SINOSSI
La giovane Sheeta è tenuta prigioniera dal cinico colonnello Muska a bordo di un’aeronave diretta verso la fortezza Tedis. Durante il volo, in una notte rischiarata dalla luna, l’aeronave viene attaccata da una banda di pirati guidata dall’intrepida Dola, che vuole impossessarsi del ciondolo che la ragazzina porta al collo. Questo ha un valore inestimabile: permette di vincere la forza di gravità e localizzare la leggendaria isola fluttuante di Laputa, dove – si racconta – sono custoditi immensi tesori e un potere inimmaginabile. Sheeta riesce però a fuggire, finendo tra le braccia di un giovane minatore di nome Pazu che, da quel momento, decide di proteggerla unendosi a lei nella ricerca dell’isola e dei suoi misteri
NEL MERAVIGLIOSO MONDO DI HAYAO MIYAZAKI
Strana la vita dell’animatore Hayao Miyazaki (nato a Tokyo nel 1941). Per venti lunghi anni della sua strepitosa carriera nel mondo del cinema di animazione, la sua fama è poco diffusa. Come disegnatore cresce nei primi anni Sessanta all’interno della fabbrica di cartoon più famosa al mondo, la Toei Animation, e, nonostante i famosissimi serial televisivi, come Lupin III (1971), Heidi (1974) e Anna dai capelli rossi (1979), resta cautamente all’ombra del suo amico e mentore Isao Takahata (più vecchio di lui di sei anni). Sono i tempi in cui firma la regia televisiva del cult Conan il ragazzo del futuro (1978) e del primo film per il grande schermo, Lupin III – Il castello di Cagliostro (1979). Agli occhi degli artisti e dei suoi colleghi appare un animatore rigoroso, dalle idee mirabolanti ma impraticabili (per via dei costi esagerati). Due sono le cose che cambiano per sempre il suo destino. Una è la fortuna di trovarsi nel posto giusto, al momento giusto. L’altra è una persona, il maestro riconosciuto di sempre Yasuo Otsuka (conosciuto in Toei Animation e suo valido “braccio destro” in Lupin III e Conan il ragazzo del futuro). Negli anni Ottanta Miyazaki, infatti, viene spedito a insegnare il mestiere alle matricole dello studio Tokyo Movie Shinsha e anche il suo progetto sontuoso della serie televisiva Il fiuto di Sherlock Holmes (1984), co-prodotto con la RAI, lo scontenta a tal punto da mollare a pochi episodi dall’inizio. La sua carriera spicca il volo quando il fumetto da lui disegnato, intitolato Nausicaä della valle del vento (in Italia pubblicato da Panini Comics), viene trasformato nel 1984 in un fortunato lungometraggio d’animazione. Il film incassa quasi un miliardo di yen dell’epoca e fa felice il produttore Yasuyoshi Tokuma. La vita di Miyazaki cambia e, insieme all’amico Isao Takahata, decide di fondare un suo studio per realizzare film di “elevata qualità tecnica” che entrambi hanno sempre posto come prerogativa per lavorare nel settore. I due sono tuttavia ancora lontani dalla solidità economica che potrebbe farli perseguire con coerenza quel progetto, così ogni nuovo film è realizzato “in economia” e con uno staff di disegnatori e animatori assunto di volta in volta. Nel 1985 fondano ufficiosamente lo Studio Ghibli (dal nome del caldo vento del Sahara, e da quello che i piloti italiani davano ai loro velivoli durante la Seconda Guerra mondiale). Ciò che inizialmente era un’attività portata avanti senza conoscerne gli esiti e priva di scopi commerciali mirati, si trasforma in pochi anni in un piccolo grande miracolo creativo e finanziario, CREDITI NON CONTRATTUALI 5 capace dal 1989 di potersi avvalere finalmente di uno staff stipendiato, e avviare così nuove produzioni. Nel 1986 esce nei cinema il film d’avventura Il castello nel cielo, che per un soffio non riesce a replicare il successo al botteghino di Nausicaä, ma grazie al sostegno di Tokuma e del giovane produttore Toshio Suzuki lo Studio Ghibli tiene duro. Nel 1988 escono ben due lungometraggi, Il mio vicino Totoro di Miyazaki e il drammatico Una tomba per le lucciole di Takahata. L’anno seguente Miyazaki sbanca il botteghino con Kiki – Consegne a domicilio, tratto da un romanzo per l’infanzia di Eiko Kadono. Nel 1991 è la volta del poetico Omohide poroporo, firmato da Takahata. Nel 1992 arriva il successo clamoroso di Porco Rosso, film ambientato nei tardi anni Venti sulle coste del mar Adriatico. Il successo del film permette allo Studio di dotarsi di una sede fissa trasferendosi dal precedente domicilio a Kichijoji al tranquillo quartiere Koganei, immerso nel verde, poco fuori Tokyo. Pur tra mille dubbi e incertezze, i due registi diventano un duo inarrestabile, ognuno veicolato da una personale idea di animazione: Miyazaki trascinato dalla sua folgorante fantasia e Takahata affezionato a temi più seri e attuali. Seguono così i film Ponpoko (1994) di