dall’11 Ottobre al cinema “ON THE ROAD” Un film di WALTER SALLES con KRISTEN STEWART, KIRSTEN DUNST e VIGGO MORTENSEN

 

dall’11 Ottobre   al cinema “ON THE ROAD”  Un film di WALTER SALLES con KRISTEN STEWART, KIRSTEN DUNST e  VIGGO MORTENSEN  FOTO, curiosità e INTERVISTA A WALTER SALLES

 

Dopo la morte del padre, Sal Paradise un aspirante scrittore newyorchese, incontra Dean Moriarty, giovane ex-pregiudicato dal fascino maledetto, sposato con la disinibita e seducente Marylou.

Tra Sal e Dean l’intesa è immediata e simbiotica. Decisi a non farsi rinchiudere in una vita vissuta secondo le regole, i due amici rompono tutti i legami e si mettono in viaggio con Marylou. Assetati di libertà, i tre giovani partono alla scoperta del mondo, degli altri e di loro stessi.

 “Le sole persone che esistono sono quelle che hanno la demenza di vivere, discorrere, di essere salvate, che vogliono vivere tutto in un solo istante, quelle che non sanno sbadigliare.”

 

INTERVISTA A WALTER SALLES

 

Di Aurelien Tonet

 

(L’intervista integrale è stata pubblicata nel numero speciale #8 di “Trois Couleurs”)

 

 

 

Ricorda la sua reazione quando ha letto per la prima volta Sulla strada?

 

Ho letto il libro in un momento piuttosto difficile per il Brasile, durante i cosiddetti anni di piombo del regime militare. La stampa e anche la letteratura erano oggetto di censura e Sulla strada non era stato pubblicato in lingua portoghese e quindi lo lessi in inglese. In quel racconto d’iniziazione, tutto era esattamente l’opposto di quello che vivevamo nel nostro paese. La ventata di libertà di Dean, Sal e degli altri personaggi del romanzo, gli spostamenti continui, la sperimentazione, il sesso, il jazz o le droghe erano una sorta di controcampo a ciò che stavamo vivendo allora.  Di conseguenza, sono stato profondamente segnato dal libro e non credo di essere l’unico. Avevo 18 anni, e all’università il libro circolava tra noi studenti. Sintomaticamente, la pubblicazione in Brasile di Sulla strada – nel 1984ha coinciso con i movimenti per la nuova democratizzazione del paese. Per me quel libro ha sempre avuto una tale portata simbolica che l’idea di adattarlo per il grande schermo non mi aveva neanche lontanamente sfiorato.  Ed è stato solo dopo l’invito degli Zoetrope Studios, a seguito della proiezione di I diari della motocicletta al  Sundance del 2004, che il progetto ha preso consistenza.

 

 

 

 

 

In generale, quali sono le sue affinità con la “Beat Generation”?

 

Sono stato adolescente tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70. Per quelli della mia generazione, non era difficile riconoscere che l’origine della maggior parte dei movimenti libertari che ci hanno segnati era da ritrovarsi nella generazione di Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Prima e Baraka. Diciamo che hanno ridefinito la maniera in cui vivevamo o meglio desideravamo vivere.  Il poeta Michael McClure, che apparteneva al movimento, lo ha detto più chiaramente di me: “Un giovane di 21 anni mi ha chiesto l’altro giorno cosa fosse successo alla Beat generation. Era vestito e pettinato a modo suo, era contro la guerra in Iraq, s’interessava di ambiente e buddismo…. E allora gli ho fatto la stessa domanda: Hai ragione, dov’è finita la Beat Generation? Ma era lui la beat generation… anche se spesso non è facile spiegarlo alla gente; ma in fondo, non ce n’è neanche bisogno.”

 

 

 

Nel documentario inedito “Looking for On the Road”, lei racconta il lavoro di documentazione che ha preceduto la realizzazione del film. Perché è stato così importante per lei?

 

Quando gli Zoetrope Studios mi hanno contattato nel 2004, non mi sentivo pronto a realizzare questo film. La trasposizione cinematografica mi sembrava un lavoro talmente complesso che ho voluto a tutti i costi realizzare un documentario seguendo le strade percorse da Kerouac e dalla sua banda, per tentare di capire meglio l’odissea descritta nel libro e ciò che oggi restava di quell’America post industriale. Si trattava per me di capire meglio ciò che era in gioco per quella generazione, il contesto storico delle loro lotte e di appropriarmi di ciò che restava di tutto questo in un paese a me sconosciuto. Inoltre ho deciso di realizzare il documentario perché avrei desiderato rivivere le esperienze vissute durante i viaggi di preparazione di I diari della motocicletta, attraverso l’America Latina, perché mi hanno regalato dei momenti irripetibili.

 

 

 

 

 

Su quale versione di Sulla strada  ha lavorato con José Rivera, il co-sceneggiatore?

 

A Lowell, la città nella quale Kerouac ha trascorso gran parte della sua infanzia, abbiamo incontrato John Sampas, il cognato di Jack che mi ha mostrato una copia del “rotolo” originale, molto prima della sua recente pubblicazione. L’urgenza e l’asprezza di quella versione mi hanno colpito profondamente e immediatamente. Si capiva che si trattava di un genere narrativo completamente diverso. La versione edita nel 1957 cominciava così: “Ho conosciuto Dean poco dopo che io e mia moglie ci siamo lasciati. “ Mentre il  “rotolo” dice: “Ho conosciuto Neal poco tempo dopo la morte di mio padre….”Il protagonista del “rotolo” ha appena subito una perdita che lo obbliga ad andare avanti. La ricerca del padre è il filo conduttore del “rotolo”, molto di più di quanto non lo sia nella versione pubblicata nel 1957. Questo è un tema che mi ha sempre interessato e che è diventato il motore dell’adattamento. Con Josè, abbiamo discusso e lavorato per 5 anni producendo diverse versioni, cercando di rispettare il più possibile il libro ma anche cambiando direzione, tradendolo per essergli ancora più fedeli. L’adattamento è un qualcosa che dovrebbe permettere agli spettatori di tornare al libro, all’originale permettendo poi loro di costruire la propria visione e versione di Sulla strada.

