Marco Bellocchio riceve la Palma d’Onore a Cannes da Paolo Sorrentino che lo ha accompagnato con questo discorso:
” Ogni volta che lo incontravamo, terrorizzati dalla sua intelligenza, noi altri del cinema italiano, provavamo a compiacere Marco Bellocchio. Un lavoro vano. Con grande cortesia, Marco Bellocchio opponeva al nostro corteggiamento un’umile indifferenza. Ma non era snobistica distanza, solo autorevolezza. Questo è apparso chiaro a tutti sin dal primo capolavoro di Marco: “I pugni in tasca”
Ci si trovava di fronte a una voce autorevole. E non ha mai smesso di esserlo nel corso della sua lunga carriera. Marco Bellocchio è tutto quello che un regista dovrebbe essere: appartato, discreto, lontano dall’egocentrismo, curioso dell’altro. Gli uomini curiosi non hanno tempo per elencare aneddoti sulla grandezza dei loro film. Sono sempre intenti a conoscere il mondo e a porsi domande.
Ultimamente ho avuto il privilegio di frequentarlo di più e confesso che resterei ore a fissare la sua vitalità da ragazzo, il suo candore, la sua padronanza di un umorismo sono in apparenza involontario. Ma soprattutto, quelli che mi rende curioso in maniera morbosa nei suoi confronti, è la sua sotterranea inquietudine. Perché, a mio parere, è questa inquietudine che rende grande il suo cinema. Fare grande cinema è il risultato di una lunga guerra che un autore ingaggia con sé stesso.
Ogni nuovo film di Marco Bellocchio è un ‘emozione, perché mi pone sin dai titoli di testa questa bellissima domanda: in quale fase della guerra si trova Bellocchio.
La sua ribellione, che Thierry Fremaux ha sottolineato motivando questo premio è, secondo me, una lunga, necessaria, meravigliosa ribellione con e contro sé stesso.
Tutto questo, fortunatamente, la Francia e il Festival di Cannes lo hanno compreso e riconosciuto, conferendogli la Palma d’Oro Onoraria. Che oggi va al più importante e giovane regista che abbiamo in Italia: Marco Bellocchio.”
Ci si trovava di fronte a una voce autorevole. E non ha mai smesso di esserlo nel corso della sua lunga carriera. Marco Bellocchio è tutto quello che un regista dovrebbe essere: appartato, discreto, lontano dall’egocentrismo, curioso dell’altro. Gli uomini curiosi non hanno tempo per elencare aneddoti sulla grandezza dei loro film. Sono sempre intenti a conoscere il mondo e a porsi domande.
Ultimamente ho avuto il privilegio di frequentarlo di più e confesso che resterei ore a fissare la sua vitalità da ragazzo, il suo candore, la sua padronanza di un umorismo sono in apparenza involontario. Ma soprattutto, quelli che mi rende curioso in maniera morbosa nei suoi confronti, è la sua sotterranea inquietudine. Perché, a mio parere, è questa inquietudine che rende grande il suo cinema. Fare grande cinema è il risultato di una lunga guerra che un autore ingaggia con sé stesso.
Ogni nuovo film di Marco Bellocchio è un ‘emozione, perché mi pone sin dai titoli di testa questa bellissima domanda: in quale fase della guerra si trova Bellocchio.
La sua ribellione, che Thierry Fremaux ha sottolineato motivando questo premio è, secondo me, una lunga, necessaria, meravigliosa ribellione con e contro sé stesso.
Tutto questo, fortunatamente, la Francia e il Festival di Cannes lo hanno compreso e riconosciuto, conferendogli la Palma d’Oro Onoraria. Che oggi va al più importante e giovane regista che abbiamo in Italia: Marco Bellocchio.”
Il film Marx può aspettare è stato accolto a Cannes da ovazioni e commozione incontenibili. La stampa italiana e internazionale all’unisono hanno intonato un coro di elogi. Oggi il pubblico lo può vedere in sala.
Il film è è una produzione Kavac Film, Ibc Movie, Tender Stories con Rai Cinema, in collaborazione con Fondazione Cineteca Bologna, opera realizzata in collaborazione con Regione Lazio Fondo per il Cinema e l’audiovisivo, produttore esecutivo Michel Merkt e Alessio Lazzareschi, coprodotto da Malcom Pagani e Moreno Zani, prodotto da Simone Gattoni e Beppe Caschetto.