Il 26 Giugno “Marley” di Kevin Macdonald Tutte le curiosità ufficiali e le foto

Il  26 Giugno “Marley” di Kevin Macdonald Tutte le curiosità ufficiali e le foto

“Questo film è importante perché, nonostante in passato siano state fatte molte cose su Bob, credo sia la prima volta che viene data alla gente la possibilità di sentirsi emotivamente vicina a Bob come uomo, non come leggenda del reggae o come figura mitica, ma attraverso la sua vita di uomo”. Ziggy Marley

 

video

http://www.youtube.com/watch?v=tq_qJEp2sTY

 

 

SINOSSI

 

Shangri-La Entertainment e Tuff Gong Pictures hanno prodotto, in associazione con la Cowboy Films, questo film fondamentale su una delle icone del XX° secolo più importanti e più amate: Bob Marley. La sua musica e il suo messaggio di amore e redenzione sono conosciuti in tutto il mondo e la sua storia è stata finalmente riportata in vita grazie al lavoro e al talento di Kevin Macdonald. Il fascino universale di Bob Marley, il suo impatto sulla storia della musica e il suo ruolo di profeta politico e sociale restano ineguagliati. La sua musica e il suo messaggio trascendono le barriere culturali, linguistiche e religiose, echeggiando ancora oggi in tutto il mondo, con la stessa forza di quando lui era ancora in vita. Solo pochissimi musicisti hanno avuto un impatto così forte sulla cultura e Bob Marley, nonostante la breve vita, è tra questi. Kevin Macdonald, uno tra i più esperti documentaristi e filmmaker della nuova generazione, ha realizzato un film che può essere considerato il documento filmato ufficiale su Bob Marley, sulla sua vita e sulla sua rilevanza internazionale. Le riprese hanno avuto luogo in posti lontani tra loro come il Ghana, il Giappone e la Gran Bretagna, oltre che nell’amata Giamaica di Bob e negli Stati Uniti, e rappresenta un vero evento perché per la prima volta la famiglia di Bob ha autorizzato l’utilizzo dei propri archivi privati. Macdonald, lavorando assieme alla famiglia Marley, a Chris Blackwell e a Steve Bing, ha diretto il film destinato a diventare il più importante documentario autorizzato sulla vita, l’influenza e l’impatto globale esercitati da uno dei più importanti cantanti, compositori, musicisti e attivisti della storia: Bob Marley. MARLEY rappresenta un vero evento perché per la prima volta la famiglia di Bob Marley ha autorizzato l’utilizzo dei propri archivi privati.

 

 

IL FILM

 

 