 

 

 

La scrittura di Kerouac è debordante, lirica, opulenta.  Fino a che punto si è staccato dalla lingua di Kerouac?

 

 Sulla strada è a volte visto semplicemente come un racconto puramente documentaristico, una sorta di trascrizione di un’esperienza vissuta. Io appartengo alla schiera di coloro che pensano che l’originalità del libro risieda soprattutto nella coesistenza tra ciò che è stato vissuto e sperimentato e ciò che è stato solo immaginato. Le faccio un esempio:  Kerouac descriva la casa di Burroughs a New Orleans come un vecchio casermone coloniale decadente tipico del sud. Invece, il luogo in cui Burroughs ha ricevuto Kerouac e Cassady è l’esatto contrario di quella descrizione, perché si tratta di una casetta prefabbricata situata in una via tranquilla e silenziosa, priva di tutti quegli elementi e quei dettagli descritti nel libro. Ma questo non ha nessuna importanza poiché quei dettagli appartenevano ad altri racconti su Burroughs che Kerouac aveva sentito e per questo motivo li ha inseriti nel libro.  Il libro quindi trascende il puro racconto documentaristico perché è il frutto della capacità di mettere insieme il vissuto e il prodotto dell’immaginazione libera e debordante. Ed è a questo spirito che abbiamo tentato di restare fedeli.

 

 

 

Sulla strada  è un’opera contraddittoria, nella quale le aspirazioni libertarie coesistono accanto a passaggi più conservatori – per i quali l’opera è stata anche accusata di misoginia.  Come ha superato questa dicotomia?

 

Come tutti i grandi libri, anche Sulla strada suscita reazioni diverse nei lettori. Se leggete la meravigliosa biografia orale di Kerouac scritta da Barry Gifford, “Jack’s Book”, vi renderete che c’è spazio per diverse interpretazioni, come nel caso di “Rashomon” di Kurosawa.Nel corso dei numerosi dibattiti sul romanzo ai quali ho partecipato, ho incontrato persone che menzionano questa potenziale misoginia ma anche delle ragazze che vedono il personaggio di Marylou come una femminista anzitempo: un’adolescente che distrugge tutti i tabù sessuali dell’epoca e infrange tutti i divieti dell’America puritana del dopoguerra.  Altri invece vedono Camille/Carolyn come una specie di eroina silenziosa, la donna che regge sulle spalle il peso della famiglia mentre Dean si perda alla ricerca dell’ignoto insieme a Sal. Se i personaggi del film sono forse più importanti rispetto a quanto non lo siano nel libro, è dovuto proprio a questa diversità di interpretazioni dibattiti.

 

 

 

Nei suoi film, come nella maggior parte dei road movies, si viaggia spesso in due. Come ha costruito la coppia formata da Sal e Dean?

 

Il libro permette di farsi un’idea piuttosto chiara di questo rapporto.  Da una parte c’è Dean, l’istigatore, l’incendiario, “The Western wind- il vento dell’ovest” che ribalta tutte le convinzioni del gruppetto di giovani intellettuali al punto che Neal/Dean è il protagonista non solo di numerosi libri di Kerouac ma anche di Go di John Clellon Holmes e di diverse poesie di Ginsberg. Sal è il “traghettatore”, colui che rende possibile la condivisione di questo spirito libertario e innovativo. A questo riguardo, durante il documentario, ho sentito spesso parlare di Neal come di una persona che sfruttava a suo vantaggio gli altri componenti del gruppo. Ma ci si potrebbe chiedere chi abbia sfruttato chi in questa storia. Ed è una domanda che ritorna anche nel film.

 

 

 

Sulla strada da una grande importanza agli spazi aperti e vasti. Come ha lavorato alla fotografia insieme a Eric Gautier?

 

La geografia fisica è al centro del libro ma è meno importante di quella che potremmo definire la geografia interiore dei personaggi. In un testo su Sulla strada,  Ann Chartersafferma che il libro può anche essere interpretato come un racconto “sulla fine della strada”. Gli Stati Uniti hanno cominciato a definirsi come paese proprio a partire da questa mitica marcia ovest e non è un caso se il “western” è il genere cinematografico nord americano per eccellenza. L’occupazione del territorio corrisponde all’inizio della fine del sogno americano e i personaggi di Sulla strada portano dentro di loro questa dicotomia.

 

Ciò che ci premeva e ci interessava era filmare questo loro desiderio di svelare l’ignoto e al contempo i loro conflitti interiori, l’inizio della fine del sogno. Eric Gautier, con la sua intelligenza acuta ha capito subito quale era la posta in gioco. E di conseguenza spia i personaggi, e segue le loro oscillazioni con la macchina da presa a spalla. Come ha detto più volte Eric, girare Sulla strada in bianco e nero avrebbe equivalso a fare ciò che ci si aspettava, una sorta di citazione di Americains di Robert Frank….. Io invece preferisco utilizzare il bianco e nero per i film contemporanei, come ho fatto in Terra estrangeira.

 

 

 

La storia dell’adattamento di Sulla strada  segue un ritmo simile a quello del libro, alternando tempi morti a accelerazioni improvvise. Possiamo considerare il suo film come un documentario sulle sue stesse riprese?

