SCORDATO – DAL 13 APRILE AL CINEMA – INTERVISTA A ROCCO PAPALEO (REGISTA e PROTAGONISTA. Anche autore del soggetto e sceneggiatura con VALTER LUPO)

Come è nata l’idea di questo film?

“E’ un’idea che ci ha messo un bel po’ di tempo ad arrivare. Il mio precedente film da regista, girato sette anni fa, “Onda su onda” era passato piuttosto inosservato. L’insuccesso non ti porta a rimetterti subito in gioco, così ho continuato il mio percorso di attore a teatro e al cinema. Poi è arrivato il lockdown e come è successo a tanti in quei giorni, mi sono messo a scrivere cercando nuove idee. Ho avuto così la suggestione di un accordatore “scordato”, abile ad accordare i pianoforti ma incapace di accordarsi con il contesto intorno a sé. Da qui l’idea del protagonista che arriva a un confronto con se stesso da ragazzo e quindi il personaggio del giovane Orlando, interpretato da Simone Corbisiero, che ricorda all’uomo maturo la necessità di riprendere in mano la propria vita cominciando a fare pace col mondo e innanzitutto con se stesso. Orlando vive una vita fatta di solitudine, non ha una relazione accettabile con una donna e ha una percezione della realtà molto negativa fino a quando un banale ma
l di schiena lo mette in relazione con la fisioterapista Olga, che si rivela anche una terapista dell’anima.

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A che cosa si deve la scelta di Giorgia come principale interprete femminile?

“Considero Giorgia una delle mie muse fin da quando l’ho vista cantare da ragazzina al Palladium di Roma con la band di suo padre. Ho sempre pensato che avesse oltre a un enorme talento musicale, anche una grande forza comunicativa e un’intensa umanità. Quando ho pensato a una figura che spingesse e ispirasse il protagonista a seguire un percorso psicanalitico mi è venuta subito in mente lei. Durante le riprese, poi, la guardavo e ricevevo ogni volta l’ispirazione giusta”.

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Giorgia non ha avuto nessuna remora o perplessità ad accettare questo nuovo impegno così insolito?

“Non era scontato che lo accettasse, quando le ho comunicato la proposta ci siamo fatti una promessa: sia io che lei avremmo potuto tirarci indietro in ogni momento del nostro scambio artistico, di discussione e di prove. Così alla fine, dopo un adeguato periodo di training, abbiamo deciso entrambi di andare avanti e di compiere quello che sarebbe diventato un bel viaggio”.

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Come vi siete trovati sul set?

“Lei è stata magnifica, si è messa a disposizione, ha studiato tantissimo, era sempre pronta e preparata, mi ha colpito molto il fatto che quando abbiamo iniziato il training preparatorio sapesse già a memoria la sua parte, e questo non è da tutti. Durante le riprese poi è stata stupefacente perchè le sue scene venivano fuori sempre bene.

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Come ha selezionato gli altri interpreti?

Ho fatto degli incontri, non dei veri provini, puntando sulla fisicità e poi anche sulla graduale conoscenza. Prima delle riprese ci siamo ritrovati tutti in Basilicata, nel mio paese d’origine, Lauria, perché ho voluto trascorrere del tempo insieme per prendere confidenza gli uni con gli altri e arrivare sul set forti di una certa confidenza. Soprattutto con Simone Corbisiero el film è un vero e proprio coprotagonista – è nato un rapporto di estrema familiarità. E’ un attore che proviene dal teatro, è nato e cresciuto a Potenza e in un certo senso è stato più facile intendersi su quello che è uno stato d’animo comune tipicamente lucano e che prevede una perenne insoddisfazione addosso.
Poi ho scelto Angela Curri perchè avevo bisogno di una brava attrice che avesse negli occhi anche una “follia poetica” ed esprimesse quel tipo di energia esplosiva che nella vita può portare a essere radicale e anche a esagerare con le scelte. Simone e Angela si sono rivelati quindi perfetti da subito. La forza del film credo che risieda soprattutto nelle performance degli attori, anche nel caso di Anna Ferraioli Ravel, Giuseppe Ragone, Antonio Petrocelli, Manola Rotunno e tutti gli altri. Definirei “Scordato” un film molto semplice che trova la sua forza nella vena poetica, nei dialoghi, nella originalità a volte stravagante dei personaggi e non conta su grandi effetti, per questo lo considero un film “analogico”.

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Ha qualche ricordo particolare della lavorazione?

“Il primo giorno delle riprese a Lauria abbiamo girato in una strada dove in passato avevo anche abitato per un certo periodo, stavamo lavorando in luoghi che per me erano molto familiari. Mi intimidiva farmi vedere così autorevole nel paese dove ero sempre stato percepito come un tipo simpatico. Ma poi mi sono ritrovato a fare quello che dovevo e cioè a trascinare troupe e cast come un capitano che stimola la sua squadra a dare il meglio.

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Da che cosa le deriva tutto questo slancio sincero?

“Questo momento storico e quello che viviamo in Italia oggi è il peggiore in cui mi sia trovato nella mia vita e non posso non subire questa condizione e questa percezione moto negativa della realtà, della politica, dei disequilibri mondiali. Ma detto questo, probabilmente sto vivendo il miglior momento nella mia professione, sono andato oltre ogni aspettativa, è un bel momento familiare, ho un bellissimo rapporto con mio figlio Nicola che oggi ha 25 anni, e questa circostanza mi ha dato coraggio, ad esempio quello di non essere necessariamente divertente. So che provocherà qualche delusione ma sentivo di raccontare questa storia e l’ho fatto con determinazione”.

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Quanto ha contato in questa occasione il suo rapporto speciale di sempre con la musica?

“Nel corso del film si immagina che Orlando da giovane sia stato il chitarrista di un gruppo di paese e che Olga diriga un coro e canti in modo dilettantistico. Ho sempre bisogno di inserire nelle storie un “gancio” musicale. E’ la mia formazione, io mi considero soprattutto un cantautore prima che un attore e quello che racconto ha quel tipo di forma, anche a teatro i miei spettacoli sono in realtà di teatro/canzone. “Scordato” è un film in cui il personaggio principale è un accordatore di pianoforti e il suo tono è come quello di una partitura musicale in cui tutti gli attori sono degli strumenti che suonano linee melodiche e contrappunti, è un racconto molto musicale anche quando sembra che non ci sia della musica perché ci siamo esercitati a suonare insieme, abbiamo accordato le nostre voci. Nei titoli di coda c’ è poi una canzone scritta da me e da Giorgia e questo evento lo metterei nella sfera dell’apoteosi: lei si occupa della parte cantata e io eseguo una specie di rap poetico, recitando una poesia tra una strofa e l’altra”.

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Pensa che si tratti di un film in linea con i suoi precedenti?

“Forse è un po’ più stratificato, forse è più poetico rispetto agli altri miei lavori, può contare su una riflessione più profonda, in fondo l’esistenzialismo ha sempre permeato le mie storie. In questo caso l’impianto drammatico del racconto dà al film uno spessore diverso rispetto ai miei precedenti, anche se non rinuncia all’umorismo.

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