Al via, dal 1 all’6 aprile 2020, RENDEZ-VOUS, il FESTIVAL DEL NUOVO CINEMA FRANCESE che parte dalla capitale per poi toccare, con focus e artisti, le città di Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Torino. Iniziativa dell’Ambasciata di Francia in Italia, la manifestazione è realizzata dall’Institut français Italia, co-organizzata con UniFrance. Il responsabile del progetto è Benoît Blanchard e la direzione artistica affidata a Vanessa Tonnini.
Il festival Rendez-vous festeggia il suo decimo compleanno con un grande ritorno: Arnaud Desplechin. Il regista, dopo il successo del focus speciale che il festival gli ha dedicato due anni fa, presenterà in anteprima italiana, il suo ultimo lungometraggio: Roubaix, une lumière l Roubaix, una luce (in Concorso a Cannes), distribuito da No.Mad Entertainment, in sala dal 30 aprile 2020. Desplechin incontrerà il pubblico a Roma, al Cinema Nuovo Sacher, e poi alla Cineteca di Bologna.
In un’edizione che si preannuncia ricca di titoli che sembrano ridare nuova vita ai generi, immettendo nel romanzesco la forza che viene dall’attualità, anche Arnaud Desplechin si insinua in questo solco, con un’opera che sorprende per il radicale cambio di registro e per la profondità dei risultati. Considerato la quintessenza del cinema d’autore francese, il regista si cimenta, per la prima volta, con il reale e con un genere che non gli è familiare come il polar. A fare da sfondo e ispirazione alla storia, la sua città natale, ritratta nel malore di una profonda decadenza economica.
Partendo da un fatto di cronaca, ben raccontato dallo sconvolgente documentario di Mosco Boucault per France 3, Desplechin realizza così un thriller sociale teso, febbrile e spirituale, animato dall’intensità teatrale dei suoi protagonisti: Léa Seydoux, Sara Forestier, Roschdy Zem quest’ultimo insignito del premio Lumière come migliore attore per la sua interpretazione.
Convinto che la finzione guadagni a essere uno specchio di indagine di quell’enigma che è il reale, il cineasta crea un noir che trascende elegantemente le strutture di genere per scandagliare gli abissi dell’essere umano e la miseria del mondo di oggi. “Per la prima e unica volta nella mia vita – spiega il regista – ho solidarizzato con due criminali: ho voluto riconsiderare le parole crude delle vittime e delle colpevoli come la più pura delle poesie“.