Takahata e il bellissimo I sospiri del mio cuore (1995) realizzato dal compianto amico e collega Yoshifumi Kondo, l’animatore che aveva affiancato i due nelle serie televisive degli anni Settanta diventando un punto di riferimento per lo Studio. Nel 1997 il film Princess Mononoke, ambientato in un passato lontano, tra demoni e dei, porta definitivamente alla ribalta il nome di Miyazaki. Walt Disney Pictures acquista i diritti per la distribuzione all’estero di tutti i film dello studio e finalmente anche l’Occidente prende confidenza con il genio e la poesia di un artista amato, fino ad allora, solo dal pubblico nipponico. Nel 2003 il film la Città Incantata dello stesso Miyazaki si aggiudica il Premio Oscar per il miglior film di animazione. L’anno seguente esce Il castello errante di Howl (2004) dal romanzo di Diana W. Jones e quindi, nel 2008, il toccante Ponyo sulla scogliera con il suo deciso messaggio ecologista. Al di là degli stratosferici incassi, inauditi per il cinema di animazione giapponese, i film di Hayao Miyazaki hanno il potere di avvicinare il pubblico di tutte le età a temi importanti e d’attualità. Il rispetto per la natura e lo stillicidio che gli uomini fanno del loro habitat, per esempio, è uno dei temi più ricorrenti, già presente ai tempi del serial Conan il ragazzo del futuro. Ciò che rende unico ciascun film di Miyazaki è il felice connubio di poesia e sfrenata fantasia, con un ricorso all’immaginazione che si traduce in spericolate scene d’azione (velocissime, dinamiche sullo CREDITI NON CONTRATTUALI 6 schermo) e in una ricerca della qualità che sin dagli esordi è apparsa centrale nella metodologia di lavoro del regista. Tutto nei film di Miyazaki e dello Studio Ghibli è tenacemente fatto a mano, anche dovendo realizzare centinaia di migliaia di disegni per i movimenti e le scene di animazione più complicate. Solo negli ultimi anni il computer è intervenuto nell’apparato produttivo dello Studio per agevolare il lavoro degli addetti ai colori o per migliorare questioni più tecniche come i movimenti della macchina da presa. Ma ciò che era il sogno ostinato di un animatore abituato a faticare per ore su un foglio di disegno è rimasto inalterato senza cambiare la politica dello Studio. Quale sarà il futuro di questo straordinario autore? Per saperlo, occorre attendere il 2013 quando uscirà il suo nuovo, attesissimo, film.
IL CASTELLO NEL CIELO: UNO STREPITOSO FILM D’AVVENTURA
Cosa accade se i nomi di Jonathan Swift (I viaggi di Gulliver) e Jules Verne si intrecciano in un lungometraggio di animazione che ricorda l’atmosfera de L’Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson? Succede che questa singolare miscela letteraria si piega alle leggi movimentate e senza respiro del film d’avventura di Hayao Miyazaki: personaggi inarrestabili, corse a perdifiato, scorribande tra cielo e terra, scene d’azione a ripetizione con esplosioni, inseguimenti e inaspettati colpi di scena. Tutti elementi già presenti nei precedenti lavori del regista, da Conan il ragazzo del futuro a Il Fiuto di Sherlock Holmes, sino all’apoteosi di Nausicaä, tuttavia in Il castello nel cielo il divertimento si amplifica e ci lasciamo avvolgere da oceani di nuvole: un vero e proprio mondo tutto da esplorare, creato sullo schermo dalla perizia di disegnatori e illustratori come Kazuo Oga (responsabile dei magnifici fondali di Il mio vicino Totoro) e Katsu Hisamura (Devilman). Nascosta fra le nuvole c’è la leggendaria isola fluttuante di Laputa, un ricettacolo di potere che nelle mani sbagliate può diventare distruttivo, dove sono custoditi inestimabili tesori. Laputa è ciò che resta di un’antica civiltà e per individuarla occorre il ciondolo di Sheeta. Bastano questi ingredienti per rendere Il castello nel cielo il film più completo di Miyazaki, con i suoi legami con l’universo letterario per l’infanzia e un gusto per l’umorismo personale, sfolgorante sullo schermo grazie a personaggi da antologia come i figli-pirati di Dola. Il merito della riuscita spetta anche ad animatori “storici” per gli anime-fan come il compianto Yoshinori Kanada (celebre per Daitarn III) a cui il regista ha affidato la direzione delle animazioni assieme a Tsukasa Tannai, già suo collaboratore in Lupin III – Il castello di Cagliostro e in Nausicaä. Kanada è diventato famoso agli occhi degli appassionati per la disinvolta e folle dinamicità dei movimenti dei personaggi, coinvolti in scene d’azione di elevata qualità tecnica e superba precisione che lo hanno reso un maestro e un precursore del genere. Le mirabolanti scene d’azione de Il castello nel cielo devono tutto al suo talento e alla voglia di sperimentare.