 

Il libro contiene questo dualismo: da un lato c’è l’urgenza di una generazione che si sta aprendo una strada, che esplora in tutti i sensi e che vive secondo i ritmi del be-bop e della benzedrina. Dall’altro, ci sono i momenti di contemplazione e introspezione tipici di Kerouac. Abbiamo cercato di tradurre questa alternanza anche nel film. Durante le riprese abbiamo vissuto ogni genere di sensazione e emozione: dalla gioia estrema alla disperazione, passando per il dubbio e la felicità. I diari della motocicletta non è stato sicuramente facile ma On the Road  è stato dieci volte più difficile, a cominciare dal fatto che mentre la geografia sudamericana resta ancora l’ultima frontiera quella degli Stati Uniti è ormai inquinata dai Wall Mart e dai McDonald’s. Per riuscire a ritrovare la sensazione di “scoprire, di dissodare” un territorio inesplorato ci siamo dovuti spingere molto lontano. Al cinema tutto ciò che avviene dietro la macchina da presa si traduce in un modo o nell’altro sul negativo. E Apocalypse Now ne è la dimostrazione.

 

 

 

Sulla strada  è un romanzo con una colonna sonora jazz ma che ha influenzato intere generazioni di amanti del rock. Quale è il tempo musicale del vostro film?

 

Per I diari della motocicletta, il compositore Gustavo Santaolalla aveva lavorato a monte e ci aveva proposto dei temi che ci hanno aiutato tantissimo durante le riprese. Durante la lavorazione continuavo a sentire nelle mie orecchie quei ritmi, quella musica e questo mi ha ispirato molto. L’avventura musicale di On the Road invece è iniziata un po’ all’improvviso, grazie ad un colpo di fortuna e a un’illuminazione della MK2, ma le cose sono andate talmente alla svelta che non abbiamo avuto il tempo di preparare le musiche prima, tranne il brano di Slim Gaillard. Gustavo ha quindi lavorato dopo le riprese mentre io cominciavo ad occuparmi del montaggio. Questo metodo ha creato un certo scarto tra immagini e musica che mi è sembrato più interessante. Per la colonna sonora, Gustavo ha collaborato con alcuni musicisti brillanti come Charlie Haden e Brian Blade e le sessioni di registrazione a Los Angeles sono stati momenti di pura felicità.  Mi piace molto la Liberation Music Orchestra condotta da Haden e Charlie è un narratore incredibile…

 

 

 

Sulla strada racconta la storia di una giovinezza che si esaurisce e si consuma e che prende corpo nelle meravigliose sequenze di danza. Come è riuscito a far sì che la recitazionedegli attori riflettesse questa energia un po’ vacillante?

 

E’ la forza e il dramma dei personaggi del film, che bruciano, bruciano letteralmente come dei ceri nella notte…. Come rappresentare questa energia sul grande schermo? Con la pulsione dei corpi e dei gesti, con il movimento costante, con la danza. Ma era anche necessario trovare dei momenti di silenzio, di contemplazione che permettessero ai momenti “di accelerazione” di essere percepiti come tali.

 

 

 

Come ha lavorato al casting?

 

Il casting è iniziato nel 2004 e con il passare degli anni abbiamo riempito tutte le caselle.  Kirsten Dunst è stata la prima attrice che ho incontrato per il ruolo di Camille. Trovo che sia sempre molto giusta per i personaggi che interpreta. Per quanto riguarda Kristen Stewart invece, è successo tutto all’improvviso. Gustavo Santaolalla e Alejandro Inarritu avevano appena visto il primo montaggio di Into the Wild-Nelle terre selvagge e mi hanno detto: Smettila di cercare Marylou; la ragazza che fa per te recita nel nuovo film di Sean Penn ed è perfetta.” Ho visto il film di penn, che ho adorato e poi ho incontrato Kristen Stewart poco prima che iniziasse la follia di Twilight. Conosceva molto bene il romanzo ed ha capito subito il suo personaggio. E’ restata fedele al film durante tutti questi anni di grande incertezza sulla sua effettiva realizzazione. Per quanto riguarda Garrett, si è presentato per un provino. Mi ha chiesto di leggere un testo che aveva scritto sull’autobus nel viaggio tra il Minnesota e Los Angeles, durante il quale si è fermato in bar con spogliarelliste e simili…. A metà della lettura, ho avuto la certezza che fosse perfetto per interpretare Dean. Anche lui ha aspettato diversi anni, gli hanno proposto altri film e ogni volta mi chiamava per chiedermi se dovesse accettarli o meno. Tra di noi si è instaurata una fiducia reciproca, come con Gael Garcia Bernal. Per quanto riguarda Sam Riley, infine , avevo visto Control dove interpretava Ian Curtis in maniera brillante. Sam è venuto a New York per una lettura comune con Garrett e sono rimasto colpito dalla sua umanità e intelligenza, e anche dalla sua precisione come attore. Erano tutte qualità necessarie per interpretare il ruolo di uno scrittore. E quando mancava poco alle riprese, Viggo si è unito a noi per interpretare Bull Lee seguito da Amy Adams. Sono entrambi attori geniali che riescono a trasformarsi completamente nei personaggi che interpretano e dar loro una vita interiore. Quando Viggo è venuto a New Orlean si è portato la macchina da scrivere che Burroughs usava all’epoca e le stesse pistole ed è arrivato preparatissimo su di lui e sulle sue letture nel 1949. Abbiamo scoperto che in quell’anno Burroughs leggeva i Codici Maya e le opera di Celine e l’improvvisazione su Celine nel film è stata proprio un’idea di Viggo.  E quindi merita una menzione tra gli autori del film.

 

 

 

Perché ha deciso di riunire i protagonisti del film in una sorta di “campo beatnik” prima delle riprese?