Per quasi mezzo secolo Bob Marley – il musicista, il rivoluzionario, la leggenda – ha influenzato popolazioni diverse in tutto il mondo con una forza che resta ineguagliata. La morte di Bob Marley nel maggio del 1981 non solo ha lasciato un vuoto immenso in quello che forse è il genere di musica moderna più spirituale e allo stesso tempo più accessibile – il reggae – ma, a testimonianza del grande carisma esercitato da questa star, ha anche dato inizio ad un aumento postumo senza precedenti del numero dei suoi fan. La persistenza della notorietà di Bob Marley non è paragonabile a quella di un semplice fenomeno di musica pop. Per capirlo basta considerare il successo della compilation Legend, uno dei 17 album nella storia della musica ad aver superato la soglia dei 10 milioni di copie vendute (nel 2009), continuando a vendere circa 250.000 copie l’anno, oltre ad essere, secondo le stime della rivista Billboard, al secondo posto nella storia degli album rimasti più a lungo nelle classifiche. Con un numero di fan che continua a crescere (come dimostrano gli oltre 30 milioni di suoi appassionati registrati su Facebook e Twitter), la notorietà di Marley ha fatto di lui un vero e proprio punto di riferimento spirituale. A più di 30 anni dalla sua morte, gli intramontabili messaggi contenuti nella sua musica fanno di Marley una potenza culturale con la quale confrontarsi. Il suo modo di vivere ha rappresentato per molti versi un atto politico sulla scena mondiale. Oggi, in qualunque parte del mondo, quando giovani politicamente impegnati fanno riferimento alla solidarietà come valore, trovano in lui un modello culturale imprescindibile (come dimostrato negli ultimi mesi dalla popolarità della musica e delle immagini di Bob Marley durante le proteste in Medio Oriente e in Africa e nelle manifestazioni di Occupy Wall Street e in quelle analoghe). Ma nonostante l’attaccamento dimostrato nei confronti di questa icona, e l’entusiasmo di quanti scoprono Marley solo oggi, intorno a lui permangono molti misteri e interrogativi. A partire dalla sua morte sono realizzati moltissimi film-concerto, biografie, DVD e video non autorizzati che hanno cercato di far luce sulla sua storia, ma Marley resta un uomo tanto amato quanto avvolto nel mistero. Ora, grazie allo straordinario sforzo congiunto della famiglia Marley, del filmmaker premio Oscar Kevin Macdonald (L’ultimo re di Scozia, La vita in un giorno, Un giorno a settembre) e della Shangri-La Entertainment (Shine a Light, Heart of Gold), molti di questi interrogativi hanno trovato una risposta e molti di quei misteri sono stati svelati. “Quello che avevo in mente”, spiega Macdonald, “la domanda che mi ponevo facendo questo film, era: perché riesce ancora a parlare a gente di tutto il mondo (ed è evidente che ci riesce), e perché parla alla gente in modo molto più profondo di qualsiasi altra rock star o pop star? Ciò che mi affascinava nel fare questo film era provare a tirar fuori qualcosa di molto personale. Chi è quest’uomo? Perché ha avuto tanto successo? Qual era il messaggio che voleva trasmettere alla gente?”   Con il documentario Marley, realizzato con la collaborazione piena della famiglia Marley e con il contributo di moltissime fonti e persone in passato trascurate, Macdonald consegna ad una nuova generazione ciò che Marley ha lasciato e offre un punto di vista commovente e a tratti dirompente sulla sua leggenda. Oltre al tono gioioso e vivace delle bellissime sequenze di repertorio (la musica di Bob riusciva ad essere consolatoria anche nei suoi moment più bui), il film contiene approfondimenti e informazioni inedite ottenute solo grazie all’aiuto offerto dalla famiglia Marley. La moglie di Bob, Rita, i suoi figli, gli amici e i colleghi, hanno rivelato i loro sentimenti, i loro pensieri e ricordi a Macdonald e al suo team. Il risultato di queste interviste e dell’accesso illimitato ad un tesoro nascosto di immagini di archivio fa sì che questo film rappresenti l’unico documento completo di ciò che è stato Bob Marley. Tuttavia la passione del regista per il progetto è cresciuta per gradi, maturando in un lungo periodo di tempo. “Il mio primissimo contatto con l’universo di Bob Marley” ricorda Macdonald “è avvenuto sei o sette anni fa. Ero stato contattato da Chris Blackwell [fondatore della Island Records] il quale mi aveva chiesto se fossi interessato a fare un film sulle celebrazioni in Etiopia di quello che sarebbe stato il sessantesimo compleanno di Bob. L’idea di Chris era quella di fare un film portando per la prima volta un gruppo di rastafariani dalla Giamaica in Etiopia, e di vedere poi il concerto attraverso i loro occhi. Ho pensato che fosse una grande idea, e così ho iniziato a fare un sacco di ricerche sulla Giamaica, ma poi non se n’è fatto più niente”. Macdonald ricorda che all’epoca la sua conoscenza della vita e della carriera di Bob Marley era quella di un profano. Come la maggior parte dei suoi fan occasionali in tutto il mondo, sapeva che l’uomo al quale spesso si faceva riferimento come la “superstar del reggae” aveva raggiunto un livello di popolarità che, al di là della profondità del suo messaggio, era particolarmente impressionante per la sua diffusione in tutto il globo. “Poi ho lasciato perdere e ho girato L’ultimo re di Scozia, le cui riprese si svolgevano a Kampala in Uganda. E una delle cose che mi ha colpito veramente – perché Bob Marley mi era un po’ rimasto in mente – è stato che mentre me ne andavo in giro, soprattutto nelle zone più povere di Kampala, vedevo ovunque immagini di Bob Marley: su bandiere e graffiti, con le sue frasi sparse ovunque, citazioni dalle sue canzoni. E ho pensato ‘E’ fantastico. Cosa c’è in Marley di così potente da farlo arrivare dall’altra parte del mondo? Cosa ha significato per la gente qui in Africa, e