“Cetto c’è senzadubbiamente”

E rieccoci qua! Sono passati nove anni dall’esordio cinematografico di Cetto La
Qualunque in “Qualunquemente” (2010) e sette dalla sua ultima apparizione in “Tutto
tutto, niente niente” (2012), e tante cose sono cambiate.
In questi anni i due film sono stati un po’ come la settimana enigmistica, contando un
numero infinito di tentativi di imitazione, alcuni anche riusciti, ma nessuno che si sia
mai neanche vagamente avvicinato allo stile degli originali, soprattutto grazie alla
cifra comica di Albanese, al contempo attenta al mondo di oggi ma capace di
trasfigurarlo in qualcos’altro, assai più astratto e universale.
Non era facile dunque trovare la strada per questo clamoroso ritorno, ma Antonio e
Piero sono soliti stupirci con la loro invidiabile capacità di cogliere gli umori del paese,
di saperli leggere ed interpretare assai meglio di tanti sociologi, e cosi quando ho letto
il copione di “Cetto c’è” ho avuto subito l’impressione che contenesse qualcosa di
davvero nuovo e sorprendente sull’Italia di oggi, e mi è tornata in un attimo la voglia
di riprendere a raccontare le vicende del nostro Cetto.
Gli spunti su cui lavorare erano davvero tanti, e come al solito la fotografia del paese
era limpida, le sorprese infinite, lo stile sempre preciso, il divertimento assicurato.
Bisognava solo girarlo. Ed è stato davvero un piacere.
Dico sempre che realizzare i film di Antonio è una specie di vacanza, dalle regole, dal
realismo, da tutto quello che caratterizza la narrazione più classica che siamo soliti
mettere in scena, un viaggio nella fantasia e nell’astrazione che solo i grandi comici
sanno creare.

Giulio Manfredonia

 

 

 

 

Intervista a Giulio Manfredonia – regista


Perché ha deciso di riportare in scena proprio ora il personaggio Cetto La Qualunque?

“Bisognerebbe chiederlo innanzitutto ad Antonio Albanese e a Piero Guerrera che del nostro film
sono gli sceneggiatori. Cetto ha una strana capacità di rinnovarsi, le sue radici sono nel passato
remoto della politica italiana: quando qualche anno fa abbiamo realizzato “Qualunquemente” ci
siamo accorti che il personaggio non nasceva tanto dalla degenerazione della politica recente, ma
era ramificato in quella antica e pre-democristiana del sud. In ogni Comune d’Italia c’è un simil Cetto,
è una figura tipica della nostra società, in ogni stagione della vita pubblica c’è un tipo come lui che
si rigenera con nuova linfa dopo anni e si “incastra” nelle situazioni più diverse. Lo sceneggiatore
Piero Guerrera questa volta ha trovato l’idea di base di un racconto che sembra più tratto dalle favole
che dalle cronache immaginando la scoperta di una discendenza regale del nostro protagonista che
all’improvviso viene a sapere di essere figlio illegittimo di un principe e si mette in testa di potersi
muovere a suo piacimento come un monarca assoluto. Le feste di Cetto e quelle del Re Sole si
somigliano molto, certe costanti si ripetono, sarà divertente scoprire come i suoi vizi siano in realtà
quelli dei grandi sovrani della Storia: l’esercizio del potere fine a sé stesso, allegramente svincolato
da regole morali; la tendenza a giocare pericolosamente col destino dei suoi sudditi come un
bambinone corrotto; l’uso spregiudicato del denaro, i rapporti mercenari con le donne e così via”.

 
Può raccontare meglio che cosa succede in scena?


“Il Cetto La Qualunque che abbiamo conosciuto attraverso i due film precedenti è un imprenditore
calabrese ignorantissimo e corrotto che non rispetta né la natura né le donne e che sogna montagne
di cemento al posto dei prati e dei fiori. L’ex sindaco dell’immaginario paesino calabrese Marina di
Sopra vive da anni in Germania dove gestisce ristoranti e pizzerie, insieme a una nuova e bellissima
moglie tedesca, e un figlio”.
Cetto non ha dimenticato però il suo Paese d’origine…

