QUANDO DOCTOR STRANGE INCONTRA SAM RAIMI….

DOCTOR STRANGE INCONTRA SAM RAIMI

 

A luglio del 1963, Doctor Strange fece la sua prima apparizione all’interno del 110° numero del fumetto Marvel “Strange Tales”, creato dal disegnatore Steve Ditko e dallo sceneggiatore Stan Lee. 53 anni dopo, il Maestro delle Arti Mistiche è stato accolto tra i Super Eroi dell’Universo Cinematografico Marvel con il film del 2016 Doctor Strange, che portava lo stesso nome del suo protagonista.

 

Ora è il turno di Doctor Strange nel Multiverso della Follia, che spinge il genere fantasy in una direzione più dark e minacciosa. All’inizio del viaggio del Dr. Stephen Strange nelle Arti Mistiche, l’Antico gli aveva detto: “Se ti rivelassi tutto quello che ancora non sai, scapperesti in preda al terrore”. All’epoca, nessuno avrebbe potuto immaginare che le sue parole si sarebbero rivelate estremamente profetiche: ora, Sam Raimi, maestro del terrore e mago del brivido, ha preso in mano le redini del secondo capitolo di Doctor Strange.

 

Raimi non è nuovo ai film sui supereroi: ha diretto e prodotto Darkman (1990) e la trilogia originale di Spider-Man. Cosa lo ha spinto a tornare nel mondo dei supereroi dopo quasi 15 anni?

 

“Quando Kevin Feige ha annunciato di voler inserire qualche elemento horror in Doctor Strange, l’idea mi è sembrata interessante”, spiega Raimi. “Ho sempre considerato l’orrore e la suspense due aspetti molto divertenti dell’arte cinematografica. Una delle ragioni per cui sono interessato al personaggio di Doctor Strange è la sua natura di mago. Da ragazzo, mi esibivo come prestigiatore in feste per bambini e matrimoni. Adoravo creare illusioni. Per questo motivo trovo particolarmente interessante un supereroe che è un illusionista e un mago”.

 

Il co-produttore Richie Palmer svela ciò che Sam Raimi ha in serbo per Doctor Strange: “Volevamo fin dall’inizio che fosse il film Marvel Studios più inquietante, spaventoso ed elettrizzante mai realizzato. Volevamo mantenere quella promessa a tutti i costi e Sam Raimi è il maestro del macabro. È decisamente la persona giusta per questo lavoro. Il risultato finale è più folle di quanto ci saremmo mai aspettati!”.

 

Lo sceneggiatore premiato con l’Emmy® Award Michael Waldron, ingaggiato per scrivere la sceneggiatura, parla ulteriormente di Sam Raimi: “È chiaramente un genio del cinema horror, ma questa non è la sua priorità. Le sue priorità sono sempre le emozioni e i personaggi, in ogni scena e in ogni momento del film. Tutto è guidato dalle emozioni. Riesce a realizzare un film inquietante e spaventoso senza alcuno sforzo. Ma più di ogni altra cosa, vuole sviscerare lo stato d’animo dei personaggi”.

 

Aggiunge: “Lavorare con Sam mi ha permesso di dare vita a idee che sulla carta sembravano folli. Ma nulla è troppo folle per lui. Se le mie idee gli piacciono, riesce a elevarle e renderle assolutamente meravigliose”.

 

Coloro che conoscono già i film di Raimi sanno che il regista utilizza le tecniche cinematografiche per ottenere effetti sia comici che artistici. Inoltre, non ha paura di superare i limiti delle aspettative del pubblico e di andare verso direzioni che pochi registi avrebbero il coraggio di prendere. Raimi è sempre stato un grande appassionato di fumetti e il modo in cui utilizza la macchina da presa è influenzato da questo medium: il suo stile di regia è caratterizzato da primi piani estremi, angoli olandesi e tagli rapidi, proprio per imitare il linguaggio visivo dei fumetti.

 

Gli esperti del cinema di Raimi riconosceranno subito il suo inconfondibile stile visivo. “Questo non è soltanto il film che i fan dell’Universo Cinematografico Marvel sognavano: è anche il film che i fan di Sam Raimi sognavano”, afferma Palmer. “È un grandioso omaggio ai film di Sam Raimi, ma abbiamo dovuto convincerlo a rendere omaggio ai suoi film dato che non è una persona a cui piace vantarsi. Ma posso dire che in questo film ci sono tantissime cose che i fan di Sam Raimi adoreranno”.

 

Raimi è indubbiamente un regista audace, con una determinazione creativa che lo porta verso territori che pochi registi osano attraversare. Ma è anche incredibilmente collaborativo. “Quando Sam si è unito al progetto, si è trovato di fronte a un gruppo di attori che avevano già interpretato molte volte i rispettivi personaggi: per questo motivo voleva che gli interpreti collaborassero alla creazione della storia, dei personaggi, del processo artistico, dei look. Grazie a Sam, è stato un processo incredibilmente collaborativo”, afferma Palmer

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