Stavolta, forse più di altre, ci siamo guardati intorno e abbiamo
raccontato. Perché in questa storia, forse più che in altre, c’è veramente poco o niente di inventato.
Acquisita ormai la realtà di un Paese in cui per molti, fortunatamente
ancora non per tutti, non rispettare leggi e regole è diventato motivo
di orgoglio e fonte di rivincita, da qualche tempo a questa parte (già:
quando e perché è iniziato tutto questo?) è vincente mettere in
discussione le competenze, seminare il dubbio, raccogliendo
purtroppo certezze, che medici, insegnanti, giudici, allenatori dei
propri figli, equipaggio di un aereo e via così, di mestiere in mestiere,
non siano mai all’altezza del proprio compito.
E, soprattutto, con la convinzione di saperlo fare meglio.
Un tarlo che ci pare stia rosicchiando non solo il tronco (quello, a
fatica, ricresce), ma anche e soprattutto le radici della convivenza
civile.
Non ho cercato in partenza nuovi stili e commistione di generi ma
qualche inseguimento in più lo abbiamo fatto raccontando la vita e il
lavoro di una donna la cui prima ambizione è la non notizia.
Raccontare il personaggio interpretato da Paola Cortellesi, una donna
che aiuta il Paese in silenzio, e raccontare i suoi amici, significa
voler mettere in scena donne e uomini di questo Paese che fanno
questo tutti i giorni: nelle scuole, negli ospedali, nei tribunali e in tutti
luoghi dove lavorano.
Per raccontare tutto ciò e riderci sopra, per tentare uno sguardo
critico e autocritico sul Paese abbiamo usato un tono leggero
e un linguaggio popolare.
Tra i desideri, poi, avevo quello di parlare a chi non la pensa come
me.
Un pubblico magari distante, ma con il quale sento il bisogno e la
necessità di confrontarmi.
Ringrazio il cast numeroso e importante, li ringrazio tutti, uno per
uno, soprattutto per la spinta intorno ad un progetto che cerca di
parlare del presente e del futuro del nostro paese.
Cercando un modo per interrogarci e riflettere su quello che di questi
tempi ci passa per il cervello