Michael Moore alza la temperatura del Festival con “Fahrenheit 11/9”

Di Paolo Calcagno

Arriva Michael Moore e fa esplodere la Festa del Cinema di Roma. Il celebre fustigatore della politica americana, vincitore dell’Oscar con lo straordinario documentario “Bowling for Columbine” e della Palma d’oro, a Cannes, con “Fahrenheit 9/11”, ha prima acceso la miccia dell’entusiasmo fra i fans, accorsi numerosi alla presentazione del suo nuovo lavoro “Fahrenheit 11/9” (documentazione per immagini che fa a pezzi l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, capovolgendo con la storica data il titolo del suo precedente lavoro) e, poi, ha fatto esplodere cuori e viscere (in verità, già ben disposti) con uno show di un’ ora e mezzo ritmato da applausi, urla e, persino, cori della sala, ovviamente sold-out. Ma le scariche a palle incatenate di Moore non sono state riservate solamente a Trump: il 65enne regista americano ne ha avute per tutti, da Obama a Berlusconi, da Salvini al suo bersaglio preferito, George W. Bush.

“Trump peggiore di Bush W.? – ha attaccato Michael Moore – Naaa, non rimpiangeremo mai Bush: lui resta il peggiore, un criminale di guerra che ha attaccato l’Irak senza motivo, un autentico disastro per la democrazia americana. Siamo di fronte a due disastri e, oltretutto, entrambi avevano perso le elezioni. Al Gore aveva mezzo milioni di voti più di Bush, mentre Hillary Clinton era avanti a Trump di ben tre milioni. Occorreva fare una battaglia già 16 anni fa per correggere queste deformazioni della nostra democrazia”.

“L’abbiamo sognato?”, incalza sullo schermo la voce di Moore come nel precedente documentario, passando all’attacco delle politiche democratiche e repubblicane che, a suo avviso, hanno portato gli Stati Uniti alla situazione attuale. Contro i suoi bersagli Moore si scaglia con il consueto eccesso di radicalita’ che e’, insieme, l’indiscutibile carico del suo irresistibile fascino e il grande peso delle sue lacune di osservatore e divulgatore.

Nel suo nuovo film, che Lucky Red porterà nelle sale da domani al 24 ottobre e che La 7 si è assicurata in esclusiva TV,  Moore ritorna a casa per ricordare l’ acqua avvelenata a Flint, nel Michigan, da un’amministrazione corrotta per favorire la nuova pipeline imposta con i capitali di una potente lobby. Sul banco degli accusati del documentario di Moore finisce anche Barack Obama, ripreso mentre beve l’acqua incriminata e, poi, mentre si esibisce in un incredibile slalom verbale per evitare di rispondere a chi gli domanda se sia disposto a rinunciare all’ appoggio finanziario della lobby al centro dello scandalo politico.

Ma misoginia, politica permissiva sull’acquisto delle armi da fuoco e razzismo di Trump sono il piatto forte di “Fahrenheit 11/9”, che va a terminare con l’immagine della terribile sparatoria di Parkland School. Poco prima, la ciliegina sulla torta con l’immagine di Hitler che parla con la voce di Trump.

“Mi piace anche far ridere- commenta Moore seppellito da una valanga di applausi -. Negli anni Trenta, la Germania era un grande Paese, con una grande cultura e una grande democrazia: poi, tutto è cambiato in fretta. Quando in un Paese si applica una politica che rovina le scuole, che obbliga gli studenti a pagare fino a 150mila dollari per il loro ciclo universitario, che porta alla chiusura delle biblioteche, e se a questo aggiungete TV, giornali e media in generale in possesso delle multinazionali con relative menzogne sul beniamino “Donald”, il risultato scontato e’ l’ incretinimento della gente e l’ascesa di personaggi come Trump negli Stati Uniti, o come Berlusconi in Italia. Trump è stato votato dal 64 per cento di bianchi e dal 33 per cento di bianche, in generale da persone che godono di redditi da 50 Mila dollari in su’. Ma, se i giovani e la gente di colore si decideranno ad affollare le urne, allora Trump non avrà scampo e sarà schiacciato. Diversamente, avrà tempo fino al 2025 per distruggere quel che resta della nostra democrazia”.

 

Il rifiuto dell’accoglienza e le decisioni dure nella politica sulle migrazioni, inoltre, hanno suggerito a Moore l’accostamento tra Donald Trump e Matteo Salvini. “Salvi ni? E’ un razzista – ha tagliato corto Moore -. Mi dispiace che nel mio Paese sia in atto la stessa politica di ostacolo contro l’immigrazione che c’ è da voi. Ma Salvini in più e’ anche un bigotto: si oppone ai matrimoni gay o di gente dello stesso sesso. Io gli dico: OK Salvini, non ti sposare con un uomo, rimani etero, ma lascia che gli altri possano farlo, perché l’amore resta tale a prescindere dal sesso. Mi intristisce quello che succede qui. Anche colpa della sinistra? Ci sono valori da difendere e se i leader non lo fanno, certamente, perdono il rispetto della gente. Ricordo che quando ero agli inizi, venni in Italia e fui intervistato dal quotidiano di sinistra  L’Unita che vendeva un milione di copie al giorno ma, oggi, quel giornale non esiste più: per me, e’ sorprendente”.

Il ruolo del Cinema, infine, è stato fra i capitoli più interessanti dello show romano di Michael Moore. “Negli Stati Uniti, persino nelle città principali, non ci sono molte sale dove sia possibile vedere film che vengono dall’Italia, Francia, Asia, Africa. Da qualche tempo, ho messo in piedi un’organizzazione per favorire la divulgazione dei film stranieri, perché il Cinema è una forma d’arte popolare e va protetta. Un biglietto di una partita di Basket o di qualsiasi evento sportivo costa tantissimo, mentre il prezzo per entrare in una sala cinematografica è rimasto basso. Io sono cresciuto guardando i film di Kurosawa, “Amarcord”, “Il Conformista”, ma, oggi , a due generazioni di distanza, non c’e’  più la possibilità di osservare gli altri sullo schermo e questo fa crescere l’ignoranza. Va ricordato che il 60/70 percento di americani non ha il passaporto perché non può permettersi di viaggiare. A tutta questa gente non rimane che il Cinema per conoscere il resto del mondo. Quindi, vi raccomando di fare sempre più Cinema di qualità e di evitare le schifezze”.

Paolo Calcagno

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