“Certamente no. Gli si presenta l’occasione giusta per fare ritorno in Italia: una sua anziana zia, che
lo ha sempre accudito, è in fin di vita e vorrebbe che il suo amato nipote torni a farle visita prima che
sia troppo tardi, intenzionata a rivelargli quali siano le sue vere origini. Si scoprirà che La Qualunque
è figlio di una ricamatrice e di un principe e questa rivelazione ci ha permesso di dar vita a un
racconto in chiave di fiaba, lontano dalla cronaca, anche se il personaggio si muove nell’ Italia di
oggi con le sue incerte caratteristiche. Il rientro nel suo piccolo paese in Calabria cambierà per
sempre il corso della vita del protagonista e quella dei suoi cari, a partire da quello del suo primo
figlio diventato intanto il sindaco di Marina di Sotto, modernista e velleitario, poco concreto e poco
attento alla realtà ma sempre pronto a pagare il prezzo dell’esuberanza paterna. Cetto torna al
comando come un vero e proprio Re e questa volta le conseguenze saranno imponderabili”.
Quali analogie e quali differenze ci saranno tra questo nuovo film rispetto ai primi due capitoli della serie?
“Credo che sia un “parente stretto” di “Qualunquemente” più che di “Tutto tutto niente niente” che
mescolava tre storie e tre personaggi diversi e raccontava da vicino il rapporto con Roma, con la
politica centrale e il potere legato ai Palazzi. Qui i Palazzi non ci sono, se non quelli nobiliari. Portiamo
in scena l’ascesa irresistibile di un personaggio che parte con un’idea improbabile che però è
destinata a diventare reale in maniera rocambolesca, come avviene in molte storie italiane. In “Cetto

Cetto c’è senzadubbiamente
c’è” non affrontiamo direttamente la cronaca recente ma certe costanti di sempre attraverso uno
sguardo più generale. È più un film sul costume (e il malcostume) nazionale che sulla politica, ma
ovviamente ci sono riferimenti all’attualità piuttosto leggibili”.
Come si è trovato questa volta con Antonio Albanese?

“Lavoriamo insieme da 25 anni, fin dai tempi del suo film “L’uomo d’acqua dolce” dove ero il suo
aiuto regista. In seguito, l’avevo diretto nel mio film “E’ già ieri” prima di girare con lui la trilogia su
Cetto: la nostra collaborazione è molto stretta, lavoriamo insieme come in un laboratorio dove uno
di noi taglia e l’altro cuce. Antonio non imita mai qualcuno o qualcosa, reinventa personaggi, crea
dei mondi, la sua comicità è al di fuori di qualsiasi schema, è infantile ma anche totalmente
intelligente, rivisita certi dati e rievoca certe informazioni che tutti abbiamo un po’ dentro di noi.
In questa nuova occasione si è rivelato in forma smagliante, una “macchina da guerra”, una fucina
di idee alimentate da una nuova energia che segue sempre il suo stile. È sempre molto attento ai
particolari e molto lucido perché ama la precisione e il testo è stato molto curato, “lavorato” fin nelle
virgole da lui e Piero Guerrera. L’unico modo per stargli vicino in maniera adeguata per un regista è
creargli intorno dei personaggi che siano diversi da lui (che ha un suo registro comunque
complicatissimo, perché è insieme surreale e reale) ma compatibili grazie ad attori che non devono
“andargli dietro” sul terreno della comicità ma essere in grado di creare un personaggio con una
propria identità in sintonia con lui”.
Chi sono gli altri personaggi della storia?

“Abbiamo potuto contare su un set allegro dove ogni giorno nascevano tante idee nuove. Erano in
scena interpreti inediti, ma soprattutto vari reduci dalle imprese precedenti, attori che si
conoscevano bene, sempre “in ascolto”: molte situazioni che si vedono nel film sono partite da
“cazzeggi” nati in ogni fase della lavorazione.
Tra le “new entry”, Caterina Shulha interpreta l’affascinante nuova moglie tedesca di Cetto, in un
primo tempo sedotta dalla sua allegria e distratta nei confronti delle sue magagne ma poi piano
piano travolta dalla totale assenza in lui di qualsiasi coscienza etica. Gianfelice Imparato è invece un
aristocratico del Sud neomonarchico molto divertente, un maestro delle buone maniere simbolo di
quel rigore formale un po’ vuoto dell’aristocrazia che La Qualunque andrà regolarmente a
scardinare. Imparato è molto divertente e rappresenta in qualche modo la sua “spalla” comica che
si alterna in scena con la sua “spalla” storica Nicola Rignanese che è ancora una volta Pino, il suo
braccio destro, la sua ombra che lo ha seguito in Germania e che ora sfoggia in testa una strana
frangetta che lo fa somigliare ad una parodia dello Javier Bardem di “Non è un paese per vecchi”.
Pino/Nicola seguirà il suo mentore nel viaggio di ritorno a casa dalla Germania e sarà al suo fianco
in un inevitabile percorso di “aristocratizzazione” così come faranno gli altri suoi amici di sempre del
bar. Oltre a Davide Giordano torna in scena come negli altri due film anche Lorenza Indovina, la
prima moglie di La Qualunque che per disperazione era diventata una suora di clausura. All’apparire
dell’ex marito tenterà di resistere al vincolo del silenzio ma a un certo punto non potrà evitare di
pronunciare un paio di “paroline” perché sopportare Cetto è impossibile.”

Cetto c’è senzadubbiamente

 

I commenti sono chiusi.