“Sono tornato” il regista Luca Miniero parla del film

Benito Mussolini, I suppose.

 

Sono Tornato non è un film su Mussolini, ma è un film sull’Italia di oggi. Mussolini torna per mostrare la nostra confusione, per far emergere le nostre paure, i nostri desideri. Quando Nicola Guaglianone, i produttori ed io abbiamo riscritto il film abbiamo pensato soprattutto a una cosa: non giudicare, non rifare un nuovo processo a Mussolini. La storia lo ha già giudicato. Noi volevamo solo vedere come reagivano gli italiani di oggi, senza mischiare le carte, senza insegnare nulla o avvertirli del pericolo… e abbiamo scoperto tante cose. Gli italiani, diversamente dai tedeschi, non hanno mai del tutto fatto i conti con il loro dittatore. È come se ne sottovalutassero la pericolosità, come se avessero dimenticato la lezione della storia. Questo è l’aspetto inquietante di un film che utilizza, soprattutto nella prima parte, il tono della commedia non tanto per deridere il dittatore alla maniera di Chaplin, quanto per rivelare la “terribile” indulgenza dello spettatore nei confronti di un tema, quello del fascismo, apparentemente indolore. All’inizio si ride poi ci si vergogna un po’ delle nostre risate, quando si svela la vera faccia del populismo, nonché la possibilità che la storia si ripeta con i suoi orrori. Mussolini non è un alieno, fa parte della riflessione morale sul nostro paese, il suo ritorno è quello di una paura ancestrale che rivela anche la malizia dei nostri sistemi di potere nello scendere a patti con lui. Allora come oggi. Sotto sotto la domanda che pone il film è semplice: cosa succederebbe se mettessimo Mussolini nell’Italia di oggi? È la risposta ad essere complessa. Passando invece all’aspetto più formale del film, la commedia ha caratteristiche particolari per l’uso del linguaggio. Ho scelto di utilizzare quello documentaristico, con interviste sia in candid camera che a tema libero, per evidenziare le pulsioni politiche degli italiani. Si associa a questo il linguaggio della finzione con telecamere di tipo cinematografico, ma anche quello della TV con l’utilizzo di telecamere televisive. Il film insiste su questi molteplici linguaggi adoperando anche riprese con cellulari. La fotografia e la tecnica di ripresa di Guido Michelotti con mdp a spalla, aspira a mostrare la realtà del nostro mondo, senza alcuna patinatura cinematografica. Ho usato questo insieme di linguaggi e stili per provare a mostrare la verità del contesto in cui torna il nostro Zombie, che come tutti gli Zombie fa paura, anche perché ci fa capire involontariamente che anche noi non siamo tanto vivi. Luca Miniero

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