UN “MESTIERE” TUTTO NUOVO: VOLARE
Appassionato di volo e velivoli aerei sin dall’infanzia, Miyazaki ha disseminato in ogni sua opera questa sua passione, sia immaginando stravaganti mezzi di locomozione, tra cielo e terra (ma anche acquatici, come in Ponyo sulla scogliera), sia coinvolgendo in spericolate situazioni i suoi personaggi. Nel film Sheeta ci viene mostrata fin dalle prime sequenze in “discesa controllata”, grazie al pendaglio che porta al collo. Un oggetto antichissimo che non soltanto permette di fluttuare, ma consente di rintracciare l’Isola di Laputa. Ma non è finita qui: i titoli di testa ci mostrano macchine volanti espressamente disegnate dal regista, realizzate nello stile delle litografie come omaggio a un’archeologia fantastica a metà tra il futuribile e il retro che rimanda alle incisioni che illustravano proprio i romanzi di Jules Verne. Siccome occorre volare per raggiungere la leggendaria Isola, per farlo il film è ricchissimo di dirigibili e corazzate volanti utilizzate dalle forze governative che appoggiano Muska. Anche i pirati di Ma Dola sono discretamente attrezzati: vivono nel dirigibile chiamato Tiger Moth, un gustoso e bizzarro omaggio al biplano inglese De Havilland Tiger Moth. Quando però sono coinvolti in azione, li vediamo alla guida di piccoli Flaptor, velivoli a due posti che volano sbattendo le ali come gli insetti.
AMBIENTAZIONI
Per ricreare le atmosfere e le location del film, Miyazaki ha compiuto, nel 1984, un viaggio nel Galles. Un periodo tormentato per la società inglese dell’epoca, tra chiusura di fabbriche, miniere e pozzi, scioperi dei lavoratori. E questo ha colpito molto il regista giapponese; soprattutto lo ha colpito la tenacia con la quale i sindacati si adoperavano per salvaguardare attività e posti di lavoro. Tutto questo è poi confluito nel tessuto narrativo de Il castello nel cielo, complici non soltanto i paesaggi meravigliosi ma anche il temperamento della comunità di minatori dipinta poi nel film. Lo sferragliare di treni a scartamento ridotto utilizzate dai minatori si incastona a meraviglia con l’oscurità dei pozzi, le maestose linee ferroviarie inchiodate al terreno e le tradizionali terraced houses che ospitavano le comunità dei minatori. Terreno di gioco, tra l’altro, dove ambientare una delle scene d’azione più spettacolari del film con l’inseguimento di Sheeta e Pazu da parte di Dola. L’ambientazione de Il castello nel cielo è quella di un mondo immaginario, situato a cavallo tra XIX e XX secolo, tra la nostalgia del passato e l’inevitabile progresso dettato dalla rivoluzione industriale in atto. Per restare fedele al suo modo di fare cinema, Miyazaki ha voluto che il suo protagonista maschile fosse un giovane minatore con un passato da mettere in ordine e un presente da cavalier servente. Il film pone l’accento sullo scetticismo del regista per la scienza e la tecnologia, proprio come in Conan e Nausicaä, e sull’uso che l’uomo ne fa in una gara continua per ottenere maggiore potere, portando con sé inevitabilmente violenza (sarà il caso di Mononoke), avidità e ingiustizia. L’ambientazione senza tempo de Il castello nel cielo è la summa perfetta di un mondo che Miyazaki vede scorrere tra archeologia e rivoluzione industriale, nostalgia per un passato lontano e innocente, e fiducia per un futuro di pace.