in Uganda?’” Poi, nel marzo 2010, Macdonald ha ricevuto una telefonata dai produttori della Shangri-La Entertainment che lo informavano che loro – compreso il fondatore della Shangri-La, Steve Bing – si erano impegnati a realizzare il film su Marley, e che Chris Blackwell lo aveva raccomandato come possibile regista. Macdonald a quel punto si è convinto di essere destinato a diventare l’uomo che avrebbe raccontato questa storia indimenticabile. “Quello che deve essere sarà: crediamo molto in questo vecchio proverbio” dice il più grande dei figli di Bob, David ‘Ziggy’ Marley. “Kevin era destinato a fare questo documentario, per come la  vediamo noi. Non ero preoccupato, non ero in paranoia….Sapevo che sarebbe stato fatto, e sapevo innanzi tutto che sarebbe stato fatto da chiunque fosse destinato a farlo”. E così Macdonald ha cominciato a lavorare con la famiglia Marley, in particolare con Ziggy, sua sorella Cedella (chiamata così in onore della madre di Bob) e la madre, la moglie di Bob, Rita Marley. “Quello che ho cercato di fare” ricorda Macdonald “è stato convincerli che fino a quel momento non era stato prodotto nessun buon documentario su Bob, e che era arrivato il momento di farlo prima che anche altre persone morissero. E’ quello che ho detto a Ziggy la prima volta che l’ho incontrato. Gli ho detto ‘Voglio fare la cosa più scontata possibile. Voglio andare in giro con una macchina da presa ad intervistare tutti. Non voglio limitarmi a quelli con i quali gli altri hanno già parlato’. Un problema che riguarda molte grandi star – e in particolare Bob, perché ha assunto praticamente la statura di un profeta – è che la gente dimentica di fare domande personali: com’era la sua famiglia? Suo padre? Perché lui era fatto così? Come mai era tanto entusiasta?”. Ovviamente, per rendere più emozionante la narrazione, Macdonald ha utilizzato una parte dello straordinario materiale di Bob Marley – compresi Exodus e No Woman, No Cry – oltre ad alcune scoperte illuminanti. Ma si è anche reso conto che, nonostante il lavoro magistrale condotto dall’esperto ricercatore di materiali di archivio, Sam Dwyer, c’era ancora qualcosa di prezioso da tirare fuori, sia sulla giovinezza del musicista, sia sugli inizi della sua carriera di cantante reggae. “Una delle sfide che riguarda Bob è che c’è pochissimo materiale filmato” dice Macdonald. “Non c’è assolutamente niente per i primi 11 anni della sua carriera. Dal 1962 al 1973 non c’è neanche un minuscolo spezzone filmato, e solo una manciata di fotografie”. Il problema è che, nonostante The Wailers, il gruppo formato da Bob con Peter Tosh e Neville “Bunny” Livingston, all’inizio della loro carriera avessero già contemporaneamente 5 singoli in cima alle classifiche top 10 della Giamaica e fossero abbastanza famosi, a quell’epoca l’interesse e gli strumenti tecnici necessari per documentare le loro performances semplicemente non c’erano. “Questo dimostra cosa fosse la Giamaica di allora”, racconta Macdonald, “ma anche quale fosse l’importanza della musica giamaicana a quei tempi: nessuno ha filmato i The Wailers, e nessuno, per molti anni, li ha presi sul serio”. Così, intervistando una sessantina di persone, una metà delle quali sono poi finite nel film, il regista aveva in mente di ricostruire il percorso di Marley verso la notorietà: “E’ una storia che può entrare a far parte degli archivi”. Con quello che ha inserito nel film, Macdonald ha fatto in modo che la storia di Bob venisse raccontata da coloro che lo conoscevano meglio. Macdonald ritiene che quella rilasciata da Bunny sia una delle due interviste chiave del film, in grado di accompagnare il pubblico dall’inizio alla fine del documentario; Bunny, che conosceva Bob da quando erano bambini, attraverso i suoi ricordi racconta un periodo che copre diversi anni e arriva fino al 1973 e allo scioglimento della band. Da quel momento, il filo conduttore della narrazione è affidato a Neville Garrick, il direttore artistico dei The Wailers, che è stato accanto a  Bob fino alla sua morte. Garrick ha utilizzato, come Bunny, “un linguaggio molto articolato e creativo” ricorda Macdonald. “Ascoltarli è stato molto divertente”. Dati i sentimenti contrastanti che molti artisti giamaicani, soprattutto rastafariani, provano nei confronti dell’ambiente del business musicale con il quale hanno avuto a che fare, coinvolgere Bunny e alcuni altri artisti non è stata un’impresa facile. “Ci abbiamo messo molti mesi. Era sospettoso e riteneva che in passato la storia dei primi The Wailers non fosse stata raccontata in modo corretto. E comprensibilmente riteneva, come ultimo sopravvissuto dei The Wailers, di voler dire la verità su tutta la storia, perché credeva che fino a quel momento fosse stata travisata e tradita. Ci è voluto molto tempo per convincerlo che volevamo realizzare un film onesto ed equilibrato, e che le persone che finanziavano il film non avrebbero avuto né voce in capitolo né l’ultima parola sui suoi contenuti. Che si trattava di un progetto completamente indipendente”. “Una volta che Bunny ha accettato, ha dato la sua piena disponibilità dedicando all’intervista un’intera giornata, ed è anche arrivato vestito di tutto punto per l’occasione”, racconta Macdonald. “E’ consapevole dell’importanza del proprio look e la cosa che mi ha colpito di più era la pipa che aveva con sé, ricavata da una carota. Ha tenuto stretta quella carota tutto il giorno. E quando gli ho chiesto: ‘Cos’è quella carota?’ Lui mi ha risposto: ‘è la mia pipa’, e ha continuato per tutto il giorno ad aspirare da quella. Era assolutamente perfetta per una persona il cui soprannome è Bunny.” Nel corso del 2012 Bunny festeggerà ‘il 50° anniversario dei The Wailers’ con un tour e un album con questo titolo”. “Una parte importante della preparazione del film è stata quella dedicata a scoprire persone come Dudley Sibley, che è l’addetto alle registrazioni e il portiere dello Studio One, e che ha vissuto con Bob per un anno o due nella stanza che si trova sul retro dello studio di registrazione. Nessuno lo aveva mai intervistato prima, forse perché ha l’aria di un tipo bizzarro, persino un po’ pazzo. Invece è stato molto affascinante, pieno di ricordi veri e di racconti di prima mano su un periodo vissuto fianco a fianco con Bob in quella stanza prima che Bob diventasse famoso com’è diventato”. Il lavoro certosino sulle interviste condotto dal regista ha avuto come risultato diverse altre rivelazioni inattese, comprese quelle ottenute da Peter, un cugino bianco di Bob a lui molto vicino, del quale Macdonald dice “nessuno prima aveva mai pensato di parlare con lui”. “Un punto fondamentale per me” dice Macdonald “era cercare di capire quanto abbia influito sulla vita di Bob il fatto di essere di razza mista. E’ difficile per alcuni di noi, sia in Europa che in America, capire quanto questa cosa significasse sentirsi emarginati. E Bob, nato nelle campagne dell’epoca, in una parte profondamente nera della Giamaica, sentiva di essere emarginato proprio perché di razza mista, e non solo dalla parte bianca dell’isola, ma anche da quella nera”. Cedella racconta di aver avuto fiducia in Macdonald, apprezzato per aver messo in luce sia gli aspetti mitici che quelli meschini del dittatore Idi Amin interpretato nel film L’ultimo re di Scozia da Forrest Whitaker, e nel fatto che sarebbe stato in grado di approfondire le questioni della razza e del colonialismo che avevano condizionato la vita in Giamaica, a partire dalla dura eredità lasciata  dal colonialismo fino all’emergere del rastafarianesimo. “Per caso avevo appena visto L’ultimo re di Scozia quando Chris mi ha chiamato dicendomi ‘Senti, ho in mente questo regista’ E quando me l’ha detto, ho risposto ‘Davvero? Ho appena visto un suo film, ed era così vero’”. Cedella è rimasta particolarmente colpita dalla presenza nel film della sorellastra di Bob, Constance, che si vede nel film mentre ascolta la canzone ‘Cornerstone’, scritta da Bob dopo un incontro freddo e spiacevole avuto con uno zio bianco. Constance era chiaramente commossa. “Ero felice che ci fosse zia Constance”, dice Cedella. “Conosceva la famiglia di nonno [Norval Marley] meglio di papà”. Il rapporto stabilito dal regista con la famiglia Marley si è dimostrato preziosissimo per comprendere molte verità sulla vita di Bob e sui suoi rapporti, spesso commoventi e talvolta sorprendenti, rivelati nel corso delle conversazioni, oltre a moltissimi dettagli incredibilmente personali, che hanno reso possibile realizzare un film in cui, per la prima volta, viene mostrato un ritratto a tutto tondo del musicista e dell’uomo. Macdonald è rimasto colpito dalla delicatezza dimostrata da Rita Marley nel parlare della tendenza di Bob ad esserle poco fedele. Di Rita, Macdonald dice: “Secondo me dal film emerge come una persona in un certo senso nobile, perché certamente ha dovuto tollerare molte cose sul piano personale. Si capisce che [Bob], con il suo comportamento, le ha fatto male e ha fatto male a Cedella, la loro bambina. Ma loro non solo lo hanno perdonato, hanno anche capito che quello che stava facendo era molto importante, e che il messaggio che stava diffondendo era molto più importante delle questioni riguardanti i loro sentimenti personali”. Le parole di Rita nel film hanno contribuito a rafforzare il rispetto di Cedella nei confronti di sua madre. “Le ho detto ‘Ma’, non si fabbricano più madri come te’. Credo che negli anni ‘60, quando ti innamori così, ti innamori e basta. Ci sono giorni in cui vado nella stanza di mia madre e lei sta parlando e io so che non c’è nessuno nella stanza. Così busso alla porta e le chiedo ‘Ma’, con chi stai parlando?’ E lei mi risponde ‘Oh, con il mio ragazzo, Robbie’. Che è come lei chiamava papà. ‘E di che stavate parlando?’ E lei ‘volevo solo assicurarmi che si prendesse cura di se stesso’. Lei ama mio padre. Lo ama molto. Non è che non si arrabbi per quello che lui combina, sai? Ma lo ama comunque”. Tra le molte interviste realizzate ce n’è una con Chris Blackwell, la cui riservatezza e la cui diffidenza sono leggendarie, e che, racconta Cedella, era sempre attento a mantenere al centro dell’attenzione la star e non la sua etichetta Island Records. Ricorda Cedella “Mi diceva sempre ‘Sai, non mi è mai piaciuto farmi fotografare con Bob’ ma papà teneva in grande considerazione Chris e il suo orecchio per la musica”. Per il figlio di Marley Ziggy, il momento più rivelatore del film è la testimonianza dell’infermiera che è stata accanto a suo padre in una clinica europea durante l’agonia dei suoi ultimi giorni prima della sua morte per cancro. “Alcune cose non le avevo mai viste né sentite prima, ed è stato molto emozionante” confessa.   “Credo che la cosa bella del film” continua Ziggy, “è che nonostante siano state fatte molte cose su Bob, solo questo offre alla gente la possibilità di sentirsi emotivamente vicina a Bob come uomo. Non solo come leggenda del reggae o come figura mitica, ma attraverso la sua vita di uomo. Con tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare”. Macdonald giunge ad una conclusione che deriva da tutte le ricerche fatte per realizzare Marley: “Credo che la ragione per cui Bob sia sopravvissuto alla sua morte è perché ha parlato alla gente oppressa del pianeta, che fosse americana, inglese o tedesca, ma soprattutto, perché ha parlato alle popolazioni dei paesi in via di sviluppo, che sentono di essere sempre stati trattati come reietti, di essere stati scavalcati dall’occidente o cose simili. E la sua è stata la voce che diceva ‘Arriverà il vostro turno. Ora siete a terra ma un giorno sarete lassù’”.

