Ivana Lotito ..“Ho imparato che è importante dire di “no”.
di Paolo Calcagno
Ivana Lotito, 34 anni, è in una fase piena e felice, di vita e di carriera: neomamma del piccolo Diego, il 5 agosto, di sera, sulla Murgia di Altamura, dirà “sì” al suo compagno che opera nel marketing (“Ci siamo conosciuti in una scuola di tango”). Intanto, ha terminato le riprese di “Gomorra 3” dove nella stagione precedente della celebre serie-tv si era imposta con prepotente grazia e affilatotemperamento nei panni di Azzurra, la prescelta di Genny Savastano (lo strepitoso Salvatore Esposito). Inoltre, da Venezia dell’anno scorso, Ivana sta girando per i Festival, in Italia e all’estero, a ricevere applausi e premi quale talentuosa protagonista del più interessante e riuscito esperimento del Cinema italiano recente (assieme a “Orecchie”, di Alessandro Aronadio): “Il più grande sogno”. Il film è l’opera prima del bravissimo Michele Vannucci che, seguendo le orme del difficile Cinéma Vérité di Jean Rouch, ci racconta la storia reale di Mirko Frezza, un criminale trentanovenne di Roma da poco uscito dal carcere, che si riscatta socialmente quando, a sua insaputa, viene eletto presidente del comitato del quartiere in cui vive, realizzando fra molte difficoltà “Il sogno”, quasi irraggiungibile, di vivere in modo onesto.
Il lungometraggio non è sfuggito all’occhio fine di Romeo Conte, direttore del Salento Finibus Terrae, che per la quindicesima edizione dell’itinerante Festival pugliese l’ha portato in piazza, a Castellana Grotte, fuori concorso, quale modello forte di quel Cinema di qualità che insegue caparbiamente con la sua rassegna internazionale di “corti”.
E, mentre la Lotito si stava coccolando il meritato premio del Sa.Fi.Ter, abbiamo provato ad approfittare dell’euforia del momento per strapparle qualche anticipazione sui segreti di “Gomorra 3” e del suo personaggio.
“Nella prossima serie di “Gomorra” accadranno tantissime cose, molte inaspettate, gradite e non – ha commentato Ivana Lotito -. A livello di tecnica e di linguaggio, forse, la terza serie di “Gomorra” sarà la migliore. Azzurra, il mio personaggio, è cresciuto molto: è più determinante, non è soltanto un accessorio del protagonista Genny Savastano, una presenza marginale, come nella seconda serie. Nella stagione precedente c’erano delle ellissi narrative (i due si aggrappano e, poi, li ritroviamo che mettono su casa assieme) che non hanno permesso di disegnare il profilo completo del mio personaggio. Ora, invece, Azzurra è diventata mamma di Pietro Savastano jr. e scopriamo che con Genny non c’è stato un matrimonio di calcolo, ma è amore vero: tra i due c’è qualcosa che li lega nel profondo. Azzurra si presenta come una ragazza dei quartieri alti, ma poi è capace di scelte forti, che hanno a che fare con il mondo del crimine. C’è stata una palese corrispondenza tra me e il mio personaggio, tra la mia vita e questa fiction: per una casuale concomitanza siamo state entrambe incinte ed entrambe siamo diventate madri. Sono contenta, davvero, di lavorare con Salvatore Esposito che è un attore straordinario e un meraviglioso compagno di scena, premuroso e generoso: fin dal primo provino, mi ha aiutato tantissimo a mettermi a mio agio, favorendomi con la sua disponibilità e i suoi suggerimenti”.
Ivana Lotito per certi versi è rimasta una ragazza del Sud, timida, ma irriducibile nell’inseguimento della sua identità. Nata e cresciuta in una famiglia bene di Monopoli, è stata avviata verso gli studi classici, la laurea in Lettere e Filosofia e una probabile carriera di insegnante. Ma, si sa, i cavalli di razza scalpitano sin da quando sono puledri e, adempiuti i vari passaggi dettati dalle attese familiari, Ivana ha fatto i bagagli e si è trasferita a Roma per realizzare il suo “più grande sogno” e diventare attrice. Teatro, Cinema, Televisione, e sempre a lettere maiuscole, Ivana Lotito ha bruciato le tappe, come accade ai talenti predestinati: dopo un corso di recitazione privato, il debutto in una sala off romana con la storia sentimentale tra Dostoevskij e la sua stenografa, per la regia di Claudio Boccaccini e il testo di Giuseppe Manfridi. Una sera, in platea si accomoda nientemeno che Carlo Lizzani, a caccia dell’interprete per la protagonista del suo ultimo film “Hotel Meina”, sulla prima strage di ebrei avvenuta in Italia. A Ivana basta un provino per conquistare Lizzani e la produttrice Ida Di Benedetto (“Ho iniziato entrando dalla porta principale, per di più con questo film siamo andati alla Mostra di Venezia e, così, sono salita subito sul “Luna Park” “). Dopo il film di Lizzani, la Lotito ha continuato il suo percorso ai “piani alti”: a Teatro è stata Desdemona nell’ “Otello” di Giancarlo Sepe, in Tv ha partecipato a varie fiction di successo, fra le quali “Don Matteo”, accanto a Terence Hill, e “Terra ribelle”, di Cinzia Th Torrini, sullo schermo è stata Angela, la fidanzata di Checco Zalone nel suo primo film “Cado dalle nubi”.
