Foto Pietro Coccia
Paola, lei in questo film è attrice protagonista e sceneggiatrice, qual è il cuore di questa storia?
“L’idea iniziale si deve a Riccardo Milani e a una sua esperienza personale simile a quella che raccontiamo: una delle sue figlie, qualche tempo fa, era fidanzata con un coetaneo che vive nell’estrema periferia romana. Abbiamo trovato, così, il pretesto per affrontare un argomento difficile di cui si parla sempre in termini negativi: le periferie. L’obiettivo, però, era farlo con il tono della commedia. L’idea era raccontare il conflitto sociale tra Giovanni, progressista e studioso delle periferie e dei modelli di integrazione e Monica, che in periferia ci vive e che esattamente come lui è contraria al legame tra i loro ragazzi perché intuisce le differenze incolmabili che ci sono tra questi due ambienti così distanti. Monica all’integrazione non ci crede: non immagina punti di contatto tra il suo mondo e quello di Giovanni. Sono troppo distanti, così ritiene inconciliabile la sua vita con quella delle tante etnie che popolano il suo quartiere”.
Diffidenza che Monica manifesta in modo inequivocabile e molto divertente.
“Monica è la madre di Alessio, l’adolescente di cui si innamora la figlia di Giovanni. Vive come una madre single molto affaccendata, con un marito assente e due sorelle (dedite ad un mestiere non troppo onesto). Porta il fardello di una famiglia particolare con grande dignità anche se non ha un carattere affabile, perché con la rudezza ha a che fare ogni giorno e attraverso la rudezza si esprime”.
“Come un gatto in tangenziale” è una commedia ma riesce ad affrontare temi importanti come il disagio delle periferie e le contraddizioni di chi predica l’integrazione solo a parole.
“Come avviene spesso nei film di Milani, il tentativo è affrontare con il sorriso temi importanti e raccontare il malcontento che esiste in chi vive ai margini della città, ma anche la distanza tra questi ultimi e le persone chiamate a risolvere i problemi. Giovanni lavora in un think tank, mette a disposizione la sua preparazione e la sua competenza in una causa nobile, al servizio degli altri, fa un mestiere prezioso ma verifica presto che per parlare adeguatamente di certi argomenti bisogna conoscerli da vicino. Monica, invece, ha perso da tempo ogni fiducia nelle istituzioni – pensa inesorabilmente che sia “tutto un magna magna” e che gli “altri” siano tutti raccomandati – è disillusa come quasi tutti nel suo quartiere disagiato e questo si traduce in un completo disinteresse verso la cosa pubblica. È una persona che non ha mai fatto dell’accoglienza e della tolleranza un suo credo e allora si ritrova a cercare ascolto brandendo una mazza da baseball…”.
Sul set ha ritrovato Antonio Albanese dopo “Mamma o papà?”, com’è andata?
“Finito “Mamma o papà?” ci siamo ripromessi di lavorare di nuovo e presto insieme. È stato naturale, così, mentre scrivevamo questo film pensare ad Antonio per il ruolo del protagonista. Il piacere di vederlo mentre interpreta una scena esattamente nel modo in cui l’avevamo scritta è stato esaltante. Io e Antonio possiamo ormai contare su una conoscenza approfondita delle giuste tonalità e di tanti dettagli che ci riguardano: un tipo di armonia così speciale, in un rapporto professionale, non è mai scontata. Si è consolidata tra noi una bellissima intesa umana e personale che cresce nel tempo. Per me lavorare con lui è un regalo prezioso e vorrei farlo sempre più spesso”.
Avete anche molto improvvisato?
“Quando si porta in scena una commedia è sempre molto importante rispettarne assolutamente i tempi, è necessario fare propria una certa battuta, rispettare una metrica precisa, la comicità, in certi passaggi, è una scienza esatta”.
È difficile far ridere mentre si parla di cose serie?
“È difficile ma è sempre stata questa la mia ambizione. Quando scriviamo, io e Riccardo non pensiamo alla pura evasione ma a un’occasione per comunicare con il maggior numero di spettatori affrontando anche temi non facili. È questo il vero compito della commedia. Sono spettatrice ammirata di tanti film drammatici, comici o con registri diversi ma il mio genere preferito è questo, finora è quello che mi corrisponde di più perché è uno strumento per catturare l’attenzione in maniera sana”.