Con il suo nuovo film “Amori che non sanno stare al mondo”, tratto dal suo omonimo romanzo, Francesca Comencini, 56 anni, continua a rivolgersi alle donne della sua generazione. L’accoglienza al Festival di Locarno con la proiezione in Piazza Grande, riservata alle anteprime internazionali, è stata tiepida nonostante le eccellenti, e apprezzate, prove dei protagonisti Lucia Mascino e Thomas Trabacchi. “Amori che non sanno stare al mondo” è una commedia che ha per tema l’ossessione amorosa di Claudia, prof universitaria di letteratura, per il collega Fabio.
I due si piacciono a prima vista, attratti dalle pungenti e ironiche schermaglie verbali con cui si attaccano e si respingono durante una pubblica conferenza. L’attrazione e il conflitto li seducono, li uniscono e li dividono anche durante la loro relazione. Claudia rilancia sempre di più nelle conferme e nelle aspettative dichiarate del suo progetto affettivo. Fabio le oppone la volontà ferma di ripiegare verso un più cauto, e incerto, godimento del “giorno per giorno”. La sfida, ironica e tagliente, diventa pesante e minacciosa per un rapporto nato da poco. Il contrasto porta all’inevitabile rottura che, però, non frena gli slanci amorosi di Claudia che anche da lontano assedia il suo oggetto del desiderio di proposte velleitarie che vengono puntualmente respinte. Fabio, pur consapevole di avvertire un’istintiva pulsione per l’ex fiamma, resiste ai suoi attacchi e mantiene il distacco. Amiche e nuovi incontri amorosi (per entrambi al femminile) chiamano in campo il resto del cast, Carlotta Natoli, Iaia Forte, Valentina Bellè e Camilla Semino Favro, in questo film, forse, eccessivamente dominato dai dialoghi. Unica oasi dall’invadenza delle parole è la sequenza lunga (in verità, molto lunga) e compiaciuta (molto compiaciuta) di eros lesbico tra Claudia e una giovane intraprendente. Voluttà e godimenti debordano alla grande dall’unione sessuale delle due donne, in evidente contrasto con il frettoloso ed egoistico coito tra Thomas e la giovane che poi diventerà sua moglie.
Che dire? Poteva andare peggio: la razione di protofemminismo non poteva mancare, considerate l’autrice del film e le sue collaboratrici alla sceneggiatura, Francesca Manieri e Laura Paolucci (il film è prodotto da Fandango con Rai Cinema e sarà distribuito, probabilmente, in novembre da Warner Bros. Pictures). Per Francesca Comencini l’insistenza di Claudia nel cullare il suo sogno impossibile “E’ la sfida più grande di questa storia al femminile. L’impatto del personaggio di Claudia è autoironico, irritante, ma anche tenero. Non cerca di compiacere e, così, evita di diventare una vittima. In questa guerra aperta di generi per la verità dei sentimenti Claudia è un’eroina e il suo tratto eroico sta nell’ossessione, nel non deporre le armi”.
Prima della domanda finale, mi sembra opportuno segnalare una determinante inattualità dei corpi dei personaggi del film, più volte mostrati in nudi integrali che non rivelano segni e orpelli tipici della contemporaneità, quali tatuaggi, pierce, acconciature, forme modellate dallo sport o dalla palestra, eccetera, a conferma della generazione agé cui guardano la Comencini e le sue coautrici. E la domanda finale riguarda proprio il tipo di pubblico che il film ha nel mirino, giacché è la regista stessa, in qualche modo, a escludere l’eventuale interesse dei più giovani verso un’opera intrisa di femminismo malinconico: “Il codice dello stare assieme di uomini e donne è quello del dominio maschile e della sottomissione della donna – ha osservato Francesca Comencini -. Oggi, tutto questo è stato abbastanza spazzato via dalle donne. Dominio e sottomissione non ci sono più, ma gli uomini non sanno accettare il rifiuto delle donne che amano”.
Paolo Calcagno