Carlo Poggioli e i costumi scelti per il CARAVAGGIO di Placido in sala dal 3 novembre

I COSTUMI / L’UNIVERSO ESTETICO DI CARAVAGGIO

 

La grande avventura per la composizione dei personaggi è iniziata con grande anticipo rispetto alle riprese del film. Nella visione del regista era centrale l’idea di riesumare la verità di un’epoca fuori dai canoni dell’accademia e priva di patinature retoriche: il film doveva restituire tutta la dimensione terrena – umana, dolorosa e carnale – del pittore e del suo tempo, nel segno della caravaggesca, e rivoluzionaria, fotografia del reale.  Il mondo di Caravaggio era un universo variegato che comprendeva la nobiltà e il clero ma soprattutto la suburra romana fatta di popolani, prostitute e ragazzi di strada, categorie di cui sono scarse le reference pittoriche poiché sono classi sociali che non avevano ancora pieno diritto di cittadinanza nell’arte, almeno prima che Caravaggio ne sovvertisse i canoni. Il costumista Carlo Poggioli, grande appassionato ed esperto del pittore sin dai tempi dell’Accademia, ribadisce come la visione di Placido, da anni immerso nel  progetto, fosse anche in questo caso molto chiara: il regista voleva un approccio nella costruzione dei personaggi in linea con le modalità della creazione artistica del Caravaggio che, come un regista, metteva in scena i suoi modelli per coglierne istanti di verità e riprodurli sulla tela senza l’intermediazione del disegno. Immediatezza, verità, autenticità frutto di un’elaborata  regia creativa. Il lavoro sui personaggi è quindi partito dallo studio delle reference storiche, utilizzate come base per la rielaborazione creativa da parte del costumista con la collaborazione dell’hair-stylist Desirée Corridoni e del make-up artist Luigi Rocchetti. Per l’immagine del protagonista si è deciso per esempio di tralasciare la classica  iconografia che ritrae il viso del pittore con i baffi e la mosca e di mantenere invece la barba. I capelli sono sempre sporchi e scarmigliati, con un taglio un po’ anarchico, a rappresentare il suo genio da artista maledetto e da uomo che viveva in mezzo al popolo, un po’ sporco e sudato, spesso stanco, sovversivo anche nell’aspetto. Per i costumi ci si è ispirati agli abiti che Caravaggio amava portare, certi velluti e certi colori ricorrenti, sempre un po’ consunti e logori, proprio come il pittore li indossava. In alcuni casi Poggioli ha dovuto prevedere un doppio costume: vista la quantità di duelli e contrasti che il Merisi ha affrontato – e che Scamarcio ha voluto girare senza stunt – era frequente che gli abiti fossero sporchi di sangue. Poggioli ha inoltre sottolineato il legame fra i costumi e i cambiamenti nell’esistenza del pittore, e quindi abiti molto semplici e poveri nella fase della sua vita in cui viveva per strada e invece un guardaroba un po’ più vario e colorato – abiti più eleganti quasi nobiliari ma sempre logori e consunti, plausibile dono del Cardinal Dal Monte – quando la sua fama/fortuna artistica comincia a crescere. Una trasformazione del look che naturalmente preserva l’identità e la coerenza del personaggio in tutte le scene. Anche per l’immagine Costanza Colonna si sono rivelate molto utili le fonti storiche e in particolare una corrispondenza, molto informale per il tempo, che la nobile intratteneva con un amico. Una donna estremamente moderna e ambivalente dotata di profonda devozione e allo stesso tempo di grande sensualità. E quindi abiti scuri abiti scuri e castigati ma scollature e colore nelle situazioni più mondane. E poi L’Ombra, l’unico personaggio di fantasia del film, frutto della creazione degli sceneggiatori – che infatti in sceneggiatura non è dotato di nome proprio – ma con una plausibilità storica riconducibile all’Inquisizione. Una figura losca e inquietante, impenetrabile ed enigmatico, una spia legata al clero da una parte e dall’altra ad un ambiente vagamente militare: la quintessenza dell’ambiguità nella visione del regista. I suoi abiti sono quindi sempre scuri e cupi, nello stile degli inquisitori ma indossa anche mantelli di ispirazione militare. E poi ombre sul viso ad enfatizzarne l’oscurità e i capelli corti a conferire durezza. Lena è invece un personaggio realmente esistito e ampiamente documentato: una prostituta molto vicina a Caravaggio, una donna dolente con una sua stoicità, un personaggio molto autentico con un look abiti e capelli che ne enfatizzano la sofferenza e soprattutto l’appartenenza al popolo. La grande quantità di abiti legati al mondo popolano hanno subito un accurato processo di invecchiamento applicato sia gli abiti di sartoria che ai numerosissimi costumi creati ex novo – soltanto per la scena del Carnevale ne sono stati realizzati oltre 250 oltre a 200 maschere per tre mesi di lavoro. Anche su questo aspetto Placido era molto rigoroso: la realtà del tempo era molto sporca e i personaggi dovevano restituire questa verità e i tessuti e le stoffe dovevano essere autenticamente vissuti. E quindi ogni costume dei numerosi personaggi e comparse riconducibili al popolo doveva essere strappato, tinto, ritinto, sporcato. Alla ricerca dell’imperfezione che restituisse verità.

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