Cetto c’è senzadubbiamente” – Intervista ad Antonio Albanese

Intervista ad Antonio Albanese

I tempi erano maturi per il ritorno di Cetto?

“Si tratta di un film fortemente voluto dai fan del personaggio, che da anni mi chiedevano di farlo
tornare. Col tempo mi sono reso conto che con tutto quello che succede ultimamente nella politica
italiana, Cetto rischiava di trasformarsi in un moderato e che forse doveva riapparire adeguandosi
all’aria del tempo, facendosi ancora più trasgressivo e potente. Io e lo sceneggiatore Piero Guerrera
ci eravamo ripromessi di pensare a un altro film della serie soltanto se ne fosse valsa la pena, se
fosse arrivata un’idea giusta per animarlo con efficacia e con l’energia che meritava. L’idea è venuta
dopo 7 anni e ci è sembrata molto divertente, avevamo immaginato in un primo tempo un certo
Presidente della Repubblica che fosse una sorta di educatore/guru legato alle religioni, ma poi nel
lavoro di documentazione, leggendo e ascoltando varie storie, abbiamo verificato che il mondo della
monarchia non è affatto scomparso in Europa, anzi si mantiene vivo e vitale.”

 
E conta tra i suoi esponenti anche il nostro Cetto…

 

“Ci divertiva l’idea di partire da una strana nostalgia monarchica e abbiamo provato a inventare per
il nostro personaggio un ceppo nobile. Ma non bastava, ci siamo industriati a lungo e siamo riusciti
a trovare un sostegno credibile: non si sapeva niente di Cetto da sette anni, era come se fosse stato
conservato in una teca per preservarlo e così lo abbiamo immaginato “esiliato” a gozzovigliare a
modo suo in Germania, dove vive con una nuova moglie giovane e bella gestendo con successo una
catena di pizzerie. Non ha alcuna intenzione di tornare in Italia fino a quando scopre di essere il figlio
naturale di un principe…In un momento come quello attuale, in cui la politica è improvvisata e la
gente è cronicamente insoddisfatta Cetto si trasforma: prende lezioni di galateo e di bon ton, inizia
a frequentare i nobili, partecipa alla caccia alla volpe e ci sembrava interessante scoprire la distanza
tra un uomo così indecente e un certo tipo di istituzioni come la monarchia. Col tempo adotta, così,
un tenore di vita da monarca e finisce col proporsi direttamente come Re diventando “Cetto Primo
Buffo delle due Calabrie”, con conseguente trionfo del politicamente scorretto che lo porta a
molestare sia la democrazia che la cultura.”

 
Che tipo di collaborazione avete instaurato con Piero Guerrera in fase di sceneggiatura?

“Una collaborazione totale. Abbiamo lavorato in simbiosi e poi, come è naturale, l’intervento e i
ritocchi del regista Giulio Manfredonia per rendere tutto più funzionale sono stati fondamentali, c’ è
stato un forte spirito di collaborazione e di coesione per poter mantenere lo stesso ritmo e la stessa
energia di tutti i reparti. Oltre all’apporto del nostro abituale direttore della fotografia Roberto Forza
vorrei sottolineare anche l’appoggio prezioso e convinto del produttore Mario Gianani che si è
innamorato del progetto e ha partecipato al percorso del film in ogni fase con tutto il suo staff della
Wildside”.

 
Quali analogie e quali differenze esistono tra questo film e i due che lo hanno preceduto?

 

“Le analogie sono ovviamente legate al personaggio, ma c’è uno sviluppo perché abbiamo elevato
Cetto trasformandolo in qualcosa di più sorprendente e anche di più divertente rispetto al passato,
quando portava con sé anche una certa durezza. Questa volta è più conosciuto e ci siamo divertiti a
renderlo più comico con l’aiuto dei personaggi che lo circondano, la cosiddetta “cupola”, il gruppo di
sostegno guidato dal braccio destro Pino lo straniero, interpretato da un Nicola Rignanese in gran
forma”.

Cetto c’è senzadubbiamente

Dietro la macchina da presa c’è ancora una volta Giulio Manfredonia, suo prezioso alleato ormai da quasi un quarto di secolo.
“Sì, e ne sono felice. Giulio è ogni volta più bravo, siamo cresciuti insieme e in comune abbiamo la
voglia dio preservare il nostro modo di vivere e di lavorare, anche lui dopo aver letto il copione si è
esaltato e siamo partiti con allegria. Vorrei ricordare, poi, l’apporto importantissimo del cast: non
conoscevo Caterina Shula e ho scoperto che oltre a essere giovane e bella è un talento raro,
sorprendente. Prima delle riprese abbiamo provato le scene come se fossimo in teatro, per me è
quasi una regola obbligatoria perché in quella fase puoi modellare battute e dialoghi e lei si è
sintonizzata bene con i tempi comici, è entrata nella parte come meglio non poteva. A proposito poi
di Gianfelice Imparato devo dire che è un attore completo in grado di mostrare un’ampia gamma di
espressioni, lo conoscevo e stimavo molto, in particolare per la sua splendida interpretazione nel film
“Gomorra”. Potevo solo sperare che fosse libero nel periodo delle riprese, perché era sicuramente
perfetto per il suo ruolo e lui si è fidato del progetto e ha individuato bene il suo personaggio che era
quello che speravamo, con sfaccettature giuste, eleganza, garbo tempi perfetti e grandi sottigliezze.
Con Nicola Rignanese, infine, abbiamo recitato un po’ con il pilota automatico, ci siamo dovuti
fermare più volte perché sul set morivamo dal ridere e non riuscivamo a frenarci, valga per tutte la
sequenza delle lezioni di bon ton in cui era assolutamente irresistibile nella sua devozione servile”.

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