 

E’ un’esperienza che risale ai tempi di Terra estrangeira. L’idea è quella di creare una sorta di collettività, di comunità prima dell’inizio delle riprese. Scrittori come Barry Gifford, che conosceva bene Kerouac e Sulla strada hanno partecipato al nostro “campo” e sono venuti a parlarci del libro e dei personaggi. Barryaveva intervistato LuAnne Henderson, e ascoltare le registrazioni di quell’intervista con lui è stato di grande aiuto per Kristen. E’ venuta anche la figlia di LuAnne ed è stato un incontro molto commovente. Lo stesso dicasi per John Cassady, figlio di Neal il quale è stato molto generoso con Garrett e ci ha fatto capire una cosa fondamentale: Sulla strada non era un racconto sulla Beat Generation, ma piuttosto l’epopea di alcuni giovani tra i 18 e i 20 anni che in quel momento della loro vita non sapevano che avrebbero cambiato tutto. E’ quello che avviene prima della rottura, gli anni della formazione che porteranno a quella che sarà poi la Beat Generation…. E anche in questo caso siamo piuttosto vicini a I diari della motocicletta.

 

 

 

Dov’è a suo avviso la modernità di Kerouac?

 

Nel desiderio di esplorare tutto, di vivere intensamente,  di sentire tutto sulla propria pelle….e non per procura davanti a degli schermi. Di non rifiutare il momento. Durante le riprese del documentario, Lawrence Ferlinghetti ed io giravamo in macchina per San Francisco. Ad un certo punto lui ha guardato il ponte di Berkeley completamente bloccato dal traffico e ha pronunciato una frase che non dimenticherò mai: “You see, there’s no more away- “Capisci, non c’è più un “altrove””. All’epoca di Sulla strada c’era ancora un mondo da mappare, da cartografare. Borges diceva che il suo piacere più grande nella letteratura era nominare ciò che ancora non era stato nominato. Oggi, si ha l’impressione che tutto sia già stato fatto, detto o catalogato. Questa implosione dello spazio e del tempo, è stata magistralmente trattata dal regista cinese Jia Zhangke nel film The World che finisce in maniera sintomatica con il suicidio dei due giovani protagonisti. Sulla strada, è una sorta di antidoto a questo immobilismo. Ed è la cosa che mi affascina di più del libro.

 

 

 

La Hudson è uno dei personaggi chiave di Sur la route: è  luogo di liti, di desideri, di incontri…

 

Ah, la Hudson….Ha ragione, è un personaggio a tutti gli effetti, come “La Poderosa” di I diari della motocicletta, la motocicletta Norton di Alberto e Ernesto. L’abitacolo è abbastanza grande per ospitare una piccola troupe. Abbiano percorso 7.000 chilometri, senza sosta attraversando gli Stati Uniti per le riprese con la seconda unità. Durante il viaggio tanta gente ha riconosciuto l’auto ed è venuta a parlare con noi….. Esiste una vero e proprio culto della Hudson e questo ci ha permesso di fare degli incontri piuttosto unici, tra cui quelli con diversi meccanici molto coloriti……Ho sempre amato i film di Steve McQueen per la sua recitazione così trattenuta, per la sua grande intelligenza ma anche per la sua abilità al volante. E anche Garrett  ha questa capacità, diventa un tutt’uno con l’automobile e questo ci ha permesso di girare delle sequenze con gli attori ad una certa velocità… che definirei leggermente fuori dalle regole….

 

 

WHO’S WHO

 

Già dotati tutti di un alter ego immaginato da Kerouac per il suo romanzo, i protagonisti dell’avventura beat si trovano una volta ancora sdoppiati per esigenze di trasposizione cinematografica, in un film dal cast stellare. Prendiamoli in rassegna uno per uno:

 

 

 

 

 

REALTA’- LIBRO- FILM

NEAL CASSADY alias DEAN MORIARTY interpretato da  GARRETT HEDLUND

 Icona dei poeti della “beat generation”, Neal Cassady è una magnetica testa calda,  affamato di libertà, chilometri e donne. Kerouac visita con lui gli angoli più reconditi e remoti del paese, in un frenetico girovagare narrato in Sulla strada, dove Neal diventa Dean Moriarty, personaggio carismatico ma capace di intimidire. Questo ruolo così “ingombrante” avrebbe dovuto essere interpretato in passato da Marlon Brando, poi da Brad Pitt mentre oggi ha il volto beffardo di Garrett Hedlund  (Troy; Tron) 

JACK KEROUAC alias SAL PARADISE interpretato da SAM RILEY

 Definito “King of Beats”, Jack Kerouac è un angelo vagabondo il quale, per la sua prosa spontanea, è annoverato tra gli scrittori più importanti del XX secolo. In Sulla strada, suo indiscusso capolavoro, si nasconde dietro il personaggio di Sal Paradise, un ragazzo che ama stare in disparte affascinato dalla figura di Dean Moriarty, personaggio solare che lo trascina in un viaggio sulle strade americane. Dopo aver interpretato Ian Curtis in Control, Sam Riley si cala nei panni di Sal Paradise, vera icona della controcultura.  

LUANNE HENDERSON  alias MARYLOU interpretata da KRISTEN STEWART 

 Sposata a 15 anni con Neal Cassady, del quale resterà l’amante anche dopo il divorzio, LuAnne diventa Marylou in “Sulla strada” la ragazza che seguirà Dean e Sal nel viaggio attraverso gli Stati Uniti, sperimentando con loro droghe, alcol e altro. “Non le somiglio per niente” ci ha rassicurati la giovane attrice Kristen Stewart la quale, prima di diventare la protagonista del fenomeno Twilight, aveva già interpretato un’altra musa dell’asfalto e dei grandi spazi aperti, recitando in Into the Wild-Nelle terre selvagge, di Sean Penn. 

CAROLYN CASSADY alias CAMILLE interpretata da  KIRSTEN DUNST

 Interpretata dall’evanescente Kirsten Dunst (Il giardino delle vergini suicide; Marie-Antoinette; Melancholia) Carolyn Cassady, alias Camille in Sulla Strada,  ha oggi 88 anni e ha risposto alle nostre domande via posta elettronica, ricordando volentieri la sua avventura al fianco di Jack Kerouac e offrendoci al contempo una lezione di grammatica inglese. Madre coraggio, ha cresciuto i tre figli nati dal matrimonio con Neal Cassady mentre quest’ultimo, tra un ritorno e l’ovile e l’altro,  se la spassava con diverse donzelle.  

