IL FILM
In una lussuosa stazione sciistica sulle Alpi, Simon, un orfano di dodici anni, si mantiene derubando i ricchi turisti del posto e vendendo la refurtiva ai coetanei. Con quello che guadagna si prende cura anche della sorella maggiore, Louise, una giovane sbandata e incapace di amare. Ma il rapporto tra i due nasconde un segreto inconfessabile…
NOTE DI REGIA
di Ursula Meier
Ricordi d’infanzia
Solo dopo aver iniziato a lavorare al film è riemerso in me un ricordo d’infanzia. Sono cresciuta ai piedi del Massiccio del Giura in Svizzera ed era normale per noi salire ogni tanto alla stazione sciistica. C’era un ragazzino che se ne stava sempre per conto suo, sciava molto male eppure affrontava piste pericolose, sembrava stesse lì solo per l’ebbrezza di passare le giornate in un ambiente privilegiato. Qualcosa in lui mi intrigava e venni a sapere che era stato bandito dai ristoranti del posto perché derubava i clienti. La figura di questo piccolo ladro rimase un mistero per me, ma colpì in modo indelebile la mia immaginazione.
Un film “verticale”
Sister è un film “verticale”, che oscilla tra due dimensioni spaziali: in alto c’è la stazione sciistica, dominio di ricchi turisti che vengono a divertirsi sulla neve, in basso ci sono i grigi quartieri industriali della pianura. La funivia, che sale e scende incessantemente, è l’unico collegamento tra questi due mondi. Come per il mio film precedente, Home, le vicende raccontate in Sister non possono separarsi dai luoghi in cui si svolgono, che non sono mai una semplice location ma hanno una grande forza narrativa. Nella preparazione del film questa chiave di lettura è stata fondamentale, ha dato a Sister la sua forma e la sua energia.
Due mondi paralleli
Il film racconta la storia di un bambino, Simon, che vuole raggiungere quel mondo in alto, che cerca un’elevazione insieme fisica, sociale e economica. L’ambiente in cui vive, quello della pianura, è fatto di desolazione, nebbia e fango, mentre in alto sembra trovar posto un giardino delle delizie: sole, neve immacolata, denaro. Simon si sente importante lassù ed è come se fosse su un palcoscenico: interpreta un ruolo da protagonista e inventa una nuova vita per sé e la sua famiglia immaginaria, indossando un costume di scena. Di sotto, invece, è solo una comparsa, ma lo accetta senza lamentarsi, intuendo che è l’unico modo per restare accanto a Louise. Per tutta la durata del film, Simon è diviso tra i due mondi e il suo saliscendi con la funivia è il ritmo pulsante del film stesso. Mentre lui aspira al mondo in alto, però, Louise è attirata dal basso. Delusa dalla vita e arrabbiata con il mondo, invece di lottare contro le avversità ha deciso di chiamarsi fuori, vivendo giorno per giorno.
Una montagna mai vista
La vicenda del film si svolge durante l’alta stagione sciistica, tra Natale e Pasqua, e racconta quello che accade dietro le quinte dell’industria del turismo. Nel cinema siamo abituati a vedere questi ambienti solo nelle commedie o attraverso una serie di immagini scontate (splendidi panorami, montagne dalle cime innevate, prodezze degli sciatori e così via). Con gli occhi di Simon scopriamo invece un altro mondo, quello dei lavoratori stagionali. Un mondo molto diverso, di cui in fondo lo stesso Simon fa parte. Prima di iniziare le riprese ho avuto l’occasione di conoscerne a fondo i retroscena affiancando un’unità di polizia di una stazione sciistica. Si sono uniti a me in diverse occasioni anche i miei co-sceneggiatori e il direttore della fotografia, Agnès Godard: in questo modo siamo riusciti a trovare il giusto approccio, estetico e narrativo, alla storia.
L’inganno del denaro
Malgrado Simon e Louise vivano in una condizione economica disagiata e malgrado il denaro sia al centro dei rapporti tra i personaggi, Sister non vuole essere un film “sociale”. Simon vive sempre nella paura che gli manchi qualcosa e placa quest’ansia con la sua attività frenetica. Completamente privo di affetto, usa il denaro come meccanismo di difesa e come via di fuga verso l’illusione di una nuova vita. Ma i soldi, oltre ad essergli di conforto, lo rendono arrogante, soprattutto nel rapporto con Louise. Simon crede che il denaro possa avvicinarla a sé, ma in realtà finisce per allontanarla ancora di più.
Kacey e Léa
Dopo Home, volevo lavorare di nuovo con Kacey Mottet Klein e ho da subito pensato a lui per il ruolo di Simon. Una dote particolare di questo giovanissimo attore è il suo fisico, che suggerisce un carattere gentile, delicato e fragile, ma che al tempo stesso può portare a qualcosa di estremamente duro e violento. La scelta di Léa Seydoux, invece, è venuta dopo. Mi interessava lasciare fuori dal film qualsiasi spiegazione sul passato dei protagonisti e, grazie all’aspetto così singolare di Léa, il suo personaggio fa intuire come dietro lo sguardo sfuggente si nasconda qualcosa di misterioso, una zona d’ombra, un giardino segreto: lo spettatore è chiamato a proiettare su di lei il proprio immaginario, a inventare il suo passato. Lavorando con Kacey e Léa ho capito quanto si somigliassero e fino a che punto fossero toccati da quella stessa grazia, così sottile e meravigliosa, che viene rivelata dalla cinepresa.
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