- Sia in “Gomorra” che nel “Sogno più grande” si è confrontata con periferie a rischio (Scampia a Napoli; La Rustica, a Roma) e con personaggi dall’esistenza “border-line”: com’è stato l’impatto con quelle realtà così estreme?
“Per “Gomorra” ho fatto una “full immersion” di una settimana nel quartiere delle Vele, mentre per il film su Mirko Frezza siamo sempre stati nella periferia romana. In entrambi i casi, l’approccio è stato duro, basato su scenari che obbligano a misurarti con contesti e situazioni reali, a osservare l’essere umano. Per me, è stata una grande scoperta, per niente facile all’inizio: la gente di quei posti ha un linguaggio suo, interpreta con gli occhi, ha un suo codice e ti guarda come un alieno. Il contrasto con la tua quotidianità sicura e confortevole è sicuramente forte, ma quell’incontro è come un dono della vita. Stare con quelle persone, imparare a conoscerle e a capirle, per me, è stato fondamentale, specialmente per “Il più grande sogno” che abbiamo girato in presa diretta, quasi senza copione, senza che vi fosse niente di già impostato, o di finto”.
- In Tv con quali titoli ci sorprenderà?
“In autunno sarò su Canale 5 con la serie “Immaturi”, accanto a vari bravi colleghi, fra i quali, Luca e Paolo, Sabrina Impacciatore, Nicole Grimaudo, e diretta dal bravissimo Rolando Rovello. Per me, misurarmi con la comicità è stata un’esperienza nuova e difficile, perché è più difficile far ridere che far piangere. Mi sono divertita un mondo e spero tanto che ci sia un seguito. Sempre su Canale 5, sarò anche in uno dei quattro film su altrettante storie di mafie riferite a fatti reali. Sarò la sorella di Emanuela Loi, la poliziotta uccisa nella strage via D’Amelio, in seguito all’attentato al giudice Paolo Borsellino. Il Cinema? Vedremo che cosa mi porterà l’estate. Intanto, ad agosto, mi sposo”.
- Oggi, a questo punto del suo percorso d’attrice, qual è stata la lezione principale che ha imparato?
“Ho imparato che è importante dire di “no”. Per iniziare, occorre fare di tutto perché bisogna vivere e andare avanti. Ma ho capito che, appena è possibile, è fondamentale dire di “no” se voglio diventare l’attrice che voglio essere, dare un senso al mio lavoro, mischiarmi alla materia, non solo fare finta, ma raccontare davvero la vita delle persone. Comunque, i provini li faccio sempre, non ho spocchia, né pregiudizi, mi piace incontrare i registi e imparare da loro”.
- In certe espressioni, a volte, ricorda Claudia Cardinale: le fa piacere questo accostamento a una grande diva di ieri?
“Sì, mi fa un immenso piacere. Magari, potessi ripetere anche solo in parte la carriera di un’attrice immensa come Claudia Cardinale. Devo confessare, però, che la mia preferita è Monica Vitti, per me è l’apice, assolutamente irraggiungibile”.
- Per la Cardinale e la Vitti non c’era che l’imbarazzo della scelta, grazie all’abbondanza delle occasioni di qualità che offriva il Cinema italiano di allora. Oggi, purtroppo, in Italia le cose stanno diversamente, si producono pochi film e la qualità è merce rara.
“Certo, non c’è confronto con quel periodo felice. Eppure, sul piano della qualità qualcosa sta cambiando: titoli come “Gomorra” e “Romanzo criminale” in tv, e ”Jack robot” e “Non essere cattivo” al cinema, hanno creato un’ondata che fa capire quanto scarsa sia la dignità degli stereotipi. In Italia è difficile perché si è fortemente legati agli stereotipi, alla bellezza estetica, già a partire dalla scrittura. Adesso, però, c’è una riscoperta del dialetto perché permette l’identificazione con ciò che esiste realmente. Il Cinema può e deve fare il suo mestiere di riprodurre la realtà. “Tutto può succedere”, ad esempio, è una serie molto carina, che si distingue per la sua spontaneità. Certo, i capelli, il trucco, le frasi da teleromanzo le lasciamo a qualcun altro”.
Paolo Calcagno