WILLIAM S. BURROUGHS alias OLD BULL LEE interpretato da VIGGO MORTENSEN

 Il Guru della tossicodipendenza,   William S. Burroughs è il più anziano e il più cupo degli autori della Beat Generation. La sua opera più emblematica, Il pasto nudo, propone una metafora della condizione umana analizzata attraverso la dipendenza dagli stupefacenti. Old Bull Lee, suo avatar in Sulla strada, è un irresponsabile che però mette in guardia Sal e Dean nei confronti della loro  spensieratezza. Ruolo paradossale per Viggo Mortensen (Il signore degli anelli; The Road) il quale si è dichiarato colpito dalla mancanza di misticismo negli scritti del suo personaggio rispetto agli altri poeti “beat”: “E’ una letteratura a sangue freddo, chirurgica, asettica”. 

ALLEN GINSBERG  alias CARLO MARX interpretato da TOM STURRIDGE

 Il ventiseienne britannico Tom Sturridge avrebbe potuto interpretare uno dei vampiri della saga Twilight, ma il ruolo era già stato assegnato al pallido Robert Pattinson. Il giovane protagonista di I Love Radio Rock, conferisce uno sguardo stralunato al personaggio di Allen Ginsberg, uno dei pilastri dei  circoli “beat”. L’ardente autore di L’urlo, ribattezzato per esigenze narrative Carlo Marx, sarà una delle vittime collaterali degli amori tormentati di Sal e Dean. Ruolo ambitissimo è stato portato di recente sul grande schermo da James Franco (Urlo) e che lo sarà tra breve anche da Daniel Radcliffe.  

JOAN VOLLMER alias JANE interpretata da AMY ADAMS

 Prima di diventare la compagna di Burroughs, Joan Vollmer è stata uno dei membri fondatori del circolo beat nella sua costola newyorchese. Da studentessa, divideva un appartamento con l’intellettuale Edie Parker, prima moglie di Kerouac. Joan Vollmer ha conosciuto una fine tragica in Messico, dove Burroughs l’ha uccisa  accidentalmente.  La rossa Amy Adams (Julie & Julia; I Muppets) diventa Jane, protagonista di numerose sequenze ambientate a New Orleans. 

HELEN HINKLE alias GALATEA DUNKEL interpretata da ELISABETH MOSS

 Moglie di Al Hinkle, deceduta nel 1994, ha mantenuto il marito durante gli studi e ha vissuto in famiglia a San Josè, in California, non lontano dalla dimora dei Cassady, amici di lunga data.  Presente nel romanzo dietro lo pseudonimo di Galatea, questa giovane sposa recalcitrante viene abbandonata lungo la strada dal marito e da Dean. Dopo una residenza obbligata a casa di Old Bull Lee in Louisiana,  l’incontro    con il gruppo viene raccontato in una sequenza buffa e briosa. Si deve a Elisabeth Moss, l’ingenua Peggy della serie televisiva Mad Men, una delle pochissime scene comiche del film. 

AL HINKLE alias ED DUNKEL  interpretato da DANNY MORGAN

 Nato nel 1926, Al Hinkle è uno dei rari sopravvissuti maschili dell’epoca beat. Il suo incontro con Cassady e Kerouac sarà determinante e farà nascere il lui la sete di sapere. “Per i miei amici, la libertà e la sua celebrazione valevano tutto quello attraverso il quale sarebbero passati” spiega Al. Il suo maggiore rimpianto resta quello di non essere riuscito ad impedire la morte prematura di Cassady nel 1968. Danny Morgan, 29 anni, al suo debutto cinematografico dopo diversi ruoli televisivi in Gran Bretagna, interpreta in alcune sequenze Ed Dunkel, compagno di strada grassoccio.  

BEA FRANCO alias TERRY interpretata da ALICE BRAGA

 Kerouac ha buttato giù il personaggio di Terry la messicana, di Sulla strada, basandosi sulle poche lettere scrittegli da Bea Franco nel 1947, dopo la loro breve storia d’amore nei campi di cotone della California. In una di quelle lettere la giovane madre single esprimeva la speranza di raggiungerlo a New York concludendo la lettera con la straziante frase “Se solo fossi nata uomo” e infilando nella busta questa unica fotografia. L’attrice brasiliana Alice Braga, già vista in City of God e in Predators, porta sul grande schermo la dolcezza grave e benevola di Terry.  


 

 

 

 

IL VIAGGIO

 

L’UOMO

 

Jack Kerouac si è messo in viaggio a 25 anni, nell’estate del 1947; è partito nuovamente altre tre volte tra il 1949 e il1950: il risultato del suo vagabondare è stato On the Road. Dopo aver scritto il romanzo comunque, non ha mai smesso di viaggiare, spostandosi da Big Sur, in California a Tangeri, in Marocco, con una sosta a Lanmeur, in Francia alla ricerca delle sue radici bretoni.

 

 

 

IL LIBRO

 

On the Road racconta i viaggi fatti da Kerouac attraverso gli spostamenti del suo avatar letterario, Sal Paradise. Andando da est ad ovest, I piani di viaggio sono stati continuamente modificati dagli incontri casuali fatti lungo il percorso e dalla mancanza di soldi. Su questa mappa abbiamo evidenziato solo l’itinerario del primo viaggio in auto e non gli altri viaggi descritti nel romanzo.

 

 

 

IL FILM

 

In cerca delle location appropriate per l’adattamento cinematografico, Walter Salles e i suoi compagni di avventura si sono trasformati in provetti globetrotter e hanno perlustrato non solo gli Stati Uniti – dalla Louisiana al Nuovo Messico passando per l’Arkansas – ma anche il Canada, il Messico e addirittura le innevate e remote regioni della Patagonia in Argentina.

