La storia del montaggio a Spello

Il primo fine settimana del XII Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri apre con una mostra ed un incontro dedicato ad una porzione straordinaria della storia del montaggio cinematografico in Italia, “Guanti bianchi – Donne al cinematografo dagli anni ’20″. Grazie al supporto di Silvia Salvatori (Gli ultimi saranno gli ultimi, 2015), l’evento ripercorre una dinastia di grandi montatori del cinema italiano nata nel primo ventennio del secolo scorso con Aida Masci, bisnonna dell’attrice, e proseguita con la figlia Licia Quaglia, con il nipote Massimo Quaglia e con Claudio Di Mauro, allievo di Licia.
Dalle prime esperienze nella S.A.C.I (Stampa Artistica Cinematografica Italiana) fatte da Aida Masci, passando per l’eredità di un mestiere ricevuto da Licia Quaglia e da lei trasmesso al nipote Massimo Quaglia e ad un giovanissimo Claudio Di Mauro, entrambi vincitori del David di Donatello per il miglior montaggio, il Festival del Cinema Città di Spello ripercorre il passaggio epocale dall’era della pellicola al digitale e ricompone le storie di coloro che lo hanno attraversato e che ancora oggi sono maestri di un mestiere e di un’arte fondamentale per il cinema.
Licia Quaglia, a cui è dedicata la mostra, nasce nel 1916 in un contesto artistico che la porta a seguire le orme materne fino ad arrivare a lavorare alla Titanus e poi all’Istituto Luce dove diventa capo del reparto montaggio e sincronizzazione. Era soprannominata “La Carabiniera” per la sua estrema precisione nel montare. Molti montatori oggi affermati, tra cui suo nipote Massimo Quaglia e Claudio Di Mauro, devono il mestiere all’insegnamento generoso di Licia Quaglia.
«Nel mestiere del montatore la preparazione, l’ordine e la chiarezza sono fondamentali. L’insegnamento di Licia Quaglia me lo sono portato dietro negli anni e ho sposato la sua rigidità», dice Di Mauro. «Mia zia era un carabiniere graduato, ma guardando il suo lavoro rimanevo affascinato e ho capito che quella era la mia strada», aggiunge Massimo Quaglia.
Massimo Quaglia, montatore dei film di Giuseppe Tornatore, Roberto Andò, Liliana Cavani e Donato Carrisi, ha vinto due David di Donatello, nel 2013 per La migliore offerta e nel 2022 per Ennio, e un Nastro d’argento nel 2001 per Malèna. «Un tempo per montare un film ci volevano anche 9 mesi, era come un parto», racconta Quaglia.
Claudio Di Mauro, che a soli 14 anni ha cominciato la sua carriera di montatore, ha lavorato alle opere di Michelangelo Antonioni, Gabriele Muccino, Roberto Andò, Gabriele Salvatores e moltissimi altri, vincendo nel 2001 il David di Donatello per L’ultimo Bacio. «Per fare il montatore serve sensibilità e cultura – spiega ancora Di Mauro – La nostra professione non è altro che l’ultima stesura di una scrittura fatta a monte. C’è una sceneggiatura che il regista mette in scena e che il montaggio rende definitiva. Per farlo bisogna avere delle competenze per cui non basta saper schiacciare dei bottoni, ma è necessario un pensiero dietro che deriva dalla partecipazione attiva e condivisa a quel racconto. La fase di montaggio è determinante, lì si decide cosa si vedrà di un’opera».

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