolan sul film Il Cavaliere Oscuro – The Dark Knight, per la sua prima vera esperienza. “Sono arrivato su quel film in uno stato di completa ansia, con attacchi di panico, perchè non ero mai stato un set cinematografico,” ricorda Dastmalchian. “Ma la cosa che non è mai cambiata è come Chris ti metta a tuo agio come interprete. Comunica le proprie idee con grande chiarezza, con autorevolezza, che ho immediatamente compreso che ero nelle mani giuste e che avrebbe tirato fuori da me solo il meglio. Quando sono arrivato sul set di Oppenheimer, ho riprovato le sensazioni di un tempo. E per un attore è veramente una bella opportunità.”

 

Albert Einstein Tom Conti

 

Per il ruolo di Albert Einstein, il leggendario scienziato la cui teoria della relatività è stata determinante per il nuovo ciclo della fisica, rendendo possibile la bomba atomica, Christopher Nolan ha scelto Tom Conti, un attore con 60 anni di carriera fra teatro e cinema, e che ha ottenuto un Tony Award per Di Chi È La Mia Vita? – Whose Life Is It Anyway? nel 1979 e una nomination per il Premio Oscar® per Reuben, Reuben nel 1983. “È una storia straordinaria,” afferma Conti. “La maggior parte delle persone della mia generazione conoscono le vicende legate alla bomba, ma non tutti sanno le questioni politiche che hanno influenzato questa storia, e tantomeno quello che è successo dopo a Oppenheimer. È stata una situazione molto strana, come se il governo non potesse perdonarlo di aver salvato l’America. Gli ha salvato il culo e per ringraziarlo hanno provato a distruggerlo.” Da dove si parte per interpretare un personaggio così iconico come Einstein? “Ti fai crescere i capelli e i baffi,” è la risposta di Conti fra le risate. “Odio i baffi e Albert non era di certo un minimalista a riguardo. Non puoi mangiare una zuppa o gli spaghetti, e personalmente ho sentito la mia vita molto sacrificata. Anche l’accento di Einstein è risultato molto importante. Fortunatamente è un suono a cui sono molto abituato. Vivendo in Europa, sono cresciuto con persone che parlavano come lui, ovviamente con un accento. La fisica? Di quello ci ho capito meno.”

 

 

 

 

 

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