“Il Cinema è libertà…” Margherita Buy…Da Giffoni. Paolo Calcagno

“Il Cinema che cos’è?”, Margherita Buy cerca lo sguardo dei ragazzi in prima fila nella sala Truffaut della Cittadella del Cinema di Giffoni, sorride e abbozza: ”Si, certo, è libertà”, poi si fa seria e lancia la sfida: ”Innanzitutto, è l’occasione per stare due ore senza il cellulare in mano”. La pausa di riflessione è breve, poi esplode l’applauso: l’attrice che ha accompagnato e declinato il Cinema italiano degli ultimi 30 anni, ieri, ha conquistato i ragazzi delle Giurie del Giffoni Film Festival. Riconosciuta “Signora del Cinema” di casa nostra, Margherita Buy, 55 anni, conta oltre 60 film e una dozzina di fiction-tv in carriera. L’attrice romana è stata protagonista di titoli che segnano in maniera indelebile la sua vasta e varia carriera, tratteggiando straordinari personaggi della commedia, sfuggenti e stralunati, arrampicati sulle vette dell’assurdo, come la protagonista di “Maledetto il giorno che t’ho incontrato”, di Carlo Verdone, ed altri pesti e dolenti,  drammaticamente aggrediti dagli assalti feroci della vita, come in “Giorni e nuvole”, di Silvio Soldini, e “Lo spazio bianco”, di Francesca Comenicini, e altri ancora in bilico tra la spinta degli impulsi personali e l’inibizione delle regole esterne, come la “suor Caterina” che vuole adottare un bambino in “Fuori dal mondo”, di Giuseppe Piccioni, o “Controvento”, di Peter Del Monte, fino alla centrata perfezione nell’interpretazione della protagonista di “Mia madre”, di Nanni Moretti.

Prima dell’incontro con i ragazzi delle Giurie del GFF Margherita Buy ha risposto alle mie domande.

    

- Con 7 David di Donatello e altrettanti Nastri d’Argento è l’attrice più premiata del Cinema italiano: nella sua lunga carriera quale tipo di donna ha inteso raccontare?

 

“Meno male che avevo chiesto domande facili. Tutte le carriere prendono una strada attraverso gli incontri con gli altri: è come quando vai in barca, la devi spingere nella direzione dove tu  vuoi andare, devi governarla verso il mare che tu vuoi prendere, senza lasciarti trascinare da strane correnti, sei tu che devi muovere il timone e tenere la rotta.
Sono andata sempre verso il racconto di donne che mi intrigano, rinunciando talvolta a donne allettanti, tristi, allegre ma che a me non aggiungevano niente, o che  avevo già fatto, o che erano scontate nei loro comportamenti. E’ stato un racconto attraversato dalle mie speranze e dai miei cambiamenti. In quanto donna, le mie trasformazioni sono state in parallelo con quelle dei miei personaggi”.

 

- Dopo il suo ultimo lavoro, “Piccoli Crimini Coniugali”, di Alex Infascelli, con quale nuovo film ci sorprenderà?

 

“Quel film, in cui sono stata la moglie di Sergio Castellitto, lo abbiamo girato in 14 giorni, in un appartamento, vivendo momenti che quasi sembrava una casa che tutti, in qualche fase della nostra esistenza, abbiamo vissuto. E’ bello affrontare cose sempre diverse, ma al momento non so cosa farò. Non c’è niente di definito. Forse, dovrei fare un po’ di teatro, ma il palcoscenico richiede una certa preparazione, di almeno un anno prima”.

 

- Eppure, aveva detto che il teatro non le era congeniale, troppo sforzo di memoria, insopportabile ripetitività nel dover recitare ogni sera lo stesso testo, la costrizione a star lontano da casa…  

 

“Sì, è vero, ma adesso, per me, è arrivato il momento di ritornare al Teatro: mi farebbe bene alla testa”.

 

- Oggi, il contatto e il dialogo con i giovani passa attraverso i “social network”: lei maneggia le tecnologie?

 

“Si cerca di non rimanere fuori dal mondo. Ho una figlia di 16 anni ed è la mia garanzia di rinnovamento, anche se dice che sono imbranata. Avere figli aiuta a rinnovare il vecchio. Da ragazzina ero molto timida, quasi non riuscivo a parlare: entravo in un negozio e rimanevo in silenzio: per me, era uno sforzo enorme dire quello che volevo acquistare. Mia madre ancora non ci crede che sono diventata un’attrice. Non so se la mia timidezza originaria è stata aiutata dal lavoro che ho scelto. Forse, ha funzionato come una terapia. Il mio disagio mi riporta a quella che sono: quando smetto di lavorare mi risento una sfigata, una buona a nulla. Ma va benissimo così”.

 

- E come madre che tipo è?

 

“Sono un genitore che ha paura ed è iperprotettivo. Diciamo pochi “no” e tanti “si” e diamo sempre i soldi ai figli perché temiamo che se li procurino in altri modi. Forse, qualche “no” in più ci starebbe bene. Dovremmo essere più rigidi. I nostri ragazzi sono fagocitati da una cultura-non-cultura. Apprendono solo da Internet, sono più informati di noi ma spesso è un’informazione mossa da una certa manipolazione. Mi spiace che siano terrorizzati, che siano bombardati da cose negative, dal cambiamento climatico a Trump. Su tutto questo, nel 2016, con Luca Lucini abbiamo girato il film “Come diventare grandi nonostante i genitori”, Non dico che è un film profetico, ma in qualche modo mette a fuoco il problema del nuovo rapporto adolescenti-genitori”.
- Il Cinema può essere un aiuto per i giovani?


“Innanzitutto, il Cinema deve insegnare a stare due ore senza il cellulare. E’ uno spazio di libertà e per questo deve raccontare storie che coinvolgano e conquistino. Il Cinema, come Il teatro, o un buon libro, è qualcosa che deve restare: spero che non muoia mai”.

 

Paolo Calcagno

 

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