DIETRO LE QUINTE
Il successo di Nausicaä nelle sale cinematografiche giapponesi scatena l’entusiasmo del produttore Yasuyoshi Tokuma. A Miyazaki viene subito chiesto di girare un secondo episodio della “principessa della valle del vento”, e i progetti relativi a una prima versione di Princess Mononoke (di cui aveva pubblicato un volume illustrato) e Il mio vicino Totoro vengono ritenuti economicamente improponibili e quindi ricacciati nel cassetto. Per venire incontro alle esigenze di Tokuma, uno dei principali sostenitori del regista a inizio carriera ma logicamente attento anche agli esiti commerciali dei suoi investimenti, Miyazaki propone un film d’avventura classico. La storia de Il castello nel cielo ha origine da un’idea che il regista aveva partorito quando era ancora ventenne, studente universitario che sognava di diventare un disegnatore di fumetti. In quegli anni la fantasia del giovane Miya-san sfornava soggetti in continuazione, storie a cui, tuttavia, non riusciva a dare un corpo definitivo. Quell’idea torna a farsi strada quindici anni più tardi, durante la fase più complicata della sua attività di animatore. Ispirandosi liberamente al romanzo L’Isola del tesoro di Stevenson e prelevando a piene mani dalle sue opere televisive del passato (in particolare Conan, con la riproposizione di una coppia di ragazzini protagonisti), Miyazaki decide di realizzare un lungometraggio destinato al grande pubblico. Il genere di film che si faceva una volta proprio alla Toei Animation, di cui era stato dipendente dal 1963 al 1971. Il castello nel cielo muove i primi passi alla fine del 1984 con alcuni image board preparatori: pochi schizzi a colori che inquadrano momenti clou del film. Nei primi mesi del 1985, Miyazaki sospende la realizzazione del fumetto Nausicaä sulle pagine del mensile “Animage” (edito proprio da Tokuma) e comincia a lavorare a pieno ritmo alla pellicola. Il produttore Tokuma gli concede un anno e mezzo di tempo per completare gli oltre 70mila disegni necessari, uscendo quindi nell’estate del 1986 anziché in primavera come inizialmente stabilito. Da principio i titoli di lavorazione cambiano a seconda dell’umore artistico di Miyazaki, e con essi anche parte della storia. Tant’è che nelle versioni iniziali Pazu occupa sempre un ruolo centrale, da assoluto protagonista. Da una versione all’altra, mutano invece i ruoli occupati dai “cattivoni”, per poi confluire in un solo personaggio: Muska. Miyazaki, rispetto a Nausicaä, può gestire un budget più generoso, ma fedele al suo carattere introverso ed egocentrico si ritrova congestionato in un lavoro infernale: passa parte della giornata a disegnare gli storyboard della pellicola, per poi correggere il lavoro svolto dai suoi animatori e quindi tornare a occuparsi in corsa degli storyboard. Una pratica che ripeterà anche CREDITI NON CONTRATTUALI 11 durante la lavorazione di Mononoke (ma lì i disegni erano più di 100mila!). Del resto è noto che il regista non lavora mai basandosi su una sceneggiatura, ma procede poco alla volta, talvolta lasciando tutti all’oscuro sul finale dei suoi film. Ciò che non cambia durante la lavorazione è l’idea che ha de Il castello nel cielo. Nelle note di produzione si legge una sua dichiarazione illuminante: “Voglio raccontare una storia sulla dedizione e il dono di sé, per toccare il cuore dei bambini trafiggendo lo strato di ironia e di rinuncia che lo avvolge. Il castello nel cielo sarà un’opera utopica e si riannoderà alle origini stesse del cinema di animazione, che tutto è tranne un divertimento minore. Sostanzialmente perché i grandi film per bambini piacciono a tutti”. E ancora: “L’obiettivo di questo film è di confortare il pubblico e dargli qualche momento di buonumore e allegria. Sorrisi e lacrime sono emozioni fuori moda, ma tutti in segreto le coltiviamo al cinema. Conto di arrivarci grazie a questo ragazzino che non si risparmia per portare avanti l’ideale al quale crede”. Uscito in oltre cento sale il 2 agosto 1986, Laputa – Il castello nel cielo conquista il botteghino ma non supera l’incasso trionfale di Nausicaä, attestandosi sui 580 milioni di yen (e oltre 700 mila spettatori) lasciando un po’ l’amaro in bocca al distributore nazionale Toei. Ma per Miyazaki è più che sufficiente per intraprendere l’avventura dello Studio Ghibli e resuscitare l’amatissimo progetto di Totoro. Ancor meglio che al cinema, Il castello nel cielo saprà fare in home-video (allora c’erano VHS e Laser Disc), ottenendo inoltre prestigiosi riconoscimenti e l’attenzione delle principali riviste di cinema di animazione.