 

 

DAL LIBRO AL FILM- GENESI DI UN ADATTAMENTO TORTUOSO

 

 

 

I tempi dell’adattamento

 

Testo di Etienne Rouillon (testo integrale nel numero straordinario #8 di “Trois Couleurs”)

 

 

 

Jack Kerouac scrive a Neal Cassady: “Rivoluzionerò la letteratura americana e berrò champagne con le stelle di Hollywood.” Non si è sbagliato sulla prima parte ma piuttosto sulla seconda, perché si è fermato all’acqua liscia. E non perché non ci abbia provato. Nel 1957, con le prime copie di Sulla strada  ancora fresche di stampa,Kerouac confortato da questo primo traguardo prende in mano la penna e scrive un’altra missiva, indirizzata questa volta a Marlon Brando. Ha un’idea fantastica da proporgli: Brando comprerà i diritti per l’adattamento cinematografico del suo romanzo e interpreterà il ruolo di Dean, mentre lui, Jack, sarà Sal.

 

 

 

LEGGENDE METROPOLITANE

 

 

 

Roman Coppola, a capo insieme alla sorella Sofia della società di produzione American Zoetrope, non è certamente un novellino:  Ah, sì, la famosa lettera a Brando? Ma è una leggenda, vero? Siete veramente riusciti a metterci le mani sopra? La verità è che sono nate delle autentiche leggende intorno a Sulla strada e sulla cultura “beat”. Avevo sentito parlare per esempio di un progetto con Montgomery Clift. A mio modesto parere, sin dalla pubblicazione del romanzo, Hollywood ne ha subito il fascino e ha accarezzato l’idea di farne un film. Non c’è bisogno che vi dica quanto fosse popolare il romanzo da queste parti. Ma c’è un “però”. La maggior parte dei film realizzati a Hollywood sono costruiti secondo uno schema classico che prevede un inizio, uno svolgimento e una fine. Sulla strada invece deve gran parte del suo successo proprio sul suo essere anticonvenzionale e anticonformista da questo punto di vista. E la maggior parte dei progetti relativi ad un adattamento contemporaneo del libro di Kerouac si sono concentrati proprio su questo aspetto e si sono per questo arenati.”

 

Roman confessa di aver tentato a sua volta di scrivere una sceneggiatura con l’intenzione di realizzare il film dichiarando che il libro e la sua trasposizione cinematografica “ossessionano” da tempo la famiglia Coppola.Il primo tentativo risale al 1979,” continua Roman Coppola. “Mio padre, Francis Ford Coppola, era molto interessato alla storia e acquistò i diritti per l’adattamento del romanzo. Su questo punto vorrei fare una precisazione: a Hollywood, quando si dice ‘ho acquistato i diritti” in realtà si parla nella maggior parte dei casi di un’opzione. Il che vuol dire che si acquista l’esclusiva su un progetto di adattamento da realizzare entro due o tre anni. Ma se le cose vanno per le lunghe, il prezzo sale e si devono sborsare un sacco di soldi. Invece, nel caso di mio padre le cose sono andate diversamente: Non so come ci sia riuscito ma alla fine lui è riuscito veramente ad acquistare i diritti sul libro e non solo l’opzione.  Ormai era suo. Altrimenti, avrebbe certamente abbandonato il progetto.  Ma lui è sempre stato convinto che sarebbe stato un film magnifico. Era solo una questione di tempi e incontri. E poi 8 anni fa, è arrivato Walter….


BEAT IT

 

 

 

“Una profonda intesa”, ripete Rebecca Yeldham quando le chiediamo di raccontarci come è avvenuto questo incontro dopo cinque decenni di adattamenti respinti. “Conoscevo la MK2 di nome e di fama. Quando ci siamo incontrati, erano già sei anni che lavoravamo al progetto. Avevamo già affrontato e sviscerato la questione chiave dell’intera faccenda: come era possibile portare sul grande schermo la quintessenza della narrativa americana con una squadra di collaboratori stranieri? Walter è brasiliano, io sono australiana, José Rivera è portoricano, Eric Gautier è francese e Carlos Conti è argentino.  Ed era proprio per essere certi di potercela fare e per sentirci sufficientemente “legittimati” che avevamo fatto tantissime ricerche, interviste e viaggi.  Non penso che Walter si sia mai chiesto: “Cosa avrebbe fatto Kerouac sul set?” Invece, penso che la questione che lo ossessionava fosse un’altra: “Kerouac approverebbe ciò che stiamo facendo?” E’ ben consapevole del fatto che questo film è il suo adattamento, fedele ma al contempo creativo. Nel corso di questa lunga avventura che è durata 8 anni, Walter ha fatto l’impossibile per acquistare familiarità con il romanzo e  con tutti coloro che in un modo o nell’altro sono legati al romanzo, al Kerouac e alla cultura che ha prodotto. Penso che questo film sia esattamente il risultato dei suoi sforzi e del nostro impegno comune per rendere onore a questo amatissimo testo. Per quanto riguarda Kerouac, penso che possiamo essere fiduciosi circa la sua potenziale reazione al nostro film, alla luce di ciò che ha scritto in una lettera indirizzata a Marlon Brando. Sapete che esiste veramente?”

