LA RICOSTRUZIONE STORICA
In qualità di archeologi del gruppo di ricerca in Etruscologia e antichità dei popoli italici dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, siamo stati chiamati a verificare gli aspetti storici inerenti la ricostruzione del Lazio di epoca preromana.
Da un punto di vista accademico mistificazione, disinformazione e mancanza di accuratezza sono caratteristiche riscontrabili in numerosi film storici, dove la spettacolarizzazione della narrazione prevale sulla realtà. Al contrario, “Il Primo Re” (pur trattando temi legati al mito delle origini di Roma), ricostruisce con fedeltà l’ambiente naturale e gli oggetti materiali che caratterizzavano il territorio e la società del Lazio nell’VIII secolo a.C.
Il paesaggio è dominato dalla costante presenza del Tevere, circondato da fitti boschi e paludi mefitiche. La città di Roma, infatti, sarebbe sorta in prossimità del fiume dalla progressiva riunione di più villaggi sparsi sulle alture limitrofe, assicurandosi il controllo sui guadi e sulle vie di comunicazione, che consentivano gli scambi commerciali tra i diversi popoli dell’Italia centrale.
Un’estrema accuratezza scientifica è riscontrabile non solo nell’utilizzo del “protolatino”, ma anche nella realizzazione del materiale di scena.
Esatta è la riproduzione dell’equipaggiamento bellico utilizzato nelle scene di combattimento corpo a corpo. Tra i manufatti duplicati spiccano soprattutto la spada ad antenne e il cardiophylax. La prima, così denominata per la particolare forma spiraliforme dell’impugnatura, era utilizzata da alcuni popoli italici dell’età del Ferro e costituiva l’elemento distintivo del guerriero. Il secondo, invece, era una corazza formata da una piastra metallica (dal profilo circolare o quadrato) che, legata con delle strisce di cuoio, era posta a protezione del cuore.
Fedeli alle ricostruzioni archeologiche sono anche le diverse capanne, fulcro dell’attività umana nel villaggio, costruite con materiali deperibili: pali di legno per la struttura portante, canne palustri per il tetto, o rivestite d’argilla quando usate per le pareti.
Coerente al racconto di alcune fonti antiche è anche l’istituzione, ad opera del primo re di Roma, del collegio delle vergini vestali. Le sacerdotesse erano consacrate alla dea Vesta e, per trenta anni, avevano l’obbligo di mantenere sempre vivo il fuoco sacro, simbolo del focolare domestico e del benessere dello Stato.
Da un punto di vista antropologico, un altro aspetto coerente dell’opera sta nell’aver scelto di raccontare, seguendo il mito, la realtà “caotica” e ferina che precede la fondazione dell’Urbe, dove la nascita di Roma si ascrive come un evento che stabilisce un ordine fondato sul rispetto delle leggi divine, poste alla base della costruzione politica del potere. Tale evento è rappresentato allegoricamente nel mito attraverso la lotta tra i due fratelli: Remo, pur primeggiando per vigore fisico, soccomberà alla forza dei sentimenti di devozione religiosa e di compassione per il prossimo espressi da Romolo, come spesso riportato dalle fonti di età imperiale.
In conclusione, “Il Primo Re” si rivela un’opera non solo destinata all’intrattenimento, ma anche un’utilissima fonte per gli accademici, unica nel suo genere, di trasmissione del sapere con importanti finalità didattiche e divulgative.
Professoressa Donatella Gentili: docente di Etruscologia e antichità dei popoli italici presso l’Università di Roma “Tor Vergata”; membro del Collegio dei Docenti del Dottorato di Ricerca in Archeologia e Etruscologia presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Dott. Alfredo Moraci, Dott. Damiano Portarena, Dott.ssa Emanuela Rascaglia: Archeologi.