Dal 21 marzo al cinema “L’Eroe” un film di Cristiano Anania con Salvatore Esposito

ITALIA – 21 marzo ”L’eroe” di Cristiano Anania con Salvatore Esposito, Cristina Donadio, Vincenzo Nemolato,Marta Gastini, Enrica Guidi, Fabio Ferrari,Paolo Sassanelli -  Mescalito Film

Giorgio  è  un  mediocre  ma  ambizioso  giornalista  trentenne.  La  sua  vita  cambia  bruscamente quando il direttore del giornale decide di trasferirlo in una redazione di provincia. Proprio quando  crede di aver trovato la sua nuova dimensione di vita, il direttore del giornale annuncia a Giorgio il  suo licenziamento. Solo lo scioccante rapimento per mano di ignoti del nipote della più importante  imprenditrice locale restituisce a Giorgio il suo lavoro di corrispondente. L’intero paese si mobilita  alla ricerca del “mostro”.

 

 

NOTA DI REGIA

L’idea del film nasce dalla necessità di raccontare una storia, allo stesso tempo realistica e metaforica, che  tratti  del  rapporto  sempre  più  malato  e  perverso  generato  dalla  costante  ricerca  di  informazione  nella  società  contemporanea. Questo  crescente ed inarrestabile meccanismo  di  “alimentazione”  onnivora  degli  eventi  ha  generato  una  reale  esplosione  della  domanda  alla  quale  il  mercato  ha  dovuto  sopperire  ampliando considerevolmente la  propria  offerta  per  soddisfare  ogni  tipo  di  richiesta. Oggi le notizie  sono  ovunque intorno a noi, e poco importa che esse siano attendibili, verificate o veritiere, l’importante è cibarsi  dell’avvenimento  per  placare  la  dipendenza.  In  questo  contesto  di  perpetuo  vouyerismo  crescono  figure  torbide e sfuggenti come quella di Giorgio, un subdolo inventore di  favole pronto a sacrificare la Moralità  pur di raccontare “storie”, sacrificando la vita altrui senza scupoli pur di raggiungere un pezzo di agognata  celebrità. Il protagonista della narrazione è esso stesso “notizia” e come tale per sopravvivere ha bisogno di  espandersi nel tempo inglobando ogni cosa al suo passaggio.  Ciò  che  si  intendeva  raccontare  non  è  tanto  il  puzzle  della  scoperta,  quanto  il  labirinto  di  reazioni  ed  emozioni generate in un ambiente chiuso da un improvviso cataclisma. Un sentimento di paura che mette in  dubbio la più basilare verità. Le certezze che si sgretolano dinanzi ai colpi di scoop dei media arrembanti.  Che cosa è la verità? Spesso un’induzione mediatica artefatta. Una costruzione plausibilmente conveniente  che tende a creare una conclusione logica senza porsi domande. La volontà è quella di indagare l’effetto che  la  mancanza  mediatica  di  scrupoli  può  generare  in  un  individuo  costretto  a  tutto  per  la  propria  sopravvivenza.  Cosa succede quando il grande circo mediatico addita qualcuno come colpevole? Il mostro viene sbattuto  con infamia in prima pagina, indagando con colpevolezza lo stile di una esistenza da rinnegare. L’opinione  pubblica ha per istinto innato il bisogno di creare mostri ed eroi. I “mostri” ci rassicurano sul nostro essere  persone migliori. Gli eroi, invece, servono a ristabilire l’equilibrio nella morale scalfita, affinchè  tutto  torni  alla “normalità”.  Si è  scelto  di  ambientare  la  storia  in  un  piccolo ed  indefinito  paese  di  provincia  per evidenziare  come  gli  effetti di una bugia possano deflagrare ancor meglio in un contesto di totale conoscenza. Diceva Swift: “La  menzogna  fa  il  giro  del  mondo  nel  tempo  in  cui  la  verità  si  allaccia  le  scarpe”.  Per  raccontare  un  cambiamento  lo  si  deve  necessariamente  seguire  da  vicino,  pedinandolo  alle  spalle.  Ed  è  proprio  questa  l’idea  di  regia  che  sta  alla  base  della  sceneggiatura.  Uno  stile  quasi  documentaristico,  improntato  alla  costante  ricerca  del  personaggio,  con  una  macchina  il  più  possibile  sensibile  al  più  minuto  respiro.  Un  “origliare”  invisibile  che  cerca  di  far  emergere  in  modo  nitido  il  narcisismo  nascosto  dietro  la  “fabbricazione” della notizia. Un racconto non solo del reale, ma anche nel reale, scoprendo la dimensione  intima  e  profondamente  umana  della  realtà.  Che  cosa  si  è  disposti  a  sacrificare  per  la  celebrità  del  racconto? Forse tutto, forse niente, se il punto di partenza è proprio quel niente magnificamente celato.

Cristiano Anania

 

I commenti sono chiusi.