NOTE DI REGIA
Il cinema horror, in tutte le sue forme e tradizioni, dalle più scherzose e sanguinolente alle più cupe e nere, è sempre stato una nostra grande passione. Hitchcock, Argento, De Palma e Carpenter sono da sempre i registi che abbiamo preso a modello più di ogni altro. Tutti e quattro, seppur in forme molto diverse, si sono misurati con il cinema della paura. Ma fino a questo momento i fratelli Manetti non si erano mai buttati in questo genere con tutte le scarpe. E’ vero che in qualche forma, un richiamo all’horror, c’è davvero in tutte le nostre cose. Un richiamo estetico, una scena, una tematica, un gusto, una musica o anche solo una citazione la troverete in tutti i nostri lavori. Questo perché i Manetti spettatori amano il genere e non possono mai farne completamente a meno, anche solo per un omaggio. Finalmente è venuto il momento di fare i conti fino in fondo con questo genere e facendo “PAURA 3D” ci siamo accorti di perché una parte di noi è sempre sfuggita. Prima di tutto l’horror è un genere che, soprattutto in fase di scrittura, si prende un pezzo di te, della tua anima. Perché il film venga bene e perché abbia tutti gli ingredienti che rendono grande questo genere bisogna lasciarsi andare con la mente, far viaggiare la propria fantasia nei recessi più oscuri della propria anima, cercare la parte più “malata” e nascosta di noi stessi. In breve portare alla luce quella parte di noi che tendiamo a nascondere. Per far sì che lo spettatore passi qualche notte insonne dopo aver visto il film l’autore deve smettere di dormire per molto più tempo. Facendo questo film a volte ci siamo svegliati la notte, tutti sudati, come se nel sonno avessimo ricevuto un chiaro messaggio: “Questo film non deve essere fatto!”. A volte eravamo attanagliati dal dubbio che questo “messaggio” dicesse la verità, ma alla fine ci siamo sempre convinti che era la nostra paura a parlare, la paura di lasciarsi andare e che alla fine il risultato sarebbe stato catartico. Ma bisognava arrivarci a questa fine. Perché iniziando la parte più intensa della lavorazione del film ci siamo scontrati con il secondo aspetto che rende infernale la genesi di un film horror: La Maledizione. Se ne parla sempre, in mille cronache di film passati, in centinaia di interviste. A volte si pensa siano trovate pubblicitarie o paranoie, ma una volta che ci si ha a che fare si scopre che è vero: un film dell’orrore porta inevitabilmente con sé una piccola dose di maledizione. Almeno a noi è successo così. Accordi che non si chiudevano. Location introvabili. Attori e attrici che si ritiravano. Litigi. Attrezzatura che spariva dal set. Incidenti. Malattie. Difficoltà di tutti i tipi. Siamo assolutamente sinceri che durante la lavorazione di questo film, più volte, ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti che forse non era il caso di andare avanti. Che stava diventando troppo difficile. Che dovevamo rinunciare al film. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta, tutti i problemi che abbiamo affrontato nel fare questo film sono diventati un ricordo, quasi un tesoro che teniamo chiuso in una stanza, con chiavi a doppia mandata e un paio di lucchetti pesanti, in una stanza in fondo al lungo corridoio della cantina della nostra anima. E ora è difficile anche solo pensare di fare un altro tipo di film.
MANETTI BROS