DOVE L’HO GIA’ VISTO?
Uno dei modelli di partenza de Il castello nel cielo resta senza dubbio la coppia Conan e Lana della serie Tv Conan il ragazzo del futuro (1978), replicata sia graficamente sia spiritualmente in questo film. Sheeta ha parecchie analogie con Lana: possiede origini e poteri straordinari, ma intende vivere in modo semplice e a contatto con la natura. Di Conan, Pazu ha l’intraprendenza e la “testardaggione” eroica, grazie alla quale sfida tutto e tutti, comprese le leggi di gravità impegnandosi in azioni quasi sovrumane. La figura del robot soldato in Il castello nel cielo (di cui esiste anche la versione “giardiniere” negli incantevoli giardini dell’Isola fluttuante) è un omaggio che Miyazaki fa a se stesso e ad un episodio della seconda serie di Lupin III, il numero 155, intitolato “Anche i ladri amano la pace”, da lui diretto con pseudonimo nel 1980. In tale episodio compare lo stesso prototipo di robot e le tematiche antimilitariste espresse sono le medesime. A sua volta esso era un omaggio al robot presente nel film Le Roi et l’Oiseau (1979) di Paul Grimault, autore che Miyazaki ha sempre amato e rispettato. Come se non bastasse, il personaggio dell’ingegnere “baffone” de Il castello nel cielo richiama alla mente il fabbricatore di mini bombe atomiche di un altro episodio della stessa serie di Lupin III, il numero 145 intitolato “Albatross: le ali della morte”, anche questo diretto da Miyazaki.
I PERSONAGGI PRINCIPALI
SHEETA: E’ una ragazzina orfana di circa tredici anni. Prima di essere rapita dal terribile Muska abitava in una fattoria sui monti. Discendente della famiglia reale che governava Laputa in un lontano passato, Sheeta non sa quasi nulla delle sue origini, tranne pochi racconti orali riferitigli dalla nonna quando era bambina. Racconti legati al ciondolo che porta al collo e al vero nome che la unisce al passato di Laputa. Sheeta è il tipico personaggio miyazakiano, in apparenza fragile, ma combattivo e altruista. PAZU: E’ il giovane orfano che lavora in miniera. Anche lui ha 13 anni e un carattere indomito e coraggioso. L’Isola di Laputa appartiene al suo passato e in parte lo perseguita dal momento che il padre ormai morto, durante un volo esplorativo, riuscì a scattare un’istantanea della leggendaria isola. Nonostante quella prova, nessuno aveva dato credito alle sue affermazioni facendolo passare per millantatore. Per onorare la memoria del padre e dimostrare che l’uomo non si sbagliava, Pazu intende costruire un aliante per cercare Laputa. MUSKA: Discendente anch’esso dalla famiglia reale di Laputa, lavora per il governo e i militari ma coltiva il desiderio di ricongiungersi con l’ancestrale isola fluttuante per carpirne il potere e dominare gli esseri umani. Altro personaggio miyazakiano assai tipico, Muska ricorda il perfido Lepka di Conan il ragazzo del futuro (il dittatore di Indastria che intendeva usare l’energia solare per assoggettare ciò che restava del mondo) ed è il “perfetto villain” nello stile che fu del conte Cagliostro nel film Lupin III – Il castello di Cagliostro del 1979. DOLA: L’intrepida vedova con due treccione rosse che guida una ciurma di pirati del cielo (tre dei quali sono suoi figli) a bordo del dirigibile Tiger Moth. Ossessionata da Laputa e dai tesori in essa custoditi fa di tutto per entrare in possesso del pendaglio di Sheeta. Inseguitrice dei due ragazzini, alla fine si affezionerà a entrambi. L’INGEGNERE: Il vecchio baffone che vive nella “pancia” del dirigibile Tiger Moth, tra ingranaggi e lattine d’olio. E’ il meccanico che cura la manutenzione del velivolo che gni tanto gioca a scacchi con Dola.
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