di Paolo Calagno
E’ stata la musa dell’apripista della Nouvelle Vague, il regista Claude Chabrole. Con l’ex critico dei Cahiers du Cinéma ha impersonato personaggi memorabili e inquietanti, davvero, nel profondo, da Violette Nozière, celebre criminale francese degli anni Trenta alla letteraria Madame Bovary, antesignana paladina dell’immoralità come forma di ribellione al potere e all’ipocrisia dell’etica borghese tutta al maschile, fino alla perversa e satanica protagonista di Grazie per la Cioccolata, e senza dimenticare il fascino da brividi della protagonista de Il Buio nella Mente che le valse la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia (“Fu buffo e al contempo terrificante, c’era tutto l’orrore del mondo in quel personaggio”). L’intensa e prestigiosa carriera teatrale e la lista di oltre 120 titoli in quella cinematografica, con varie e preziose escursioni all’estero, hanno incoronato Isabelle Huppert, 65 anni, “regina” del palcoscenico e del grande schermo di elevata qualità. E alla “regina Isabelle” La Festa del Cinema di Roma ha riservato quest’anno uno dei due Premi alla Carriera (l’altro è andato a Martin Scorsese), consegnatole all’Auditorium del Parco della Musica da Toni Servillo che l’ha elogiata e ringraziata per aver dato corpo, volto e voce a un’infinità di personaggi dal significato potente e che, nel corso degli anni, hanno permesso agli spettatori “un lento avanzare in ciò che non conosciamo degli altri e di noi stessi”.
“Io mi sento vicina e al contempo distante dai personaggi, non ho nulla a che fare con loro ma mi sento vicina a livello intimo e segreto – ha commentato Isabelle Huppert -. Non mi dico mai che un personaggio è l’opposto di quello che sono. Non è me stessa ma ha al contempo qualcosa di me. I personaggi che vengono recitati si dividono in più categorie, quelli più vicini e poi quelli più vicini a una fantasia che si ha su se stessi. I personaggi appartengono a una fiction e attraverso di loro si fa passare una parte della propria verità”.
La diva francese, poi, ha tracciato il solco tra teatro e cinema e ha anche reso onore al ruolo del regista.
“Devo dire che il teatro è qualcosa di diverso e richiede una situazione più stressante rispetto al cinema – ha sottolineato la Huppert -. Sono soddisfatta del mio percorso, mischiarlo con il cinema è stato ed è positivo. Non voglio inventare risposte. Le difficoltà al cinema sono risolte dalla regia e io ho lavorato con grandissimi registi. Ho fiducia nel cinema, non mi fa paura, anzi, penso che sul set e al montaggio i problemi vengono sempre risolti. Quindi non penso che bisogna fare domande prima e credere che tutto sia un problema: le risposte arrivano nel momento in cui si fanno le cose. Non penso alla complessità, è qualcosa che mi dà una grande soddisfazione e credo non bisogna avere paura dell’ignoto. Ho fatto i miei primi film con registi di un certo livello, sono molto curiosa e trovo stimolante l’idea di non sapere ciò che avverrà. Il film non necessariamente dà una risposta allo spettatore: ognuno può dare la propria risposta, ma questa non è una cosa complessa perché il cinema è una finestra sul mondo. È sempre più politico, per molto tempo era stato intrattenimento, ora lo è in modo diverso”.
“Il mio film preferito? Amo tutti i miei film, alcuni hanno colpito più di altri, come La Pianista, di Michael Haneke (Palma d’oro a Cannes come migliore attrice), o Elle, di Paul Verhoeven (nomination al Premio Oscar), che è stato un momento forte della mia vita di attrice. Anche altri meno noti sono stati importanti per me, non c’è un film che non avrei voluto fare. Hitchcock diceva che “Dopo tutto è solo un film”: non è grave commettere un errore. Tutti i film che non ho ancora fatto non li conosco, sono nascosti da qualche parte, come stelle”.
Isabelle Huppert ha aggiunto di sentire il Cinema come una sfida continua, un confronto incessante con se stessi, ma di non averne per niente paura.
“Il cinema mi consente di farlo, spero di avere lo stesso piacere in teatro perché li è ancora più difficile. Il cinema è confronto con se stessi, il teatro lo è di meno. Io non faccio nessuna differenza tra la recitazione a teatro e quella al cinema, è la possibilità di confrontarsi con se stessi e questo non deve farci paura. Credo che gli attori, spesso, abbiano paura e si sentano costretti a recitare, in realtà è molto più semplice. Il film è come un treno. Truffaut diceva che “Il treno è partito e bisogna dare fiducia al paesaggio che scorre” ”.
E se il treno e il paesaggio sono “made in Italy” per Isabelle Huppert è un tuffo nella bellezza. “Con Paolo e Vittorio Taviani abbiamo fatto insieme Le Affinità Elettive, abbiamo girato in Toscana. Ho spesso associato il cinema italiano ad una forma di bellezza per la luce e i paesaggi. Almeno per me, ha questa grande risonanza. Siamo stati in luoghi straordinari e c’era la dolcezza di Paolo e Vittorio. Ci si dimenticava che era una regia a due teste, perché sono persone di un’umanità eccezionale. Ho lavorato anche con Bolognini, Ferreri, Bellocchio, ed è stato un piacere”.
Infine, Isabelle Huppert ha rivelato di aver vissuto l’esperienza di regista, anche se per finta.
“Ho fatto un episodio della nuova serie tv di Amazon The Romanoffs. Tutto è nato dall’incontro con Matthew Weiner che ha creato Mad Men. Si dice spesso che c’è un collegamento un po’ segreto con la famiglia dei Romanoffs sulla quale c’è un mistero. Lui ha voluto addentrarsi nelle tante domande di questa famiglia. La serie è composta da otto episodi che non hanno nulla a che vedere gli uni con gli altri. La storia che mi riguarda si propone nel nostro mondo: interpreto una regista particolarmente nervosa e mi sono molto divertita a recitarla. C’è qualcosa di barocco e un’immaginazione davvero sorprendente in questa serie”.
Paolo Calcagno