 

FILMOGRAFIA REGISTA

 

Il primo film di Kevin Macdonald, Un giorno a settembre, ha vinto un Oscar come miglior documentario nel 2000. Il suo second film, La morte sospesa, è stato presentato al festival di Telluride del 2003 e ha vinto il BAFTA e l’Evening Standard Award come miglior film inglese. Il suo primo lungometraggio di finzione, L’ultimo re di Scozia, è stato selezionato al Telluride ed è uscito nelle sale inglesi e statunitensi nel 2006. Tra i premi ottenuti, i BAFTA per il miglior film inglese (Alexander Korda Award) e la migliore sceneggiatura non originale. Forest Whitaker ha vinto un Oscar e un BAFTA per la sua interpretazione di Idi Amin. Macdonald ha realizzato poi altri due film: State of Play (2009), con Russell Crowe, Helen Mirren e Ben Affleck e The Eagle (2011), interpretato da Channing Tatum e Jamie Bell. Il suo recente progetto di documentario generato dagli stessi utenti, La vita in un giorno, è stato presentato al Sundance 2011 prima di essere selezionato a Berlino, al SXSW e in più di altri 20 festival internazionali. Macdonald ha anche scritto Emeric Pressburger: The Life And Death Of A Screenwriter, che ha vinto il premio del BFI film come libro dell’anno ed è stato finalista al premio NCR. Ha scritto inoltre Imagining Reality: The Faber Book of Documentary.

 

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