 

 

 

FRENCH TOUCH

 

Ricorda Walter Salles: “Un adattamento di Sulla strada?Non ci avevo mai pensato fino alla fine di I diari della motocicletta. Per me il libro aveva un tale valore simbolico che l’idea di adattarlo per il grande schermo era lontanissima da me. E’ stato solo dopo la presentazione di I diari della motocicletta al Sundance del 2004 che l’idea ha preso corpo.” Dopo la proiezione, Francis Ford Coppola trova in Salles il tassello mancante alla realizzazione del suo progetto e decide di incontrarlo. Nel frattempo Sulla strada è passato attraverso diverse e autorevoli mani. Alla fine degli anni 70 Francis Ford Coppola avrebbe proposto a Jean-Luc Godard di realizzare il film ma la cosa non ebbe seguito. Successivamente, sarebbe stata la volta di Gus Van Sant come racconta lo scrittore e sceneggiatore Barry Gifford (Sailor & Lulanel 1995). “Francis mi ha scritturato nel 1995 per scrivere la sceneggiatura del film che avrebbe dovuto essere diretto da Gus Van Sant. Per diverse ragioni a noi ignote, il progetto non si è mai concretizzato ma sono felice che Walter Salles sia andato fino in fondo. Siamo diventati amici perché abbiamo diverse cose in comune. Mi ha chiamato e ha voluto che facessi da consulente al film e la cosa mi ha fatto un immenso piacere.  Walter ha utilizzato il mio libro Jack’s Book come una Bibbia. Era il primo oggetto di questo genere, un documentario cronologico scritto, costruito come un documentario video, una specie di “bookmovie” come diceva Kerouac. Ci sono evidentemente diverse maniere per adattare un romanzo per il grande schermo. Ma la cosa della quale sono certo è che quella di Walter è la sua maniera personale. “

 

L’impegno profondo e personale di Salles è una delle chiavi per comprendere perché finalmente questo adattamento abbia visto la luce. Quello che era mancato fino ad ora era una società capace di tuffarsi a capofitto, senza alcun dubbio o esitazione, nell’incubo che ossessiona ogni produttore esecutivo:  la realizzazione di un road movie d’epoca. Charles Gillibert, produttore presso la MK2 e uno dei principali arteficidel progetto, racconta come sia stato contagiato dalla passione di Salles. “All’inizio di gennaio 2010, Marin Karmitz, Nathanael Karmitz ed io abbiamo incontrato Walter Salles negli uffici della MK2 a Parigi, per discutere di un altro progetto al quale stava lavorando…. Una bella e intensa discussione di un’ora sulla sceneggiatura, la regia, il cinema in genere…. Stavamo per salutarci quando Walter ha tirato fuori una busta di carta con un titolo scritto sopra col pennarello On the Road. Ce l’ha passata dicendo: “E poi ci sarebbe anche questo…”

 

“On the Road,  il romanzo, intendi?

 

“Sì”, dice lui.

 

Il suono della sua voce tradiva il fatto che salutandoci eravamo passati ad un argomento di tutt’altra importanza. Walter esce e si dirige all’aeroporto per imbarcarsi per il Brasile. Noi lo richiamiamo il giorno dopo e 15 giorni più tardi è di nuovo a Parigi con tutta una serie di documenti, accompagnato da Carlos Conti, lo scenografo. Abbiamo iniziato esaminando i provini video di Garret Hedlund, che da due anni rifiutava tutti i ruoli che gli proponevano per paura di non essere disponibile per le riprese di On the road e quelli di Sam Riley. Abbiamo parlato di Kristen Stewart, che Walter aveva contattato prima dell’uscita di Twilight. E poi chilometri e chilometri di sopralluoghi, foto, video, scambi di opinioni sulla sceneggiatura, i potenziali membri della troupe… Walter aveva già  percorso tutti i sentieri già battuti da Kerouac, aveva già incontrato tutti i personaggi più o meno vicini all’avventura beat raccontata nel libro. Era totalmente “abitato” dal progetto. Il film esisteva già in lui e il nostro compito era quello di aiutarlo a ritrovarlo.

 

E lo avrebbero trovato in California. “Dieci giorni dopo, Nathanael ed io siamo andati a Los Angeles per discutere dei diritti sull’adattamento con Roman Coppola e per incontrare Rebecca Yeldham, la produttrice di Walter (che aveva lavorato con lui per I diari della motocicletta e Limha de passe) Ci siamo dati una settimana di tempo per trovare un accordo perché le riprese dovevano essere realizzate entro l’estate.”

 

 

 

ALLA RICERCA DELLE AUTOSTRADE DEL PASSATO

 

Di Isaure Pisani-Ferry

 

(testo integrale nel numero straordinario #8 di “Trois Couleurs”)

 

 

 

1959: Steve Allen  giornalista televisivo chiede a Kerouac: “In quanto tempo ha scritto Sulla strada?” “In tre settimane”. “In tre settimane?!  Esclama Allen. E per quanto tempo ha viaggiato?” Kerouac riflette e poi risponde: “Sette anni”. Brusii di ammirazione nella sala. La verità è che Kerouac ha cominciato a scrivere Sulla strada nell’estate del 1948  e non nel 1951 come dirà in seguito, terminandolo solo nel 1957. Di ritorno dal duo primo viaggio attraverso il paese, il 23 agosto 1948 scrive sul suo diario: “Ho un altro romanzo in mente,  Sulla strada, al quale non riesco a smettere di pensare e che parlerà delle persone che viaggiano in autostop per raggiungere la California alla ricerca di qualcosa che non trovano, che si perdono lungo la strada e che infine tornano da dove erano venuti in cerca di qualcos’altro.”

 

 

 

SCORCIATOIE E DEVIAZIONI

 

Sulla strada è il suo secondo romanzo. Il primo, La città e la metropoli, era profondamente influenzato dai suo maestri letterari, Twain, Wolfe, Whitman, i cantori degli splendidi e vasti spazi americani. Quando inizia a scrivere il suo secondo romanzo, Kerouac ha l’ambizione di trovare un principio narrativo inedito ma nel suo taccuino le descrizioni tentano ancora di raggiungere il lirismo dei suoi predecessori. Inoltre, non riesce a trovare la trama narrativa adeguata. Per diversi mesi, accumula una mezza dozzina di versioni di Sulla strada, alcune di una sola pagina, altre di centinaia. Scrive sia in prima persona sia in terza. Esita tra viaggiare con un certo Warren Beauchamps (Lucine Carr) con Dean Pomeray (Neal Cassady) o da solo. Per farla breve, non sa bene da che parte andare o quale direzione prendere e dopo qualche mese si arena. A quel punto quando Neal, LuAnne e Al gli propongono di rimettersi in viaggio, Kerouac accetta senza un attimo di esitazione. Nel febbraio del 1949 torna dal viaggio e riprende in mano Sulla strada e la scrittura procede talmente bene che prevede di finirloentro l’inverno seguente. Il viaggio lo ha confortato, ha rafforzato la sua volontà di parlare dell’America raccontando il presente, le amicizie e le persone incontrate durante il viaggio. Vuole che diventi il romanzo sulla sua generazione, “uno studio sui giovani della mia età, che per motivi diversi rifiutano di lavorare e girano per il paese, a metà strada tra illegalità e vagabondaggio.” (nota del dicembre 1949 annotata nel taccuino “Night Notes and Diagrams for Sulla strada). E’ riuscito quindi a trovare il soggetto del suo libro: la Beat Generation ma non è ancora riuscito a trovare la maniera per raccontarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GLI INIZI

 

 

 

Dal 1949 al 1950, Kerouac alterna intensi periodi dedicati alla scrittura a lunghi vagabondaggi. Decide di trasferirsi da solo a Denver nella speranza di terminare il libro, va a vivere a casa di Neal Cassady a San Francisco, litiga con lui, ritorna a New York, riparte per Denver, fa pace con Neal, passa due mesi con Burroughs in Messico dove si droga intensamente per rientrare definitivamente a New York alla fine del 1950 dove sposa Joan Haverty, va a vivere con lei e diventa scribacchino per la Twentieth Century Fox. Per tutto questo tempo, è andato avanti nella sua produzione come si fosse stato in un labirinto, perdendosi.

 

 

 

Nella primavera del 1951 una flebite lo costringe in ospedale per diverse settimane. Il giorni in cui viene dimesso, annuncia a Holmes: “Sai cosa farò?Troverò un bel rotolo di carta, lo infilerò nella macchina da scrivere e scriverò il più velocemente possibile riportando le cose come sono avvenute, e al diavolo le costruzioni fasulle…. Lo vedremo dopo (Citazione di Anne Charters). Mette in pratica ciò che ha detto e nel giro di tre settimane, il romanzo iniziato decine di volte, viene completato. La molla che ha permesso a Kerouac di trovare alla fine la versione giusta di Sulla strada va ricercata in Neal Cassady. Frequentare Neal, osservare la libertà e la febbre con le quali vive e brucia la sua vita lo aiuta a inquadrare meglio il suo romanzo: il modello non è più Thomas Wolfe ma Neal, questo illustre sconosciuto e la storia raccontata da Sulla strada é la storia della loro amicizia fraterna. “Jack – racconta Allen Ginsberg – scoprì alla fine che le cose delle quali lui e Neal discutevano erano proprio quelle di cui voleva parlare nel suo libro.” (citazione di Ann Charters). Ed è sempre grazie a Neal che Kerouac trova il suo stile: è sconvolto dallo stile con cui sono scritte le lettere del suo amico – uno stile esplosivo, muscoloso che esprime direttamente l’esperienza, senza tenere conto degli aspetti letterari. Kerouac capisce che è proprio questa immediatezza la cosa che sta cercando da anni. Il lungo riposo forzato all’ospedale ha fatto sì che tutto il materiale narrativo accumulatosi -  che confluirà poi nel romanzo – abbia avuto il tempo di decantare in lui.

 

 

 

Quando esce dall’ospedale a inizio aprile ha in mente un piano ben preciso. Una mattina, Kerouac si reca dal suo editore con un enorme rotolo di carta sotto il braccio: il famoso “rotolo” in cui è scritta la versione originale di Sulla strada: un solo paragrafo lungo 36 metri.

 

“Ecco il suo romanzo!”, dice Kerouac. L’editore spalanca gli occhi: “Ma Jack, è impossibile apportare delle correzioni su questo manoscritto!” Kerouac diventa rosso dalla rabbia, afferma di non voler cambiare neanche una virgola, riprende il rotolo e scompare (citazione di Ann Charters).

 

 

 

L’ARTE DEL COMPROMESSO

 

 

 

Trascorrono i mesi e gli anni, una nuova ricerca sostituisce la precedente: Kerouac ha finalmente trovato la sua identità di scrittore e ora devo trovare un editore. Tutte le case editrici (sei in tutto) alle quale invia il manoscritto di Sulla strada lo rifiutano. Si lancia allora in progetti romanzeschi, ma l’amarezza e il senso di incomprensione crescono in lui.

 

 

 

E infine nel 1955 incontra Malcom Cowley, consulente editoriale della casa editrice Viking Pressil quale è entusiasta di Sulla strada ma chiede a Kerouac un certo numero di modifiche per renderlo pubblicabile: deve accorciarlo, correggere il vocabolario per far si che rispetti “le norme sulla decenza” e nascondere le vere identità dei personaggi per evitare delle cause per diffamazione. Stanco di combattere Kerouac accetta di apportare dei tagli drastici al romanzo ma fortunatamente si rende conto che così facendo ucciderebbe la sua opera e in extremis torna ad una versione più vicina a quella originale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UNA VERSIONE  PER TUTTI

 

 

 

Sulla strada viene pubblicato il 5 settembre del 1957, dopo un viaggio negli abissi durato nove anni. Il riconoscimento arriva troppo tardi. Ed è esattamente questo ciò a cui allude Kerouac, parlando con i giornalisti della tormentata gestazione del romanzo: “Dove eravate quel giorno di aprile in cui ho finto il libro? Era allora che avreste dovuto intervistarmi.”


 

 

 

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